Passione Gourmet Eugenio Boer Archivi - Passione Gourmet

Bu:r di Eugenio Boer

Il bel risveglio gastronomico di Eugenio Boer

Eugenio Boer è uno chef che ha, sia nel DNA sia nella predisposizione professionale, una propensione al viaggio. Origini metà olandesi e metà italiane, ligure per la precisione, esperienze professionali sia in Italia, spaziando dal profondo Nord al profondo Sud, sia all’estero, in Germania. Prima del lockdown la sua proposta di cucina prevedeva molte contaminazioni con ingredienti, cotture e culture gastronomiche estere. Ora, invece, lo chef si è voluto concentrare sull’utilizzo rigoroso di materie prime di eccellenze italiane, la sua mente continua però a spaziare e il percorso creativo prevede intelligenti e intriganti rivisitazioni proprio dei piatti della storia della cucina italiana.

Il risveglio” è il titolo del suo percorso degustazione ed è un risveglio di energia e grazia che non si può che apprezzare. È un risveglio dello chef che si è alleggerito, anche fisicamente: l’abbiamo trovato davvero in forma e con una maggiore leggerezza di fondo, rispetto al passato, anche nell’impostazione dei piatti.

Storie di intrecci della memoria gustativa italiana

La formazione palatale dello chef risale all’infanzia e alla figura della nonna, ligure, che ha definito un chiaro imprinting, ritrovabile in più di un piatto del percorso di degustazione. Eugenio parte però dai ricordi e dalla tradizione per far sempre viaggiare la mente, per reinterpretare i classici. Emblematica la cima alla genovese ma non troppo, dove la cima ha il ripieno classico per eccellenza, con carne trita, animelle, cervella, piselli, bietoline, carote, maggiorana, uova. Intorno al ripieno ci mette però una fassona piemontese cruda e, sopra, una maionese al cedro e caviale italiano. Viene servita con le bacchette, perché la cima viene reinterpretata come se fosse un roll giapponese, e si accompagna con una salsa pseudo-ponzu, perché 100% italiana, fatta con brodo di biete, succo di limone della costiera e colatura di Alici, intensamente deliziosa.

Simpatica la genesi creativa del piatto: la maionese veniva data da bambino, allo chef, sempre da sua nonna, dentro alla focaccia, per fargli mangiare la carne della cima. Da lì è partito il pensiero di sostituire la carne cotta con quella cruda, tagliandola, gli è venuto in mente il California-Roll, con il caviale al posto delle uova di pesce volante.

La Liguria è ancora protagonista in uno dei piatti decisamente più interessanti di tutto il percorso: la rivisitazione del coniglio alla Ligure, servito come raviolo. La pasta dei ravioli è fatta con farina di pomodoro, il ripieno è con il classico coniglio alla ligure, poi con pinoli glassati nel fondo di cottura del coniglio. Sui ravioli ci sono olive taggiasche, i suoi noccioli liofilizzati e polvere di porcini; anche qui torna il ricordo della nonna , perché l’utilizzo del pomodoro e dei funghi era una sua variante. Ringraziamo la nonna per l’ispirazione, ma il merito va tutto allo chef per aver concepito un piatto davvero di spessore, per equilibri sia di gusto che di estetica.

Usciamo, come ispirazione, dai confini italiani per la rivisitazione del filetto in crosta, in una versione più leggera ed estiva, volutamente servito tiepido. La carne è un controfiletto di manzo presentato a terrina, intervallato da Prosciutto di Carpegna e bietole, usate anche per la salsa e come accompagnamento: un piatto decisamente piacevole e gustoso.

Nella parte iniziale del percorso, una partenza non molto incisiva con una zucchina in crio-cottura e sorbetto di polline e zafferano, viene subito sistemata da una rivisitazione geniale di un altro piatto delle tradizione. Parliamo dei moscardini e piselli, serviti in due parti: la prima, una sfera con moscardini frullati e conditi a crudo, fritti in una pastella con il loro nero, maionese di moscardini, piselli e suoi germogli. La seconda, una zuppetta sempre di moscardini, fatta con i loro fegati, il loro nero e un estratto a freddo di bucce di piselli.

Una combinazione davvero vincente, fortemente sinergica fra le due parti, che si rivelano in tutte le loro componenti intrigando il palato per la varietà delle cotture e per le diverse sensazioni tattili palatali. Il percorso procede spedito fino alla fine, grazie all’apporto notevole della sala, coordinata egregiamente da Carlotta Perilli, compagna di vita e di professione di Eugenio, dotata di una naturale eleganza e/o eleganza naturale, precisa e professionale, spontaneamente accogliente. Bu:r è un luogo di accoglienza e di personalità, per la cucina, per la sala e per il decoro interno.

Davvero un bel risveglio per la cucina italiana.

La Galleria Fotografica:

L’universo culinario, semantico e romantico, di San Valentino

Tra le competenze di un grande chef c’è, certamente, quella di disattendere le aspettative del palato medio. Di averne il coraggio e di saperlo fare, se non con tatto, comunque con stile. Si tratta di una tecnica o, meglio, di uno stratagemma: un modo per innescare nuovi significati, nuovi elementi di senso e, così facendo, permutare un significato ormai trito, liso dall’uso, e dal consumo, come quello di San Valentino, in qualcosa di nuovo e, possibilmente, in qualcosa di vivo.

Ma non crediate che si tratti di filantropia, ogni creativo lo sa bene: questo è anche un modo, se non il modo, di scendere a patti con le pur sacrosante ragioni commerciali della contemporaneità senza perdere il senso del proprio universo creativo.

Abbiamo quindi chiesto a quattro candidati d’eccezione, quattro interpreti privilegiati della ars culinaria contemporanea, di rielaborare la loro idea di San Valentino mediante quattro piatti, quattro ricette che prevedessero, inaspettatamente, l’uso della birra o come ingrediente o come abbinamento. È stato dando loro questa traccia, questo ingrediente totemico, che l’inventiva di ciascuno ha potuto reinventarsi, ritradursi, finanche ripensarsi, nel contesto enciclopedico di questo 14 febbraio.

Ecco il menu che ne è sortito!

Yoji Tokuyoshi e la Super Dry Pot 

1 l di latte

250 g di panna

300 g di patate con la buccia 

5 g di sale

100 g di zucchero

30 g di glucosio

30 g di burro 

5 grammi (a persona) di foie gras 

Pelare le patate e tenere le bucce. Tagliarle a dadini e cuocere in forno col burro e le bucce, che dovranno risultare tostate. A parte, mescolare gli ingredienti restanti, aggiungere le patate arrostite, e portare il tutto a 85°C. Lasciare in infusione fino a raffreddare il composto, filtrare e versare il contenuto in un sifone. Mettere in frigo e far raffreddare. Mettere la spuma su un cucchiaio e mettere, all’interno, 3 g di torchon di foie gras. Coprire con la spuma e mettere nell’azoto liquido. Quando congelato, spolverare sopra le nocciole tostate grattugiate e i petali di fiori.

Eugenio Boer e il Risotto con pancetta, ostriche, mela verde e Grolsch

240 g di riso Carnaroli Motta

80 g burro demi-sel

120 g Parmigiano reggiano

20 cl vino bianco secco

20 ostriche Fine de Claire

180 g di pancetta affumicata

1 mela verde Granny Smith

1 bottiglia di birra Grolsch

1 albume d’uovo

1,5 l di brodo vegetale

Prendere la pancetta affumicata, tagliarla a listarelle e farla sudare in una padella lionese sino a renderla croccante, recuperando il grasso, filtrandolo e conservandolo per la mantecatura. Prendere la mela e, con una parisienne, ottenere delle piccole perle che conserveremo in acqua acidulata. Le ostriche andremo a cuocerle nel loro guscio, a vapore, per 3 minuti a 83 gradi conservando il loro liquido. A questo punto faremo partire il risotto in modo classico, sfumando quando caldo con il vino bianco. A metà cottura aggiungeremo il grasso filtrato e porteremo a cottura mantecando in modo classico e aggiungendo 3/4 della pancetta arrostita; lo terremo all’onda ma non troppo, andremo a metterlo nel piatto adagiando le ostriche, le perle di mela verde e montando con un frullatore a immersione la birra, l’acqua delle ostriche e l’albume facendo una bella schiuma.

Gianluca Gorini e lo stinco di agnello alla birra Asahi Super Dry, arancia, garofano e cavolfiore

2 stinchi posteriori di un agnello 12 mesi

1,5 l birra Asahi Super Dry

1 cipolla bianca

20 g di chiodi di garofano

Foglie di alloro

1 arancio non trattato

1 testa di cavolfiore

1 mazzetto di timo al limone

Pepe in grani

Sale in fiocchi

Olio evo

Aceto bianco

Per lo stinco: in padella lionese di ferro tostare gli stinchi leggermente infarinati, fino a renderli dorati esternamente. Allo stesso tempo, in una brasiera di ghisa appassire la cipolla tagliata a joulienne, due foglie di alloro, pepe nero in grani e qualche chiodo di garofano. Aggiungere gli stinchi, e coprire con la birra. Chiudere con il coperchio e finire la cottura, in forno ventilato, per un’ora e trenta minuti. Lasciare riposare e tirare poi la salsa a giusta consistenza.

Per il cavolfiore: dopo aver pulito e mondato il cavolfiore a piccoli pezzi, immergerlo in acqua ghiacciata per almeno due ore. Quindi tagliarlo molto sottile all’affettatrice e lasciarlo ancora a bagno in acqua ghiacciata. Con i resti di lavorazione e dopo averli cotti in abbondante acqua salata realizzare una purea aromatizzata con olio evo e aceto bianco. Asciugare i cavolfiori a fette con una centrifuga e tenerli da parte.

Per l’arancia: in un estrattore passare tutta l’arancia, buccia compresa, fino a ottenere un composto che abbia la consistenza di una pasta.

Frullare i restanti chiodi di garofano e rigenerare le foglioline di timo in acqua ghiacciata.

Finitura: sistemare alla base del piatto un cucchiaio di purea di cavolfiore, aggiungere lo stinco ben caldo, spolverare con i chiodi di garofano e la buccia di arancia a crudo. Nappare con la salsa alla birra e finire il piatto con l’insalata di cavolfiore crudo aromatizzata con il timo limone. Servire con birra Asahi Super Dry in accompagnamento.

Alberto Gipponi e l’Omaggio a Lilli e il Vagabondo con Pilsner Urquell

Per lo zabaione alla birra:

240 g di tuorlo

160 g di zucchero 200 birra Pilsner Urquell

In una ciotola in acciaio a bagnomaria, montare i tuorli con lo zucchero, unire poi la birra a filo e stabilizzare a 80 gradi. Quindi, congelare.

Per le polpette:

La gelatina al Porto:

30 g di burro

1/2 scalogno

100 g di funghi champignon

50 g di ribes

250 g di Porto rosso

1 scorza essiccata di arancia

300 ml di fondo bruno di vitello

Sale

Rosolare lo scalogno tritato nel burro. Aggiungere i funghi e i ribes. Portare a cottura dolcemente, aggiungere il Porto con la scorza d’arancia e far ridurre di un terzo, aggiungere il fondo bruno e far sobbollire per 20 minuti. Filtrare. Stendere in teglia e far raffreddare.

Per l’impasto di carne:

160 g di gelatina al Porto

33 ml di birra Pilsner Urquell

68 g di pane al burro

60 g di miele

100 g panna fresca

200 g di latte intero

100 g di brodo di cappone

116 g di tuorlo d’uovo pastorizzato

315 g di scamone di vitello privato di grasso e nervi

4 g di sale

8 g di aceto

2 anici stellato

40 g di gelatina di Porto

30 g di farina di nocciole tostata

Far ridurre di 1/3 la birra con l’anice stellato. Unire latte, panna, pane e miele, scaldarli fino a 80 gradi, lasciare in infusione per 20 minuti. Filtrare, strizzare il pane e metterlo da parte.

Frullare tutti i restanti ingredienti insieme con la panna e il latte, la birra ridotta e 15 g di pane strizzato. Mettere in pacojet, abbattere e pacossare. Aggiungere la gelatina a cubetti, formare le polpettine e impararle con la farina di nocciole tostata.

Per la salsa Borsh:

250 g di succo di barbabietola

60 g di aceto di lampone

60 g di aceto di vino rosso

60 g di zucchero

50 g di cioccolato bianco

Portare tutti gli ingredienti a bollore escluso il cioccolato. Fuori dal fuoco mantecare con cioccolato bianco.

Finitura: in un piatto fondo mettere al centro lo zabaione ghiacciato, messo a forma di nido di spaghetti con lo schiacciapatate. Aggiungere 4 polpettine. Nel mezzo arrotolate uno spaghetto di semola cotto in abbondate acqua salata e saltato nella salsa Borsh al cioccolato. Cospargete di salsa Borsh e disponete sul piatto un mix a piacere di cioccolato bianco e Grana padano grattugiati.

Eugenio Boer, se fosse presente nel bellissimo libro “Giovani & Audaci, cronaca semi-seria della nouvelle vague Italiana in cucina” sarebbe sicuramente catalogato come “duro”.
All’apparenza l’uomo Denim, che non deve chiedere mai. Ma, dietro la scorza possente, nasconde un animo sensibile e tutt’altro che rigido e cazzuto.
Quando poi ti parla, spesso scivola nel suo accento ligure, tramandato dalla madre, che mette in ombra la sua anima da biker maledetto, proveniente direttamente dai sobborghi di Amsterdam, in Olanda, sua seconda patria.

E tu sorridi, perchè la sua cucina è lo specchio di tutto questo. Sembra quello che non è. Ed è ciò che non sembra.

Sembra moderna, à la page, alquanto trendy. Quasi non fosse chiaro che ci troviamo nel suo ristorante a Milano, potremmo essere nei Paesi Bassi, come in Australia o California.
Poi invece la affronti, la sfogli come una cipolla, vai appunto all’essenza e scopri una cucina personale, con una timbrica classica davvero importante. Qui salse, fondi, riduzioni, concentrazioni di sapori passano attraverso il veicolo del più esasperato classicismo d’oltralpe, ma non solo.
Gran classe ed eleganza, uso imperioso di componenti lipidiche, ben addomesticate, sapori maschi e ben distinti, intensi. Una cucina certamente importante, d’altra parte Eugenio è il primo a dirvi che al suo ristorante si mangia, e si mangia davvero!
Ma questo non preclude a questa realtà una sorta di eleganza di fondo, di accuratezza nel senso delle proporzioni, di visione moderna di preparazioni classiche che ci fanno certamente affermare che questo cuoco è sicuramente un personaggio che lascia il segno, la sua impronta, su tutto il suo operato.

Se volessimo fare qualche piccolissimo appunto, potremmo solo dirvi che non è fatta per percorsi chilometrici, ma questo potrebbe essere anche un pregio, e sopratutto potremmo dirvi che, per spiccare decisamente e definitivamente il volo verso l’alto olimpo, si potrebbe risparmiare qualche reiterazione stilistica (la “grattugiata” in molti piatti, seppur di derivazione ed elementi differenti, e lo stile d’impiatto per citare due esempi).

Ma qui, in questo momento, siamo al cospetto di un luogo tra i più interessanti presenti a Milano oggi, certamente nella nostra personale top five. Questo anche grazie ad un servizio, c’è da dirlo, giovane, spigliato, divertente, ma molto preciso e professionale. Forse solo un pochino in affanno, dicono le nostre varie visite, a locale pieno.

Ma questo è un posto da tenere ben presente sul vostro taccuino gourmet, fidatevi!

Il Nostro Benvenuto: il percorso dello chef in cinque piccoli ricordi.
benvenuto, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
benvenuto, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
L’ottimo pane.
pane, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Il primo compagno di viaggio.
vino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Canederli: brodo ristretto di legno di castagno, canederli di spinaci, funghi pioppini e castagne crude.
canederli, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Finferli: bavarese di finferli, aceto di sidro, blu del Moncenisio e semi di zucca.
fingerli, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Quaglie, Prugne: quaglia, umeboshi, nocciole del Piemonte, sedano rapa e foie gras.
quaglie, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Autunno: cappellaccio di pasta fresca alle castagne, zucca alla mantovana, porcini, jus di terra, topinambur e un terriccio di funghi ed erbe.
cappellaccio, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Altro compagno di avventura…
vino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Carpa alla brace: tortelloni di segale, zabaione all’aneto, patate rosse alla panna acida e mele.
carpa, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Lièvre à la Royale: tagliatelle di pasta fresca al civet, ragout di lepre, foie gras e tartufo nero.
lieve, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Fantastico questo pinot grigio di Princic…
vino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Risotto alle lumache: lumache, aglio nero, prezzemolo e ribes.
risotto, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Storione: kefir, spinaci, olivello spinoso e caviale.storione, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Un altro vino in accompagnamento…
vino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Cassoeula: verze e maiale.
cassoeula, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Cassoeula, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Sud.
sud, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Pollution: liquirizia, sesamo nero e cioccolato fondente affumicato.
pollution, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
pollution, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Qualche scorcio…
Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano

Sentendo nominare “Boer”,  il pensiero del gourmet andrà con ottime probabilità in Olanda, nella tranquilla cittadina di Zwolle, terra del tristellato Librije e del suo Chef, Jonnie Boer.
C’è un altro Boer però, dal nome decisamente più familiare a chi gravita intorno Milano, altrettanto talentuoso e che sta facendo molto parlare di sé, allargando pian piano il tam tam gourmet anche al di fuori dell’area metropolitana: Eugenio Boer. Anch’esso, come suggerisce il cognome, ha origini olandesi, oltre a innumerevoli anni di esperienza in svariate tavole blasonate.

Da qualche anno la Madonnina lo vede impegnato in progetti sicuramente interessanti, tutti però con lo sguardo rivolto verso una cucina di deriva più o meno semplice ed informale: in primis Enocratia, dove all’interno di una cucina formato camper ha iniziato a far conoscere ed apprezzare il suo nome, in un format incentrato sul vino, ove il cibo era inteso come un accompagnamento e non il contrario, come più usuale. Poi la parentesi ancor più pop, quella di Fishbar e Meatbar, due bistrot gemelli entrambi in Brera, come di evince dal nome uno incentrato sul pesce, l’altro sulla carne.

Ora, finalmente, la prova del nove. Un ristorante nel senso più stretto del termine, con una bella ed accogliente sala, una brigata numerosa, un piccolo dehors per mangiare all’aperto durante il periodo estivo, ma soprattutto una bella carta scevra da tendenze, esclusivamente focalizzata sulla visione di cucina dello Chef.

E tutto ciò, è rappresentato fin dal nome scelto per questo ristorante: Essenza.

E la prova, per quanto ci riguarda, è stata abbondantemente superata, sotto certi aspetti spingendosi anche oltre le aspettative. Questa tavola ci colpì da subito, fin dalle prime visite, e se possibile ci ha colpito di più ancora nel nostro ultimo passaggio, con un salto notevole rispetto alle, pur eccellenti, performances iniziali.
Una cucina golosa e pensata, tecnica e personale, raccontata e leggibile, che si mantiene appagante e divertente anche nei suoi -frequenti- passaggi più tecnici e ragionati, salda sul suo binario senza il minimo tentennamento o passo falso anzi, che marcia con la decisione e la sicurezza del grande ristorante.
Partendo dagli amuse bouche, piccoli ed intelligenti concentrati di bontà, per arrivare fino alla pasticceria, tutta la nostra cena ha veleggiato sciolta su livelli decisamente alti, tra omaggi a maestri (però sarebbe gradevole, ed un ulteriore colpo di classe, che venissero dichiarati), vecchi e nuovi piatti dello chef, esercizi di stile o classici reinterpretati, mostrando una brigata a proprio agio non in un singolo compartimento ma sotto ogni aspetto, a ventaglio dal benvenuto all’arrivederci.

Anche il servizio, che in altre occasioni non ci convinse a pieno, ha ora trovato una sua quadra, risultando perfettamente registrato sul tono del locale: serio e brillante, professionale ma con toni smart e quel pizzico d’informalità necessaria a mettere a proprio agio il cliente, fin dal primo contatto.

Tutto questo, unito ad un rapporto qualità/prezzo ora come mai conveniente, fa sì che il libro delle prenotazioni riesca a registrare il fully booked praticamente ad ogni servizio serale, cosa che abbiamo potuto constatare personalmente in un lunedì qualsiasi, senza un solo coperto rimasto libero. Ulteriore dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che per la totalità dei fattori in gioco, Essenza ad oggi è sicuramente uno dei place to be milanesi, consigliabile davvero a chiunque.

“Il nostro Benvenuto”: il percorso dello chef in cinque piccoli ricordi.
Piccolo minus in quanto gli stessi delle precedenti visite… ma si chiude serenamente un occhio, quando così buoni e sensati, anche perché rappresentano un piccolo biglietto da visita, in quanto piccoli omaggi dello chef a luoghi e maestri del passato.
Madeleine alle olive taggiasche e pesto…
Madeleine, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…bitterballen e senape…
bitterballen, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…cialda di risotto alla milanese e Parmigiano Reggiano…
cialde di riso, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…tartare di salmerino…
salmerino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…e macaron alla salvia e rosmarino con paté di fegatini, piccione e grue di cacao.
Macaron, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Pane e grissini.
Pane e grissini, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Il Cervo e la sua Storia”, Un salto indietro nel tempo, in tutto e per tutto.
Piatto in carta fin da Enocratia, un boccone di cervo -crudo- servito senza posate, da mangiare con le mani. Piatto ancestrale nell’idea, ma tecnico e razionale nell’esecuzione.
Cervo, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Carote”, gialle, viola e arancioni di Polignano, nocciole tostate IGP del Piemonte, Taleggio, terra di Erbe, terra di Cereali e…
Carote, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…uovo cotto nel Fieno, inserito a finire il piatto dal cameriere.
Golosità smodata, pur senza il minimo disturbo o accenno di stucchevolezza. Lode all’impiatto, estremamente curato.
Uovo, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Brodo ristretto di Castagno”: Canederli di Sanguinacci, Pioppini, Mela verde e Castagne crude.
Brodo estremamente profumato e dalle marcate note acide, in contrasto con il canederlo.
brodo ristretto, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Lepre”: Tagliatelle di pasta fresca al Civet, ragout di Lepre, Foie gras e Tartufo nero.
Un piatto di pasta, classico italiano, riuscito omaggio alla lièvre à la royale, classico francese. Grande piatto, per concezione, esecuzione e risultato.
Lepre, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Autunno”: Cappellaccio di pasta fresca alle Castagne, Zucca alla mantovana, Porcini, Jus di terra, Topinambur, terriccio di Funghi ed Erbe.
Un mirabile esercizio di stile, un piatto dalla quasi totalità di ingredienti dolci, tenuto in equilibrio da una omeopatica dose di Jus.
autunno, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Risotto Murici, Finferli, Limone e Melissa. Notevole, come tutti i risotti serviti da queste parti.
Risotto, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Tinca”: Zabaione al dragoncello, Polenta bianca ed Erbe amare.
Tinca, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Piccione”: Olivello spinoso, Pastinaca e Tarassaco. Presenza fisicamente un po’ invadente del tarassaco, ma è solo un fattore estetico/funzionale. Ennesimo piatto più che riuscito.
Piccione, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Il predessert: “Sud”, Sorbetto di limone, Crumble di pistacchi e mandorle, Cioccolato di Modica al Peperoncino, Caffé, Capperi, Arance candite.
La chiusura del pensiero iniziato con il benvenuto, uno sguardo agli anni passati in Sicilia dallo chef. Poco “pre” e molto “dessert”.
predessert, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
E I dessert, profondamente diversi ma entrambi notevoli.
“Dulce”, Granola, Fava Tonka, Cioccolato bianco bruciato.
dessert, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
“Fichi”, Infusione di latte di foglie di Fico, Sambuca e Caffè.
fichi, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Piccola pasticceria…
piccola pasticceria, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
…piccola pasticceria, atto II.
piccola pasticceria, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Le bottiglie che ci hanno accompagnato durante la cena.
vino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano

Essenza: mai come in questo caso il nome di un ristorante ne rispecchia, pienamente, la linea di cucina. Eugenio Boer abbiamo iniziato a seguirlo dai tempi di Enocratia, e già allora ne avevamo apprezzato l’entusiasmo, la passione e intravisto il talento. Che restava però ancora in buona parte inespresso.
Oggi, con Essenza, la sua nuova casa, Boer riesce finalmente ad esprimersi con la massima libertà, e i risultati si vedono. Essenza è, infatti, senza dubbio una delle novità più interessanti del 2015 all’ombra della Madonnina (e non solo).
Essenza, come quel che c’è al cuore delle cose, ciò che resta una volta eliminata ogni sovrastruttura.
Essenza, come “Il cervo e la sua storia”: filetto di cervo crudo da mangiare con le mani. Ancestrale, senza compromessi, un boccone da re.
Finalmente un ristorante dove tutto ha un senso, segue un filo, un percorso gustativo. Anche gli amuse bouche, troppo spesso ridotti ad inutile orpello, senza senso e fuori contesto, qui invece raccontano il passato e il presente di Boer e sono curatissimi, per un inizio pasto assai felice.
Essenza come l’ingrediente, la materia e come capacità del cuoco di valorizzarla e di cucinarla. E Boer sa il fatto suo, sia quando gioca con contrasti e toni acidi, come nello sgombro cotto e crudo avocado, cetrioli, erbe selvatiche, caprino e chartreause, sia quando si cimenta in un classico risotto. Il suo Risotto alla Cenere, Salmerino e le sue uova è uno dei più interessanti provati di recente… diventerà un classico, fidatevi.
Essenza. Perché non è necessario giocare con troppi ingredienti per mostrare al mondo che si è capaci di cucinare. Perché è giusto che ogni ingrediente sia essenziale al piatto. Carciofi, Cynar e liquirizia: l’esasperazione dell’ingrediente. Insomma, come avrete capito, Essenza ci è piaciuto e riteniamo che abbia ottimi margini per una ulteriore crescita, pertanto il voto di conseguenza è approssimato verso il basso, in attesa di ulteriori sviluppi, che certamente non tarderanno ad arrivare.
Lo trovate in via Marghera, all’interno di un portone con un gradevole dehors, semi nascosto, discreto, essenziale anche nella location.
Un peccato non venirci, un vero peccato.

Gli interessanti amuse bouche.
Amuse Bouche, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano Cialda di Risotto alla Milanese e spuma di Parmigiano Reggiano (omaggio a Milano).
Cialda, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Bitterballen e Senape dolce (omaggio all’Olanda, una delle Patrie dello chef).
Bitterballen, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Tartare di Salmerino (in onore di Norbert Niederkofler, uno dei suoi Maestri).
Tartare di salmerino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Madeleine alle Olive Taggiasche e Pesto alla Genovese (Omaggio alla Liguria, altra Patria dello chef).
Madeleine, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Macaron Salvia e Rosmarino con Paté di Fegatini, cuori di Piccione e Grue di cacao (in onore di Gaetano Trovato, altro Maestro riconosciuto come tale dallo chef).
Macaron, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Lungo il Fiume pensando a Marengo. Rivisitazione del Pollo alla Marengo. Cema di patate al tartufo nero, croccantissime briciole di pane aromatizzate all’amaretto, insalata di crescione di fiume, gamberi di fiume e crema di pinoli al whisky torbato. Il tutto immerso in un consommé classico di pollo.
Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Sgombro cotto e crudo, Avocado, Cetrioli, Erbe selvatiche, Caprino e Chartreause.
Sgombro, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Il Cervo e la sua storia.
Cervo, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Tortellini di Gambero Rosso di Mazzara nel loro Consommé al Bergamotto. La sfoglia è bella rustica e giova alla riuscita del piatto.
Tortellini di gambero, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Carciofi, Cynar e Liquirizia. Il carciofo con tutte le sue sfumature, forse al piatto gioverebbe una sfoglia più eterea. Un deja-vu da un’idea di Luigi Taglienti.
carciofi cenar liquirizia, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Risotto alla Cenere, Salmerino e le sue uova.
risotto alla cenere, salmerino, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Bagnon. Rivisitazione di un piatto della tradizione ligure.
Bagnon, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano
Lavanda, Yogurt, Mirtilli, Capra e Polline.
Lavanda, yogurt, Essenza, Chef Eugenio Boer, Milano