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Uliassi

L’insostenibile attesa di una certezza

Ci risiamo. Come ogni anno, la parola “Lab”, nell’immaginario collettivo del gastro-fanatico (quantomeno) italico, è associato solo e soltanto a una città e a un cognome: Senigallia e Uliassi. Ogni anno, infatti, l’attesa è sempre alle stelle per il nuovo lavoro sfornato dal collettivo – perché di questo si tratta – Uliassi. Come i migliori gruppi di lavoro, affiatati e ambiziosi, anche dalla fucina della Banchina di Levante, l’asticella si innalza sempre di qualche centimetro con l’intento di proporre un lavoro migliore dell’anno precedente. E ogni anno si verifica la solita storia: il nuovo Lab è migliore di quello dell’anno precedente. Quella insostenibile attesa dell’appassionato, pertanto, viene ampiamente ripagata. Invero, non è importante definire se, a livello oggettivo – che è ciò che più conta – i nuovi piatti siano migliori dei precedenti, quanto avere la certezza che l’obiettivo di questa tavola sia sempre quello di tentare perennemente di superarsi; intento che possiamo racchiudere in due semplici parole: costanza e perseveranza. Due caratteristiche, queste, che riscontriamo, puntualmente, ogni anno seduti in questo amabile e raffinato stabilimento balneare sulla spiaggia adriatica.

La degustazione, l’accoglienza, eccetera

Il Lab ’23 si presenta con persistenze aromatiche e una piacevolezza complessiva raggiunta senza scendere a compromessi di confortevole rotondità. Freschezza finale presente in ogni portata. Perfino l’amaro gioca un ruolo chiave. Il tutto a dimostrazione che Uliassi, che continua a mettersi in gioco come una giovane rockstar della cucina italiana con sessantacinque primavere alle spalle, è riuscito anche a scrollarsi di dosso l’aura di “people pleaser” grazie all’ennesima intelligente idea di imbastire un percorso degustativo sempre più sofisticato, sebbene meno prolifico del precedente – tre piatti sono stati ripresi dal Lab ’22 perchè sono un perfetto filo conduttore tra la prima e la seconda parte del nuovo menù e rendono lo stesso, di fatto, migliore del precedente – rivolto a tutti ma che possa essere meglio letto ed apprezzato da chi sia in grado di avere i mezzi e l’esperienza per cogliere tutte le sfaccettature, rimanendo, pertanto, nella sua essenza, ecumenico. Certo, i mezzi per fare tutto ciò ci devono essere e qui dietro alla capacità di elaborare e compartire le differenti sfumature di gusto c’è un grande palato.

Quindi creazioni complesse come il folgorante prologo di Ricci ghiacciati e semi di fichi racconta l’evoluzione/progressione di questa tavola che va alla ricerca delle consistenze e delle temperature ottimali per allungare il sentore salmastro del frutto di mare la cui sapidità è, più che contenuta, esaltata dall’aromaticità della menta e dalla dolcezza del fico dalle sembianze tanto simili all’echino; la successiva Seppia scottata, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici è una summa di questa cucina, dove il vegetale assume sembianze carnivore e diventa finanche più interessante del mollusco: in una parola, un capolavoro, come la strepitosa combinazione di cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli a ricreare la “Macchia adriatica” tra sentori boschivi amaricanti con il luppolo che è la chiave di volta e invoglia al boccone successivo. Poi, appunto, arrivano i tre piatti superstiti dello scorso anno, l’Insalata di ostrica, pesto di rucola, limone, borragine, le Lumache, peperone friggitello, origano ed erbe soffiate e la meravigliosa Anguilla affumicata, albicocca, rafano e alloro, perfetto anello di congiunzione tra mare e terra. Anche i Fusilloni “bruciati” e sugo di arrabbiata (rivisitazione della pasta all’assassina barese) è una ripresa filologica di quella Pasta al pomodoro a la Hilde finita ormai tra i classici del locale e dei Lab, qui evoluta nella consistenza della pasta, cotta alla perfezione e con una componente croccante, a simulare la bruciatura della ricetta pugliese, e nel gioco di ricreare il sugo di pomodoro utilizzando il peperone, un olio all’aglio, la ‘nduja e qualche altra spezia esotica. La chiusura salata è audace, con un Agnello – con grassezza accentuata – in equilibrio tra il dirompente sentore di carbonella e l’aromaticità della vaniglia; ma a prevalere nell’ensemble è la goduriosa piacevolezza del contorno che funge da “puliscipalato” del trittico ciliegia – nocciola – cipolla. Come spesso accade a questa tavola, mare e terra si presentano nei piatti in un connubio paradigmatico di libidinosa complessità. Chiude il percorso creativo di quest’anno una iper-tecnica e alleggerita interpretazione della Saint Honoré che viene “ri-arrangiata” su note più acide (lampone e arancia) dal giovane Mattia Casabianca.

Sull’accoglienza di Catia, il calore del giovane e dinamico servizio di sala  al femminile, capitanato da Filippo Uliassi e dalla storica e genuina presenza del sommelier Ivano Coppari si è già detto e scritto tanto, almeno quanto si è scritto degli elogi della cucina. E non possiamo far altro che riconfermare che la piacevolezza complessiva che si vive seduti a questa tavola è anche, per metà, merito di tutti coloro che stanno fuori dalla cucina. 

IL PIATTO MIGLIORE: ex aequo Macchia Adriatica (cardoncelli, luppolo, more, mirtilli e pinoli) e Seppie scottate, olio di guanciale, bietola, miele e colatura di alici.

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Il “miracolo” Uliassi

Una volta seduti ad uno dei tavoli del ristorante Uliassi si ha la netta sensazione che da quel 1990, anno in cui Mauro e Catia Uliassi aprirono il loro locale in riva al mare, poco sia cambiato. I due fratelli – ai quali si è aggiunto Filippo, diventato oramai uno straordinario interprete di sala – continuano a inseguire il sorriso degli ospiti, nel desiderio di far vivere loro un’esperienza in cui l’interazione umana conservi un significativo rilievo (qui non v’è rischio di incorrere in derive spersonalizzanti).

Le finezze che il rango del luogo richiede non degradano mai in formalismo, non comunicano distanza o, peggio, soggezione, ma, al contrario, calorosa cura e autentica ospitalità, tant’è che, se ci si guarda intorno, capiterà di vedere due ventenni in trepidazione per il nuovo Lab, una famiglia con nonna al seguito, una giovane ragazza che festeggia il compleanno con le amiche, così come l’appassionato in pellegrinaggio. D’altro canto, non è forse questa – a qualsiasi livello – la vera essenza, se non l’autentica funzione, di un ristorante?

Occorre sottolineare che ciò è possibile anche grazie alla coerenza dell’offerta gastronomica, composta, da un lato, da una folta carta e un menù degustazione “Classico” – piatti che oramai appartengono alla storia, destinati ad appagare i visitatori più “spensierati”, la stragrande maggioranza – e, dall’altro lato, dai menù “Lab” – l’avanguardia della cucina uliassiana – e  “Caccia”, ambito in cui il Cuoco di Senigallia è un maestro indiscusso (entrambi disponibili su prenotazione). Questa presa di posizione a favore della “libertà di scelta” richiede un evidente sforzo aggiuntivo, tanto alla cucina quanto alla sala, ma consente di mettere a proprio agio qualsiasi avventore nonché di evitare soluzioni di compromesso: il matrimonio tra inclusione e avanguardia non è quindi solo possibile, ma vincente. 

Il Lab: tra sollecitazioni sensoriali e presenze rassicuranti

Il Lab conferma di essere il menù con cui la gang di Uliassi mira a sollecitare – seppure con chirurgica precisione – i sensi dell’ospite, in un percorso che, sempre più, è caratterizzato da una grande armonia interna, sicché ogni passaggio beneficia della vicinanza di quelli che lo precedono e seguono, in una sorta di risonanza.  Per altro verso, anche i menù che si succedono di anno in anno sono tra loro in comunicazione.

In primo luogo, alcuni piatti sopravvivono all’annata, tant’è che il menù attuale ha ereditato da quello passato Gambero rosso, buccia di arancia, zenzero, cervella di gambero e cannella e Pasta e pomodoro alla Hilde in infuso di foglie di fico, quest’ultimo capace ancor più, rispetto all’esordio dello scorso anno, di veicolare le note olfattive – cifra stilistica tipicamente uliassiana – del raspo di pomodoro, sempre grazie all’infusione di foglie di fico nel burro. 

In secondo luogo, la cucina di Mauro Uliassi è caratterizzata dalla presenza di ingredienti ricorrenti – la seppia, il colombaccio, il riccio di mare, la lumaca – i quali rappresentano il profondo legame tra il cuoco e la propria memoria identitaria e fungono, nel contempo, per chi frequenta con regolarità la sua cucina, da presenze rassicuranti, icone di uno stile, come quelle “frasi” che rendono immediatamente riconoscibili i grandi chitarristi. 

Il Lab 2022: un utilizzo “silenzioso” del vegetale

Tuttavia, sarebbe superficiale e profondamente errato pensare che queste presenze ricorrenti siano sinonimo di stanca ripetizione o autoreferenzialità, poiché ciascun Lab è un viaggio completamente inedito in cui a fare la differenza sono gli ingredienti – apparentemente – comprimari che, a ben vedere, sono vegetali. 

Un esempio lampante in tal senso è rappresentato da Seppie crude, pomodoro verde, polline, olive nere essiccate, un giro in ottovolante tra acidità, note amarotiche, sapidità e dolcezza, in cui ogni boccone è un storia a sé: straordinarie la lunghezza e la nitidezza con cui i sapori si susseguono al palato. Nella stessa direzione, Lumache, peperone friggitello, origano, erbe soffiate, in cui al palleggio tra la callosità della lumaca e la croccantezza delle erbe soffiate si affiancano una leggera piccantezza, dolcezza, amaro e le note aromatiche dell’origano. Un autentico capolavoro è, poi, Anguilla affumicata, albicocca, alloro, rafano, un altro passaggio di grande intensità olfattiva – l’affumicatura del grasso presente nell’anguilla ricorda il profumo di bacon –, in cui si intersecano la dolcezza e leggera acidità dell’albicocca, la pungente piccantezza e aromaticità del rafano nonché l’amarotico e la naturale sapidità dell’alloro.  

Ebbene sì, Mauro Uliassi, cuoco del mare e della selva, dimostra di essere altresì un maestro nell’utilizzo del vegetale che, tuttavia nella cucina del cuoco di Senigallia, non si risolve mai in fine ultimo – e, quindi limite – né in ostentazione, bensì in uno strumento indispensabile per indagare i confini del gusto, spingendosi ogni anno sempre un po’ più in là. 

L’eleganza della pasta al tonno

Quest’anno è altresì comparso un nuovo capitolo del lavoro sulle paste “classiche” italiane (dopo la pasta al burro del Lab 2020 e quella al pomodoro del 2021), rappresentato da Pasta al tonno. La tradizionale difficoltà nel trovare una amalgama tra spaghetto e tonno in scatola viene superata grazie ad alcuni intelligenti espedienti tecnici: la pasta viene mantecata in padella con un brodo di tonno e katsuobushi sui cui viene grattugiato, a mo’ di Parmigiano, un cubetto ghiacciato fatto del sugo classico (tonno, aglio, olio, peperoncino, capperi e prezzemolo), oltre all’aggiunta di uvetta sultanina, olive verdi, cucunci e capperi (questi ultimi tre essiccati). 

L’ultimo passaggio è Colombaccio scottato, tabacco, cardamomo nero e pompelmo asciugato, un omaggio alle note torbate, controbilanciate dall’acidità del pompelmo che – grazie all’essicazione – contribuisce altresì in termini di consistenza. La parte dolce del percorso – notevole il pre-dessert Sorbetto di mucillagine di cabossa, mango e meringhe – è da tre anni affidata al giovane e talentuoso Mattia Casabianca, dal quale è lecito attendersi future sorprese e una pasticceria sempre più ardita (tra i numerosi maestri figura un certo Jordi Roca), ancora più in linea con l’avanguardia del Lab.

Citiamo il pastry chef ma lo sviluppo incredibile avuto dal ristorante Uliassi negli ultimi anni è in realtà merito di tutto il team creativo, esteso ed articolato, composto da Mauro Paolini, Luciano Seritelli, Yuri Ragini, Mattia Colacicco, Peppe Merlino, Andrea Merloni e Michele Rocchi, ovviamente coordinati e governati dal palato e dal pensiero del Grande Mauro Uliassi.

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Il laboratorio infinito di Mauro Uliassi

Voler rimettersi costantemente in gioco, specie dopo tanti anni di successo di critica e di pubblico, non è cosa così scontata. Il ristorante Uliassi è spesso al completo, riceve il plauso quasi all’unisono da parte di clientela e stampa specializzata e l’ultimissimo tassello per il raggiungimento dell’olimpo gastronomico lì a un passo: sirene al cui canto è innegabilmente difficile resistere. Perché rischiare in fin dei conti? Comoda sarebbe la via del consolidamento, del perfezionamento di piatti già ampiamente collaudati, delle certezze, della costanza e della tranquillità che un approccio del genere spesso apporta.

Mauro Uliassi, e non possiamo che rallegrarcene, fa parte di coloro cui l’immobilità sta stretta. Certo, i cambi carta non si susseguono a ritmi forsennati bensì a una cadenza e a una tempistica ben precisa, secondo una metodica ampiamente collaudata. La presentazione del nuovo “Menu Lab” è sempre un evento molto atteso tra gli appassionati gourmet. La tradizionale pausa trimestrale invernale, oltre a ritemprare giustamente mente e corpo, dopo una stagione lunghissima e pressoché ininterrotta, funge da fucina dove riversare esperienze di viaggio, attente analisi dell’attuale evoluzione gastronomica italiana. Le prime settimane di apertura, ufficialmente ancora all’insegna del “Menu Lab” dell’anno precedente, sono dedicate a limare, calibrare, perfezionare creazioni di per sé di livello già altissimo, cui mancano solamente le prime, selezionate esperienze di sala e il relativo scambio di opinioni e suggestioni per raggiungere la perfetta compiutezza.

Il menu di piatti inediti

Così il nostro percorso, fatta eccezione per alcuni piatti con funzione transitoria e per due piatti di cacciagione richiesti alla carta e già noti, si è svolto all’insegna di inediti, i quali, al netto di un paio di sfumature, ci hanno confermato il livello che d’altronde ci aspettavamo. Rispetto agli scorsi anni Uliassi ci è sembrato voler mirare ancor più che in passato a una maggior diversificazione gustativa e a una costruzione armonica e melodica di notevole impatto.

L’apertura con la Cannocchia marinata, uova di cannocchia e semi di frutto della passione si svolge all’insegna di note fruttate e acide assai pronunciate, forse dal profilo strettamente gustativo un filo sin troppo coprenti in rapporto alla componente ittica. A seguire, la persistenza iodica tipicamente uliassiana della successiva Minestra di seppia cruda e fasolare al profumo di tamerice. E ancora, all’insegna di note acidulo-agrumate con una discreta, piacevole coda balsamico-tostata con la ludica, mediterranea Corona di rombo arrostita, tzatziki all’arancia, semi di finocchio e lino, che riappacifica il palato prima di uno degli highlights della serata. Ha già infatti tutte le potenzialità da futuro signature dish la Pasta con lardo di polpo, polvere di polpo e rosmarino, entusiasmante per equilibrio texturale, per eleganza e finezza estetica e gustativa e per la perizia dello sviluppo sia verticale che orizzontale (quest’ultimo, in particolare, rivelatosi una vera sorpresa, con il lardo che rivela vieppiù la sua vera natura solamente sulla “lunga distanza”).

Di tono accomodante, forse fin troppo, la Spigola d’amo, salsa al vino bianco e verdure croccanti, a cui, al netto di una materia prima di primissimo ordine, gioverebbe, forse, qualche elemento di maggior vivacizzazione e originalità. Si ritorna quindi ai toni più selvaggiamente salmastri tanto cari allo chef con l’inebriante Benvenuto al mare, che avevamo già avuto modo di incontrare in passato, a preludio del nuovamente ludico Collo di rombo in saor e mela all’alloro, sorta di prosecuzione concettuale della versione in Potacchio dello scorso anno, dove freschezza e balsamicità si rincorrono in un bel gioco di persistenze. Mentre si vola altissimi con il Colombaccio con sugo di agnello, di equilibrio pressoché perfetto, dove la salsa, di tiraggio perfetto, stempera e nel contempo sviluppa le suggestioni selvatiche del crudo, rendendole accessibili anche ai palati meno avvezzi.

Il dialogo con la tradizione

Quindi, come non citare il tradizionale e imprescindibile intermezzo sempre più goloso e godereccio, quest’anno nel segno di un rimando al pranzo della domenica della cucina povera delle passate generazioni: la Tagliatella con rigaglie, riduzione di pomodoro al chiodo di garofano e formaggio di Fossa unisce mirabilmente personalità gustativa e immediatezza di lettura e, ne siamo certi, questa volta metterà d’accordo qualsiasi palato.

La Lepre in salmì con croccante di carbonella (oliva nera marchigiana) sfoggia, oltre a una materia prima strepitosa, una maestria assoluta nella gestione degli equilibri interni, con una salsa di un’eleganza e di una leggerezza sopraffina, cui il tocco marchigiano conferisce vivacità texturale e gustativa.

I piatti di cacciagione ordinati alla carta non fanno altro che confermare la grande mano di Uliassi su questa materia e sulle grandi preparazioni classiche, transalpine o strettamente legate al territorio che siano: non semplici riproposizioni nostalgiche di cose già dette, ma riletture costantemente attualizzate e alleggerite da note di freschezza che riescono nel non facile compito di garantire una fruizione del tutto naturale anche nelle più torride serate estive, cosa per nulla scontata quanto potrebbe sembrare.

Il pre-dessert, Cipolla, succo di Morlacco e granita di lemongrass e la chiusura,  Squacquerone, granita di sedano e polline d’api, sviluppano ulteriormente il discorso intrapreso con la “Capra ubriaca” assaggiata nel corso della nostra ultima visita, allontanandosi vieppiù dal concetto tradizionale di piatto dolce per abbracciare uno spettro di suggestioni gustative più ampio e in passato relativamente poco percorso da questa cucina (dolce, salato, acido, erbaceo, finanche leggermente amaricante).

A concludere una variegata piccola pasticceria, che pure negli anni ha acquistato molto in termini di finezza e poliedricità.

Non possiamo esimerci dal puntuale encomio al servizio di sala di grande empatia e professionalità, ogni anno sempre più rifinito nei dettagli e capitanato con occhio discreto, ma attentissimo, da Catia Uliassi, e nel quale Filippo Uliassi sta acquistando un ruolo sempre più sicuro. Il futuro a lungo termine di questo tempio della gastronomia sembra assicurato e non potrebbe avere premesse migliori.

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Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia

Mauro Uliassi è la dimostrazione tangibile che con la tenacia e l’intelligenza si può raggiungere qualunque risultato. Una premessa obbligata, che non vuole affatto sminuire le indubbie capacità creative dello chef marchigiano, che ha saputo però metterle al servizio delle sue notevoli qualità umane.
In tanti anni di frequentazioni alla Banchina di Levante 6 quasi mai abbiamo assistito ad un colpo sbagliato o a una scelta fuori dagli schemi, e quando una decisione azzardata ci ha fatto storcere il naso (e sinceramente la nostra memoria stenta a ricordarla) state pur certi che l’appunto critico è stato recepito nel tempo esatto con cui il cameriere ha riportato in cucina il piatto messo in discussione.
Mauro Uliassi è un ingegnere della tecnica del gusto, metodico e preciso, che costruisce ogni preparazione sulle solide basi della conoscenza sua e di quella dei suoi avventori. Non si spinge mai più in là del suo coerente sapere, che ad oggi è di un livello altissimo. Negli anni le sue capacità sono cresciute a dismisura, da quei lontani primi anni ’90 quando sulla nostra tavola arrivavano fritti e grigliate miste, tra l’altro strepitose.
Mauro studia di continuo, si aggiorna, non si fa mai beccare in castagna. Ha un controllo assoluto del suo piccolo mondo in quel di Senigallia, ma con l’occhio osserva attentamente il panorama dell’alta ristorazione a livello mondiale. E riesce sempre a stare al passo con i tempi.
Un indubbio vantaggio avere in cucina una persona del genere, perché l’esperienza è sinonimo di garanzia, di continua scoperta, di estrema piacevolezza. Mauro passa con una facilità imbarazzante da complesse architetture che esaltano il mare, a classiche preparazioni d’ispirazione francese con la cacciagione, a creative interpretazioni della tradizione marchigiana che esaltano la memoria gustativa di un adolescente curioso che è diventato grande.
Nella nostra ultima visita abbiamo apprezzato la decisa sterzata verso preparazioni prive di grassi, che danno maggiore spazio a elementi vegetali e a un gusto fatto di acidità e leggerezza. Ecco: Mauro Uliassi, anche questa volta, ha fatto centro, metabolizzando alla perfezione dove l’alta cucina e la modernità culinaria si collocano oggi. Senza rivoluzioni o estremismi si siede accanto ai grandi di questo meraviglioso mondo, pretendendo a ragione il suo posto in prima fila. E la cosa straordinaria (non sempre ravvisabile nel suddetto mondo) è che fa tutto ciò colloquiando amabilmente con il più esperto gourmet ma anche con il neofita alle prime armi. I suoi piatti parlano a chiunque, sono la sintesi di un equilibrio gustativo e intellettivo che molti suoi colleghi gli dovrebbero invidiare (e dovrebbero imitare).
Poi c’è tutto il resto, il ristorante minimale ed elegante, la sala che gira come un orologio, la bella Catia (il Dna è lo stesso …) che tutto verifica e controlla, senza la quale probabilmente il fratello Mauro non potrebbe vivere serenamente la sua quotidiana esistenza da grande chef e da grande uomo.

In attesa del vino…
sorgiva, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Loacker di foie gras e pralina di nocciole, oramai un classico.
loaker, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Una bolla italica tanto per iniziare.
ferrari, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Crostino di alici, burro e tartufo nero: splendido inizio, tra note sapide e umami.
crostini, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Gambero rosso con salsa bearnaise alle prugne e corteccia di cetriolo e capperi: piatto di grande impatto ed equilibrio tra il dolce, l’acido, il vegetale e il sapido. Non manca nulla.
gambero rosso in salsa bernaise, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Prima secca. Uno dei cavalli di battaglia di Uliassi: il brodo di vongole, i molluschi, le mandorle amare e le erbe giocano in un concentrato iodato da rimanere a bocca aperta.
prima secca, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Le bollicine erano finite…
bollicine, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Il fosso. Il ricordo d’infanzia dello chef, quando i fossi erano luoghi di caccia di bontà. Rane e lumache, cotture millimetriche, erbe dosate col bilancino. Da lacrime.
rane, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Sogliola croccante in saor, prosciutto di Langhirano, formaggio fresco pugliese. Un piatto d’ispirazione artusiana, pensato e normalmente eseguito con la triglia, non disponibile nella nostra serata. La sogliola toglie qualcosa all’equilibrio del piatto data la sua delicatezza, ma la nota amara nel finale è da applausi.
Sogliola, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Pollo con insalata. Il piatto nasce da una materia prima “top” e da una cottura straordinaria. L’equilibrio è retto tra l’aromaticità e l’acidità delle salse di Potacchio, all’aglio nero e al nero di seppia.
pollo con insalata, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Seppiolina giovane sporca, granita di ricci di mare. Quando la granita si è sciolta il piatto è diventato perfetto.
seppiolina, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Ricciola alla pizzaiola. Splendido piatto, di grande equilibrio.
ricciola alla pizzaiola, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Giusto un rosso per proseguire, arrivano le carni. Ma alla fine discreta delusione, per colpa di un’annata non memorabile.
Clos Vouget, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Fusilli, fegato di seppie, cicoria, ricci e trito di gamberi. Forse il piatto della serata: acidità e leggerezza, aromaticità intensa ma controllata. Difficile fare meglio di così.
Fusilli, fegato di seppie, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Tordi, cipollotti e raguse. Sapido e deciso, peccato per il cipollotto (eccessivo) che distrae il palato dal centro gustativo del piatto.
Tordi, cipollati, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Anguria e cardamomo. In teoria la chiusura del menù degustazione.
anguria e cardamomo, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Ma ecco la sorpresa: Tagliatelle di lepre cotta e cruda. Ora sì che siamo ko…
Tagliatelle di lepre, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Gelato di formaggio bucarello e miele di Giorgio Poeta. Come esaltare in un dessert perfetto due grandi prodotti del territorio (il formaggio è di Trionfi Honorati di Jesi e il miele di Giorgio Poeta di Fabriano). Ecco l’intelligenza…
gelato di bucarello, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
La scenografica zuppa inglese.
zuppa inglese, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Petit four, decisamente non all’altezza delle aspettative.
Petit four, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia
Fine serata…
fine serata, Uliassi, Chef Mauro Uliassi, Senigallia