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Al Metrò

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Che il Metró fosse diventato qualcosa in più di un buon ristorante marinaro del litorale abruzzese l’avevamo capito già qualche anno fa. Nella nostra recente visita abbiamo avuto la piacevole conferma che questo piccolo luogo gourmet a conduzione familiare è ormai una grande certezza e Nicola Fossaceca ha il giusto talento per andare ancora più lontano.
Insieme al fratello Antonio, bravo regista di sala e sommelier dalle grandi doti, ha deciso di diversificare l’attività imprenditoriale di famiglia e, allargando gli spazi della pasticceria dei genitori, ha dato vita ad un ristorante accogliente, caldo e informale, con una intelligente e sincera proposta ittica tra tradizione e innovazione.
Qualità, personalità e un prezzo a dir poco commovente fanno di questo piccolo ristorante un punto di riferimento per la fedele clientela locale e, al contempo, per il passante curioso o per il gourmet che si spinge fino a questi lidi appositamente per godersi una cucina appagante, leggera e ricca di sfumature.
Fossaceca, timido e sorridente chef abruzzese, è giovanissimo ma già da qualche anno è entrato nel prestigioso circuito dei Jeunes Restaurants d’Europe. Vanta una gavetta di tutto rispetto dai due mostri sacri del fornello marinaro di Senigallia dai quali probabilmente ha appreso la manualità e la sensibilità nel trattare un pescato di primissimo ordine. Ha poi consacrato definitivamente la sua tecnica rientrando nella sua terra con Niko Romito, il cuoco che ha suonato la carica in Abruzzo, una regione che fino a qualche tempo fa era un gigante in letargo e che ora, invece, versa in una fase gastronomica scintillante.
C’è da divertirsi con la carta (appunto tutto pesce) e si può avere un’esaustiva idea sulla personalità dello chef con i due menù degustazione da 50 e 70 €. È un peccato che i dessert non riescano ancora a tenere il passo dell’ottima cucina, cosa tra l’altro paradossale, considerando che i fratelli Fossaceca sono cresciuti proprio nella storica pasticceria di famiglia. Restiamo comunque fiduciosi anche sui felici e prossimi sviluppi del reparto dolciario, visto il positivo esito dei petit fours, più pensati, complessi ed eleganti dei dessert.
Tutt’altra musica nei piatti di pesce dai quali emerge dirompente una cucina studiata e precisa nelle sue “tradizionali” cotture: provare la triglia in “scapece espressa” per credere, nella quale la delicata carne del pesce non viene mortificata dalla frittura, restando morbida e succulenta, con tutti gli umori marini, come se fosse cotta leggermente al vapore.
Al Metrò si sta benissimo, la sua è un’offerta non scontata, moderna, soprattutto onesta e giustamente premiata in primis dalla clientela locale. E di questi tempi non è poco.

Si comincia con un perfetto e goloso amuse bouche: arancino di ventricina (salume tipico della regione) e crema di pomodoro. Diversamente dall’appetizer offertoci qualche anno fa, questo ci sembra assolutamente a tema, oltreché tecnicamente eccellente.
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Il cestino del pane, accompagnato da buoni grissini.
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Cicoria e cicale di mare. Partenza col botto. Brodetto persistente e raffinato.
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Cannolicchi gratinati, aglio e prezzemolo.
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Baccalà piselli e guanciale, buonissimo. Non condividiamo solo la scelta dei piselli, verdura fuori stagione.
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Triglia in scapace espressa. Il miglior piatto. Tradizione, evoluzione, ricerca, tecnica, testa.
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Insalata di mare, pomodoro e cetriolo. Temperatura tiepida e perfetta per il pescato. Rinfrescante la granita.
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Riso, calamaretti, zenzero e sugo di canocchie.
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Ravioli di seppie arrosto e spinaci. Perfetta consistenza della pasta e farcia intensa. Il piatto originale prevede i fagiolini, più delicati degli spinaci che, nel nostro caso, conferivano tuttavia una perfetta nota di contrasto.

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Carbonaro d’Alaska laccato mele e cipolle, accompagnato da alghe fritte. Goloso ma meno raffinato del resto.
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Da una selezione enoica intelligente che parte dalla regione, per poi arrivare ad alcune chicche biodinamiche francesi ed europee. Siamo rimasti sul solco della tradizione con un’altra sicurezza, il Trebbiano di Emidio Pepe, proposto, come tutte le etichette, con un ricarico assolutamente non proibitivo.
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Pre-dessert: crema catalana.
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Mojto al piatto. Fresco ma un po’ monotono.
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Il tiramisù scomposto. Intelligente l’idea, ma il risultato è simile al precedente.
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Perfetta la piccola pasticceria.
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Interni.
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Ingresso.
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Recensione Ristorante

“Pas de beurre?”
“Non, non , messieur, pas de beurre, c’est du bonne huile”

Così il maitre mi presenta l’olio, Chateau d’Estaublon, che sostituisce il pressocchè onnipresente burro delle tavole d’oltralpe.
Istintivamente lo interpreto come un probabile vezzo anche se, alla fine del pasto, devo ammettere che la mediterraneità del marsigliese Michel Portos meglio non poteva essere rappresentata da questo frugale ma significativo biglietto da visita presente già al tavolo.
Il mediterraneo è lontano qui a Bordeaux, nel cuore della Gironda, ed è molto più vicino il selvatico e selvaggio oceano che con la splendida e residenziale Cap-Ferret dista appena un’ora di macchina. Ma il mare a noi così familiare non potrebbe essere più vicino nei piatti di questa piccola ambasciata provenzale.
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Recensione Ristorante

Una delle tematiche più in voga del mondo gastronomico e sulla quale, ormai, ci capita spesso di discutere, riguarda l’importanza degli ingredienti. La cucina così detta “local”, in questo caso non intesa come rappresentazione e rielaborazione geografica della tradizione, bensì come l’utilizzo e la presentazione nel piatto di un prodotto alimentare a ridottissimo raggio di provenienza. Mauro Colagreco ci aveva già pensato qualche anno fa ad investire sugli ingredienti local, quando decise, dopo importanti trascorsi da due mostri sacri come Passard o Ducasse, di proporre la sua personalissima cucina e, con essa, i prodotti del suo orto in questa felicissima ed elegante villa anni trenta che sormonta “le grand bleu”.

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Recensione ristorante.
Per essere una capitale europea di grandi dimensioni, non si può certo dire che Roma abbia un numero molto alto di ristoranti d’alta cucina. L’arrivo nella capitale di Oliver Glowig, già bistellato a Capri dopo il rapido passaggio a Montalcino, è stato quindi salutato con favore da tutta la community di appassionati capitolini che si ritrovano su internet, tra blog e forum.
Probabilmente, però, sono, siamo, sempre i soliti quattro gatti o, ipotesi peggiore, di cucina scrive più gente di quanta visiti davvero i ristoranti, visto che la sala non era esattamente affollata. Nemmeno ha senso sperare nei cosiddetti VIP dello spettacolo, degli affari e della politica: altre tavole, altro genere di ristorazione li attraggono di più.
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Recensione Ristorante

La riservatezza, la professionalità, accompagnate da grande conoscenza del territorio, curiosità per quello che succede nel mondo e ottime tecnica e creatività bastano per avere successo?
La domanda è inevitabile quando si pensa alla Trota e alla sua scarsa presenza, anche nei dibattiti tra appassionati, quando si devono citare le migliori cucine d’Italia. E’ proprio perché ci sembra davvero ingiusto che ritorniamo a parlarne a pochi mesi di distanza dalla recensione di Azazel che non possiamo che sottoscrivere, auspicando che riconoscimenti strameritati arrivino presto.
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