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Castello di Neive

di Luca Turner

La storia

Il percorso del Castello di Neive è punteggiato di piccole, grandi innovazioni, migliorie e finezze continue che l’hanno portato all’apice qualitativo che conosciamo oggi. La struttura, al centro del borgo del paese, vanta una storia centenaria, ripercorribile osservando gli stemmi di nobili famiglie che lo hanno abitato, dai Cissone ai Bongiovanni di Castelborgo, dai Candiani ai Riccardi-Candiani. Un castello fiabesco, che si pensa sia stato ultimato a metà del 1700. E con l’acquisizione da parte di Italo Stupino, nel 1963, la dimora è tornata alle sue antiche e primordiali origini, dopo importanti ristrutturazioni e una rinnovata volontà di produrre vino.

Un vino, quello di Neive, già noto ai tempi dell’enologo francese Louis Oudart che, originario della Champagne, si trasferì a Genova insieme al cugino Jacques Philippe Bruché, per fondare la propria Maison dedicata alla vinificazione delle uve piemontesi. Un’attività di négoce lungimirante, la sua, che si sviluppa con successo anche dopo l’incontro con Camillo Conte Benso di Cavour da cui sfocerà il primo nebbiolo secco realizzato proprio presso le cantine del Castello di Neive. E se a metà Ottocento le corrispondenze tra Italia e Francia erano all’ordine del giorno – quando si trattava di viticoltura, tra produzioni esistenti e studi delle varietà piantate nelle diverse regioni viticole – ecco spiegato il desiderio di piantare, a Neive e non solo, la bacca rossa più famosa d’Oltralpe, il Pinot Nero.

Intorno al castello, nei due ettari di vigneto “i Cortini“ – nome che sembrerebbe derivare dal diminutivo di Corti – oggi si producono vini a base Pinot Nero, uno spumante millesimato e una versione ferma, che negli ultimi anni ha subito non poche variazioni dal punto di vista produttivo e dunque stilistico. Le piante, originare della Borgogna, dagli anni Novanta hanno iniziato a condividere il proprio spazio con altri cloni, e la recente scelta di impiegare vecchie e giovani viti assieme, di vinificare col grappolo intero e di svolgere un affinamento in legno di secondo passaggio, hanno permesso al Castello di Neive di presentare un nuovo volto di questo vino: simbolo di eleganza e persistenza, finezza e bevibilità.

Il Langhe Pinot Nero

Brillante al colore, il Langhe Pinot Nero è un eloquio del suolo in cui nasce, appartenente alle Formazioni di Lequio, caratterizzate da strati di marne compatte grigie alternate a sabbia. Ma questo è solo uno dei migliori esempi dell’evoluzione costante di questo piccolo gioiello di Neive, distribuito in Italia dalla 2016 dalla famiglia Sagna di Revigliasco. Una sinergia prestigiosa, festeggiata con parte della rete vendita dell’omonima società di distribuzione lo scorso lunedì, per omaggiare la collaborazione e un percorso di crescita avvenuti negli anni al Castello di Neive, dalla storica consulenza degli enologi Vincenzo Gerbi e Gianfranco Cordero, all’acquisizione di un nuovo stabilimento produttivo, subito arricchito di tecnologie all’avanguardia per i processi di vinificazione e imbottigliamento. Cambiamenti ben percepiti dal mercato, per un meritato successo nello stesso che non è tardato ad arrivare; apprezzate sia la sensibilità dell’azienda nei confronti dei vigneti che la lettura e interpretazione delle annate, rilevate nel tempo sempre più compite e vincenti, in etichette di grande personalità.

Il Barbaresco Santo Stefano Riserva e il Barbaresco Gallina

Il parco vitato dell’azienda consta di 27 ettari, di cui 7 all’interno della MeGa Albesani dove si trova il vigneto Santo Stefano – gestito in monopole dall’azienda – dal quale nasce l’omonimo vino di punta, il Barbaresco Santo Stefano Riserva. Prodotto solo nelle migliori annate, la matrice tannica finissima, e più pungente nei primi anni di bottiglia, contribuisce ad ispessire un sorso che si distingue nella categoria per ampiezza ed eleganza. Un Barbaresco Santo Stefano elistico, affiancato da una versione d’annata, dal Barbaresco Gallina, dai tannini più ampi e un sorso decisamente più versatile – soprattuto negli abbinamenti a tavola – e da una versione di Barbaresco invece più classica e fine, che racchiude uve provenienti da diversi appezzamenti di proprietà.

L’Arneis Montebertotto e il Barbera

Castello di Neive è anche attenzione alle varietà tipiche del Piemonte, che si evince osservando il catalogo dei vini realizzati, in cui non mancano diverse tipologie di Barbera e Dolcetto, e un bianco dall’ottimo potenziale di invecchiamento: l’Arneis Montebertotto, prodotto a partire da tre diverse vendemmie per esprimere al gusto l’anima sfaccettata del vitigno. Un vino nato negli anni ottanta grazie alla preziosa collaborazione con l’Università di Torino – che ancora oggi continua – e che proprio nel vigneto sperimentale Montebertotto, nel 1982 ha svolto la selezione clonale dell’Arneis dalla quale si selezionarono quei cloni oggi ammessi nel disciplinare di produzione della Regione Piemonte (il CN15, il CN19 e il CN32). Recentemente è stata presentata anche una versione di Barbera senza solfiti aggiunti, che mostra la parte più croccante e verace dell’uva, un vino contraddistinto da una una grande succosità e acidità.

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