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Biondi Santi, visita alla Tenuta Greppo

Vino
Recensito da Orazio Vagnozzi

Degustazione verticale del Brunello “Annata” e del Brunello “Riserva”

É raro poter ricondurre le origini di un grande vino a un singolo uomo o a un singolo momento nella storia, ma questo è quanto è capitato col Brunello di Montalcino. Fu a metà dell’Ottocento che Clemente Santi – nipote del pioniere, Giorgio Santi – ebbe l’estro di vinificare il Sangiovese in purezza con l’intento di produrre un vino corposo e da lungo invecchiamento. Un’intuizione fuori dal tempo che raccolse già i suoi primi riconoscimenti nel 1869 alla Fiera Internazionale di Montepulciano come “vino rosso scelto (brunello)”.  Per la prima volta apparve il nome “brunello” su un documento ufficiale, ma per la dicitura completa “Brunello di Montalcino” si dovrà aspettare il 1888, quando con il passaggio di un’altra generazione, Ferruccio Biondi Santi – nipote di Clemente – produsse la prima annata di quello che sarebbe diventato uno dei vini più famosi al mondo. Due soli esemplari di queste pietre miliari sono custoditi nelle segrete di Tenuta Greppo, cuore pulsante del Brunello firmato Biondi Santi.

Da questo momento il vissuto di una famiglia e di un vino si è evoluto di pari passo, non solo costruendo uno dei vini più acclamati a livello internazionale, ma anche continuando a perseguire i propri ideali, tramandandoli con l’avvicendarsi delle generazioni. Arrivando così alla settima generazione con Tancredi Santi, classe 1991 e wine ambassador aziendale.

Da 150 anni il Brunello Biondi Santi  è considerato la più classica e alta espressione di stile toscano, per un vino che non ha mai cambiato la sua ricetta. Fermentazione in tini di cemento, uso di lieviti autoctoni, invecchiamento in botti di rovere di Slavonia e, per finire, un lungo affinamento in bottiglia. Longevità, equilibrio e ingegno creativo sono i marchi di fabbrica che contraddistinguono il carattere aziendale.

L’interesse viscerale per l’agronomia, trasmesso da Ferruccio ai suoi successori, si è concretizzato nella ricerca e nell’utilizzo di un clone di Sangiovese grosso – il clone BBS11 (Brunello Biondi Santi 11), proprietà unicamente della famiglia – riconosciuto ufficialmente e registrato nel 1978. Un clone nato dalla selezione massale e dalla conseguente selezione clonale, attraverso diverse sperimentazioni e studi svolti in collaborazione con l’Università di Firenze.

L’azienda agricola Biondi Santi oggi si sviluppa su 47 ettari del Greppo e su 105 dei Pieri, con una superficie coltivata a Sangiovese grosso di 25 ettari. Le rese per ettaro sono bassissime: 30-50 qli di uva. Attualmente la produzione supera raramente le 80.000 bottiglie, comprese circa 10.000 bottiglie di Riserva (solo nelle vendemmie eccezionali). La vendemmia, completamente manuale, di norma inizia verso metà settembre: viene fatta una selezione accuratissima delle uve raccolte, destinando alla produzione del futuro Brunello solo la prima scelta proveniente dai vigneti, che devono avere almeno 10 anni di età per il tipo “Annata” e oltre 25 anni di età per la “Riserva”.

Dal 2016 la famiglia Biondi Santi ha avviato la ricerca di un partner strategico che potesse aiutare l’azienda ad affrontare il futuro, sia da un punto di vista commerciale che di marketing. Biondi Santi e EPI (Européenne de participations industrielles – società di investimento indipendente) di proprietà di Christopher Descours, hanno unito le loro forze. Proiettati sul lungo periodo e guidati dallo stesso senso del valore: know-how, eccellenza enologica e creatività nella produzione di vino. A sviluppare il piano è Giampiero Bertolini, nominato Amministratore Delegato nel novembre 2018.

Ed è proprio con lui che facciamo una prima parte di assaggi all’Osteria Perillà di Castiglione d’Orcia, dove lo chef Marcello Corrado ci ha deliziato con una cena impeccabile.

Una verticale di Brunello “Annata” dei millesimi 2004, 2008, 2010 e 2013.

2004: gran Brunello, molto tipico. Dal colore rosso rubino intenso con riflessi grananti, sprigiona un profumo complesso di rosa appassita, viola e prugna. In bocca il vino è armonico, ben strutturato, caldo, con tannini dolci e vellutati, e acidità in perfetto equilibrio. Persistente e sapido.

2008: rosso rubino con leggeri riflessi granati; è un vino al suo apice, con un naso intenso di violetta, ribes, visciola, rosa appassita e verbena. La bocca è scorrevole, per un vino di di piacevole beva, forse un po’ esile. Da bere adesso.

2010: ha tutte le caratteristiche del Brunello di razza. Dal colore rosso rubino carico emana un un profumo complesso di rosa, viola, spezie dolci, frutta rossa e menta. Bella morbidezza nell’impatto, con una struttura da grande vino. Oggi ha un tannino in evidenza, ancora non perfettamente disteso. Il finale è lunghissimo. Vale la pena di aspettarlo.

2013: rosso rubino carico con riflessi granati; si esprime al naso con note fruttate di ciliegia e con quelle floreali di rosa. Elegante e teso, mostra tannini ancora un po’ verdi, da grande Brunello. Più disteso del 2010, è fresco e sapido.

Ma i nostri assaggi non finiscono qui. Il giorno seguente, si va infatti alla Tenuta del Greppo, dove “tutto ebbe inizio”. É il primo giorno di vendemmia dell’annata 2019. L’atmosfera è frizzante e la giornata bellissima; la visita alla cantina, elettrizzante. Tra le vecchie botti, i tini di Slavonia e le imponenti vasche in cemento vetrificato accediamo alla zona dedicata alle bottiglie, dove Giampiero Bertolini e Tancredi Santi ci mostrano una delle due mitiche 1888 rimaste.

E veniamo alla degustazione della Riserva, che viene prodotta dalle vigne di Sangiovese del Greppo con oltre 25 anni d’età, solamente nelle annate eccezionali. La Riserva matura per 36 mesi in botti di rovere di Slavonia prima di essere imbottigliata e, lì, attendere di essere gustata.

1975 Riserva: dal colore rosso rubino intenso, molto carico, tendente al granato. É un vino potente, intenso e di grande profondità. Mora, petali di rosa, nota affumicata, spezie dolci, tabacco, selvaggina e sottobosco si sprigionano da un Brunello ampio. L’attacco è morbido e trova un perfetto bilanciamento in un’acidità fresca e in una nota sapida, che allungano il sorso rendendolo verticale e vibrante. É un vino denso e untuoso, dinamico, che nel bicchiere continua a migliorare. Bottiglia ricondizionata nel 2000.

1983 Riserva: dal colore rubino intenso; si esprime al naso con un’ iniziale sensazione di volatile, che lasci spazio a pietra focaia, pasta di olive, erbe officinali e liquirizia. Ma è al palato che questo vino sfoggia tannini spettacolari, ancora vivi e uniformi. Le note agrumate rinfrescano un sorso intriso di succulenza e piacevolezza unica. Sembra un vino ancora troppo giovane, amplificato da sensazioni saline che continuano a solleticare il palato. Insomma, un vino con un finale che spiazza tutti e ci lascia a bocca aperta.

1995 Riserva: dal colore rosso rubino brillante, molto intenso, con leggere sfumature aranciate, si apre al naso con un profilo olfattivo di grande complessità da cui emergono violetta appassita, confettura di lamponi, tabacco, vaniglia, cuoio bianco e the. Al palato è intenso, lunghissimo, caratterizzato da una trama tannica di incredibile precisione che fa da contrasto a un palato caldo, appagante, ancora fresco e reattivo. Elegante come nessun altro, chiude con un finale unico per pulizia e persistenza.

2006 Riserva: rosso rubino con leggerissima sfumatura aranciata. Ha un naso intenso e poliedrico di grande eleganza e piacevolezza. Viola, amarena, tabacco, spezie dolci, muschio e goudron ci raccontano la tipicità di questo Riserva. I tannini fitti, di grana fine e nobile sono morbidi, ma ben presenti per un vino che in bocca è intenso, ampio, lungo. É un vino di bella struttura con un corredo tannico importante e preciso che rimane impresso per la sua eleganza, la pulizia e la persistenza.

2010 Riserva:  rosso rubino carico con riflessi tendenti al granato. Si apre al naso con profumi intensi di petali di rosa appassita e violetta . É un vino potente ed elegante allo stesso tempo, che in bocca, dopo una sensazione di volume e potenza, lascia spazio a un’acidità rinfrescante capace di rendere il sorso teso e verticale. I tannini sono ancora un po’ verdi, per un vino che bisogna avere la pazienza di aspettare. Lo berremo bene per qualche decennio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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