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Mirazur

Univers Mirazur

Univers Mirazur, la filosofia associata al celeberrimo ristorante di Mauro Colagreco, trae spirito vitale e ragion d’essere sia dalla tavolozza di suggestioni, per lo più mediterranee, cui lo Chef ha attinto pienamente nel corso degli anni che dalla natura prima ammirata, poi osservata e scandagliata nella sua interezza.

Il risultato è la composizione di un menù, o, meglio, di quattro menù improntati al calendario biodinamico che definisce le quattro variazioni nel mondo vegetale, in cui, a seconda del passaggio lunare, si concentreranno energie (e sapori) nelle diverse parti della pianta; un vero e proprio fulcro che caratterizza i menù di Mauro Colagreco legandoli letteralmente al giorno di visita al ristorante. Ed ecco allora, seguendo pedissequamente il succedersi delle fasi lunari, i menù “Fiori”, “Frutti”, “Radici” e “Foglie” di ognuno dei quali l’universo Mirazur interpreterà il leit-motiv proponendone per ciascuno ragionato approfondimento e alternandoli virtuosisticamente con variazioni sul tema in uno sforzo organizzativo e imprenditoriale davvero ammirevole.

Suggestioni

Nella bella sala con vista mare il menù “Fiori” di Colagreco, eccellente, si è distinto per alcune portate ambasciatrici di un livello di cucina in cui nulla è lasciato al caso e in cui la parte estetica dei piatti funge da piacevole e soprattutto funzionale complemento a un magnifico gusto dapprima espresso in tonalità più delicate e poi sempre più composite e variegate.

E allora l’asiatico fiore di Osmanthus arricchisce molto, molto felicemente, allineandosi per giustapposizione, lo scampo di cui definisce la dolcezza sia nell’insalata, cui la Granny Smith dona quella punta di opportuna acidità che ne sottolinea l’edulcorata grazia, sia nell’emulsione che farcisce la testa, sia nella bernese che ne accompagna il corpo. O la vaniglia che perfettamente intreccia la sua esotica amabilità alla note affumicate di aragosta e sedano rapa e alla ricchezza delle erbe provenzali che assai compiutamente ne definiscono il côté gustativo. O, ancora, la Faraona, già arricchita delle note iodate della Lucerna con cui vengono allevate le galline de La Cerea, si coniuga efficacemente alla salsa al locale zafferano di Castiglione di Mentone e alle cozza della Camargue in un surf & turf di fortunatissimo esito. Persino la più rustica Torta di carciofi, che potrebbe erroneamente creare qualche perplessità riguardo l’opportunità della sua presenza in un menù simile, si rivela essenziale e riuscitissimo omaggio al nobile ortaggio celebrandolo tout court in modo impeccabile. Si arriva alla fine a gustare l’ottimo dolce di Colagreco dedicato al Miele in tutte le sue forme felici, pur se lievemente caricati di qualche caloria in eccesso che a fine pasto si è fatta sentire. Ciò non lede affatto la piacevolezza di una grande esperienza in un ristorante che è giustamente annoverato tra i grandi europei, e non solo, e che ha trovato un modo di rapportarsi e ispirarsi alla natura assolutamente originale ed efficace, merito di Mauro Colagreco.

IL PIATTO MIGLIORE: Osmanthus e scampo.

La Galleria Fotografica:

Una cucina geniale e contemporanea pensata quasi 30 anni or sono a Parigi

Alain Passard è indubbiamente uno dei cuochi contemporanei che ha maggiormente segnato e contribuito all’evoluzione dell’alta cucina francese, ma anche mondiale, con il suo ristorante Arpège. La sua ossessione – perché di questo si tratta – per l’orto e per i suoi frutti è molto più di uno slogan, a differenza di molti suoi colleghi. È un credo profondo, frutto di anni e anni di studi e ricerche. Lo chef possiede un orto di qualche ettaro fuori Parigi in cui coltiva varietà dimenticate: frutti della terra che riportano direttamente al paradiso.

Già dal suo esordio, ormai una trentina di anni or sono, ha sempre creduto in una cucina moderna, attuale, quasi eretica al tempo. Poca, pochissima proteina animale – di elevatissima qualità, ça va sans dire – che ruota attorno al vero protagonista del piatto… una volta una rapa rossa, poi un’incredibile patata, quindi un porro da antologia.

La via della creatività vegetale passa da rue Varenne

Le sue ricette, vere e proprie opere d’arte avanguardiste, sono oggi dei classici indiscussi e indiscutibili. Prendete per esempio l’Uovo in caldo freddo con sciroppo d’acero. Uno tra i piatti più copiati di sempre, così come le capesante impreziosite da un’emulsione al geranio e da paradisiache rape. Un piatto fresco, goloso, invitante, e che ha anche il merito di  far risaltare la straordinaria dolcezza della capasanta. Ma la maestria di Alain Passard si ritrova anche nella capacità di grande rôtisseur nelle cotture delle carni e non manca di certo ai dolci, Millefoglie e Torta di mele alle rose su tutti.

Un grande, grandissimo cuoco che ha creato una lunga schiera, da Mauro Colagreco a Pascal Barbot passando per Claude Bosi per citarne alcuni, di allievi e proseliti della sua filosofia di cucina. Una cucina moderna, attuale e contemporanea, ma pensata e costruita decine di anni or sono. Un genio, indiscutibile, che tra i suoi piccoli difetti ha un luogo e un servizio non all’altezza del tenore e della profondità espressa dalla sua cucina.

In questa nostra ultima visita, inoltre, siamo rimasti un po’ delusi dalla qualità della materia prima non vegetale. Carni e pesci ottimi, ma non supremi come ci ha sempre abituato Alain Passard e come il conto lascerebbe presagire.

La galleria fotografica:

Sono passati ormai molti anni da quando il tamtam gourmet iniziò a rimbalzarsi il nome di un giovane chef argentino, di speranze assai più che belle.
E dieci anni sono passati anche da quando Mauro Colagreco, fresco di un apprendistato che aveva visto fra i propri maestri Ducasse, Passard e perfino Loiseau, inaugurò a due giri di tango dal confine italiano il proprio Mirazur. Ora, due stelle, innumerevoli altri importanti riconoscimenti e qualche apertura collaterale dopo, Mauro Colagreco ha quarant’anni. Non cinquantacinque. Quaranta. Si tende a percepire lo chef argentino come un cuoco “arrivato”, quasi che il momento di andare a provare la sua cucina per raccontare l’evento agli amici fosse superato in favore di nomi più freschi, mentre ci troviamo davanti a un professionista maturo, sì, ma ancora in piena parabola ascendente.

Colagreco sembra arrivato a un primo punto di ripensamento, in cui le conoscenze maturate durante l’apprendistato hanno iniziato ad amalgamarsi perfettamente in una cucina che ha come centro espressivo l’orto. Un orto che non è (o non è più, o non è più solo) sterile icona di virtuosismi agresti, ma è utilizzato come specchio per rileggere l’intero spettro gustativo. Forse rispetto al passato la cucina di Colagreco ha anche meno del Prometeo che cerca di liberare se stesso dall’ombra della propria, sontuosa, formazione culinaria; le acidità sono utilizzate non solo in senso provocatorio ma, onnipresenti e dosate magistralmente, sono funzionali al perfetto e antiaccademico non-equilibrio delle creazioni. L’insalata di asparagi con pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia è un piatto di rara perfezione, metallico e affilato come una spada di Hattori Hanzo, destinato a non abbandonare facilmente la nostra memoria.

Moltissimi, poi, sono i miglioramenti che il ristorante ha visto negli ultimi anni: ad una cucina con picchi altissimi facevano infatti un tempo da contraltare una notevole discontinuità (in cui molto giocava la presenza dello chef in cucina), un servizio in perenne difficoltà e una carta dei vini sotto il livello minimo dell’accettabilità a questi livelli gastronomici. Nonostante l’assenza dello chef, invece, abbiamo vissuto un’esperienza gastronomica di livello assoluto, con un servizio di assoluta efficacia e con la possibilità di accompagnare il nostro pranzo con una chicca imperdibile come il Clos de la Néore 2014 di Edmond e Anne Vatan.

E se a tutto ciò aggiungiamo la ciliegina, ovvero la bella sala con una splendida vista sul mare, diviene in pratica quasi impossibile trovare un valido motivo per non passare da queste parti.

Stuzzichini: gelée di rapa rossa, mousse di formaggio di capra, macaron di sanguinaccio e mela verde, sardina del mediterraneo e limone di Mentone.
stuzzichini, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Il pane, strepitoso.
pane, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
amuse-bouche, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Uovo Florentine con caviale Osciètre: un inizio rotondo e opulento.
uovo florentine, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Insalata d’asparagi, pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia.
Insalata d'asparagi, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Spugnole, favette e patate. Materia prima strepitosa (una costante).
Spugnole, favette, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Baccalà candito, nage di verdure primaverili, agrumi e vongole. Capolavoro di tecnica in cui orto e mare emergono a braccetto senza prevaricarsi ma ben distinti. Piatto di incredibile persistenza.
baccalà, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

Sella d’agnello, cavolfiore, purea di broccoli affumicati e latte di capra. Carne strepitosa, va bene, ma anche qui è l’orto a fare la differenza fra un buon prodotto e un grande piatto di carne.
Sella d'agnello, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Pomelo candito, spuma di cioccolato bianco.
Pomelo Candito, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Strutture di cioccolato nero: come rendere interessante un elemento che nel 2016 ha ormai detto tutto molte volte.
Strutture di cioccolato, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Gelatine all’arancia amara, di mate e cioccolato bianco, meringa all’acetosella.
Gelatine all'arancia amara, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

La Pantera Rosa era in Cote d’Azur, la frontiera italiana ormai alle spalle di una buona trentina di metri, le mani quasi sul gioiello, una trombetta dorata. Il suo tesoro, lo sapeva, era nascosto da qualche parte all’interno del ristorante di un noto chef, le cui origini e nome avrebbero fatto felici i cittì dell’età d’oro degli oriundi. (altro…)

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Recensione ristorante.

2 aprile 2006 , 2 aprile 2009.
Chi poteva dubitare della solidità , della continuità , dell’evoluzione della cucina senza compromessi di Mauro Colagreco, ora può rasserenarsi e fruire con gioia della più frizzante cucina della Riviera.
Mauro ha sistemato un paio di contrattini di consulenza tra Argentina e Francia, che gli possono consentire di puntare in alto, molto in alto, con una relativa serenità, qui al Mirazur.
Nulla di confidenziale o nascosto.
Aprite il sito e vedrete alla luce del sole cosa gli ha offerto l’Argentina.
Ma anche il litorale francese non si è tirato indietro di fronte a illuminato talento.
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