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La Filiale

Il Giardino delle Esperidi esiste, ed è in Franciacorta

Spesso ci chiediamo se nell’arte la perfezione possa esistere. Assaporando la pizza di Franco Pepe a La Filiale de L’Albereta, non possiamo non rispondere di sì.

Siamo nel territorio patrimonio Unesco della Franciacorta, in uno dei resort più belli e accoglienti di tutto lo stivale, incastonato fra lande e vigne a perdita d’occhio. Qui, nell’avamposto di Franco Pepe, tutto è curato e meticoloso, confortevole e cucito sul cliente. Il servizio di sala è da alta ristorazione, così come l’attenzione verso i clienti, che non ha nulla da invidiare a ristoranti più blasonati. Il felice superamento del binomio pizza-birra viene confermato sia dalla lista dei vini, che privilegia il territorio senza dimenticare etichette provenienti dal resto dello stivale, sia dall’intrigante lista dei cocktail, fruibile anche per un interessante aperitivo.

L’impasto della pizza è ricco dei sapori del frumento, valorizza gli ingredienti d’eccezione del Bel Paese, sia quando proposti al naturale, sia quando elaborati nelle consistenze e nei sapori – lucido incontro con l’alta cucina – al fine di regalare nuove frontiere gustative. L’impasto consistente, eppure lievissimo (frutto di ricerca su una farina di grano Monococco Shebar condotta da Pepe con il Molino Piantoni e l’Università di Brescia), necessita del solo calore delle labbra per fondersi in un boccone dal gusto intensissimo. Più che evoluzione, potremmo parlare di “volizione” della pizza.

La galleria fotografica:

Trattoria di lusso. Mai come per il ristorante di Nadia Vincenzi questa definizione ci pare azzeccata. Rende perfettamente l’idea di quello che troverete in questa accogliente casetta immersa nel nulla della bassa bresciana.
Qui non ci si capita per caso. Si viene apposta per mangiare del buon pesce, proveniente tutti i giorni dal mercato di Chioggia. E d’altra parte la materia prima che abbiamo trovato è inappuntabile. Sia che si parli di crostacei, sia di pesce povero il risultato non cambia. Solo pesce freschissimo e di buona qualità.
Fatta questa doverosa premessa sulla sincerità della materia prima proviamo ad entrare nel merito della definizione trattoria di lusso.
La confezione è certamente di lusso: ambiente elegante, tavoli correttamente distanziati, mise en place di buon livello. Anche i prezzi non sono certo da trattoria, come i ricarichi sulla non estesissima carta dei vini.
Poi c’è lei , Nadia Vincenzi, che interpreta alla perfezione la figura dell’oste di una volta. E il suo è un vero e proprio one woman show. Dominatrice assoluta della sala, grande affabulatrice, eccellente venditrice è lei ad illustrare ad ogni tavolo la carta che, come in ogni trattoria che si rispetti, è in parte scritta e in parte raccontata a voce a seconda del pescato del giorno.
Un approccio diretto e appassionato quello di Nadia, che in assoluto può piacere o meno ma che nello specifico raccoglie grandi consensi da una clientela composta in larga parte da clienti abituali. Segno che qui si torna, che la formula funziona.
Carta dei vini, dicevamo, non molto ampia ma ricca e di lusso sul versante bollicine.
Il servizio è volenteroso e gentile anche se qualche impaccio al momento del servizio del vino tradisce la mancanza di un sommelier professionista.
Quindi c’è la cucina, che, come noto, è quello che ci interessa di più.
Detto in premessa della bontà della materia prima, rileviamo che la cucina è molto semplice. In alcuni casi a nostro giudizio fin troppo semplificata, come cercheremo di chiarire di qui a poco.
Gli antipasti, assai abbondanti, sono suddivisi tra crudité assortite e assaggi caldi e sono di buon livello.
E qui tocchiamo con mano il talento di Nadia che ci presenta un buono ma semplice sauté di vongole come se fosse l’ultima creazione di un genio della cucina. E’ un piatto che, ci confessa, non può eliminare dal menu poiché sempre richiestissimo da tanti suoi clienti che pare vengano apposta per mangiarlo.
Quindi, la chef (che nel frattempo tra il serio e il faceto ha “intimato” ai ragazzi in sala di lasciare a lei sola il contatto con questo tavolo di clienti particolarmente “curiosi”) ci confessa che preferisce non servire pasta secca poiché i tempi di cottura le creano qualche problema in cucina. Per lo stesso motivo, riteniamo, in carta non c’è un risotto.
Grande tensione verso la semplificazione che però a nostro giudizio diventa eccessiva quando ci rendiamo conto che tre dei quattro primi in carta sono piatti pressocchè fotocopia e il quarto è “soltanto” molto simile.
Tutti basati su una base di pomodorini, prezzemolo e peperoncino, a variare è il formato di pasta e il crostaceo o il pesce di volta in volta utilizzato.
Per farla breve le Orecchiette mazzancolle canocchie pomodoro datterino e carciofi e gli strozzapreti gamberi rossi e guancette di pescatrice ci sono sembrati davvero cucinati allo stesso modo. Come può facilmente evincersi anche dalle foto si tratta di piatti davvero difficili da distinguere. Non abbiamo provato gli gnocchetti di patate, pescatrice, pomodorini datterini e canocchie ma non fatichiamo ad immaginarli.
Lo stesso intingolo che poi sembra riemergere nella zuppa di pesce, buona anche se non troppo “tirata”.
Nel solco della semplicità i secondi dove il pescato del giorno viene classicamente declinato alla griglia (anche sotto forma di divertenti spiedini), fritto o al vapore.
In sintesi, da Nadia ci è parso un locale dell’impostazione un po’ vintage che ha il suo pubblico di affezionati, cosa di cui siamo lieti, ma dalla cui cucina onestamente ci aspettavamo di più.
Ad Majora.

Amuse bouche, sorprendentemente non marino: zuppa di farro e roveglia.
Amuse bouche, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Sautè di vongole. Per la precisione trattasi non di vongole veraci ma dei cc.dd. lupini.
Sautè di vongole, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Crema di patate e porri con rana pescatrice e olio al basilico.
crema di patate e porri, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Il piatto migliore: Schie della laguna veneta con polentina bianca. Qui la materia prima è non solo fresca ma anche ricercata.
Schie della laguna, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Strozzapreti gamberi rossi e guancette di pescatrice. Pasta di consistenza non entusiasmante.
strozzapreti, gamberi rossi, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Orecchiette mazzancolle, cannocchie, pomodoro datterino e carciofi.
orecchiette mazzancolle e cannocchie, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Gli spiedini di calamaretti, seppioline, gamberi e scampi sgusciati sul carbone.
spiedini di calamari e seppioline, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
La zuppa di crostacei e pesce di scoglio.
zuppa di crostacei, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia
Semifreddo lime e tequila.
Semifreddo lime, Da Nadia, Chef Nadia Vincenzi, Castrezzato, Brescia

Benvenuto ad Alessandro, appassionato progettista meccanico ma anche fine conoscitore enologico. Che non disdegna affatto la cucina.

Il Presidente

Ebbene si, lo ammetto.
Ero scettico, in quanto prevenuto.
Prevenuto nei confronti della Franciacorta.
Cantina di produzione nella DOCG Franciacorta, relais con suites in zona tranquillissima, ristorante con possibilità di organizzare cerimonie, tutto nella stessa struttura. Le premesse per un’offerta prettamente qualitativa non sono granché.
Troppo spesso questa zona regala sorprese tutt’altro che positive, sia nei vini che nelle location in generale, siano esse ristoranti, agriturismi o relais.
Trovandoci nella ridente Lombardia produttiva, gran parte di quanto sopra riportato è frutto di mere operazioni commerciali da parte di freddi imprenditori, con la necessaria passione sostituita in toto dalle risultanti di costi e ricavi.
Arrivando presso il ristorante e trovando nel parcheggio un pullman granturismo, ammetto serenamente d’aver pensato “ecco, lo sapevo, oggi ci sarà da ridere…”
…invece ora, altrettanto serenamente, posso ammettere di essermi sbagliato.

Il ristorante Santa Giulia si trova all’interno dell’omonimo Borgo a Timoline, una frazione di Cortefranca, all’interno della più vocata zona di produzione del Franciacorta, posta nella fascia tra Erbusco ed il lago d’Iseo; per arrivare qui infatti si passa davanti a tutte le più rinomate aziende franciacortine.

Il borgo è in posizione davvero tranquilla ed ha un comodo parcheggio riservato all’interno della struttura; essendo arrivati con leggero anticipo, ne approfittiamo per una passeggiata al suo interno.

Ci rechiamo verso la zona delle cantine, ci viene mostrato come è stato ricostruito all’esterno un vero e proprio museo (riconosciuto tale dalla Regione) delle attrezzature agricole storiche “per la produzione del vino”… “…del granoturco vorrai dire” pensiamo, ma non facciamo i rompiballe, sorridiamo, ascoltiamo ed annuiamo.

Comunque non siamo qui per passeggiare, pertanto poco dopo veniamo fatti accomodare al tavolo dalla cordiale maitre. La sala è abbastanza grande, con una decina di (troppo) piccoli tavoli non molto distanziati tra loro, e la mise en place è decisamente sottotono, scarna e poco curata nella sostanza.
Per precisazione, il sopracitato pullman è qui per una visita in cantina e pranzo, ma i numerosi turisti verranno fatti accomodare in un’altra sala rispetto alla nostra, che resterà quindi più calma.

Ci viene subito offerto uno spumante brut di produzione Vignenote, il brand del gruppo relativo ai vini.
Ordiniamo il menu degustazione più completo, “Un Milanese in Franciacorta, omaggio alla cucina lombarda”.
Il menu prevede e comprende l’accompagnamento con i vini della cantina, peccato non venga portata comunque la carta dei vini, né venga chiesto l’eventuale interesse a consultarla, probabilmente le disposizioni “aziendali” in merito sono abbastanza restrittive e volte a voler proporre i propri vini.
A fine pranzo richiedo comunque la carta per darle una curiosata, ed appare in effetti decisamente scarna, pare compilata giusto perché “ci vuole”: una nutrita presenza franciacortina (a ricarichi onesti), pochissimi champagne, pochi rossi e qualche bianco italiani. Non pervenuto il resto del mondo, compresa la Francia tutta.

Viene subito portato in tavola il cesto del pane

tutto di produzione propria: panini all’olio ed alle olive, focaccia con sale di maldon e grissini croccanti.
Si parte in tempo zero con l’amuse-bouche, una lumaca avvolta nella pancetta croccante su crema di patate

purtroppo l’invadenza della pancetta sovrasta completamente tutto il resto, la patata cerca di ammorbidire il tutto ma la lumaca praticamente risulta non pervenuta. Peccato.
La prima portata è la Millefoglie di polenta croccante, baccalà mantecato e pomodorini canditi con spuma del suo latte

una piacevole reinterpretazione del baccalà con la polenta, peccato che i crostini di polenta siano talmente sottili ed impalpabili che il sapore e la personalità del baccalà, li rendano pressoché insapore.
Fossero stati più consistenti e croccanti a mio avviso l’effetto sarebbe stato più piacevole, comunque tutto sommato un buon piatto.
Riso giallo al salto con Stael della Valcamonica e funghi pioppini

un croccantissimo riso allo zafferano, saltato con il parmigiano, si sposa perfettamente con il rustico Stael ed i pioppini perfettamente trifolati. Gran bel piatto della tradizione rivisto in chiave più ghiottona che gourmet, ma con un ottimo gioco di consistenze a renderlo piacevolissimo. Bravi.
Baccalà in gremolada, il suo foiolo alla lombarda

Purtroppo questo piatto non l’ho capito: buona cottura del baccalà, che si trova però in bilico tra la presenza forte della scorza di limone grattugiata (sopra) ed il dominante peperone con cannellini (sotto). Preso a sé, con uno solamente dei due ingredienti per volta ci saremmo anche, insieme però fanno decisamente a pugni…
Maialino da latte croccante su casoeula di verze

praticamente una casoeula “scomposta”, sotto le verze cotte in versione “light”, bollite con solamente la salsiccia, e sopra tutte le parti del maialino, che normalmente vengono bollite, cotte a parte e riportate in versione croccante. Gran gusto e nuovamente bel gioco di consistenze, ottima rivisitazione della tradizione.

Stacchiamo un momento, piccola pausa prima del dessert, viene servito un piccolo predessert, una spuma al cioccolato bianco che ha il difficile compito di preparare il palato al dolce dopo la casoeula, riuscendoci alla perfezione grazie alla grassezza del cioccolato bianco. Semplicissimo ma riuscito, bene

Il dessert (la foto purtroppo non gli rende giustizia) si rivela un’ottima chiusura del pranzo, davvero una gran riuscita

Passione e polenta: millefoglie di cioccolato e mais, semifreddo al frutto della passione e gelato alla polenta. Un piacevole scambio di sapori tra il gelato alla polenta ed il semifreddo al frutto della passione, con il cioccolato fondente al mais che porta croccantezza e da un tono un po’ meno dolce e piacione. Dessert intelligente, con l’utilizzo della polenta in maniera furba sotto forma di gelato. Peccato solamente che i crostini di polenta posti alla sommità fossero i medesimi dell’antipasto.
Chiudiamo con caffè, the e piccola pasticceria, sempre di produzione propria, in accompagnamento,

distillati serviti con selezione di cioccolatini cru Amedei.

Come già anticipato, tutti i vini serviti provengono dalla produzione aziendale Vignenote, mediamente di qualità discreta, allineata con la produzione della maggioranza dei Franciacorta:

– Franciacorta Brut -da magnum- (90% Chardonnay, 10% Pinot Nero),
– Curtefranca Bianco 2010 (100% Chardonnay, solo acciaio),
– Curtefranca Rosso 2009 (30% Cabernet Franc, 30% Cabernet Sauvignon, 30% Merlot, 5% Nebbiolo, 5% Barbera),
– Franciacorta Satén 2007 (100% Chardonnay)

In sintesi, il menu è azzeccato, e mostra una cucina desiderosa di rivisitare la tradizione in chiave moderna, solida ma non esente da qualche scivolone, come ad esempio la riproposta del baccalà in due portate (e qualche piccola lisca al suo interno), o la presenza dei medesimi crostini di polenta nell’antipasto e nel dessert.
Anche il servizio, molto cordiale e rilassato, non è esente da qualche lieve incertezza, ma siamo certi che con il tempo ed il giusto rodaggio (il ristorante è aperto da nemmeno un anno) sia la cucina che la sala affineranno le potenzialità, raggiungendo risultati sicuramente interessanti. Per ora il voto è approssimato per difetto, speriamo pertanto di poterlo aggiustare verso l’alto nelle prossime visite.

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Recensione Ristorante
Vittorio Fusari è uno dei miei rimpianti. Il tam tam di Gola, parafrasando l’amico Sararlo, mi racconta di mirabolanti quanto memorabili cene in quel di Iseo, al Volto, dove per molti anni ha esercitato una missione più che una professione. E un motivo ci sarà se non sono riuscito mai ad andarci : non semplice da raggiungere, con parcheggio angusto, con pochi coperti da offrire. E di strada ne facevo e ne faccio costantemente sulla direttrice Verona-Milano (o Milano-Verona a secondo di come siete comodi voi ).
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Recensione ristorante.

Se dovesse capitarvi di passare per la Franciacorta e di essere a corto di contanti, sappiate che a Rovato la vostra banca c’è. Mai vista una simile concentrazione salvo a Genève e a Luxembourg. Più o meno una ogni quindici metri. Se poi volete un modo carino per spendere una piccola parte del vostro patrimonio allora fermatevi un momento in questo ristorante, situato quasi nel centro del paese, cercando di non finire (niente di personale, né!) nella trattoria da Gigi dove il navigatore, più gourmand che gourmet, cercherà di trascinarvi.  (altro…)