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Pomiroeu

Giancarlo Morelli: il gusto al centro

Ne ha fatta di strada questo ragazzo bergamasco di sessant’anni dalla folta barba e gli occhi vispi di chi ha sempre voglia di fare, di imparare, di mettersi in gioco. Una vita professionale iniziata presto, alla Scuola Alberghiera di San Pellegrino Terme, quindi l’esperienza sulle navi da crociera tra Europa ed America, a cui hanno fatto seguito periodi di stage importanti nelle cucine di Alain Ducasse, Bernard Loiseau, Troigros e Roger Verger. Una storia personale ricca di esperienze di lavoro e di vita a cui oggi dovrebbero guardare tanti giovani aspiranti cuochi a volte poco disposti al sacrificio. Una volta rientrato in Italia, dopo un’esperienza al Golf Club di Monticello, Morelli apre il suo Pomiroeu a Seregno e inizia una storia ricca di successi e riconoscimenti che dura ancora oggi.

Ha da poco compiuto 30 anni il ristorante Pomiroeu ed è una vera e propria istituzione della cucina lombarda, una assoluta certezza per chi ha voglia di una cucina concreta, classica, senza troppi fronzoli ma basata su una materia prima ultra-selezionata. E poi ci sono i risotti, senza dubbio tra i migliori che vi possa capitare di mangiare in giro per il mondo. La nostra ultima visita ci racconta di un ristorante in ottima forma anche grazie alle capacità ed alla voglia di fare di Gianmaria Boaro il giovane sous-chef di Giancarlo Morelli, che si conferma, dunque, anche ottimo talent-scout. Come non magnificare l’ormai celebre Risotto gamberi, tartufo nero e colatura di alici mantecato alla ricotta di bufala affumicata. Un piatto che contiene un po’ lo spirito ecumenico dell’idea di cucina di Giancarlo Morelli che qui unisce nord e sud Italia e lo fa alla maniera lombarda utilizzando un risotto. Un piatto tutt’altro che semplice perché giocato su equilibri non facili e su un dosaggio millimetrico degli ingredienti, tartufo in primis. L’esecuzione è strepitosa, il risultato perfetto.

Cucina classica, solida, di ispirazione lombarda ma con un piede ben piantato in Francia

Grande tecnica è anche quella necessaria per bilanciare sapori ed equilibri nella realizzazione di un altro interessantissimo piatto: lo Spiedino di animella al bbq, broccolo, lardo bergamasco, amchoor. Cottura perfetta e grande perizia nella fattura della salsa al sambuco che completa ed arricchisce la preparazione. Se il succulento Filetto di cervo conferma la mano felice dello chef sulla cottura delle carni, un’ultima citazione non può non riguardare il Gelato alla crema, crema di marroni, panna morbida, un dessert avvolgente, suadente, semplice(?!), impeccabile, lussurioso.

Carta dei vini interessante, servizio giovane e forse un po’ inesperto. Un tempio della ristorazione lombarda che unisce misurati guizzi creativi ad una solida base classica senza mai deludere le attese. Il Pomiroeu è in ottima forma. Si esce con la voglia di tornare.

IL PIATTO MIGLIORE: Risotto gamberi, tartufo nero e colatura di alici mantecato alla ricotta di bufala affumicata.

La Galleria Fotografica:

La Galleria Fotografica:

Si ritorna al Pomiroeu, quasi un’istituzione della provincia brianzola. I cancelli del “pometo” (parola con cui si indicava in passato una particolare zona della città in cui vi erano ricche coltivazioni di mele) sono infatti aperti sin dal 1850, ma solo dai primi anni novanta Giancarlo Morelli ha iniziato la sua avventura rilevando la vecchia struttura e compiendo un percorso evolutivo notevole.

Morelli, bravo ristoratore e maestro di cucina, ha trasformato la sua creatura in un delizioso e moderno angolo gourmet di rango indubbiamente elevato, un luogo in cui si sta molto bene e in cui si può gustare una doppia linea di cucina (tradizionale e creativa) eseguita con i medesimi risultati e contraddistinta da un unico comune denominatore: la sostanza. Nella nostra visita siamo partiti in quarta, abbiamo raggiunto una vetta molto alta con una portata, per poi rallentare con i secondi fino ai dolci, a tratti stucchevoli (nonchè troppo costosi). In tutta la proposta gastronomica del ristorante tuttavia, meritano un capitolo a parte i risotti. Quelli che si trovano qui rappresentano una tra le massime espressioni che si possano trovare nello stivale, per esecuzione, tecnica ed estro. In particolare, quello in carta scelto da noi con tartare di gamberi, tartufo nero e colatura di alici (miglior risotto 2010 nel concorso Riso Gallo), come direbbe qualcuno, vale da solo la deviazione. E’ brillante e bilanciato nel gusto ed è eseguito in maniera millimetrica nella mantecatura e nella consistenza; un piatto in cui il riso ha una connotazione ben precisa che muta a seconda degli elementi (gambero, tartufo, colatura) che la forchetta pesca nel piatto. Da applausi. Qualche piccola delusione invece ci è arrivata dall’assemblaggio dei secondi piatti. Non dalla cottura delle carni, sono infatti palesi le doti e le capacità tecniche di Morelli in questo campo, bensì dalle deludenti proposte dei contorni al piatto e dalla presentazione. Altra pecca invece sui dolci, senza molto mordente nonché tendenzialmente stucchevoli. Inoltre abbiamo notato una certa staticità della carta: Morelli ha uno staff validissimo, pertanto una maggiore prolificità non sarebbe azzardata; le carte per essere ben più alti di valutazione ci sono tutte, c’è grande entusiasmo sia in sala che in cucina, c’è grande esperienza e la ricca clientela della zona aiuta a poter tenere ben in funzione questa macchina che macina sempre un bel numero di coperti. Però, c’è un però, il gourmet si aspetta da un cuoco di così grande capacità che tolga il freno a mano e liberi tutta la sua energia, davvero tanta, che ha a disposizione.

Per la cronaca, dicevamo, tutto di alto livello, a partire dal pane, il cui cestino viene costantemente sostituito alla minima perdita di fragranza.

L’entrata è molto equilibrata con la ricotta di capra su crema di finocchi;

Tra i piatti migliori del pranzo c’è l’Insalata tiepida di verdure con stinco di porcellino, finferli e lardo croccante al limone candito, notevole per freschezza e contrasti. Piatto fortemente stagionale in cui tutti gli elementi, le cui singole cotture sono perfette, sono nettamente distinti. Si rischia di chiedere il bis.

Eccoci dunque al Risotto Carnaroli del “Pavese Gran Riserva” alla ricotta di bufala leggermente affumicata con tartare di gamberi e tartufo nero, colatura di alici di cui abbiamo già detto e che riproponiamo in prospettiva opposta, merito della sua bontà.

Si passa ai secondi con La cotoletta alla milanese nella versione “alta” (al momento dell’ordinazione il maitre chiede se la si gradisce battuta o alta), servita con patate, insalatina e dei golosi pomodorini idratati nell’olio e pompelmo. Qui il piatto ovviamente lo fa la cotoletta, con panatura perfetta e asciutta, carne che conserva una giusta traccia rosata al cuore e resta morbida (operazione perfettamente riuscita), mentre sono deludenti i contorni, ad eccezione dei pomodori. Comunque una “signora cotoletta”.

Meno sorprendente il Pollo ruspante in casseruola con verdure novelle, crema allo yogurt di capra e peperoncino fresco. Qui è tutto l’insieme che delude. Ci aspettavamo una divagazione sul pollo, magari con cotture e preparazioni diverse tra petto-ali-cosce. Invece la preparazione in se è molto ordinaria ed è resa ancora più scarna dalle poco incisive verdurine che si riducono quasi a mero orpello di riempimento decorativo del piatto. Sicuramente da reinterpretare.

Dettaglio della crema di yogurt.

Anche il capitolo dolci ci lascia un filo perplessi per l’eccessivo contenuto zuccherino, non tanto del Parfait alla rosa canina con crema di yogurt al limone e cialda al sesamo e miele, in cui è obbligato il passaggio acidulo della crema di yogurt al limone

quanto per la Tarte tatin di mele con gelato fior di ricotta Seirass del Fieno, che avremmo preferito più neutra o, quantomeno, meno dolce. Anche qui, come nel dolce precedente non manca assolutamente la tecnica bensì l’equilibrio gustativo.

Dalla buona carta dei vini l’ardua scelta di un’unica bottiglia per tutto il pasto è ricaduta sul crucco Riesling Uhnlen Krober 2008.

Piccola pasticceria di buon livello. Gustosissima la crema al mascarpone con lingue di gatto.

Come detto, nel complesso, al Pomiroeu si sta davvero bene, anche se qualche tempo fa avevamo trovato una cucina meno “seduta” sugli allori dei riconoscimenti conquistati.


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Recensione ristorante.

Ci è piaciuto molto il Pomiroeu. Anche più di quanto ci aspettavamo.

Ci è piaciuto il locale, elegante ed accogliente. Caldo, con soffitto a travi e pavimenti in parquet all’interno e con un dehors estivo che, quando la stagione lo consente, costituisce un plus irrinunciabile.

Ci è piaciuta l’accoglienza che Giancarlo Morelli, chef/patron e anima del locale, insieme alla moglie Alessandra, ed il personale di sala, tra cui Samuele Zanutto e la brava sommelier Taeko Nishikawa, riservano senza distinzioni tanto al cliente abituale che all’avventore di passaggio.

Ci è piaciuta la mise en place, raffinata, con tovaglie di lino, posate d’argento, calici di cristallo e ricercati elementi decorativi

Ci è piaciuta la carta, rispettosa del territorio e della stagionalità, come sempre deve essere.

E soprattutto, ovviamente, ci è piaciuta la linea di cucina. Senza voli pindarici ma assai gustosa ed equilibrata ed in cui non mancano tecnica e talento.

A cominciare dal benvenuto della cucina costituito da dei bocconcini di vitello e guanciale affumicato su crema di castagne e olio alla vaniglia. Assai intrigante, ne avremmo mangiato una vagonata.

Quindi tagliolini di pasta all’uovo con pesto e porcini, carpaccio di funghi e sfoglie di grana. Piatto di materia prima ben eseguito, ma che ha risentito a nostro avviso della qualità dei funghi, non proprio “da capriole”.

Assai convincente, invece, il cannolo di pasta farcito alla carne morbida di fattoria con crema di foie gras e tartufo nero. Piatto golosissimo che mantiene quello che promette: succulenza, grassezza, un vero attentato alle nostre papille gustative.

Ma il meglio deve ancora venire. Riso Carnaroli selezione “Antica Riseria Motta” al petto e coscia di quaglia croccante, uva di Corinto. Cottura perfetta, mantecatura grandiosa, quaglia perfettamente integrata. Uno dei migliori risotti mangiati quest’anno. E non ne abbiamo mangiati pochi.

Il livello resta alto anche con lo stinco di maialino da latte glassato alla paprika con biete e salsa alla birra scura. Salsa perfettamente tirata, carne di notevole tenerezza e l’aroma di paprika a completare nel migliore dei modi un piatto assai riuscito.

Da 16 pieno anche il dessert, costituito da un parfait di fichi e crema alla grappa, ( in apertura ) servito con accanto una golosa composta di fichi. Interessante, nuovo, fresco.

Carta dei vini ben strutturata anche se con qualche ricarico eccessivo.

Un locale molto interessante, in una parola: goloso. Si esce con la voglia di ritornare presto. E’ necessario aggiungere altro?

Ad Majora

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