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Locanda di Orta

Siamo particolarmente fieri di essere stati tra i primi, circa un anno fa, a segnalare che sulle sponde del lago più romantico d’Italia (parliamo del lago di Orta, venire per credere..) iniziava a muovere i primi passi qualcosa di interessante.
Raccontavamo del bravo Fabrizio Tesse, già braccio destro del grande Cannavacciuolo a Villa Crespi, che aveva deciso di affrancarsi e di mettersi alla prova accettando la responsabilità della cucina della splendida e antica Locanda all’Agnello, proprio al centro del piccolo ma assai suggestivo borgo di Orta San Giulio.
L’esperienza nel complesso molto positiva si rivelò però un po’ spiazzante nel senso che si aveva quasi l’impressione di essere contemporaneamente in due ristoranti diversi. Da una parte la cucina, elegante, padrona delle tecniche, con piatti buoni e anche belli, insomma una cucina da ristorante di grande livello. Dall’altra la sala dove, seppur senza fare disastri, il personale si limitava a svolgere il compitino di ordinanza senza mostrare alcun entusiasmo e nessuna passione.
La sala che non t’aspetti con un Cuoco così. Ma sappiamo bene cosa sia una start up e quali difficoltà comporti. E, quindi, come promesso siamo ritornati.
E abbiamo finalmente trovato un servizio parametrato al livello della cucina, cordiale e inappuntabile. Ora tutti finalmente sembrano compenetrati nello sforzo di far raggiungere alla Locanda tutta il livello che alla cucina già compete. Anche la carta dei vini rispetto all’ultima visita ci è parsa cresciuta.
Il rinnovamento ha portato anche al cambio del nome. Non più lo storico Locanda all’Agnello ma Locanda di Orta, anche se la proprietà è rimasta invariata.
E poi ( 🙂 ) c’è la cucina.
Che si conferma di livello ottimo. Tesse ha una mano e un gusto non comuni. Maestro di risotti (stavolta ce ne ha proposto uno mantecato al baccalà con il tartufo bianchetto che ricorderemo a lungo), perfetto conoscitore della materia prima, sa come prendere per la gola gli ospiti. E’ assai bravo anche se sembra procedere un po’ con il freno tirato. Sembra accontentarsi un po’, voler andare sul sicuro.
La perfezione nella realizzazione tecnica dei piatti c’è, ma siamo ancora in attesa del colpo d’ala e lo diciamo perché siamo convinti che Tesse possa andare oltre un eccellente Piccione (piatto che inizia ormai ad essere inflazionato) e un impeccabile Risotto.
Lo preferiamo quando, come con la Lasagnetta, abbandona la strada comoda e decide di giocare su toni amari (nel caso di specie anche un po’ troppo per la verità).
Resta, comunque, la sostanza di una cucina sempre comprensibile con piatti ben concepiti e capace di regalare grande piacere sensoriale a chi mangia.
A ciò si aggiunga che la Locanda offre anche sei stanze e tre junior suite con un arredo semplice ma comodo ed elegante e che, oltre al piccolo eccellente ristorante gourmet di cui si è detto, ed al wine bar posto al piano terra, è anche possibile mangiare godendo di un suggestivo panorama del lago sul più informale ristorante in terrazza.
Insomma gli ingredienti per una sosta all’insegna del piacere e del bien vivre ci sono tutti, per di più con un rapporto qualità prezzo davvero conveniente.
Ad Majora.

Ostrica, granita di acqua di mare e lime.
Ostrica assoluta, dal mare presa, con il mare restituita.


Spezzatino tiepido di astice, crema di mozzarella di bufala, cime di rapa, aglio, olio e peperoncino.
Si gioca con la grassezza della mozzarella e la dolcezza dell’astice; succulenza iodata con in aggiunta la scintilla di aglio olio e peperoncino.

Capesante in foglia di verza, battuto di lardo, lenticchie di Castelluccio e paglia di porri.
Onestamente non entusiasmante.

Risotto mantecato al baccalà e tartufo bianchetto.
Il baccalà davvero si fa in tutti i modi possibili: in questo caso viene utilizzato per mantecare un risotto davvero eccellente e quando in bocca finisce il baccalà attacca il tartufo, e quindi torna il baccalà e ancora e ancora…

Lasagnetta di pasta fresca, radicchio tardivo quartirolo lombardo e salsa al vin santo.
Piatto di interessante concezione con un gioco di consistenze in cui prevalgono nettamente i toni amari.

Suprema di piccione arrostita, coscetta croccante, scaloppa di fegato grasso d’oca, spugnole e filoni.
Un classico, ben eseguito.

Tortino caldo alle mandorle, Banlyus, prugne e cannella.

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione ristorante.
Se è vero che per la Michelin la costanza di rendimento negli anni è un elemento discriminante per l’assegnazione di una terza stella, allora probabilmente la prossima cintura di Orione illuminerà lo specchio del Lago d’Orta. Quella guidata da Antonino Cannavacciuolo è ormai una corazzata rodata ed affidabile anche quando, come nel caso della presente visita, ci si trovi a pranzo in concomitanza con un (pur relativamente ristretto) banchetto nuziale in giardino. Senz’altro questo ristorante, collocato nell’omonima ed esteticamente discutibile residenza dell’800, è da un buon quinquennio fra le realtà più solide dello Stivale. Certo, per arrivare proprio nell’empireo dei grandissimi (quelli che, in modo più o meno consapevole, stanno segnando profondamente la storia della cucina contemporanea), manca ancora qualcosa sul piano della finezza, non tanto dell’esecuzione ma della concezione, e nella capacità di non eccedere con alcuni ingredienti di grande ma un po’ “facile” appeal come i crostacei. In un paio di occasioni, però, l’abilità nell’aggirare o nel tamponare la grevità di alcuni ingredienti ha davvero rasentato il virtuosismo. Abbiamo deciso di affidarci al menù più ampio tra quelli proposti, esperienza vissuta già l’anno scorso, che ci ha consegnato un percorso assai simile, troppo simile forse per un ristorante ancora, per ovvie ragioni anagrafiche dello chef, in fase di ascesa, a quello dell’anno passato, e che mi ha confermato l’idea che il menù più bilanciato (e meno ridondante negli ingredienti) sia quello intermedio, di ampiezza di pochissimo inferiore. Insomma una “mano libera” che pur restando gran mano non si prende (più) grandi libertà, e questa sensazione vorrei tanto tornasse, perchè di chef che sappiano miscelare con cura golosità ed eleganza non ce ne sono in giro molti, ed Antonino Cannavacciuolo è sine dubio uno di questi.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Siamo ad Orta San Giulio, nel cuore dell’alto Piemonte, e questa villa fiabesca, in stile moresco, altro non è che la realizzazione del sogno di un innamorato dell’Oriente. Si chiamava Cristoforo Benigno Crespi. Incantato dal fascino di Baghdad, dove comperava partite di cotone, si fece costruire nel 1879 una villa immersa in un parco degradante verso quel Lago dall’aria balsamica frequentato in gioventù, il lago d’Orta appunto. In questa stupenda villa oggi un giovane chef, Antonino Cannavacciuolo, esprime il suo talento con una cucina interessante, fine, persistente, frutto della contaminazione tra la sua anima partenopea e l’alto Piemonte, contesto in cui oggi lavora ed ha scelto di vivere e dove si è innamorato.

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