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Fattore F

La pizza gourmet – e non solo! – a Vicenza

Aperto a febbraio 2019, a pochi metri da Palazzo Chiericati, Fattore F  si pone come nuova realtà nel panorama vicentino per gli amanti della pizza gourmet e non.

Strutturato in due zone, nella prima si richiamano i bacari veneziani e a pranzo si possono gustare cicchetti, pizza in teglia alla romana e pizza in pala; più all’interni, però, ci si imbatte nella sala vera e propria, dove prende vita il servizio serale con, al centro, la splendida cucina a vista.

L’offerta per la cena si sostanzia in due soluzioni: la spontanea, ovvero la pizza bassa in stile napoletano con impasto a fermentazione spontanea (appunto), senza lieviti aggiunti; o sensazione, ovvero la pizza alta, simile alla focaccia, quella comunemente chiamata “pizza gourmet”, con farine di semi integrali e lievito madre.

Sensazioni complesse e ricercate

Optiamo per la seconda e dobbiamo dire che hanno particolarmente brillato due sensazioni: elementi di stagione 2 in cui l’equilibrio di consistenze tra la morbidezza degli ingredienti e la croccantezza della pasta dall’ottima alveolatura ci è sembrato davvero squisito e il nostro cervo, dove la burrata di Andria e la julien di patate e cipolla rossa accoglieva un controfiletto di cervo insaporito da una marinatura delicata di spezie, cotto a bassa temperatura con riduzione di pino mugo.

Ottimi i dolci, con Illusione di cioccolato e Le Tre Venezie a risaltare per l’intensa dolcezza, scevra però da ogni stucchevolezza. Un plauso dunque ai due giovani proprietari, Massimiliano Fraccarolo e Riccardo Furlani, cui diciamo, senza esitazione: continuate così!

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Una pizza “illuminata”

Uno dei parametri più attendibili attraverso cui giudicare il valore di qualunque alimento, sia esso commestibile o bevibile, è la relazione che esso intrattiene col nostro apparato digestivo. Sonnolenza, arsura, debolezza sono spesso associati a una cattiva gestione della lievitazione e, comunque, alla presenza, non ben amministrata, del glutine. Per questo, è anche accaduto che la pizza, negli ultimi tempi soprattutto, abbia goduto, e non di rado sofferto, di un’esposizione maggiore rispetto a quella di altri alimenti dell’italianità a tavola. Una cosa, comunque, è certa: non s’è mai mangiato bene come in questo momento storico e la pizza di Pier Daniele Seu in Trastevere, in una via tranquilla poiché relativamente appartata rispetto al fermento del quartiere, non fa eccezione. 

Un impasto leggerissimo, che farà strada

Il signor Seu, del resto, costituisce una delle promesse – mantenute! – della gastronomia romana il quale, dopo le tappe al Gazometro 38 e al mercato Centrale di Roma Termini (tutt’ora in essere), ha aperto questo locale invero già sempre gremito di avventori. Il motivo? Una pizza dalla leggerezza, e conseguente digeribilità, quasi ultraterrena, se consideriamo che in diverse visite abbiamo sempre optato, e consumato, due pizze alla volta senza accusare il minimo disturbo o stordimento. Una pizza d’autore anche gustosa che, lievitando per 48 ore, fa bella mostra di un impasto dalla leggerezza, e levatura, davvero encomiabili. 

Nel menu, accanto alle pizze classiche come Margherita classica e gialla e a quelle griffate “Seu”, su tutte A morte sua e Roma-Bari, spicca, tra i dolci, la  squisita Pizza Croccante che si avvicina considerevolmente alla consistenza di una sfoglia a ulteriore dimostrazione dell’abilità di Pier Daniele Seu. Forse, rispetto a sommi maestri come Franco Pepe e Francesco Martucci manca ancora l’esercizio della maniacalità nella ricerca degli ingredienti e delle materie prime (pur ottime), ma siamo convinti che, continuando su questa strada, questa insegna raggiungerà presto una posizione di assoluto rilievo tra le pizzerie cittadine.

La Galleria Fotografica:

Nel cuore di un minuscolo centro di provincia, si nasconde un’insospettabile conoscenza degli impasti

Negli ultimi anni la pizza ha trovato, anche fuori da Napoli e dalle roccaforti venete che han dato vita al fenomeno che non ci piace chiamare pizza gourmet, un pubblico mediamente più esigente e un elevato numero di artigiani disposti ad alzare il livello qualitativo. In tutta Italia e, oramai anche all’estero, gli indirizzi dove rintracciare un ottimo prodotto non sono esclusivo appannaggio dei grandi centri. Viceversa, sono moltissime le realtà di provincia che meritano il proprio spicchio di notorietà.  Come spesso accade, però, è sufficiente rileggere il passato alla luce del presente per notare come i prodromi, in realtà, ci fossero tutti. E così, uscendo dal cerchio dei nomi noti, si trovano pizzaioli di cui si continua a parlare pochissimo – talvolta troppo poco – e che invece hanno fatto la propria parte in tempi meno dorati.

Uno di questi è Raffaele Di Donfrancesco, salentino che dal 2005 officia nel centro del minuscolo abitato di Castri di Lecce, meno di tremila anime nell’entroterra a sud-est del capoluogo pugliese. Un antico palazzo nobiliare è lo scenario dove lui e la sua famiglia si disimpegnano, con eclettismo d’altri tempi, fra pizza e specialità marinare. Alla proposta ittica, che alla luce dell’assaggio dei gamberi e della vista dei piatti in sala ci è apparsa semplice ma centrata in proporzione alla fascia di prezzo non ambiziosa, abbiamo preferito la pizza, certamente più allettante.

Ottimi gli impasti, perfettibili le farciture

Il punto di forza del locale risiede certamente negli impasti, disponibili in un gran numero di versioni, tutte ottenute da lunghe maturazioni. Noi abbiamo provato quello classico, con rimacinato di semola, e le varianti con grano arso e cannabis sativa. Tutti gli impasti testati si sono rivelati saporiti, ben alveolati, in uno stile che non prevede sfoggio di cornicioni botulinizzati e con un buon equilibrio fra umidità e croccantezza. Le farciture, innumerevoli in carta, si sono invece rivelate più fragili, non tanto per la scelta degli accostamenti quanto per la qualità degli elementi utilizzati, in particolare di quelli che avremmo considerato più scontati, nel Basso Salento e in agosto, come pomodorini e rucola. Per chi risiede in zona o per i villeggianti, resta comunque un indirizzo dove passare una piacevole serata, d’estate in terrazza o d’inverno nelle sale al piano sottostante.

Continuiamo la nostra carrellata sui luoghi che più ci hanno colpito in questo viaggio primaverile a Tokyo…


Quando parliamo di Gen Yamamoto non parliamo solo di un cocktail bar. Quella che si fa qui è una vera esperienza e per noi a Tokyo questa è una tappa fissa. Prenotate con buon anticipo il vostro posto (il bancone può accogliere al massimo 8 persone) e preparatevi a un vero viaggio nel gusto, con un crescendo di sensazioni e profumi inebrianti. Il ritmo delle stagioni scandisce il menù dei cocktail.

Tokyo, Cocktail, Gen Yamamoto

Anguria e shochu.

Tokyo, Cocktail, Gen Yamamoto

Pomelo, wasabi e Cotswolds dry gin.

Tokyo, Cocktail, Gen Yamamoto

Single malt whiskey Hakushu, kiwi e matcha. Gen Yamamoto 1-6-4 Azabu-Juban, Minato-ku, Tokyo.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

L’Hoshinoya Tokyo Resort, nuova punta di diamante tra gli hotel della capitale nipponica.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Forse la galleria d’arte più piccola al mondo: in un container, dentro un salone da parrucchiera. A Tokyo è possibile. The Container, a Meguro.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Scorcio di Tokyo.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Scorcio di Tokyo.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Scorcio di Tokyo.

 

Tokyo, pizza, Seirinkan

E se a Tokyo venisse voglia di pizza? Ovviamente non si scherza nemmeno su quella.

Tokyo, pizza, Seirinkan

Susumu Kakinuma è uno dei pionieri della pizza napoletana a Tokyo. Da Seirinkan troverete una marinara di altissimo livello.

Tokyo, pizza, Seirinkan

La Margherita di Seirinkan. Seirinkan 2-6-4 Kamimeguro Meguro.

Tokyo, pizza, Studio Tamaki

Osannata dai food blogger internazionali come una delle migliori pizzerie del mondo: Pizza Studio Tamaki di Tsubasa Tamaki.

Tokyo, pizza, Studio Tamaki

A nostro avviso non raggiunge neanche lontanamente le vette dei grandi maestri campani, però è decisamente una pizza fuori dall’ordinario. Pizza Studio Tamaki 1 Chome-24-6 Higashiazabu, Minato Ku.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Una delle particolarità di Tokyo è che, intorno al cibo, si possono creare degli incredibili tormentoni. Succede spesso anche nel campo della pasticceria.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Non meravigliatevi dunque se, davanti a un punto vendita di uno specifico prodotto, troverete code con attese minime di un’ora. È il caso, ad esempio, di Ringo: in sostanza una buonissima chausson aux pommes con l’aggiunta della crema, in pratica un fenomeno di costume.

Tokyo, Passione Gourmet, Roberto Bentivegna

Marketing? Code create ad hoc? Qualità? Di tutto un po’. Di certo i giapponesi si confermano dei geni anche dal punto di vista commerciale.

 

La nuova capitale della pizza è Caserta?

Francesco Martucci, assieme a Franco Pepe, sta facendo risuonare parecchio, nel cuore e nella testa di molti gourmet, la domanda riportata nel titolo. È in parte una provocazione, una iperbole. E non ce ne vogliano i puristi e tradizionalisti della pizza napoletana. Ma questo giovane cuoco, che per caso e per destino si è impegnato in questo specifico settore, sta tracciando una strada tutta sua, personale, autentica e decisamente innovativa sul grande lievitato partenopeo.

Un grande cuoco innanzitutto, che ha portato una ventata di tecnica, ingegno e innovazione tutta personale. La sua pizza non è gourmet, non è stravolta rispetto all’originale. Ma è avvolta di un manto di studio e progettazione avanguardististica unica. Impasti lievitati sino a 50 ore, di una lievità unica, a tratti quasi imbarazzante. Ne mangerete tranquillamente due di pizze, forse anche tre. Ingredienti iper selezionati. E tanta progettazione.

Chi può vantare un laboratorio di 300 mq in cui poter sperimentare? L’emblema della caratura di questo grande cuoco è certamente la sua interpretazione di salsiccia e friarielli. Salsiccia di nero casertano e friarielli prima cotti, poi frullati ed emulsionati con acqua di governo della mozzarella. Che gli dona una nota lattica che tende a smorzare l’amarezza del friariello, rispettandolo.

L’innovazione e la tradizione nel grande laboratorio di Martucci

Per non parlare poi delle pizze più tradizionali, realizzate a regola d’arte. Senza sbavatura alcuna. I puristi noteranno un leggero eccesso di cottura, qualche bruciatura di troppo. A noi la sua pizza, invece, ha entusiasmato proprio per questo. Cottura ad alta temperatura e lievitazione magistrale rendono l’impasto lieve ed etereo. Un encomio per i prezzi, popolari come dovrebbero essere sempre in locali di questa tipologia. Che ne decretano anche il successo di pubblico, oltre che di critica.

Chapeau quindi a questo grande pizzaiolo, pardon cuoco, che nel suo chiassoso e rumoroso ristorante, con molti coperti, fa il tutto esaurito tutte le sere. Troverete, dalle 20 in poi, una coda chilometrica, anche di un’ora, ma alla fine ne varrà veramente la pena. Qui Caserta, la nuova patria della pizza, di grande qualità e passione. Ma la gentilezza del personale, tutto attento e disponibile, e le meravigliose pizze vi faranno svanire in un attimo lo stress per l’attesa.