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Cuochi alla Brace: Floriano Pellegrino

Una rubrica su BBQ & Cocktail, in collaborazione con Bonaventura Maschio

Quarta puntata di “Cuochi alla Brace”: dopo Luigi Taglienti, è il momento dello Chef protagonista di una delle tavole più divertenti del Sud Italia, locale avviato da poco più di un anno ma già capace di sorprendere: Bros’, il ristorante di Floriano Pellegrino.

Nato nel 1990, Floriano è il maggiore di tre fratelli, e la passione per la cucina nasce in loro tra le mura dell’agriturismo di famiglia. A 18 anni inizia a lavorare con lo chef Ilario Vinciguerra, e nello stesso periodo ottiene il premio di Miglior Commis per il Bocuse D’Or. Un anno dopo approda alla corte dello chef Martin Berasategui, dove iniziano una serie di fortunate esperienze all’estero: Luis Andoni Aduriz, Eneko Atxa, Alexandre Gauthier, Rene Redzepi e il francese Claude Bosi a Londra. Nel 2016 grazie al suo ristorante Bros’ ha vinto il premio Top di Domani Touring Club e Sorpresa dell’anno di Identità Golose, oltre al premio Vent’anni di San Pellegrino e Acqua Panna.

Floriano Pellegrino, Bros, Lecce

Fin dai nostri esordi” racconta Floriano “il barbecue è qualcosa che ci appartiene. Il fuoco è un elemento endemico con il quale abbiamo preso confidenza fin da bambini: ricordo ancora le grigliate in famiglia o presso la nostra masseria, momenti di gusto e convivialità.
I numerosi viaggi all’estero se inizialmente ci hanno tenuti lontani, anche se solo per un breve periodo, da questa tecnica di cottura, ci hanno successivamente spinto a comprendere quanto bene si sposasse con l’alta cucina. Penso, ad esempio, all’esperienza da Seiji Yamamoto in Giappone o a quella in Spagna.
Impossibile non pensare, infatti, ai profumi e ai sapori che l’affumicatura rilascia a seconda dei carboni e dei vegetali utilizzati durante la combustione. Non si può neppure prescindere dalla storia: la cottura alla brace appartiene alle culture più antiche, ha resistito al trascorrere dei secoli e ad innumerevoli innovazioni in campo gastronomico. Le abbiamo solo riconosciuto il posto che meritava: abbiamo fatto un vero e proprio salto nel passato, abbiamo messo da parte la padella antiaderente per dare spazio alla brace e ai cocci di creta.

Per quanto riguarda la tipologia di bbq utilizzato, “Da Bros’ utilizziamo un barbecue stile “robatayaki”. Abbiamo scelto quindi, al posto della griglia che poco amiamo, delle stecche di ferro con le quali infilziamo ogni tipo di verdura, carne e pesce. Utilizziamo i carboni più svariati, dall’ulivo, al faggio, al ciliegio e in alcune preparazioni, per l’affumicatura, variamo tra il mirto secco, il lentisco e foglie secche di ulivo. In riferimento al piatto che vi presentiamo, il cui ingrediente principale sono le cozze, alquanto improbabili da immaginare su un barbecue, abbiamo scelto il semplice faggio.

Sempre riferendosi a “Cozze, tamarindo”, il piatto presentato, “…nasce dalla volontà di utilizzare un ingrediente tipico della nostra terra, le cozze per l’appunto. Da sempre il lavoro di Bros’ non è semplicemente orientato all’utilizzo di materie prime indissolubilmente legate al nostro territorio, ma si è spinto oltre nella ricerca. L’obiettivo che sempre ci prefiggiamo dinanzi ad un nuovo ingrediente sta, dunque, nell’individuarne il suo vero background gustativo. Ogni piatto che creiamo deve rinnovare, nella testa e nel cuore di colui che lo assaggia, un ricordo di gusto; deve consentirgli quindi di riconoscere le proprie origini e le proprie radici.
Ed ecco le cozze di Taranto, vera abitudine nelle nostre tavole, servite quasi crude, condite solo con del limone. Abbiamo cercato di creare qualcosa che potesse ricordare questo gusto così poco articolato ma deciso: contrariamente alla tradizione che richiederebbe l’apertura delle cozze “all’ampa”, come si usa dire qui da noi, le apriamo sul barbecue e sarà proprio l’affumicatura ad esaltarne la sapidità. Al termine di questo passaggio, vengono adagiate su una brunoise di sedano croccante fresco, le condiamo poi con il brodo di tamarindo, decisamente più profumato rispetto al limone, e per finire l’olio di sedano che ne completa l’intensità.

Cozze e tamarindo, Floriano Pellegrino, Bros, Lecce

Cozze, tamarindo

1kg di cozze tarantine
200g di sedano fresco
200g di foglie di sedano
250g di olio e.v.o.
90g di tamarindo
800g di acqua

Frullare le foglie di sedano con l’olio, quindi colare tramite carta. Fare poi un brodo con l’acqua e il tamarindo, infine colare. Con il sedano fresco fare una brunoise, pulendolo accuratamente dai filamenti interni ed esterni. Pulire bene le cozze dopo averle fatte depurare, ed aprirle utilizzando il barbecue. Levarle appena iniziano ad aprirsi, ed estrarre quindi le cozze dal guscio. Finire il piatto con il sedano sul fondo, copirlo con le cozze, e in ultimo aggiungere il brodo freddo con l’olio di sedano.

Cocktail in abbinamento powered by Bonaventura Maschio: Bitter Orange Fizz
2/3 di gin Barmaster
1/3 di succo di arancia amara fresco
1 dash di sciroppo semplice
Soda
Spuma di sedano

Shakerare il tutto, e in un tumbler completare con soda. Finire con una copertura di spuma di sedano. Servire spruzzando il bicchiere con acqua marina sterilizzata.

La meglio gioventù per la rinascita del Salento gastronomico

Entusiasmo, determinazione, ambizione e un pizzico di – giovane – follia.

Sono gli ingredienti che renderanno il progetto di questi giovani imprenditori salentini qualcosa in grado di volare ben oltre le aspettative dei confini nazionali. E’ quasi una certezza.

Sì, perché oltre ad essere un vulcano di idee, quelli del Bros hanno e sanno applicare disciplina, organizzazione ed il nobile sentimento per i gusti che contraddistinguono la loro terra, il Salento. E il raggiungimento di questi gusti può anche prescindere dall’ingrediente del territorio, pur di non ostacolare il perseguimento di un obiettivo ben definito.

Dopo aver fatto tesoro dei trascorsi alla corte di grandi cucinieri francesi e spagnoli ed aver portato una ventata di italianità nel laboratorio creativo del Noma, Floriano, Giovanni e Isabella, ciascuno con le proprie esperienze, sono rincasati nella splendida cornice barocca di Lecce, irrompendo nel pieno centro della scena cittadina (non avvezza a questo approccio culinario), con una cucina potente, ragionata e incredibilmente matura. Essenziale, in sintonia con il locale, i cui interni sono affini al design dei ristoranti nordeuropei. Essenziale ma con risvolti sorprendenti. Come un dettaglio che si intravede in un angolo, o come le tante sfaccettature gustative in una scarna stoviglia in cui vengono adagiate una volta una carota, poi un’indivia, poi delle lenticchie.

E’ una cucina che non sbaglia un colpo, nell’idea e nell’esecuzione. E allora capisci che qui si fa sul serio, e siamo solo all’inizio. Alcuni diktat potrebbero sembrare eccessivamente restrittivi, come l’auto-imposizione di preparare i dolci a la minute, piuttosto che cuocere pesci o volatili nel loro intero (del resto, son bravi tutti a cuocere filetti). Ma se i risultati sono questi, tanto meglio continuare su questo solco.

C’è costante studio ed esasperata ricerca, a partire dalle fermentazioni come plausibile base della cucina del futuro, per raggiungere acidità secondarie che diventano alternative o cumulative ad acidità e sapidità vegetali. La linguina pistacchio, pepe bianco e “liquamen“, ottenuto dalla fermentazione dello sgombro, è come un gancio in faccia seguito da un’immediata carezza. Un notevole equilibrio gustativo.

L’aperitivo vale già gran parte del divertimento, all’insegna delle acidità, controllate in modo brillante e razionale, condensate in piccoli ingredienti -qui sì locali- e di stagione (olive e vermouth, e fragole e Campari, esempio di aperitivo mangia&bevi ultramoderno). E in progressione scorrono verdure e legumi il cui gusto persiste fino alle portate principali di pesce e carne, cotti rigorosamente con tecniche tradizionali ed interi e così presentati al tavolo prima di esser sfilettati e serviti. Così l’elegante pescatrice con nocciola e la ghiotta quaglia in tre servizi (dal petto con prugne e fagiolini di mare si passa alla coscia con limone e si termina con la scarpetta con il fondo di cottura del volatile ed il pane al vapore e poi fritto) sono il degno epilogo salato, preludio a qualcosa di forse ancor superiore: la pasticceria, il regno di Isabella Potì. Una delle cuoche del momento e proiettata nel firmamento della grande cucina. È lei l’artefice di dessert contraddistinti da tecnica sopraffina e rimandi alla grande tradizione francese, come il soufflé al formaggio di capra e gelato al nocino, che ci ha letteralmente rapiti e potrebbe già entrare nella classifica dei cult del panorama nazionale.

Più ordinarietà e qualche leggerissima disattenzione si intravede invece in sala, con un servizio, sicuramente professionale, volenteroso e in crescita, che però è costretto a subire il peso della qualità della cucina, con cui è difficile stare al passo.

In un momento storico del Paese in cui il turismo non può non prescindere dalla gastronomia, in una perla come Lecce non poteva mancare una tavola di grandissima qualità.

Da Bros il tempo vola. Bisogna solo avere l’accortezza di non lasciarsi sfuggire nulla.

Un’apertura che si conta ancora in mesi, eppure nel momento di uscire ti porti dietro quella sensazione che questo posto, nel lampo di una cena, sia diventato una tappa nella geografia della cucina d’autore. Qualcosa che somiglia al rammarico che, evidentemente, è da intendersi come quella sorta di gelosia che accompagna i luoghi scoperti con meraviglia, amati dal primo momento e che vorresti sempre -e solo tu- continuare a riscoprire e raccontare. Perché Bros, il ristorante che si nasconde tra l’opulenza architettonica del centro di Lecce, sarebbe bello si svelasse magicamente ogni volta così, passandoci per caso, entrandoci dopo aver sbirciato dai vetri, e non perché se ne parla e molto.
Sorprendersi puntualmente per quel tono nordico della sala, quasi una quiete dopo i furori barocchi delle pietre che accompagnano fin qui, meravigliarsi del menù, quel foglio A4 in bianco e nero, piegato come a nascondere le proposte, azzardi di ingredienti con le sole virgole a separare, o ancora stupirsi di una brigata che definire giovane non basterà a rendere l’idea.

C’è un menù degustazione lungo e perfettamente ritmato che tra genio, sregolatezza e presunzione anticiperà molte risposte alle curiosità, alle scelte perseguite, a quelle che verranno. Alla fine della cena più che domande resteranno attese, come il capitolo a seguire di un libro che si sta divorando, quelle stesse di un sequel di un grande film finito troppo in fretta. Una bella sensazione che non capita così spesso.

Una tecnica impressionante, mai vista a queste latitudini, che sovrintende ogni piatto, ogni idea. Una aspirazione alla perfezione perseguita con caparbietà, studio, applicazione e soprattutto metodo, al punto che quando qualcosa non convince tutto sembrerà solamente una mera questione di tempo. In cucina, Floriano Pellegrino, suo fratello Giovanni e Isabella Potì, sono innanzitutto squadra, imparando questo e tanto altro in giro per il mondo in quella vertigine di incontri, scontri, sudore e sacrifici consumata nelle cucine più importanti del pianeta. Ora sono tornati ad impiantare i semi qui, nella capitale salentina a pochi chilometri dalla Scorrano dell’infanzia.

A loro piace vincere difficile.

Allora poche concessioni e piacionerie, scale di gusto complete talvolta giocate all’estremo, piatti estremamente dinamici dove non si rincorre la centralità del gusto ma -come sottolineato dalla presentazione in carta- i contrappunti di pochi ingredienti senza alcuna gerarchia o ridondanza. Pulizia e ritmo, dunque, che si leggono già nella batteria di entrèe, dove si alternano i fegatini di piccione con l’alloro e il lattughino spolverato di capperi, il raviolo di alga alle erbe e la foglia di basilico con i semi di pomodoro, idee che anticipano le proposte della degustazione estratte tutte rigorosamente dalla carta stagionale.

E anche qui, nonostante il rigo lasciato in bianco tra l’elenco dei piatti quale accenno alla classica partizione antipasti, primi e secondi, si legge la modernità di offrire una esperienza che trascenda le regole, e contemporaneamente contempli quattro piatti di pasta secca, per rimarcare l’identità italiana e del meridione in particolare.

Alla fine da ricordare, infatti, sarà essenzialmente il percorso, nel quale ognuno si troverà a scoprire il suo capolavoro, come quel piatto di fusilloni Gentile di Gragnano la cui precisione ricorda le estrazioni di gusto del miglior Romito, o l’anatra, allevata nel cortile di famiglia e poi sacrificata in una magistrale cottura di scuola francese con i toni locali dell’anguria e creoli del cocco. In mezzo c’è l’anima orientale nella sardina con le ciliegie fermentate, l’avanguardia meridionale con i pomodori nell’acqua di ricotta scante, la scuola nordica nella barbabietola col sambuco acidata dal limone e frutti rossi.

Menzione speciale infine, al reparto dessert, fondamentale per la chiusura e ricordo di un pranzo, spesso trascurato da molti e che qui appare invece come il momento più avanzato e autorevole. Accademico, con il magico contrapporsi del dolce/acido della tarte al limone tra le migliori mai assaggiate, di avanguardia con il rabarbaro, l’ibisco, il malto ed il siero combinati in due tempi infine con l’arte cioccolattiera per ricostruire le castagne di mandorle e le praline col fieno ed il latte di mandorla fermentato.

L’ingresso con la cucina a vista. Non all’interno della sala, ma sulla strada.
Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Una delle due sale interne.
Bros', Chef Floriano Pellegrino, Giovanni Pellegrino, Lecce
Il pane. In abbinamento con il burro d’olio.
pane, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Raviolo fritto di alga Nori con gambero. Sapidità e dolcezza vestite elegantemente in un bel gioco di consistenze.
raviolo, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cracker con fegato di rana pescatrice.
cracker, rana, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Semi di pomodoro su foglia di basilico. Un utile passaggio defaticante.
semi di pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Spaghettini di patata con fegatini di piccione ed alloro: molto bella l’idea della presentazione.
spaghettini, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
L’oliva. La tecnica applicata all’icona di queste terre.
oliva, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Lattughino con polvere di capperi. Immediato, fresco, sapido. Altro intermezzo per resettare il palato.
lattughino, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Barbabietola, sambuco ed infusione di frutti rossi. Uniformità di colore e contrasto dolce-acidulo. La prima portata già suggerisce un percorso senza facili ammiccamenti.
barbabietola, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Pomodori, fiori, acqua di ricotta forte. I pomodori disidratati vengono poi posati nel siero con pepe bianco e nero ed olio evo. Odori molto persistenti. Pomodori lavorati con grande perizia.
pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cucummarazzu, gambero, rafano ed aneto. Qui l’azzardo non paga. Dispiace che il cetriolo salentino sia protagonista del piatto meno convincente.
gambero, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Fusillone Gentile, scampo, sesamo nero e scalogno. Un piatto di pasta inserito perfettamente nel percorso. Pulitissimo, essenziale, di grande concentrazione di sapori.
fusillone, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Melanzana, cioccolato bianco e alloro. Un fondente aromatico, con il corpo suadente della melanzana che, leggermente grasso, forse necessiterebbe solo di una qualche leggerezza.
melanzana, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Sardina, fagiolini, ciliegie fermentate. Piatto di grande potenzialità ma con registri ancora da accordare. La fermentazione è probabilmente ancora troppo timida.
sardina, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Anatra, anguria, cocco e salicornia. Piatto di altissima tecnica e grande palato. Tutto perfetto: presentazione, cottura, equilibrio, persistenza. Con piatti così si va molto lontano.
anatra, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Divertissement con la frutta in una infusione di zenzero e cannella.
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Rabarbaro, hibiscus, siero, malto. Il latticello costruisce una sorta di gelèe dalla consistenza molto intrigante. Pausa. Secondo tempo (servito sull’altra metà del piatto a ricomporre) con un gelato al malto fermentato che risolve chiudendo in maniera impeccabile.
rabarbaro,Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
rabarbaro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Tarte au citron. A fianco un gelato di meringa. Da averne a vassoi. Conferma l’impressione che con i dessert siamo già ad un livello davvero molto, molto alto.
tarte au citron, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Marshmallow.
marshmellow, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Frutta. Elaborata o solo colta.
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cioccolatini al fieno e latte di mandorla fermentato. Castagne di mandorle e cioccolato bianco. Chiusura che non delude con piccoli capolavori.
cioccolato, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce