Passione Gourmet Senigallia Archivi - Pagina 3 di 6 - Passione Gourmet

Anikò

Anikò: un poliedrico chiosco gourmet 

A Senigallia, ormai piccola capitale dell’Italia centrale gourmet, nella gradevole piazza Saffi Anikò si erge come un parallelepipedo di design, caratterizzato dal felice connubio marinario di legno, vetro, e acciaio, e da bianchi tavoli e sedute all’aperto. Tra le creature dell’istrionico chef Moreno Cedroni, Anikò (che in dialetto locale si traduce letteralmente con “tutte le cose”) costituisce sicuramente la linea prêt-àporter rispetto alla haute-couture della Madonnina del Pescatore e dello stiloso Clandestino, in cui vengono sperimentate le creazioni della casa madre.

La formula vincente, anche se difficilmente categorizzabile, ci ha indotto a considerare  questo delizioso chiosco nel novero delle trattorie, benché d’autore, e dal taglio squisitamente contemporaneo. E difatti, durante la bella stagione si registra il tutto esaurito, ogni sera. Merito della poliedricità dell’offerta: efficace per un aperitivo, per una cena informale, per un cocktail su uno sgabello al bancone così come per l’asporto di un paio di panini, con salse in accompagnamento, da consumare in spiaggia. “Ogni momento è quello giusto” diremmo, facendo il verso a un celebre spot.

Antesignano dello street food di qualità

In questi anni, quindici ne sono trascorsi dalla prima volta, da Anikò abbiamo incontrato avventori di tutti i tipi: giovani e, all’apparenza, poco avvezzi a tavole come quella di Cedroni, così come panciuti e navigati gourmet che, accomodatisi magari per un aperitivo, stazionavano per ore trasformando la “visita” in una cena, di assaggio in assaggio. La proposta era, ed è ancora oggi, calibrata attorno all’idea di servire un eccellente – e originale – street food gourmet, quando ancora nessuno lo chiamava così, come accadeva con l’iconico happy toast (salmone, provola, zucchine), panino gourmet ante litteram. Oggi, l’offerta di questa eaterie ha saputo diversificarsi ulteriormente, e nessuno dei nostri assaggi, nemmeno stavolta, ci ha deluso.

Se il tataki e la bresaola di tonno, con la loro delicata freschezza, costituiscono un’ottima partenza, il prosieguo ideale si troverà nel ghiotto hot dog di gamberi, con salsa barbeque a regalare la sapidità, e nel panino con tonno bianco tataki e mousse di parmigiano. Piatto del viaggio, il polpo fritto leggero e dalla gommosità suadente; robusto ma ben eseguito il fish e chips a base di spigola con salsa rinfrescante al mandarino.

Ma qui regalano soddisfazione anche i dolci: noi abbiamo optato per un’originale cassata all’italiana e una mousse al cioccolato con sale e olio.

Il servizio giovane e accogliente completa il quadro per un paio d’ore di puro godimento, in quel di Senigallia.

La Galleria Fotografica:

Un clandestino, nel cuore del parco regionale del Conero

Un luogo magico, aperto da Moreno Cedroni ben 19 anni or sono. Al Clandestino Sushi Bar si fondono natura, territorio e modernità; varrebbe già il viaggio, anche se si mangiasse solo bene. E in realtà, pur con numeri da capogiro che, durante la stagione estiva, ingolfano non poco il litorale intero e quest’angolo di paradiso, e pur con una cucina decisamente minuscola di dimensioni, il buon Moreno fa letteralmente miracoli.

Una cucina che osa maggiormente rispetto alla casa madre, bistellata e più tranquilla per necessità, seppur stimolante, originale e intrigante come Cedroni e la sua cucina sanno essere. Qui, pur con i limiti di un servizio – e di strutture – un pò sacrificate, lo Chef sperimenta e imprime una accelerazione al suo talento culinario, alla sua sensibilità palatale. Colpi come le capesante, di cui non ci scorderemo facilmente, la ricciola di apertura e il baccalà sono entrati di diritto nella memoria, e nel novero di quella cucina leggera, sana, invitante, avanguardista, creativa che è il ritratto inconfondibile dello chef di Senigallia. Le capesante, un piatto assoluto che non sfigurerebbe alla casa madre, ci hanno davvero fatto godere molto.

Ogni anno, a fianco dei piatti alla carta, utili per uno spuntino a tutte le ore e in grado di accontentare una largo spettro di clientela, Moreno pensa e realizza un menù a tema, quest’anno dedicato al Mediterraneo, che fa volare alta la sua cucina: creativa, ricca di ingredienti, quasi barocca, ma affilata e pungente e con tutti gli elementi al posto giusto. Completano il quadro un servizio di prim’ordine, attento, veloce, preparato e presente, e un posizionamento che parla da sé.

Il Clandestino Sushi Bar è un luogo ricco di magia e fascino, non fatevelo mancare!

La galleria fotografica:

Un’ottima pizzeria contemporanea a Senigallia

Senigallia è una meta imperdibile per ogni gourmet che si rispetti, e la nostra visita da Mezzometro Senigallia non fa altro che confermare la regola. La pizzeria, la cui gestione è nelle mani di Alessandro Coppari nella duplice veste di titolare e pizzaiolo, si trova in una strada, un po’ anonima, parallela al lungomare della deliziosa cittadina marchigiana. L’offerta distintiva del locale sono i formati rettangolari di 1 metro – consigliato per quattro persone – o di mezzo metro, oltre al tradizionale formato tondo. La pizze rettangolari arrivano al tavolo già sezionate, con apposite pinze per la condivisione e l’assaggio di più tipologie da parte dei commensali.

I nostri assaggi, la classica al metro e la gourmet: materia prima di grande qualità e impasti selezionati

La ricerca e la passione sono tangibili fin dalla lettura del menu, vero e proprio trionfo di Presidi Slow Food locali come la cicerchia, l’olio, i salumi e i formaggi del monte Conero, e nazionali come il pomodorino del Piennolo del Vesuvio e il fior di latte di Agerola DOP. Menzione speciale, poi, alla selezione dei grani utilizzati negli impasti: Oro Fibra, Senatore Cappelli, Moreschino.

Durante la nostra visita abbiamo assaggiato una 1/2 metro declinata nei due gusti Porcina con scaglie di parmigiano, mozzarella, funghi, salsiccia e una Margherita . Le caratteristiche, formato a parte, sono quelle della tradizione napoletana nel cornicione e nella sezione; al morso l’impasto risulta delicato, frutto di un’elevata idratazione e della cottura ad alta temperatura. All’assaggio si crea al palato un unicum senza soluzione di continuità gradevolmente scioglievole tra base e farcitura. La notevole leggerezza, confermata successivamente dalla digeribilità – punto di assoluto favore nei lievitati – ci ha imposto l’ordine di un’ulteriore pizza, questa volta nel formato classico, di recente introduzione in carta. Sebbene sia segnalata come focaccia, si tratta di una pizza gourmet nel cui impasto viene utilizzato un antico grano locale, Jervicella, di cui il titolare segue direttamente la macinazione.

La pizza è correttamente alveolata e croccante ma, al tempo stesso, umida al palato, una qualità rara in questa tipologia di preparazioni, spesso incentrate solo sulla ricerca della croccantezza, che svanisce una volta che la pizza perde calore. La farcitura di fiordilatte, crudo di Parma e San Marzano marinato al miele – per smorzare l’acido del pomodoro e accentuarne la dolcezza – contribuisce all’ottimo risultato. Azzeccata è stata anche la scelta dell’accompagnamento, ricaduta su una birra agricola poco convenzionale dell’azienda Bach e su un Gin Tonic. Abbiamo chiuso con due dolci, un Semifreddo al croccante e un tartufo, ben eseguiti nonostante l’elevato tasso zuccherino.

All’esito della nostra visita, ci sentiamo di consigliare caldamente una sosta da Mezzometro: qui si può provare una pizza di qualità per impasto e materie prime, declinata sia secondo i canoni della vecchia scuola napoletana, che nella versione moderna della pizza gourmet, strada da poco intrapresa da queste parti, ma che consigliamo vivamente di proseguire e ampliare nelle proposte, alla luce del nostro assaggio. Il servizio è stato accogliente e prodigo di consigli e spiegazioni.

Una cucina inusuale in una meta gastronomica già affermata

Sì bella a specchio dell’adriaco mare”, così Carducci definiva Senigallia. Oltre alla Rotonda a mare, Nana Piccolo Bistrò costituisce un valido motivo per visitare la deliziosa cittadina marchigiana per chi, pur trovandosi nella riviera dei mille ombrelloni, abbia voglia di qualcosa di diverso dallo spaghetto allo scoglio o dalla blasonata accoppiata Uliassi/Cedroni.

Alla quarantina di coperti, nella bella stagione si aggiungono i tavoli all’aperto nella verdeggiante e deliziosa via Carducci, costellata da decine di lampadine, con un piacevole effetto d’insieme da cena in giardino in una serata d’estate.

La cucina è affidata a Michele Gilebbi mentre il servizio, puntuale e premuroso, a Valentina Greco. L’atmosfera, frizzante e carica di stile degli arredi e nella mise en place, è quella minimal di un neo-bistrot francese ma la cucina, moderna ma non modernista, strizza l’occhio alla Spagna, dove lo chef ha lavorato negli anni passati. Ecco quindi ingredienti quali jamón con pan y tomate, pimiento del padron, vaca vieja. Il menu asseconda la stagionalità, ma in carta troviamo sempre il riso con i crostacei, cucinato secco all’iberica, con la crosticina bruciata e croccantissima. Le preparazioni, alcune effettuate a vista, si caratterizzano per leggerezza, cottura veloce e qualità delle materie prime.

Piatti da bistrò italo-franco-spagnolo

Il servizio inizia con l’offerta delle Olive al vermouth, che abbiamo apprezzato insieme alle fragranti e profumatissime Patatas Nana, servite tiepide con pepe grattato al momento e lime. Due gli antipasti: un Tiradito di ombrina boccadoro marinata con lime e sale, servita leggermente fredda, in accompagnamento a una suadente salsa di pimiento del piquillo. O ancora delle ghiotte Crocchette di baccalà e fiori di zucca, delle quali abbiamo apprezzato la qualità della frittura, dorata e con una panatura lievissima, che ha preservato la fibra della verdura.

Danzano abilmente sulle note grasse i ghiotti Cappelletti di pata negra, cotti nella panna e serviti con acciughe e caviale di aringhe. Da applauso il Pollo provenzale con pepe verde e tartufo estivo: la carne di prima qualità viene cotta a bassa temperatura e poi finita sulla piastra, rimanendo croccante nella parte superiore e succosa, insaporita da erbe (timo, maggiorana, rosmarino) e accompagnata da una classica salsa francese al pepe verde profumata di tartufo scorzone.

Due i dessert: la golosa Coppa spagnola, al sentore di amarene, con meringhe e latte di capra e una Crostatina con fragole fresche e una delicata crema all’inglese. Abbiamo chiuso la cena con un corroborante Gin tonic, dei quali vi è ampia scelta: nel particolare abbiamo optato per un “gil” del “vecchio magazzino doganale” al profumo di limone.

Originale la carta dei vini, incentrata su proposte biodinamiche anche straniere, dedica anche un’insolita pagina alla Georgia.

Nana, potpourri italo-franco-spagnolo, è la dimostrazione che nella provincia italiana si possono realizzare piatti originali con materie prime di qualità, in un ambiente di gusto con un servizio curato, il tutto a prezzi ragionevoli.

Da clonare!

La galleria fotografica:

Il laboratorio infinito di Mauro Uliassi

Voler rimettersi costantemente in gioco, specie dopo tanti anni di successo di critica e di pubblico, non è cosa così scontata. Il ristorante Uliassi è spesso al completo, riceve il plauso quasi all’unisono da parte di clientela e stampa specializzata e l’ultimissimo tassello per il raggiungimento dell’olimpo gastronomico lì a un passo: sirene al cui canto è innegabilmente difficile resistere. Perché rischiare in fin dei conti? Comoda sarebbe la via del consolidamento, del perfezionamento di piatti già ampiamente collaudati, delle certezze, della costanza e della tranquillità che un approccio del genere spesso apporta.

Mauro Uliassi, e non possiamo che rallegrarcene, fa parte di coloro cui l’immobilità sta stretta. Certo, i cambi carta non si susseguono a ritmi forsennati bensì a una cadenza e a una tempistica ben precisa, secondo una metodica ampiamente collaudata. La presentazione del nuovo “Menu Lab” è sempre un evento molto atteso tra gli appassionati gourmet. La tradizionale pausa trimestrale invernale, oltre a ritemprare giustamente mente e corpo, dopo una stagione lunghissima e pressoché ininterrotta, funge da fucina dove riversare esperienze di viaggio, attente analisi dell’attuale evoluzione gastronomica italiana. Le prime settimane di apertura, ufficialmente ancora all’insegna del “Menu Lab” dell’anno precedente, sono dedicate a limare, calibrare, perfezionare creazioni di per sé di livello già altissimo, cui mancano solamente le prime, selezionate esperienze di sala e il relativo scambio di opinioni e suggestioni per raggiungere la perfetta compiutezza.

Il menu di piatti inediti

Così il nostro percorso, fatta eccezione per alcuni piatti con funzione transitoria e per due piatti di cacciagione richiesti alla carta e già noti, si è svolto all’insegna di inediti, i quali, al netto di un paio di sfumature, ci hanno confermato il livello che d’altronde ci aspettavamo. Rispetto agli scorsi anni Uliassi ci è sembrato voler mirare ancor più che in passato a una maggior diversificazione gustativa e a una costruzione armonica e melodica di notevole impatto.

L’apertura con la Cannocchia marinata, uova di cannocchia e semi di frutto della passione si svolge all’insegna di note fruttate e acide assai pronunciate, forse dal profilo strettamente gustativo un filo sin troppo coprenti in rapporto alla componente ittica. A seguire, la persistenza iodica tipicamente uliassiana della successiva Minestra di seppia cruda e fasolare al profumo di tamerice. E ancora, all’insegna di note acidulo-agrumate con una discreta, piacevole coda balsamico-tostata con la ludica, mediterranea Corona di rombo arrostita, tzatziki all’arancia, semi di finocchio e lino, che riappacifica il palato prima di uno degli highlights della serata. Ha già infatti tutte le potenzialità da futuro signature dish la Pasta con lardo di polpo, polvere di polpo e rosmarino, entusiasmante per equilibrio texturale, per eleganza e finezza estetica e gustativa e per la perizia dello sviluppo sia verticale che orizzontale (quest’ultimo, in particolare, rivelatosi una vera sorpresa, con il lardo che rivela vieppiù la sua vera natura solamente sulla “lunga distanza”).

Di tono accomodante, forse fin troppo, la Spigola d’amo, salsa al vino bianco e verdure croccanti, a cui, al netto di una materia prima di primissimo ordine, gioverebbe, forse, qualche elemento di maggior vivacizzazione e originalità. Si ritorna quindi ai toni più selvaggiamente salmastri tanto cari allo chef con l’inebriante Benvenuto al mare, che avevamo già avuto modo di incontrare in passato, a preludio del nuovamente ludico Collo di rombo in saor e mela all’alloro, sorta di prosecuzione concettuale della versione in Potacchio dello scorso anno, dove freschezza e balsamicità si rincorrono in un bel gioco di persistenze. Mentre si vola altissimi con il Colombaccio con sugo di agnello, di equilibrio pressoché perfetto, dove la salsa, di tiraggio perfetto, stempera e nel contempo sviluppa le suggestioni selvatiche del crudo, rendendole accessibili anche ai palati meno avvezzi.

Il dialogo con la tradizione

Quindi, come non citare il tradizionale e imprescindibile intermezzo sempre più goloso e godereccio, quest’anno nel segno di un rimando al pranzo della domenica della cucina povera delle passate generazioni: la Tagliatella con rigaglie, riduzione di pomodoro al chiodo di garofano e formaggio di Fossa unisce mirabilmente personalità gustativa e immediatezza di lettura e, ne siamo certi, questa volta metterà d’accordo qualsiasi palato.

La Lepre in salmì con croccante di carbonella (oliva nera marchigiana) sfoggia, oltre a una materia prima strepitosa, una maestria assoluta nella gestione degli equilibri interni, con una salsa di un’eleganza e di una leggerezza sopraffina, cui il tocco marchigiano conferisce vivacità texturale e gustativa.

I piatti di cacciagione ordinati alla carta non fanno altro che confermare la grande mano di Uliassi su questa materia e sulle grandi preparazioni classiche, transalpine o strettamente legate al territorio che siano: non semplici riproposizioni nostalgiche di cose già dette, ma riletture costantemente attualizzate e alleggerite da note di freschezza che riescono nel non facile compito di garantire una fruizione del tutto naturale anche nelle più torride serate estive, cosa per nulla scontata quanto potrebbe sembrare.

Il pre-dessert, Cipolla, succo di Morlacco e granita di lemongrass e la chiusura,  Squacquerone, granita di sedano e polline d’api, sviluppano ulteriormente il discorso intrapreso con la “Capra ubriaca” assaggiata nel corso della nostra ultima visita, allontanandosi vieppiù dal concetto tradizionale di piatto dolce per abbracciare uno spettro di suggestioni gustative più ampio e in passato relativamente poco percorso da questa cucina (dolce, salato, acido, erbaceo, finanche leggermente amaricante).

A concludere una variegata piccola pasticceria, che pure negli anni ha acquistato molto in termini di finezza e poliedricità.

Non possiamo esimerci dal puntuale encomio al servizio di sala di grande empatia e professionalità, ogni anno sempre più rifinito nei dettagli e capitanato con occhio discreto, ma attentissimo, da Catia Uliassi, e nel quale Filippo Uliassi sta acquistando un ruolo sempre più sicuro. Il futuro a lungo termine di questo tempio della gastronomia sembra assicurato e non potrebbe avere premesse migliori.

La galleria fotografica: