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La Capanna di Eraclio

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La potenza di un luogo, la forza degli ingredienti: è straripante la sensazione che può lasciare una visita alla Capanna di Eraclio.
Come un viaggio senza tempo, lontani dall’oppressione della routine quotidiana.
La Capanna accumula storia, giorno dopo giorno, e poi si fa guardare con ammirazione da quelli che hanno ancora gli occhi per vedere.
Pesce o selvaggina: non sapremmo dire cosa è meglio, perché percorrere questa strada in un nebbioso novembre e poi tuffarsi nel risotto alla folaga ha il suo perché.
Ma godere dei primi caldi, sfogliando la carta comodamente seduti in giardino prima di accomodarsi a tavola, riappacifica con il mondo.
Soprattutto se ne esce il migliore pasto da quando frequentiamo questo indirizzo.
Parlavamo di ingredienti e qui c’è n’è motivo come in pochi altri posti: ai canestrelli che potete vedere poco più sotto mancava solo la parola. Parliamo noi per loro: “unici”.
Ma la mano del cuoco, pardon, della cuoca, c’è ed è una grande mano. Sono piatti indiscutibilmente della tradizione, ma non quella statica di cui poco ci interessa, ma quella viva e piena di energia, quotidianamente in movimento verso un posto al sole. La tradizione che sa continuamente rinnovarsi.
Ecco il piatto di capellini con i giotoli, pieni certamente di materia ma anche di tanta finezza ed eleganza di preparazione.
O l’anguilla, prima scottata sulla griglia al calore di pioppi, sarmenti di vite e carbone, poi passata in forno a cuocere nel suo grasso: il risultato è meglio di un compendio di storia delle Valli. Questo significa guardare al passato con i piedi ben piantati nel presente.
O ancora una maionese che merita il viaggio: che qui venga fatta con il mestolo di legno forse è solo una nota di romanticismo, però è tanto, tanto buona proprio così.
La sala non è da meno: della grande atmosfera abbiamo già scritto, ma anche quando si tratta di servire il cliente tutto si incasella al posto giusto. Cordialità, sorrisi, disponibilità: tutte cose che non si vendono a peso.
Che dobbiamo dire di più?

Una bollicina nel giardino prima di accomodarsi al tavolo…
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Attrezzi del mestiere
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Il benvenuto: giotoli fritti con polenta
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Ostriche e canestrelli: il lusso della semplicità
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Dategli la parola…
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Con i crudi, alla Capanna non si scherza: scampi di Goro, tonno, ombrina. Da urlo.
Geniale la leggera incisione sulle chele degli scampi in modo da poterli succhiare con grande godimento.
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La seppia con la crema di patate: un cappucino Alajmo al contrario.
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Questa vi consigliamo di ordinarla: pulire una grancevola in questo modo richiede un lavoro immane. Un gusto unico, per di più in abbinamento a una maionese home made che merita il viaggio da lontano e di cui è impossibile non chiedere il bis.
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Un grande piatto: capellini con i giotoli. Ancora migliorato rispetto alla precedente visita.
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Le Moeche fritte: altro must.
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Ci sono tre cose a Ferrara su cui non si scherza: la Salamina, la Spal e l’Anguilla.
Questa viene dalla Sacca di Gorino, dove l’acqua del Po si mescola al mare, quindi è corrente e pulita; i pesci si muovono molto e hanno una livrea grigio azzurra, per mimetizzarsi sul fondale. Molto diversa dall’anguilla del canale che ha un gusto palustre e una colorazione più scura.
L’anguilla subisce una doppia cottura: prima sulla griglia per indurire la pelle e per raccogliere i succhi all’interno; poi in forno, dove il pesce cuoce nel suo stesso grasso.
Sporzionata al tavolo e servita nature.
Imperdibile. Punto.
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Chiusura con dolci semplici ma ben fatti.
Il gelato al pistacchio
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La Tenerina al cioccolato
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Oppure i più temerari possono ricominciare da capo: cameriere, ancora canestrelli.
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Le bottiglie da casa sono accettate con un sorriso: ma lasciate un assaggio al proprietario!
Qui si è consumata una degna tripletta…
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Recensione Ristorante

Da quasi due anni anche nella parte di Genova che guarda a Levante brilla una stella e per l’esattezza una stella Michelin, quella di Ivano Ricchebono e del suo The Cook.
Il “The Cook” è un locale piccolo, con pochi tavoli ed un arredamento minimalista, ubicato in una strada stretta a senso unico, con conseguente difficoltà nel trovare parcheggio.
Per questo motivo fondamentalmente qui non si capita per caso, ma solo ed esclusivamente per gustare la cucina di questo ristorante di cui poco si sa e poco si parla al di fuori delle mura cittadine.
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Racconta la leggenda che il ristorante deve il suo nome ad un Notaio, un uomo d’altri tempi, che sovente amava passare soggiorni da queste parti, in questa locanda, attratto tanto da beltà e pace offerte dalla cheta Val d’Intelvi, quanto dalle grazie della giovane figlia degli allora locandieri.

…detto tra noi, la donzella doveva essere veramente una gran gnocca, perché per arrampicarsi fin qua su, probabilmente ben prima dell’invenzione del bitume, l’ormone del notabile doveva esser particolarmente imbizzarrito…
Inoltre, è probabile che lo stesso fosse un grande appassionato di vini francesi e, per tentare di placare il disordine, attinse a piene mani dalla cantina, tant’è che ancora oggi in carta non vi è traccia alcuna di bottiglie transalpine, fatta eccezione per cinque o sei forzati Champagne.

Tornando ai giorni nostri e ringraziando l’inventore dell’asfalto, la Locanda del Notaio è raggiungibile ben più semplicemente, anche se comunque è richiesta buona volontà. Da Argegno, sulle rive del lago di Como tanto care ai turisti teutonici e stars’n’stripes, una tortuosa stradina giunge a Pellio Intelvi, piccolo paese a quota mille metri.
Il ristorante è posizionato appena fuori dall’abitato, in una radura fresca e tranquilla, dove le condizioni sono quelle di assoluta pace e tranquillità.
Probabilmente per assonanza, per la sala potremmo utilizzare la stessa descrizione ed i medesimi aggettivi. Certo da un mercoledì sera da queste parti non ci si può aspettare la Rambla, ma la desolazione nel rimanere soli in sala prima della metà cena, perché l’altro (uno) tavolo occupato ha già finito di cenare, è inevitabile balzi subito all’occhio. In questa particolare condizione però, le attenzioni rivolte al cliente sono ben sopra la media: ci viene concesso di ordinare due menu degustazione separati anche se la classica dicitura sulla carta non lo vorrebbe, le accortezze in generale sono molte e frequenti e le chiacchiere con il sommelier sono piacevoli. Chiaro però è che in una situazione dove il rumore dell’otturatore della Canon pare faccia ballare i pochi quadri sulle pareti, e dove si ha paura a pensare qualcosa per evitare che il cameriere possa sentirlo, non riusciamo a immaginare condizione differente.

Per non stonare in questo quadretto di geriatrica tranquillità, la cucina si mantiene sulla stessa solida barca, motori al minimo e mare piatto: tutto tecnicamente ineccepibile, cotture precise, salse tirate il giusto, temperature e consistenze adeguati, bilanciamenti corretti e più o meno tutte le cosine al posto giusto. Yawn…
Il menu degustazione carne, probabilmente per la natura succulenta della materia, è mediamente più invitante e riuscito rispetto al medesimo di pesce, al quale mancano forse pari dosi di estro e di finezza.
Certo un paio di piatti interessanti ci sono in entrambi, ad esempio il cannolo salato o le tagliatelle al profumo di liquirizia (al netto però di quei cacchio di onnipresenti petali), ma nulla che riesca a balzare oltre il “sì, buono” o il ben riuscito.
Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un conto che in media saltella agilmente tra le ottanta e le centoventi monetine bicolore (per i pignoli, quelle piccole) a testa; indubbiamente una fascia di prezzo dalle ambizioni almeno un paio di gironi più alte…

La fatidica domanda. E’ questa una buona cucina? Indubbiamente, a meno di inopportune fini pignolerie, obiezioni non se ne possono porre, proprio non ci si può lamentare. Resta il fatto però che, complici anche i bicolore europei poco sopra, difficilmente riesce a rimanere nella memoria fino alla porta di casa, né anche solo a sfiorare le giuste corde dell’animo.
Se aggiungiamo inoltre la sala eccessivamente quieta (eufemismo) e invero abbastanza spoglia, e la carta dei vini particolarmente soporifera, c’è il rischio concreto che sia meglio non passar da queste parti il 10 di agosto…

Entrée, servite prima dell’ordinazione:

Benvenuto dalla cucina, salmone affumicato con crema di yogurt e cetrioli:

Carpaccio di salmone e alghe, insalatina di germogli e olio al profumo di lampone

Cannolo salato ripieno di tomme nature con verdure baby in agrodolce e gelato al the verde

Trota salmonata in carpione su crema calda di zucchine e il loro fiore in tempura

Tartare di fassona con uovo di quaglia poche e torretta di asparagi gratinati

Tagliolini con tartufo nero estivo

Tortelloni variegati al basilico ripieni di astice con spuma di patate e sorbetto all’avocado

Caramelle ripiene di sedano di Vicenza con ragù di lepre e pistacchi di Bronte

Tagliatelle al profumo di liquirizia con lavarello affumicato e fave fresche su crema di burrata

Petto d’anatra con confettura di pomodoro e lavanda, patate schiacciate

Filetto di salmerino in panure di speck con insalatina di fagiolini e finocchi croccanti, olio al pompelmo rosa

Predessert: Biancomangiare su confettura ai frutti di bosco

Trilogia di bignè

Cannoli al cacao amaro ripieni di mousse al cioccolato bianco e menta su zuppetta di ciliegie

Un plauso al maitre/sommelier che, da una carta molto limitata e come già detto un po’ banalotta, è riuscito a tirar fuori un accompagnamento al calice ben riuscito ad un prezzo onesto, 35€ procapite.

Abbiamo bevuto, con il menu degustazione pesce:
Roero Arneis 2011 – Bruno Giacosa
Pratto 2010 – Cà dei Frati
Pinot Bianco Vorberg Riserva 2008 – Terlan

Con il menu degustazione carne:
Barbera d’Asti Superiore Vecchie Vigne 2007 – Vinchio-Vaglio Serra
Inferno 2008 – Rainoldi
Barolo 2007 – Azelia Luigi Scavino

Per entrambi, con i dolci:
Ben Ryè 2008 – Donnafugata
Sherry Pedro Ximenez 12yo – Williams & Humbert Collection

Pregio: Accoglienza e cucina sono piacevoli.
Difetto: …yaaawn…

Ristorante La Locanda del Notaio
via Piano delle noci, 22
22020 Pellio Intelvi (CO)
Telefono +39.031.8427016

Chiuso tutto il lunedì, chiuso da novembre a marzo.
Menu degustazione 45€, 75€, 80€ e 105€
Alla carta circa 90€

www.lalocandadelnotaio.it

Visitato nel mese di giugno 2012

Recensione ristorante.

Si vede tutta Milano da quassù. Ed è una bella sensazione vedere che la città, in attesa dell’Expo, è più estesa di quanto sembra. E basta poco per realizzare che questo nuovo ristorante è davvero un posto unico nell’intero panorama meneghino. In effetti, se non fosse stata così suggestiva l’idea di cucinare al ventesimo piano di un grattacielo ipermoderno, sicuramente Fabio Baldassarre non avrebbe mai abbandonato la sua Roma per trasferirsi a Milano, dove, già da quando il World Joint Center era ancora un cantiere a cielo aperto, si è innamorato a prima vista di questa sua nuova dimora. Sono lontani i tempi dell’Altro Mastai che Baldassarre abbandonò all’apice del successo, per seguire altre strade. Due anni lontano dai riflettori non hanno fatto perdere al simpatico chef di origine abruzzese la grande tecnica appresa alla corte di Raymond Blanc e di Heinz Beck. Anzi, è un piacere ritrovarla. C’è una mano leggiadra in tutte le preparazioni che ci vengono servite, tecniche collaudate e materia prima realmente notevole. E’ questa la cucina di Baldassarre, priva di fronzoli o scappatoie modaiole. Unico ha aperto i battenti da poco e di conseguenza sta sondando il terreno della esigente clientela milanese. Ancora non c’è una carta ben definita, solo un degustazione (da 6 a 12 portate) che viene creato giornalmente con i prodotti reperiti ogni giorno sul mercato. (altro…)

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Recensione Ristorante

Un salto a piè pari nel “come eravamo”.
Una luce nella nebbia ferrarese, quasi un’oasi o il porto sicuro venendo da un mare in tempesta.
E’ uno scrigno di emozioni la Capanna di Eraclio.
Non si rimane indifferenti a questo locale, all’atmosfera racchiusa tra queste pareti. Sia d’inverno che d’estate è un luogo che sa toccare le giuste corde del circuito affettivo.
Alcuni ne hanno scritto come il posto dove il tempo si è fermato.
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