Passione Gourmet Brunello di Montalcino Riserva 2016 di Cantina Carpineto - Passione Gourmet

Brunello di Montalcino Riserva 2016 di Cantina Carpineto

Vino
Recensito da Gianluca Montinaro

Il 2016 a Montalcino

Il 2016 a Montalcino è stato da tutti ritenuto una annata straordinaria. Il motivo è presto detto: l’andamento climatico, relativamente fresco, ha portato a una stagione di maturazione fisiologica più lunga e completa. La pioggia di fine agosto poi, seguita da venti di Tramontana dal Nord, hanno spostato la vendemmia a metà settembre, una settimana più tardi rispetto agli ultimi anni, con un prolungamento fino a quasi la metà di ottobre. L’insieme di questi fattori ha permesso una maturazione uniforme ed equilibrata delle uve, un’espressione più brillante e definita di aromi (data dalle escursioni termiche) e sapori e una migliore maturazione fenolica.

Queste condizioni così favorevoli hanno portato a un ulteriore e generale innalzamento della qualità dei Brunelli che, anche secondo la critica internazionale, hanno raggiunto, nel 2016, appunto, vette raramente toccate in passato. E hanno spinto molte blasonate cantine a proporre la versione Riserva (ovvero con un affinamento più lungo: sei anni invece dei consueti cinque). Queste preziose bottiglie, apparse sul mercato durante la prima parte del 2022, sono ora pronte per essere degustate, con l’attenzione che meritano e con la consapevolezza di come siano ‘solo’ al principio di un lungo cammino nel tempo che certo le porterà molto lontane, trasformandole e facendole evolvere anno dopo anno. Nell’avvicinarsi ora a un Brunello di Montalcino Riserva 2016 si deve quindi necessariamente essere consapevoli di come ora questo vino dia di sé una visione ‘parziale’ o – citando lo Stagirita – «in potenza». E di come la degustazione debba essere prospettica, tesa a cogliere, nell’attuale espressione del vino, quegli elementi che lo porteranno a essere ancor più grande con l’avanzare del tempo.

La degustazione

Fra le Riserve 2016 che ho avuto occasione di assaggiare, di particolare interesse ho trovato quella prodotta da Cantina Carpineto, per almeno due ragioni che paiono (ma non lo sono) fra loro in contrasto: l’elegante e agile prontezza della beva e la profondità di un sorso che pare celarsi piuttosto che mostrarsi.

Questa bottiglia, tirata in 6.000 esemplari, viene prodotta con uve che giungono dal solo Vigneto Paradiso, uno dei più alti della denominazione, posto a 500 metri, in località Roganelli. Qui, su 3,5 ettari, il Sangiovese Grosso viene allevato a cordone speronato, con una densità di piante pari a 5.700 per ettaro. Tutto attorno, per preservare l’unicità di questo luogo (la dizione Paradiso deriva non solo dall’altitudine ma pure dal meraviglioso paesaggio che circonda la vigna), crescono gli ulivi e quindi un fitto bosco di querce, lecci e macchia mediterranea. Dal punto di vista geologico il terreno, di medio scheletro, è composto da un insieme indifferenziato di argille scagliose, costituito prevalentemente da scisti, calcari marnosi e arenarie quarzose che conferiscono alle uve una grande carica minerale. La leggera esposizione verso Nord legata alla bella ventilazione, all’assenza di umidità e all’escursione termica fra il giorno e la notte (che agevola la concentrazione dei terpeni) dona a questo vino una magnifico ventaglio aromatico e una bella freschezza. Se questi fattori possono giocare a sfavore in occasione di annate fredde, giocano del tutto a favore nelle annate favorevoli e in quelle calde (che, purtroppo, con il cambiamento climatico in atto paiono susseguirsi un po’ troppo spesso) perché questa vigna è spesso l’ultima dell’intera denominazione a essere vendemmiata. Nei fatti ciò significa una maturazione fenolica delle uve lenta e prolungata, che consente di cogliere gli acini con giusta acidità e tenore zuccherino. La vinificazione viene poi condotta con lieviti autoctoni, in vasche di acciaio a temperatura controllata, con rimontaggi frequenti e una lunga macerazione sulle bucce. Dopo una sosta di almeno 42 mesi in botti di rovere di diversa capacità, il vino viene imbottigliato senza trattamenti di alcun genere né filtrazioni. Rimane quindi in cantina ad affinare ulteriormente, a temperatura e umidità naturale e costante.

Nel bicchiere il Brunello di Montalcino Riserva 2016 di Carpineto si presenta di un profondo colore rosso rubino, assai intenso e di forte concentrazione antocianica, con appena, sull’unghia, un leggero riflesso granato che tradisce il lungo invecchiamento in legno. Il naso stupisce tanto per intensità quanto per ampiezza, ma è, su tutto, la nota di freschezza ad ammaliare. Freschi appaiono i fiori (viola e rosa su tutto), fresca la frutta (frutti di bosco, susina, prugna e una sensazione di melagrana), fresche le nuances balsamiche di fieno e macchia mediterranea, fresche le sensazioni speziate di vaniglia, cioccolato e pepe bianco. Con coerenza tutto ciò si ritrova in bocca, unito a un tannino già fine e integrato e che, con un altro poco di affinamento in bottiglia, lo sarà ancor di più. E a una verticale mineralità possente che si dipana dal ciottolo e alla grafite. Mentre l’alcol e i polialcoli paiono giocare un ruolo di controcanto teso più a esaltare che a bilanciare. La sensazione calorica, infatti, non prevale in nulla ma sostiene l’impalcatura del vino. Così come la glicerica che pare intessere, sulla freschezza, preziosismi arabescati. Il sorso procede a centro bocca con passo assai elegante, e con una intensità, una persistenza e una pulizia invidiabili. I ritorni, infine, si giocano ancora sulle sensazione pseudocaloriche, sulla speziatura e sulla acidità.

In tutta questa ricchezza espressiva però (e risiede qui, secondo chi scrive, l’aspetto più affascinante di questo vino) si percepisce una nota di renitenza: la bottiglia solo in apparenza mostra tutte le sue qualità. Fra le pieghe di questo Brunello si intravede una forza ancora inespressa. La spalla, infatti, è così tanto articolata e integrata che non si può non pensare cosa potrà diventare questo vino. Così come assai promettente pare essere lo sviluppo del dialogo fra minerale e polialcoli. Una bottiglia, quindi, ora grande. Ma che in futuro lo sarà ancor di più.

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