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Il Rosè de Saignée di Janisson Baradon…

…e “Un sapore di ruggine e ossa

Capita, talvolta, che degustando un vino la testa voli, atterrando in qualche pellicola, quasi un viaggio polisensoriale senza pagare il biglietto. Con il Rosè de Saignée di Janisson Baradon il volo è stato immediato: bevo, cala il buio, ed in un attimo va in scena “Un sapore di ruggine e ossa” di Jacques Audiard.

Mi piaceva essere guardata. Mi piaceva sapere che li seducevo. Ma poi tutto questo mi annoiava”. E non so più se a parlare sia Marion Cotillard o il mio Riedel traboccante. Sorseggio lentamente mentre va a fuoco un melodramma che parla di tenerezza, disperato romanticismo, ma anche di rabbia e disincanto. Il regista, in questo caso, è Cyril Janisson, che gestisce 9 ettari di vigneti, 8 dei quali collocati sulle colline intorno ad Epernay

Si tratta di un Rosè de Saignée prodotto con sole uve Pinot Noir provenienti da un’unica parcella, “La Croisette”.  Siamo nella Valle della Marna e quel nome, “La Croisette”, replica quello della ben più famosa Promenade di Cannes, timbrando in maniera indelebile la trama di questo champagne: il colore è pieno e nitido, un rosa salmone quasi saturato come i tramonti sul litorale osservati dalla barca; il perlage è vivace, sa di brezza estiva e mare increspato.

La retroetichetta racconta di uno champagne d’autore, figlio delle mani sapienti di due fratelli, quinta generazione di vigneron, che coltivano i vigneti senza l’uso di diserbanti e insetticidi. La naturalità, rivendicata del prodotto si percepisce fin dal primo assaggio che sprigiona, con brutalità, note di agrume e frutta rossa, per poi evolvere, una volta scaldatosi, in derive ematiche e animalesche.

Come nel cinema di Jacques Audiard, tuttavia, c’è qualcosa di incompleto e sospeso in questo calice, l’ingresso fresco e le tinte delicate vengono presto contaminate da frequenti squarci selvaggi, sporchi. Una bevuta provocatoria che potrebbe allinearsi alla pellicola, ballando sulla linea di demarcazione tra commedia e orrore, in un paso-doble a ritmo di freschezza e ossidazione.

Se vuoi andare avanti, dobbiamo fare le cose per bene: è di gentilezza che sto parlando.”

Modena Champagne Experience: 5 assaggi da ricordare

ll 2021 ha visto svolgersi, nella fiera di Modena, due giorni dedicati interamente alle bollicine d’Oltralpe. Diciotto tra i maggiori importatori e distributori italiani si sono dati appuntamento per presentare 121 aziende con oltre seicento etichette. Ai banchi d’assaggio, si sono affiancate masterclass tenute da importanti relatori del panorama enologico italiano. Un’edizione che ha registrato un 30% in più di presenze rispetto alla precedente, regalando la possibilità di fare una vera e propria Champagne d’Experience, come già raccontato qui

E da quella Champagne, regione vitivinicola a circa 100 km a est di Parigi, con i suoi 320 villaggi spalmati in una superficie vitata di 34mila ettari e più di 280mila parcelle, tutte raggruppate sotto la denominazione AOC (l’equivalente della nostra DOC), ne troviamo 17 all’apice della scala qualitativa, Grands Cru, e oltre 40 Premiers Cru. 

Quattro le zone della Champagne: Montagne de Reims (conosciuta per il Pinot Noir), Côte des Blancs (famosa per lo Chardonnay), Vallée de la Marne (principalmente dedicata al Pinot Meunier) e Côte des Bar o Aube, lungamente considerata zona minore ed ora in auge grazie ad alcuni bravissimi produttori che coltivano principalmente Pinot Noir dalle caratteristiche diverse rispetto alla zona di Reims.

A questi 3 vitigni utilizzati per il 99 % della produzione si affiancano altri 4: Arbanne, Pinot Gris, Petit Meslier e Pinot Blanc. Il sottosuolo è composto principalmente di calcare e gesso (Craie), che donano quell’inconfondibile sensazione tattile di astringenza e che al naso chiamiamo mineralità. Le due città di ferimento sono Reims e Épernay.

Ma se aprissimo una parentesi sulla storicità dello champagne, con notizie, aneddoti e tutti coloro che hanno contribuito a renderlo così famoso finiremmo per dilungarci troppo…

I nostri migliori assaggi

Geoffroy Empreinte 1er Cru 2014 Brut – Vallée de la Marne 

La famiglia Geoffroy affonda le sue radici nello champagne già nel XVII secolo a Cumières, diventando produttori a partire dagli anni 50. Per lavorare in gravità, spostano nel 2008 la cantina ad Ay. 14 ha di vigneti in prevalenza Pinot Noir. Utilizzano acciaio e botti di rovere. La malolattica è bandita! Proveniente da un suolo argilloso, frutto di una sola vendemmia di Pinot Noir affina sulle fecce per 60 mesi. Se ne ottiene uno champagne cremoso, con un attacco acido lievemente acetico, che dona carattere alla bevuta. Al naso si schiude con nocciola tostata, frutti gialli maturi e pepe bianco. Il legno utilizzato per 80% non è nuovo. Ben bilanciano il gusto il minerale e la spalla acida. Persistente, lungo e ampio. 91/100

Larmandier-Bernier Vieille Vigne Du Levant Grand Cru Extra Brut – Côte des Blancs 

L’azienda ha deciso di fare vini di parcella e non solo di territorio per dare maggior risalto al terroir. Chardonnay in purezza, 8 anni di affinamento sui lieviti indigeni. Le vigne arrivano anche ad 80 anni di età. Meravigliosa corrispondenza gusto-olfattiva. Bouquet prorompente di agrumi, noci, burro noisette. Bocca ricca e succosa senza essere opulenta. Vinoso e sapido. Beva agile e di gran classe, dall’infinita persistenza. 90/100

Marguet Ambonnay Grand Cru 2016 Extra Brut – Montagne de Reims 

Benoit Marguet è l’ultimo discendente di un’antica famiglia champenoise. Dal 2004 gestisce 8 ha ad Ambonnay, di cui 1,5 vengono affittati a Krug. Si pratica la biodinamica con l’ausilio di 2 cavalli. Tutte le parcelle vengono vinificate in legno separatamente. La fermentazione malolattica viene sempre svolta. 58% Pinot Noir, 42% Chardonnay. Lieviti indigeni, 48 mesi di affinamento. Il bouquet è decisamente più su note agrumate e fresche, corroborate da una crosta di pane assolutamente fragrante. La bollicina presenta un’acidità più tagliente, addolcita da un frutto succoso, probabilmente grazie alla pratica biodinamica. Gran bella bevuta, fuori dal classicismo al quale si è abituati. Grande persistenza con finale sapido e fresco. 89/100

Tarlant Zero Brut Nature Rosé – Vallée de la Marne 

Vigneron dal 1687 contano 13 ha di proprietà. Prediligono lo stile nature e non utilizzano chimica, per far risaltare l’impronta del suolo. 50% Chardonnay, 44 % Pinot Noir e 6% Pinot Meunier. 48 mesi sui lieviti. Delicatamente rosa, affascina subito l’occhio per questa colorazione elegante. Zero Brut Nature Rosé fermenta in legno. Il bouquet è complesso ed elegante, gioca su note di piccoli frutti rossi e leggermente vinoso, agrumato e speziato. Ha una spalla acida vibrante che ne supporta tutto il sorso. 87/100

Val’ Frison Lalore Brut Nature – Aube, Côte des Bar 

Dobbiamo questo miracolo della spumantistica alla caparbietà di Valerie. Chardonnay in purezza, agricoltura biologica, lieviti indigeni e malolattica spontanea. Questi sono gli ingredienti per uno champagne insolito, fruttato e con note di nocciola tostata e crosta di pane. Mineralità e freschezza rendono subito distinguibile questo champagne fra tanti. 86/100

Alessia Cattarin

In occasione della quarta edizione di Modena Champagne Experience – di cui abbiamo già scritto qui – si sono tenute diverse interessanti masterclass e, tra queste, una rara verticale in Magnum della maison Pol Roger dal titolo “Futuro Vintage”.

A presentarla, Bastien Collard De Billy, rappresentante della sesta generazione della famiglia del fondatore e, a guidare l’incontro, Manlio Giustiniani, esperto e appassionato di champagne. Un’occasione unica per approfondire una delle Maison più affascinanti e solide della Regione, dagli champagne di statura enorme e dove l’idea di qualità, rigore e artigianalità sono le stesse da sempre, tramandate di generazione in generazione. 

La Pol Roger, infatti, da due secoli ormai di proprietà della famiglia del fondatore rimane, ancora oggi, una Maison piccola, orgogliosamente indipendente, simbolo di sobria eleganza e raffinata perfezione.

Giovane rampollo di una famiglia di notai da generazioni, Pol Roger ha solo 19 anni quando decide di fondare la sua azienda ad Aÿ, nel 1849, per risollevare le sorti della famiglia in forte crisi finanziaria a causa dell’improvvisa malattia del padre. La Maison si impone sin dall’inizio con il suo stile distinto, i suoi champagne sono eleganti, potenti e, soprattutto, ‘Brut’. Scelta alquanto insolita, nonché azzardata, in quel periodo, poiché i dosaggi erano estremamente elevati, ma che appassiona il prestigioso mercato inglese amante di un gusto più secco. 

Nel 1851 Pol Roger si sposta a Epernay e una decina di anni più tardi acquista quella che è la sede attuale. Nel 1877 riceve l’Onorificenza dalla Regina Vittoria, il Royal Warrant e, nel 1906, diventa fornitore ufficiale della corte britannica, dando inizio a un rapporto di stima e di amicizia con l’Inghilterra che continua ancora oggi. Nemmeno la Prima Guerra Mondiale e il proibizionismo riusciranno ad arrestare il prestigio e la crescita del brand, ma è nel periodo post-bellico che il più grande estimatore di questa Maison entra a fare parte della storia dell’azienda: Sir Winston Churchill.

Fedele amico della giovane Odette Wallace, moglie di Jacques Pol Roger, Churchill predilige infatti i vini maturi, complessi, forgiati dall’azione del tempo. Odette lo sa bene e, a ogni importante ricorrenza, gli fa recapitare a casa una cassa di Vintage 1928, lo stesso servito durante il loro primo incontro al ricevimento presso l’ambasciata britannica a Parigi. A lui sarà dedicato, nel 1984, lo champagne più importante, la cuvée de prestige, il Sir Winston Churchill.  Un vino robusto, di immensa statura, autorevole, proprio come l’indimenticabile ex Primo Ministro inglese.

All’inizio degli anni ’90, Hubert ed Evelyne de Billy, quinta generazione della famiglia, entrano in Pol Roger ad affiancare Christian de Billy e Christian Pol Roger. Oggi è Bastien Collard de Billy a ricoprire il ruolo di coordinatore e responsabile generale dell’azienda. La presidenza, invece, viene affidata a un ‘esterno’, dal 1997 Patrice Noyelle e dal 2013 l’ottimo Laurent d’Harcourt. L’importante ruolo di chef de cave, infine, ritiratosi lo storico Dominique Petit, da aprile 2018 è affidato al talentuoso Damien Cambres

La Maison è situata al numero 44 dell’affascinante Avenue de Champagne a Epernay, possiede le cantine più profonde (-33 m) e fredde (9,5°C) di tutta la regione, il che rende ancora più lenta e graduale, di conseguenza migliore, la maturazione degli champagne, nonché più fine la bollicina. Un aspetto, questo, emerso nitidamente durante la verticale.

Le cantine, che sono state scavate tra il XIX e l’inizio del XX secolo, si snodano per 7,5 km su due livelli e mezzo; lo stock ammonta a circa 9 milioni di bottiglie (per una produzione annuale di circa 1,75 milioni). La Pol Roger è rimasta l’ultima maison in champagne a effettuare il remuage completamente a mano sull’intera produzione, mentre i siti di vinificazione sono spettacolari per pulizia ed efficienza: permettono di effettuare un doppio débourbage a freddo (il secondo a 6°C) e di vinificare a bassa temperatura (<18°C), per singole parcelle, in piccole cuves (alcune fatte su misura per gli spazi della cantina), con svolgimento della fermentazione malolattica. I vins de réserve sono invece conservati in vasche murate e piastrellate, mentre la taille è sempre venduta. 

Fino al 1955, la Pol Roger non possedeva vigneti e solo in quell’anno ha iniziato ad acquistarli per arrivare ai 92 ettari di oggi situati tra la Vallée de la Marne, la Côte de Blancs e la Montagne de Reims. Le vigne di proprietà costituiscono fra il 50% e il 55% degli approvvigionamenti, mentre il resto è acquistato dai vignerons di fiducia che coltivano in larga parte il Pinot Noir.

I Pol Roger sono champagne rigorosi, pieni, profondi, di un’eleganza spiazzante, capaci di evolvere nel tempo in modo straordinario.

In Italia sono distribuiti da Compagnia del Vino, una delle più importanti aziende di distribuzione che rappresenta famiglie del vino selezionate per storia, qualità e rappresentatività del territorio di produzione. 

Degustazione Brut Vintage Pol Roger

Il Brut Vintage Pol Roger è ottenuto dal tradizionale blend 60% Pinot Noir e 40% Chardonnay, con uve provenienti da 20 diversi vigneti Grand Cru e Premier Cru nella Montagne de Reims e nella Côte des blancs. Prodotto in quantità limitata, questa cuvée è custodita in cantina per circa 8 anni prima di essere immessa sul mercato. È dosato a 7g/l

Il mosto è sottoposto ad una fase di doppia sedimentazione: la prima subito dopo la pressatura e la successiva a freddo e che si protrae per circa 24h in vasche d’acciaio ad una temperatura di 6°C. La fermentazione in acciaio ha luogo ad una temperatura che non supera i 18°C ed ogni varietà, così come le singole parcelle, sono lavorate separatamente sino al momento dell’assemblaggio. Il vino è poi sottoposto a fermentazione malolattica; la seconda fermentazione avviene in bottiglia ad una temperatura di 9°C in appositi locali situati a 33m sotto il livello stradale. Qui il vino rimane fino al remuage rigorosamente effettuato a mano. 

Pol Roger Vintage 2013 Dégorgement Dic. 2020

Annata di eccessi, con un inverno interminabile e una primavera pallida, fredda e particolarmente piovosa. La fioritura tardiva e alcune grandinate a fine luglio hanno fatto poi temere il peggio, ma ‘c’est août qui fait le môut’ come dicono in Champagne ed ecco un Agosto miracolosamente soleggiato, asciutto e caldo a salvare le uve e un autunno particolarmente piovoso a indirizzare a una vendemmia di stampo ‘classico’, tra fine Settembre e inizio Ottobre, in grado di risollevare definitivamente un’annata che alla fine si è rivelata splendida, dalle uve ricche ed eccezionalmente espressive.

Alcol potenziale 9,8°, acidità totale 8,4 g/l

Elegantissimo, potente ed intenso, di una complessità disarmante che vira dall’agrume più nobile alle note pietrose fino a sfumare su sensazioni di ribes, fico, nocciole tostate. È avvincente, conquista da subito. Per un sorso definito, ricco e dinamico, vigoroso e saporito, dalla bollicina puntiforme e sottile e un finale che incalza su agrumi e sale, pulsante e lunghissimo. Avrebbe avuto stoffa per rimanere qualche anno di più sui lieviti.

Voto: 96/100

Pol Roger Vintage 2009 Dégorgement Feb. 2018

Annata caratterizzata da un clima continentale e solare, con un inverno rigido e secco ma poi costellata da una serie di piogge primaverili che hanno ristabilito il ciclo vegetativo e le riserve idriche, con folate di vento che hanno evitato le muffe. Infine, un’estate splendida, soleggiata, con scarse precipitazioni e con preziose notti fresche a preservare l’acidità. Per un ottimo stato di maturazione delle uve che ha portato a vini corposi, fruttati e saporiti. 

Alcol potenziale 10,3°, acidità totale 7,5 g/l

Intenso, gioca i registri delle spezie in canditura, è pungente e balsamico, si avvertono con l’evoluzione anche note di torrefazione. A seguire, risolute e nitide emergono le note pietrose, cesellate in una mineralità scura che con l’evoluzione si fa via via sempre più incalzante. Sorso dallo sviluppo gustativo maturo quanto aereo, dotato di un tatto cremoso che accompagna una sensazione di agrumi scuri, frutti rossi e di preziosa gradualità e armonia nell’allungo. Solo, un leggero eccesso di calore in chiusura. 

Voto: 92/100

Pol Roger Vintage 2008 Dégorgement Gen. 2017

Il 2008 è stato caratterizzato dalla predominanza di cielo grigio e velato, condizione singolare in un decennio soleggiato e generoso. Anche la primavera e l’estate hanno sofferto la stessa mancanza di luce e calore. Il mese di settembre – in maniera tardiva quanto miracolosa – ha salvato però la stagione. Proprio quando stava per iniziare la vendemmia (il 15 settembre), le condizioni meteo erano perfette: cielo sereno, venti che spiravano da nord-nordest e una raccolta che ha beneficiato di questa svolta positiva degli eventi. La maturità ha superato qualsiasi aspettativa, con un equilibrio inedito ed eccezionale. Le uve erano in perfetta salute.

Alcol potenziale 9,8°, acidità totale 8,6 g/l.

Naso elegantissimo, in cui prevalgono i caratteri minerali-idrocarburici e iodati tipici della zona e impreziosito da suadenti aromi terziari di pasticceria, crema e torrefazione. In bocca il sorso si apre e si distende in modo sorprendente, è agile nella distribuzione, serio nell’affondo e splendido in persistenza, dove ritornano le note golose di moka, nocciola assieme a quelle più scure e minerali della grafite. Un vino da centellinare per i prossimi dieci anni.

Voto: 95/100

Pol Roger Vintage 2004  Dégorgement Gen. 2015

L’annata 2004 a mio avviso entrerà sicuramente nel novero delle migliori annate delle ultime due decadi, un’annata forse sottovalutata all’inizio ma oggi ineccepibile grazie alla sua ricchezza e alla sua generosità. A differenza dell’anno precedente, il 2004 è stato caratterizzato infatti da uno sviluppo vegetativo delle viti regolare e da grappoli abbondanti, sia in dimensione che in quantità. 

Il clima è stato mite e sereno per gran parte dell’anno, con un mese d’agosto piuttosto fresco, ma nelle ultime settimane di maturazione l’aria è diventata secca e calda, decidendo così il carattere di questa annata. La raccolta è cominciata il 24 settembre, quando i grappoli si trovavano in un eccellente stato di maturità. Alcol potenziale 9,8°, acidità totale 7,3 g/l.

Semplicemente impressionante per il calibro della sua evoluzione, per l’intensità e la profondità delle sue sensazioni aromatiche: iodio, conchiglia spaccata, lieve sottobosco e tabacco, per un sorso che sorprende per densità e sapore, ampiezza e dinamismo, succoso di agrume, roccioso e perentorio nell’allungo. Un capolavoro a tavola e ovunque. 

95/100

Pol Roger Vintage 2002 Dégorgement Mar. 2013

L’annata è stata mediamente calda e asciutta, ma da agosto fino ai primi di settembre si è registrata una curiosa alternanza di caldo e temporali, salvo poi una stabilizzazione delle condizioni, con bellissime giornate che hanno portato alla vendemmia di fine mese. Il risultato è stato quello di “un grande classico”, con vini eccellenti, ideali per lo champagne in ogni parametro: concentrazione di frutto e speziatura, potenza ed espressività. Alcol potenziale 10,5°, acidità totale 7,2 g/l.

Ricamo lievemente ossidativo balsamico ad anticipare un disegno aromatico elegante e complesso: agrumi gialli, olii essenziali, erbe aromatiche, fior di cappero, note mentolate/balsamiche, infine, conchiglia. In bocca non cambia registro, è magistrale per purezza e penetrazione, ampio, pieno, compatto e goloso, intriso di agrumi e sale. Appagante e rinfrescante nei suoi riverberi balsamici in chiusura, appassiona per intensità e sapore.

94/100

La “bellezza classica”

Ormai non c’è bisogno di ricordare quanta eleganza, forza ed equilibrio possegga quella che è stata considerata, in Champagne, la migliore annata del secolo, la 2008. La vera emozione è scoprire come Krug, Maison che rivaleggia con poche altre etichette per il ruolo di protagonista della categoria, l’abbia interpretata. Così, dopo una lunga e fervida attesa da parte degli appassionati finalmente è stato presentato, in anteprima mondiale, Krug 2008.  E se a questo champagne si è soliti attribuire connotati di vigoria e potenza, nonché assoluta eleganza, era facile prevedere che questa sarebbe stata una bottiglia sorprendente entro la quale avremmo trovato, oltre alla consueta maestosità krugiana, tutte le energie estreme, totalizzanti e radiose di un millesimo come questo.

Un’annata di assoluta serenità

Un’annata fresca, “estremamente delicata” ha osservato Olivier Krug (che rincontriamo dopo la presentazione di Clos du Mesnil 2006) come non se ne vedevano da tempo in Champagne, nonché una delle meno soleggiate della regione negli ultimi cinquant’anni. Un’annata di assoluta serenità, soprattutto se comparata ai capricci delle annate precedenti. Contraddistinta dall’inizio alla fine da un equilibrio straordinario, da un’armonia che ha volteggiato indisturbata tra giornate calde, notti fresche e favorita da una totale assenza di condizioni estreme, ha conferito una maturazione dei grappoli lenta, tranquilla e regolare, donando, al momento del raccolto, chicchi intensi, eleganti, meravigliosamente strutturati. Allo stesso tempo, la strabiliante eterogeneità dei vigneti è stata in grado di intessere una complessità, una gamma di suggestioni, aromi e sapori di rara finezza.

Krug alza così il sipario sull’ennesimo, autentico, capolavoro, Krug 2008, all’altezza delle idee di perfezione e raffinatezza che il fondatore Joseph Krug, con la sua “Cuvée n.2”, aveva in mente. Come Olivier Krug ama spesso ricordare, infatti, Joseph Krug, fondatore della maison nel 1843, organizzò la sua produzione in soli due grandi linee di prodotto. La prima, denominata “Cuvée n.1”, che può considerarsi la capostipite dell’attuale Grande Cuvée e che rappresenta la sublimazione dell’arte dell’assemblaggio, dove si trascende dalla nozione di millesimato per ricreare, con l’ausilio di mani esperte, edizione dopo edizione, uno champagne di piacere, frutto di una serrata selezione di più di un centinaio di vini di annate diverse, mantenendo inalterato lo stile, imprescindibile, della Maison.

Le Cuvée

La seconda, denominata “Cuvée n.2”, oggi il Vintage, prodotta soltanto in annate eccezionali e che ha come fattore predominante la variabilità del clima che, soprattutto negli ultimi anni, è spesso eccentrico, imprevedibile. L’espressione del concetto di annata che, grazie alla mano virtuosa di chi è riuscito a interpretarla, vive in ogni millesimo di luminosità propria, di pura energia, in un’esibizione da unico protagonista e prodigioso solista. 

Per la creazione di Krug 2008, furono selezionati i vini dei vigneti che potessero meglio rappresentare le caratteristiche di un’annata, semplicmeente, straordinaria. I Pinot Noir (53%) a donare profondità e struttura; i Meunier (25%), a conferire quel carattere agrumato che troviamo solo nelle espressioni migliori di questo vitigno; infine gli Chardonnay (22%), a regalare eleganza, verticalità e slancio.

A seguire, oltre 12 anni di permanenza nelle cantine della Maison per un Krug che entrerà negli annali e che è stato nominato, dal comitato di degustazione della maison che, di volta in volta, assegna un soprannome al millesimo in uscita, “bellezza classica”.

KRUG 2008 – Sboccatura autunno 2019, Krug ID 419044

Tono evolutivo sofisticato sotto il quale emergono, incalzanti ma sottili, i profumi degli gli agrumi, i fiori bianchi e la grafite e, se lo si attende, sontuose note mentolate e balsamiche a miscelarsi a quelle di tabacco, nocciola, iodio; a preannunciare un’evoluzione nel tempo che sarà straordinaria. Un olfatto di grande complessità e vibrazione, dai chiaroscuri pregiati e profondi tipici di Krug qui altresì accesi, illuminati dall’annata. In bocca è altrettanto memorabile. Dotato di una purezza agrumata tanto sottile quanto incisiva, è ampio, granitico, solido nella disposizione gustativa, reattivo, capace di fondere l’insita cremosità e la raffinata texture a una bollicina fine, precisa e penetrante. Dotato di forza, classe e infinita persistenza è solo all’inizio, anche se già splendido, ed evolverà magnificamente. 99/100

Krug 2008 è stato presentato, in anteprima mondiale, al Ristorante Sixiéme Bistrò di Milano da un Olivier Krug, in Italia dopo due anni di assenza, visibilmente emozionato. Durante il pranzo, assieme a Krug 2008 è stata riproposta la Grande Cuvée 164ème, che vede come vino base sempre la vendemmia 2008. A dare valore e lustro a Champagne così importanti, non potevano che esserci gli straordinari piatti dello Chef Antonino Cannavacciuolo e una voce sensuale e potente come quella della cantante Vhelade, carsimatica ed elegante interprete afrosarda.

Conversare con gli uomini di altri secoli è quasi lo stesso che viaggiare

Cartesio

Anni difficili. Pro o contro il metodo?

Viviamo anni difficili. Tempi di post-verità dicono dove di ogni cosa non è più possibile scindere il vero dal falso, a maggior ragione oggi che certi strumenti digitali (vedi i deep-fake) sono stati creati ad arte proprio per impapocchiarlo ancora di più questo ambiguo impasto di reale e artefatto allo scopo, a quanto sembra, di far proliferare masse di popoli sempre più incapaci di differenziare l’ovvio dall’oscuro, il vero dal falso come allertava Cartesio nel Discorso sul Metodo (1644):

Tuttavia nutrivo pur sempre un estremo desiderio di imparare e di distinguere il vero dal falso, per vedere chiaro nelle mie azioni e procedere con sicurezza in questa vita.

Altrettanto vero però che il suo occhio distaccato da filosofo del sospetto lo portava, come un mistico medioevale, a ritenere insignificante e vana qualsiasi impresa o azione compiuta dagli uomini. 

Ancora nel Discorso sul Metodo dichiarava con slancio che il buon senso fosse la cosa meglio ripartita nel mondo.

Alla luce di dove siamo arrivati noi oggi, all’alba del XXI secolo – tra rettiliani, QAnon, terrapiattari, vegani più agguerriti dei cannibali Korowai, negazionisti dell’ultimo avvento di Satana – possiamo tranquillamente affermare che Cartesio, nonostante i dubbi sistematici e la diffidenza razionalista, aveva le traveggole quando parlava di “buon senso” in termini tanto entusiastici pur ammettendo i limiti naturali quali la brevità della vita connessa alla mediocrità dell’ingegno, e parlava del proprio eh, figuriamoci l’ingegno degli altri! Al contrario qua per come stiamo messi male oggi è sempre più difficile vederci chiaro nelle proprie azioni, anzi sembriamo tutti procedere con estrema insicurezza nelle nostre vite fottutamente irrazionali, abbandonate in tutto e per tutto agli algoritmi tritacarne della Rete, altro che “penso dunque sono!”. 

Pratiche visioni conoscenze

Per rimanere in tema con il contesto di questa rubrica intitolata Vino & Cenere, vediamo ora di scucire l’abito mentale di quelli che affidano tutto alla magia nera della comunicazione à la page e ritengono che basti scrivere in un’etichetta di vino “orange wine”, “non filtrato… non chiarificato… senza solfiti aggiunti…” o addirittura “fatto in Anfora…” come solo 10 anni fa si scriveva “affinato in barrique di rovere francese…”, per ottenere così nell’immediato consensi sperticati, vendite sicure e successo a suon di trombe della resurrezione.

Basta davvero un cavillo formale tanto farlocco, una trovata tecnico-furbetta, uno slogan a effetto, una grigia sottoscrizione burocratica a dare ragione della reale bontà sostanziata nelle pratiche, nelle visioni e nelle conoscenze di chi fa il vino, di come lo fa e dove?

Purtroppo il mercato, ampliandosi, si è fatto sempre più insidioso così che ci si limita spesso a un qualche velleitario sigillo di certificazione bio-qualcosa nella retro, tanto per ripulire le coscienze di tanti produttori rapaci e intortare i consumatori confusi ma al passo coi tempi dove anche la bevanda idroalcolica più anonima e insulsa troverà sempre il suo gruppo di estimatori fanatici.

Gente d’accatto che cavalca la nuova ondata dell’artigianalità di facciata, che promuove e beve edulcoranti liquidi spacciati per vino e magari poi scrive pure “un esperienza” senza apostrofo sull’etichetta. 

Nel 1637 sempre Cartesio pubblicava La diottrica (La dioptrique) uno studio sui fenomeni dell’ottica, quali la rifrazione e la diffrazione. Nel 1665 viene pubblicato – postumo – il trattato De Lumine di Francesco Maria Grimaldi, gesuita con interessi per la fisica e l’astronomia.

Tanto per accennare al relativismo culturale di come studi ritenuti altamente scientifici al tempo della loro pubblicazione siano smentiti se non addirittura ridicolizzati nel giro di qualche secolo, ora allo stadio attuale delle conoscenze acquisite sulla natura della luce, le teorie di Cartesio che implicavano comunque un movimento iniziale innescato da una qualche entità metafisica di matrice divina, sono ipotesi oggi considerate alquanto datate o comunque pseudo-scientifiche.

Pseudo-scientifico, per quanto studiato, è senza dubbio anche il metodo di chiunque si approcci alla degustazione del vino, che gira e rigira non può che restare un’attitudine estremamente soggettiva dove nel giudizio finale incidono più che altro fattori incontrollabili – e menomale – correlati alla nostra specifica esperienza intellettuale radicata su parametri di natura etica ed estetica, se e qtweuando ci sono questi parametri, merce rarissima, sia chiaro!

Possiamo schematizzare tutte le ruote organolettiche che vogliamo ma sarà sempre una forzatura gustativa da ciarlatani quella di spaccare in quattro le nostre papille gustative per elaborare un diagramma del gusto. In questo genere di ragionamenti sul gusto soggettivo e i sapori del vino ritengo più utile la lettura o rilettura di Paul Karl FeyerabendContro il Metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza piuttosto che sciropparsi l’ennesimo volumone da millantatori accademici e imbonitori della domenica sulla percezione del gusto. Per tacere della ruota dei sapori di Meilgaard, una roba ancor più improbabile della ruota della fortuna degli indimenticati Gigi Sabani & Iva Zanicchi di Ok il Prezzo è Giusto!

Sere fa, a distanza di quasi 400 anni dal testo scientifico di Cartesio, sorseggiavo un Krug Clos du Mesnil 1996 – sento già alzarsi nell’aria implacabile un coro generale da stadio Olimpico di “sticazzi”…

ANNI LUCE

Ora, giusto per ribadire l’incostanza del gusto che procede di pari passo alla mutevolezza fluttuante degli umori risucchiati dal vortice delle congiunture di troppe variabili incontrollabili, assaporando questo Krug CdM ’96 – vuoi l’ebbrezza alcolica, vuoi l’incanto dell’istante che non ritorna, vuoi la compagnia amabile alla brezza notturna dal Tirreno – ho creduto di comprendere al palato qualcosa di più circa la sostanza di cui è composta la luce che si propaga nel mondo con moto ondulatorio.

La sorgente della luce che si frange e riflette da un corpo all’altro dello spazio racchiudendosi in un’essenzialità di bevanda alcolica spremuta da grappoli che in genere non apprezzo più granché essendo la categoria degli champagne troppo sottoposta a processi di zuccheraggio con base d’uve raccolte stra-acerbe originate da agricoltura intensiva. Tuttavia questa 1996 era un capolavoro di equilibrio instabile tra l’ossidazione e la conservazione struggente del frutto. Una bollicina di persistenza ed energia clamorose tenendo anche conto che se vado a rileggere una mia vecchia nota di degustazione del Krug CdM ma del millesimo 2002, scrivevo: 

<<Passano gli anni e sono sempre più distante, lontano anni luce da questa idea dei vini zuccherosi a costi improbabili ottenuti da uve straacerbe che sanno di vanillina e nocciola bruciacchiata.>>