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Cannavacciuolo Cafè & Bistrot: da colazione a cena

L’emblema di chi ha saputo sfruttare la popolarità televisiva

Se da un lato decresce lo share dei programmi di cucina che elevano gli chef a delle vere e proprie star, lo stesso non si può dire per l’interesse che muove gli appassionati a sedersi alle suddette tavole. Una delle prove è il caso che riguarda Antonino Cannavacciuolo. Da anni alla guida del ristorante Villa Crespi assieme alla moglie Cinzia Primatesta, con l’ingresso nei programmi TV ha goduto di un importante successo tale da permettergli di avviare una piccola galassia, per ora confinata agli spin-off di Novara e Torino, in attesa di altri importanti aggiornamenti.

L’idea di cafè contemporaneo

Nel centro della città di Novara, all’interno dell’edificio del Teatro Coccia, si trova il secondo più importante quartier generale dello chef Tonino: il Cannavacciuolo Cafè & Bistrot. Aperto ogni giorno dalle 7:30 alle 24, si propone come il luogo ideale per una gustosa colazione – la nostra brioche pere e cannella lo conferma – per un aperitivo o per un pasto frugale. Nel dopocena, inoltre, è una meta consigliata per consumare un cocktail o un dessert monoporzione a cura del pasticcere Kabir Godi, responsabile anche della produzione della Bakery, della proposta della colazione e dei dessert al Bistrot. Per la trasversalità dell’offerta e per la cura nei singoli dettagli, anche nei colori e negli arredi scelti da Cinzia, non fatichiamo a credere che il locale sia già diventato un punto di riferimento per i novaresi in soli due anni dall’apertura.

Rapporto qualità/prezzo senza eguali

Salendo le scale si raggiunge il bistrot, il regno dello chef Vincenzo Manicone. La carta richiama l’arte dell’adiacente teatro: ouverture, musical, opera e balletto i nomi per le portate. Due sono i menu degustazione presenti, in cui il principale fattore differenziale risulta essere il fatto sorpresa del secondo. Noi abbiamo optato per il primo, che abbiamo trovato molto appagante.

Gli amuse bouche, fra i quali spiccano le ottime finte portate dell’Arachide tostata e del Baccalà al pomodoro, introducono la prima portata della cena: Crudo di ricciola, insalatina di papaya, cipollotto e sesamo. Un piatto fresco, delicato ed evocativo della stagione estiva. Quindi, un trionfare di sapori mediterranei con il cremoso Risotto, ricci di mare, capperi, limone e acciuga in cui la salinità degli ingredienti viene ben contrastata dall’acidità del limone e dalla Falanghina in abbinamento, e il Filetto di branzino scottato, latte di mandorla, cozze e chutney di pomodori verdi, che ben evidenzia la delicata mano dello chef capace di esaltare pochi e delicati ingredienti in un equilibrio perfetto di sapori e consistenze.

Le poche e lievi imprecisioni riscontrate restano un lontano ricordo dopo la piccola pasticceria, nella quale primeggiano il Macaron alla pastiera dal forte sentore di canditi e la Gelèe al frutto della passione.

Trovarne di tavole così a questi prezzi.

La galleria fotografica:

Cafè:

Bistrot:

La prima succursale di Cannavacciuolo: un bistrot comme il faut

Il termine bistrot, oggi molto abusato nella ristorazione, viene associato a una tavola economicamente accessibile, poco formale o, come nel caso del coinvolgimento di un grande cuoco, a una sorta di versione low cost del ristorante principale, una (preziosa) vetrina accessibile a una ampia e disparata gamma di clienti.

Raramente però evoca quello che forse è il significato più autentico da cui nasce il termine transalpino, ossia un caffè/osteria con vini alla mescita.

Ecco, il bistrot di Antonino Cannavacciuolo, tavola pilota delle sue aperture “pop”, che esprime al meglio il vero significato di bistrot.

Dopo essere entrato nelle case di molti italiani, facendosi amare dal pubblico di tutte le età per la sua genuina presenza, Cannavacciuolo ha deciso di ampliare il suo raggio d’azione – per il momento all’interno dei confini sabaudi – cavalcando l’onda del successo televisivo, con due poliedriche succursali del suo bellissimo ristorante sul Lago d’Orta. E, neanche a dirlo, il successo non si è fatto attendere.

Certo, è inutile ribadire quanto lo chef partenopeo sappia il fatto suo in cucina e, soprattutto, quanto sia bravo come ristoratore. Il progetto novarese, sorto negli spazi del foyer dello storico Teatro Coccia, ne è una piacevolissima conferma. Anche al di sopra delle aspettative.

Sala piena, servizio rapido e piatti all’altezza

Il fatto che ci facciano aspettare qualche minuto per (ri)apparecchiare il nostro tavolo (al secondo turno!), servendoci al bar una bollicina e una eccellente pizza fritta, ci fa subito capire che siamo al cospetto di una piccola macchina da guerra. La sala è piena, ma tutto scorre con ritmo incalzante. Nel menu gli antipasti, i primi, i secondi e i dolci sono suddivisi in metaforiche categorie teatrali, ouverture, musical, opera e balletto.

La cucina, affidata al bravo Vincenzo Manicone, viaggia in parallelo con lo stile proposto al Villa Crespi; i piatti sono equilibrati e armoniosi. È una cucina solida ed elegante, caratteristica, quest’ultima, che ha sempre contraddistinto lo stile dello chef partenopeo.

Ad esclusione del sapore evanescente di uno degli stuzzichini iniziali e del pre-dessert (una spuma al basilico e limone), abbiamo apprezzato praticamente tutto: dalla rotondità degli Spaghettoni con trippa, burrata e gamberi rossi, ai domati contrasti fenico-acidi del Risotto con ricci, cavolfiore e tuorlo d’uovo marinato al bergamotto, fino al classico Capocollo di maialino con zucca e aglio nero. Interessanti e moderni anche i dolci, a tratti anche più audaci dei piatti salati, inclusa la golosissima piccola pasticceria nel finale.

Troviamo intelligente anche la politica sui ricarichi delle bottiglie. Assolutamente in linea con i prezzi (contenuti) dell’intera offerta. Bravi.

Il servizio è ben oliato, sebbene si mostri un po’ distaccato e sbrigativo (forse c’e qualche coperto di troppo?); gli ambienti sono poco ariosi e gli spazi ridotti, anche se i dettagli degli arredi sono curati e conferiscono al luogo una identità ben definita.

Un’esperienza complessiva decisamente di qualità.

La galleria fotografica:

La serietà, innanzitutto. Avevamo provato a telefonare per prenotare un tavolo a Villa Crespi all’inizio di gennaio. La risposta fu che la chiusura invernale, quest’anno, si sarebbe protratta fino alla fine di marzo, a causa degli impegni televisivi dello chef. Perché Antonino Cannavacciuolo è ben consapevole che coloro che varcano la soglia del suo ristorante, in particolare i meno avvezzi a frequentare le tavole pluristellate, lo fanno non solo per la sua cucina e per la splendida location ma anche per il personaggio pubblico. La presenza del cuocone praticamente ad ogni servizio è allora segno di intelligenza imprenditoriale -un cliente che esce felice è un cliente che ritornerà- ma anche di grande rispetto per una clientela che affronta centinaia di chilometri per sedersi qui, a poche decine di metri dalle sponde del magnifico Lago d’Orta.
È anche per queste ragioni che troviamo Villa Crespi pieno ad ogni nostra visita, come (e come tutte le volte) abbiamo ancora una volta constatato l’immutato impegno di tutta la sala per rendere perfetta l’esperienza di ciascun tavolo, di ciascun cliente, a conferma di un servizio che si pone senz’altro ai vertici nazionali.

Ma la cucina di Antonino Cannavacciuolo non è certo subordinata al servizio di sala: è invece, al solito, in perfetto equilibrio stilistico fra classicità e suggestioni provenienti dalle tradizioni regionali (con ovvia predominanza di Piemonte e Campania), tecnicamente ineccepibile e solidissima dal punto di vista della costruzione del piatto. Sempre golosa ed architettonicamente affezionata a stilemi, come le salse a specchio, oggi meno utilizzate dalle avanguardie gastronomiche, essa incarna alla perfezione un nuovo modo di essere classico.
Un modo che non ha perso il gusto dell’ingrediente pregiato (scampi, caviale, tagli di carne e pesci di qualità si rincorrono lungo tutta la carta) ma lo illustra con grande nettezza di sapori, estrema finezza e senza trascurare i progressi e gli elementi innovativi che hanno toccato la cucina in questi ultimi venti anni.

Le cotture, il controllo delle acidità tanto nei piatti freddi quanto in quelli caldi e di matrice più classica, le materie prime su cui non si dovrebbe, a questi livelli, neppure discutere ma che si piazzano due spanne più in là di ciò che siamo soliti definire ‘eccellente’, tutto questo fa di un pranzo a Villa Crespi un’esperienza di livello assoluto: forse, in questo momento, la migliore tavola dello Stivale per la categoria ‘oro’.
I piatti, certo, non sono in vorticosa rotazione come in altri indirizzi. Ma forse non è anche ciò classicità?

Il Buon Viaggio di Cannavacciuolo, per iniziare.
amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
amuse bouche, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Burro e grissini.
burro e grissini, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
grissini, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
L’ormai consolidata entrata: ostrica e ravanello in versione ‘nobilitata’.
ostrica, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Scampi alla pizzaiola. Acidità spinta anche dalla temperatura bassa (ma non sgradevole), golosità e materia prima di mostruosa qualità.
scampi alla pizzaiola, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Tartare di tonno, lime, acqua di mozzarella e cocco: equilibratissimo nel tenere a bada la dolcezza (anche qui la temperatura bassa gioca un ruolo importante).
tartare di tonno, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Viaggio profondo nel mare, versione 2015: un campionario di preparazioni estremamente pregevoli su cui spicca la seppia con piselli proposta in cannolo: qui i freddi…
Viaggio profondo del mare, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
…con i caldi a seguire: moscardini minuscoli e crocchetta liquida di baccalà.
moscardini, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
crocchetta di baccalà, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Tagliatelle di fagioli, crema all’aglio e bottarga di tonno: piatto insidiosissimo, dagli ingredienti spigolosi. Il risultato non è di finezza assoluta né potrebbe esserlo ma, giocando sulla concentrazione dei sapori invece che litigare con gli elementi in gioco, colpisce direttamente al centro del palato. Davvero notevoli.
Tagliatelle di fagioli, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Triglia, melanzana, guazzetto di provola. Qui lo chef gioca in casa. E non sbaglia.
Triglia di melanzana, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Guancia di manzo, maionese di nocciola, terrina di patate e friggitelli: difficile fare un secondo di stampo classico migliore di questo.
Guancia di Manzo, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Pina Colada in versione mangiatutto.
pina colada, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Quattro dolci, tutti di ottimo livello. Si comincia nostalgicamente con Ricordando le banane split.
dessert, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
“Il falso uovo”.
Falso uovo, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Mango e carote, mela verde e sedano.
mango carote melaverde e sesamo, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
Kiwi, pera, limone e cioccolato bianco.
kiwi, pera, limone e cioccolato bianco, amuse bouche, Villa Crespi, Chef Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Masterchef
La solita, fantastica, piccola pasticceria, consumata all’aperto nello splendido giardino è stata, diciamo… attaccata con troppo entusiasmo. Ce ne scusiamo con i lettori.

Tonino Cannavacciuolo: patron, chef, imprenditore, personaggio televisivo. I mille volti di un uomo dotato, capace, “pensante”, che ha saputo creare un luogo all’insegna dei superlativi: tutto, qui a Villa Crespi, è al massimo livello, dall’ambiente al servizio, passando ovviamente per una cucina solidissima, classicheggiante, di chiara impostazione francese per tecnica e lavorazione, ma assolutamente limpida e accessibile.

Gli ingranaggi di questa lussuosa macchina sono pressoché perfetti e il lavoro di Cannavacciuolo è evidente. La villa è bellissima e il costo dell’esperienza è giustamente adeguato al contesto, benché soluzioni interessanti nella scelta del menù sono tali da non rendere questo luogo elitario e inarrivabile anche a un grande pubblico. Il menù “entry price” chiamato Carpe Diem è quotato 95€ e con le sue sei portate consente di soddisfare pienamente la curiosità di chiunque, soprattutto visto il livello di costo della piazza milanese.
Risultato? Sala piena gni sera, tanto per ribadire la perspicacia nel nostro chef-imprenditore.

Quindi grande servizio, decori di alta classe, carta dei vini intelligente e dai ricarichi adeguati (ma non esagerati) a un ambiente così incantevole, una cura maniacale profusa in ogni particolare.
E, tra i “particolari” più attraenti, ecco che svetta lucente la cucina di Tonino Cannavacciuolo. Come già verificato in passato appare evidente lo stato di forma smagliante di uno chef che viaggia sicuro, senza il minimo tentennamento. La sua mano destreggia abilmente idee e materie prime ispirate dalla sua Campania, con frequenti e gradite digressioni in Piemonte.
La terra d’origine e quella d’elezione dello chef segnano la strada, percorsa da Cannavacciuolo con mirabile equilibrio: ogni portata è un’architettura costruita alla perfezione, sia per il gusto che per l’occhio, nessuna concessione ad azzardi o sperimentazioni che apparirebbero decisamente fuori contesto. Le roccaforti della sua cucina, basata principalmente sull’uso di materie ittiche e latticini, sono proposte con una sicurezza che sembra granitica. Parla a ogni suo commensale lo chef (Triglia e melanzana, guazzetto di provola affumicata; Linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa al pane di segale; Scampi di Sicilia alla “pizzaiola” e acqua di polipo), usando un idioma solo apparentemente da casato nobiliare.

In realtà Cannavacciuolo trasferisce le sue emotività culinarie con un linguaggio coerente e in dote all’immaginario collettivo. Ha creato una grande tavola italiana. Senza alcun dubbio.

L’ingresso di Villa Crespi ci ricorda che stiamo entrando in un ristorante étoilé.
Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
La scenografica zona bar dell’hotel.
Bar dell'hotel, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
Uno scorcio di una delle bellissime sale del ristorante.
sala, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
La mise en place.
mise en place, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
Il cestino del pane.
cestino del pane, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
Il “Buon Viaggio” dello chef: pinzini con alghe, focaccine liguri, gnocco fritto al grano arso con burrata e prosciutto San Daniele, friselle con pomodorini marinati, taralli con finocchio, grissini, rocher di yogurt con nocciole, macaron al fegato grasso.
buon viaggio, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo via Fava 18, Orta San Giulio, Novara
Non manca mai l’ostrica con crema di ravanello, ormai una certezza di Villa Crespi.
ostrica ocn crema di ravanello, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Scampi di Sicilia alla “pizzaiola” e acqua di polpo: un piatto dai colori sgargianti e dal gusto intenso.
Scampi di sicilia alla pizzaiola, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Linguine di Gragnano con calamaretti spillo, salsa al pane di segale: un evergreen di Antonino che non può mancare in carta.
linguine di gragnano con calamaretti, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Triglia e melanzana, guazzetto di provola affumicata: continua il connubio dello chef fra pesce e latticini, qui azzeccatissimi nella versione affumicata.
Triglia, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Suprema di piccione, fegato grasso al grué di cacao e salsa al Banyuls: un piatto davvero notevole, materia prima al top e cotture perfette.
piccione, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Per la selezione di formaggi abbiamo scelto dallo scenografico carrello un mix di erborinati accompagnati da pan brioche (arrivato molto in ritardo purtroppo)
formaggi, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Pre-dessert: tutto da bere e da mangiare (il contenitore è di cioccolato).
Pre-dessert, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Zuppetta fredda di nocciole, sorbetto al limone, cioccolato soffiato, cremoso al mascarpone: piacevolissimo connubio sud-nord
Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Va in scena il gran finale della piccola pasticceria, eccellente.
Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara
Il viaggio gastronomico termina – ça va sans dire – in Campania: sfogliatelle con la crema pasticcera e babà.
sfogliatelle, Villa Crespi, Antonino Cannavacciuolo, Orta San Giulio, Novara

Siamo particolarmente fieri di essere stati tra i primi, circa un anno fa, a segnalare che sulle sponde del lago più romantico d’Italia (parliamo del lago di Orta, venire per credere..) iniziava a muovere i primi passi qualcosa di interessante.
Raccontavamo del bravo Fabrizio Tesse, già braccio destro del grande Cannavacciuolo a Villa Crespi, che aveva deciso di affrancarsi e di mettersi alla prova accettando la responsabilità della cucina della splendida e antica Locanda all’Agnello, proprio al centro del piccolo ma assai suggestivo borgo di Orta San Giulio.
L’esperienza nel complesso molto positiva si rivelò però un po’ spiazzante nel senso che si aveva quasi l’impressione di essere contemporaneamente in due ristoranti diversi. Da una parte la cucina, elegante, padrona delle tecniche, con piatti buoni e anche belli, insomma una cucina da ristorante di grande livello. Dall’altra la sala dove, seppur senza fare disastri, il personale si limitava a svolgere il compitino di ordinanza senza mostrare alcun entusiasmo e nessuna passione.
La sala che non t’aspetti con un Cuoco così. Ma sappiamo bene cosa sia una start up e quali difficoltà comporti. E, quindi, come promesso siamo ritornati.
E abbiamo finalmente trovato un servizio parametrato al livello della cucina, cordiale e inappuntabile. Ora tutti finalmente sembrano compenetrati nello sforzo di far raggiungere alla Locanda tutta il livello che alla cucina già compete. Anche la carta dei vini rispetto all’ultima visita ci è parsa cresciuta.
Il rinnovamento ha portato anche al cambio del nome. Non più lo storico Locanda all’Agnello ma Locanda di Orta, anche se la proprietà è rimasta invariata.
E poi ( 🙂 ) c’è la cucina.
Che si conferma di livello ottimo. Tesse ha una mano e un gusto non comuni. Maestro di risotti (stavolta ce ne ha proposto uno mantecato al baccalà con il tartufo bianchetto che ricorderemo a lungo), perfetto conoscitore della materia prima, sa come prendere per la gola gli ospiti. E’ assai bravo anche se sembra procedere un po’ con il freno tirato. Sembra accontentarsi un po’, voler andare sul sicuro.
La perfezione nella realizzazione tecnica dei piatti c’è, ma siamo ancora in attesa del colpo d’ala e lo diciamo perché siamo convinti che Tesse possa andare oltre un eccellente Piccione (piatto che inizia ormai ad essere inflazionato) e un impeccabile Risotto.
Lo preferiamo quando, come con la Lasagnetta, abbandona la strada comoda e decide di giocare su toni amari (nel caso di specie anche un po’ troppo per la verità).
Resta, comunque, la sostanza di una cucina sempre comprensibile con piatti ben concepiti e capace di regalare grande piacere sensoriale a chi mangia.
A ciò si aggiunga che la Locanda offre anche sei stanze e tre junior suite con un arredo semplice ma comodo ed elegante e che, oltre al piccolo eccellente ristorante gourmet di cui si è detto, ed al wine bar posto al piano terra, è anche possibile mangiare godendo di un suggestivo panorama del lago sul più informale ristorante in terrazza.
Insomma gli ingredienti per una sosta all’insegna del piacere e del bien vivre ci sono tutti, per di più con un rapporto qualità prezzo davvero conveniente.
Ad Majora.

Ostrica, granita di acqua di mare e lime.
Ostrica assoluta, dal mare presa, con il mare restituita.


Spezzatino tiepido di astice, crema di mozzarella di bufala, cime di rapa, aglio, olio e peperoncino.
Si gioca con la grassezza della mozzarella e la dolcezza dell’astice; succulenza iodata con in aggiunta la scintilla di aglio olio e peperoncino.

Capesante in foglia di verza, battuto di lardo, lenticchie di Castelluccio e paglia di porri.
Onestamente non entusiasmante.

Risotto mantecato al baccalà e tartufo bianchetto.
Il baccalà davvero si fa in tutti i modi possibili: in questo caso viene utilizzato per mantecare un risotto davvero eccellente e quando in bocca finisce il baccalà attacca il tartufo, e quindi torna il baccalà e ancora e ancora…

Lasagnetta di pasta fresca, radicchio tardivo quartirolo lombardo e salsa al vin santo.
Piatto di interessante concezione con un gioco di consistenze in cui prevalgono nettamente i toni amari.

Suprema di piccione arrostita, coscetta croccante, scaloppa di fegato grasso d’oca, spugnole e filoni.
Un classico, ben eseguito.

Tortino caldo alle mandorle, Banlyus, prugne e cannella.