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Il Brunch della domenica – Il Ristorante Niko Romito

Uno spettacolo gastronomico nel cuore di Milano

Il brunch nasce nei paesi anglosassoni per indicare nel XIX secolo un pasto che accomunava il pranzo e la colazione e quindi un insieme di pietanze dolci e salate. Negli ultimi anni c’è stato un abuso del termine e questo format è stato esportato in tutto il globo e adattato alle esigenze dei vari posti. Anche Milano non poteva esserne esente, con un proliferare di proposte per tutti i gusti e per tutte le tasche.

La personale interpretazione del brunch che Niko Romito propone al Il Ristorante del Bulgari Hotel è sicuramente una delle più riuscite e convincenti non solo sulla piazza meneghina, anche in tempi di pandemia. Sotto la direzione del bravissimo executive chef Claudio Catino, va in scena ogni domenica un vero e proprio spettacolo gastronomico, dove protagonista indiscussa è la cucina regionale italiana con tutti i suoi eccellenti prodotti.

Una personale interpretazione del Brunch della domenica

Appena seduti a tavola, ad accompagnare un fresco calice di Champagne, il benvenuto della cucina è un piccolo carosello di assaggi che richiamano l’antipasto all’italiana, tra cui spicca indubbiamente una magistrale parmigiana di melanzane e un saporitissimo carciofo alla romana. Più esotico ma al pari dei migliori assaggi c’è anche il cuore di lattuga con salmone marinato e salsa guacamole.

Tutte le altre pietanze sono disposte in alcune isole attorno al bancone del bar con una selezione di uova, cereali e yogurt per i nostalgici del classico brunch, affiancata da quella di salumi e formaggi e quella dei crudi di mare. Colpisce sicuramente la maniacale attenzione alla ricerca della materia prima, le ostriche sono, oltre che freschissime, dolci e carnose, così come i crostacei. Straordinario il sapore della burrata e il dolcissimo culatello.

I primi piatti sono serviti espressi dalla cucina, oltre all’immancabile risotto alla milanese, la vera sorpresa è il tortello dalla sottilissima sfoglia che racchiude un fondente ripieno di zucca. Vasta la scelta dei secondi, sia di carne che di pesce, dove nonostante il numero di coperti la qualità e lo standard resta elevatissimo, la spigola si rivela un boccone evocativo oltre che dalla cottura perfetta. Non si può non chiudere con una visita alla stanza dei dessert, con un vasto buffet di dolci italiani e non.

I tempi di questo “pranzo della domenica” li detta il commensale che, specie nelle belle giornate, può godere anche dello splendido dehors. Il brunch di Niko Romito diviene dunque un’esperienza adatta sia alla clientela internazionale che ai più esigenti palati italici, il tutto reso possibile anche grazie ad un servizio di sala affabile e professionale che, assieme alla cucina, riesce ad accontentare tutte le richieste, anche le più stravaganti.

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Il Gran Tour d’Italia, comodamente seduti in un giardino meneghino

L’ambizioso progetto di Niko Romito e Bulgari, avviato qualche anno fa, è entrato a pieno regime, e sta dando i suoi frutti non solo all’estero ma anche sulla difficile piazza milanese. Parliamo di un servizio a tutto tondo che va dalla colazione alla cena, passando per gli aperitivi, dove tutto ruota attorno al concetto di una cucina italiana rimodulata e proposta in chiave contemporanea.

A Milano, il ristorante fa registrare sempre il tutto esaurito, grazie anche alla bellissima location, che nella bella stagione permette di cenare in un magnifico e silenzioso giardino nel cuore della città, una vera oasi di pace. Come detto pocanzi, la cucina mira a reinterpretare le ricette della Penisola con materie prime di primissimo livello, cercando di accontentare sia la facoltosa clientela che frequenta l’hotel, sia i palati più raffinati alla ricerca di una grande tavola italica. Nella città meneghina questo difficile compito è affidato a Claudio Catino, uno chef riservato ma molto capace, approdato nella scuderia di Niko Romito dopo tanti anni di gavetta al fianco di chef come Andrea Berton e Paolo Lopriore.

Una grande tavola dai sapori tradizionali e dalla tecnica sopraffina

Il menù varia in base alle stagioni, eccezion fatta per alcuni evergreen come l’antipasto all’italiana, gli spaghetti al pomodoro e la cotoletta alla milanese. Quest’ultimo piatto è l’emblema dell’evoluzione di questa tavola, dove c’è una ricerca continua per migliorare ogni singola portata. Se in passato la cotoletta aveva lievi imperfezioni nella panatura o nella cottura, durante l’ultima visita rasentava la perfezione. Presentata da sola nel piatto, quasi a voler porre ulteriormente l’accento sul prodotto: una crosta dorata e croccante (frutto di una doppia cottura in burro e olio) e una carne succulenta, leggermente rosa e dal sapore delicato. Nel solco della tradizione anche l’antipasto all’italiana dove, fatto salvo per qualche problema sulla temperatura di servizio dei crudi di spigola e ricciola, si distinguono per eleganza il fiore di zucca fritto e il vitello tonnato.

Una cucina che non è, tuttavia, solo tradizione: l’insalata di anguria, salsa di mandorle e pomodoro, ispirata ad un celebre piatto romitiano è fresca e gioca perfettamente con le consistenze. Il tortello di pomodoro, burrata e basilico ha una sfoglia sottilissima e racchiude al suo interno il pomodoro in forma liquida che esplode con tutta la sua intensità regalando una piacevole sensazione assieme alla burrata. Memorabile il merluzzo, dalla cottura millimetrica, accompagnato da una maionese di patate e dai peperoni, altro piatto italico stravolto nella presentazione e migliorato nei gusti. Le linguine con aragosta e gamberi sono poi un piatto evocativo, hanno una forte nota iodata, e basterebbe chiudere gli occhi per immaginarsi su uno scoglio in riva al mare. Si mantiene un livello elevato anche con i dessert: interessante il gelato di stracciatella di bufala con aceto balsamico e more selvatiche, eleganti e affatto banali le sfoglie soffiate al cioccolato bianco.

Un deciso passo in avanti è stato fatto nel servizio (nota dolente delle prime visite) che appare oggi attento, professionale e preparato. La corposa e prezzata correttamente carta dei vini, affiancata da una pregevole selezione di drink appositamente studiati per accompagnare le portate, elevano questa insegna nell’empireo della profferta meneghina e a un livello tale da preludere a un ulteriore nonché prossimo innalzamento di voto da parte nostra.

Nel complesso una grande tavola, alla costante ricerca della perfezione, dove nulla è lasciato al caso.

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Il miglior Chef italiano, fuori dall’Italia? Per noi è indubbiamente Luca Fantin, del Bulgari di Tokyo.

Luca Fantin è il prototipo del cuoco con la C maiuscola. Carattere schivo, educato, gentile, dai sani principi. Ma con una fermezza ed una determinazione che, uniti ad un grande talento, ne fanno davvero un protagonista di primo piano ed un rappresentante (a nostro avviso il rappresentante) della cucina italiana all’estero.
Con la sua tenacia e la sua voglia concreta di migliorarsi costantemente, Luca ha raggiunto vertici impensabili. La sua è una cucina pulita, elementare apparentemente ma al contempo complessa ed articolata.
Ha scelto certamente la via più impervia, fatta di quella che noi consideriamo la vera ed unica forma di fusion che possa esistere. Applicare concetti, tecniche e sensazioni della cucina italiana ai prodotti e ai sapori della terra ospite, in questo caso il Giappone.

Il risultato? Semplicemente strepitoso. Una cucina che ha forte personalità, senza punti di riferimento, piacevole, elegante e interessantissima sotto il profilo gustativo.

La ricerca estenuante di ingredienti di qualità, che porta Luca una volta al mese a setacciare tutte le prefetture del Giappone a caccia dell’ingrediente perfetto, gli ha fatto scoprire interessanti particolarità e ha spinto molti produttori ad aprire nuove strade. Oggi in Giappone c’è anche chi produce olio, di qualità ça va sans dire. O maialini da latte strepitosi, allevati apposta per il cuoco trevigiano.
Ha cambiato il volto della cucina italiana in Giappone, ha percorso strade nuove, ha stimolato produttori e allevatori, ha fatto ciò che poteva fare con i prodotti del luogo, limitando al minimo l’importazione (ai derivati del latte ad esempio, ancora troppo indietro nel Sol Levante) di prodotti italiani, esportando cultura e tecnica a fiumi.

Ecco quindi aprirsi uno scrigno di sapori e consistenze con la parte iniziale del benvenuto, il suo biglietto da visita, fatto di diverse consistenze e cotture di verdure e pesci. Un inno ai prodotti locali costruito con tecnica e sensibilità Italiana. Con colpi d’ala inauditi e persistenti, come la sardina, l’acqua di pomodoro verde e burrata, il piccolo calamaro con uova di salmone. Uno scampo impressionante accompagna gli asparagi serviti in varie consistenze e forme, non mero sfoggio di tecnica ma pragmatica ricerca dei sapori e delle concentrazioni.
Poi una vera e propria opera d’arte come i ravioli con ripieno di verdure amare spontanee, involucro impastato con alga e ricci di mare della baia Okkaido. Il risotto, strepitoso, all’acqua pazza e quel maialino, apparentemente semplice ma al contempo complesso ed articolato nei sapori. Accompagnato da verdure e wasabi, il tocco determinante.

Grande classe, grande eleganza e grande concentrazione per una cucina di cui non si parla mai abbastanza. E invece il Bulgari di Tokyo può valere un viaggio.

E’ oramai un luogo comune pensare che la cucina italiana all’estero sia intrisa di falsi ideologici, di ricette raffazzonate e spesso contaminate, di scarsa eleganza e raffinatezza.
Non si è mai mangiato così bene in Italia. Perché mai all’estero invece la nostra cucina è proposta come una fotocopia sbiadita di quella delle mamme, ricca di errori, imprecisioni e grevi digressioni che non aiutano certo la cultura culinaria del nostro belpaese?
Però qualche eccezione c’é, e per fortuna.
Non è la prima, e contiamo non sia nemmeno l’ultima, esperienza di cucina italiana al di fuori del nostro territorio che ci fa sobbalzare sulla sedia per la  felicità.
Perché trovare una così chiara, moderna, elegante, raffinata e filologicamente corretta alta cucina tricolore è stato davvero emozionante.
Luca Fantin, enfant prodige italiano, ha accettato la proposta del Bulgari a Tokyo dopo un’importante esperienza da Heinz Beck, ma anche da Andoni e Seiji Yamamoto solo per citare i nomi più altisonanti.
Dal tedesco ha certamente acquisito rigore, ordine e precisione germanica.
Il talento e la fantasia ci sentiamo di riconoscerla invece tutta a lui, italiano sino al midollo. Cuoco preparato, intelligente (si informa e legge tutto sulla nostra cucina), con una presenza elegante e distinta. Ed una cucina divertente, sofisticata, gustosa, piacevole e giustamente riconoscibile.
Solo apparentemente semplice: la sua comprensibilità, doverosa a queste latitudini, fa anche rima con ricerca, finezza e ricercatezza. Mai ci saremmo immaginati, sinceramente, di provare un’esperienza simile a Tokyo. Ed invece Luca ci ha stupito, conquistato ed ammaliato con le sue preparazioni.
Il cuoco trevigiano mixa abilmente prodotti della nostra terra, come il radicchio di Treviso o la mozzarella di bufala, con gli straordinari prodotti che offre il mercato di Tokyo, e non solo. Ci ha confessato che i pomodori qui sono fantastici. E ne abbiamo avuto la prova in una sua italica preparazione. Pomodori buoni, buonissimi, con un costo che si avvicina più ad una pietra preziosa che ad un ortaggio. Ma su questo siamo in tema con la maison ospitante.
E poi il pesce, che qui a Tokyo è semplicemente straordinario e su cui Luca ha avuto un Virgilio d’eccezione, figlio di un grande Sushi Master locale.
Siamo felici di avere un ambasciatore nel Sol Levante di questa portata. Forse l’unico rammarico è di non avere Luca qui, a casa nostra. Perché la sua bravura a dirigere una brigata importante, in un contesto ed un luogo tutt’altro che semplice, unita alla sua inventiva e ricercatezza nel pensare i piatti, ci dispiace che sia così lontana dalla nostra patria.
Peccato, ma al contempo siamo molto felici di avere rappresentanti di questa caratura che tengono alto il vessillo italico.
Bravo Luca, evviva il Bulgari di Tokyo, stella michelin stra-meritata, forse già un pochino stretta.

L’aperitivo alla Table du chef.

Chips di ricotta e peperone rosso.

Spugne al nero di seppia ripiene di seppia.

Sgombro, agrodolce d’anguria, pesto di rucola.

Milanese di tendine di vitello, lime e sale.

Fantastici grissini…

Polvere di mozzarella di bufala, gelatina di pomodoro, pomodoro e basilico.
La sublimazione della caprese, fantastico.

Piccolo Hamburger di sanguinaccio con salsa alla senape verde.

Raviolo di patate e caviale, et voilà.

L’Andoniano misto di verdure di Hokkaido, crema di parmigiano e purea di topinambur.
Freddo-caldo, cotto-crudo a rincorrersi in un apice gustativo esaltante.

Il fantastico pane…

Risotto, ricci, limone e erbe. Chapeau Luca.

Il rustico ma buonissimo piatto di maltagliati al ragù di guancia e coda, rosmarino e verza.

Un brodetto abilmente rivisitato: crema di finocchio, crudo di finocchio, salsa di vongole, astice blu, una specie di trigliona locale, tartara di scampi crudi.

Entrecote di manzo, crescione e variazione di melanzana, qui molto più dolce che da noi.

Biscotto al rosmarino, granita alla pesca, pesca marinata e il suo nocciolo finto (di nocciole).

Cioccolato, yogurt e cachi.

Divertimenti finali…


La Lounge Dom Perignon all’ultimo e undicesimo piano…


La sala ed alcuni scorci…