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Bâtard-Montrachet Domaine Leflaive 2001

L’intesa tra Bâtard e Montrachet 

Basta guardarlo, ed è subito empatia; basta annusarlo e, dopo qualche attimo di sbandamento (per l’incredulità che pervade la parte razionale del cervello) si inizia a cedere perché la curiosità di assaggiarlo aumenta. È un ricordo di chi si rivede mentre si approccia a un vino del Domaine Leflaive. Le etichette che nascono a Bâtard-Montrachet sono rappresentazioni di guerrieri che lottano per difendere le loro caratteristiche, e, come solo accade in poche altre zone vinicole del mondo, il gusto del terroir insegna a capire il messaggio di una vigna. Leflaive illumina questo Grand Cru confinante con altrettanti pesi massimi quali Montrachet, Chevalier-Montrachet e Bienvenues-Bâtard Montrachet, confermando come l’acme gustativo si raggiunga dopo almeno 15 anni di affinamento di vetro.

Associato spesso al Montrachet, Bâtard-Montrachet si sviluppa a est in quasi 12 ettari (di cui 6 nell’appellazione Puligny), il suolo risulta più ricco e profondo e il terreno in superficie copre la roccia calcarea di cui è ricca questa zona della Côte de Beaune. Siamo a una dozzina di chilometri da Beaune, in un’area che certamente rappresenta l’aristocrazia del vino bianco, un essere terram sub lege naturae che diventa come un fatto acquisito da tutti, un’evidenza che al calice si fa ineludibile.

Tra i produttori che certamente meritano la celebrità e l’essere definiti come veri punti di riferimento, a Leflaive  in passato la critica non ha riconosciuto il valore di vini che, per stilistica, si staccano proprio per il loro equilibrio. Un bilanciamento presente all’interno della potenza, che prevale sempre in favore della beva, restituendo un sorso fresco, ma mai troppo opulento o caricato dal legno, nonostante il turnover costante delle botti in cantina.

La Borgogna di Anne – Claude Lefleive

Del resto, in Borgogna molto spesso non si riesce a capire fino in fondo come siano distribuite le percentuali che compongono il cosiddetto terroir. Con Leflive, ci sentiamo di dire che le scelte in cantina valgono quanto quelle apportate in vigna. Le mura del Domaine, oltre a essere antiche, sono riconosciute per la loro mirabile capacità primaria: l’affinamento. Quanto alla produzione, seppur iniziata nel 1717, si concretizzerà con Joseph Leflaive: con lui le prospettive iniziano a cambiare. Dal 1905, dopo il depauperamento delle vigne causato dalla fillossera, Leflaive acquista 20 ettari – a prezzi ben più accessibili a quelli di oggi – dai quali deriva un incremento del numero di etichette commercializzate. Una cantina la cui abilità maggiore è racchiusa in una proverbiale capacità di rinnovarsi costantemente, passando dalla lettura del mercato che porta così a incarnare, in un’unica anima, dinamismo e struttura.

Ma la svolta vera, quel pezzo di quest’anima che si imprigiona in ogni vino che si stappa, arriva con  Jo e Vincent e poi con Anne-Claude Leflaive. È lei che, dal 1990 – una delle più celebri annate dello scorso secolo – e assieme a Pierre Morey inizia a convertire tutto il parco vitato dell’azienda alla biodinamica, diventando punto di riferimento anche in questo ambito. Oggi, i 22 ettari vitati si sviluppano a Puligny Montrachet (10 ettari a Premier Cru) e i restanti a Chevalier – Montrachet e Bâtard-Montrachet, Bienvenues Bâtard – Montrachet e Montrachet. Tra questi ultimi, sono quelli prodotti nei due climats di Chevalier-Montrachet e Bâtard-Montrachet a lasciare maggiormente un segno nel tempo, dopo almeno 7 – 10 anni di riposo in vetro, svelando un’incredibile profondità e raffinatezza.

Bâtard-Montrachet Domaine Leflaive 2001

Abbiamo provato ad aspettare l’evoluzione nel bicchiere, ma non ci siamo riusciti. Ci siamo lasciati conquistare dal naso, un naso che ha causato una pioggia di domande, e che al sorso ci ha riappacificati con noi stessi. Ed è stato un bene. Perché se al principio si sentivano le note di ginepro, lemongrass e rosmarino, dopo qualche minuto abbiamo colto l’anima del vino. Il sorso, dopo vent’anni, si mostra ancora teso – quasi da mal di testa – crea frenesia e lascia un valzer di colori che aprono il sipario. Cos’è? Un abbraccio che ricorda il Mar Mediterraneo, la garrigue, lo zafferano, un vento caldo rallenta e ingrassa la materia. Come un mare che s’increspa e aumenta la sua portata. È possibile? Sì, è Leflaive.

Leflaive è importato, in Italia, da Sarzi Amadè.

390

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Difficile stare al passo quando tutto corre a velocità siderale.

Servizio, location, ospitalità, materie prime: ogni cosa al Don Alfonso gira come un orologio svizzero.

3 giorni passati qui, tra le bellissime camere, la piscina, una colazione da re, una visita all’orto più bello del mondo, danno la sensazione di trovarsi in un’oasi di pace

Basterebbe vedere come si illuminano gli occhi di tutti i dipendenti quando parlano di lui, “Don Alfonso”.

Tutto perfetto.

Tutto tranne la cucina.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Il Don Alfonso è uno di quei templi della ristorazione italiana cui accostarsi con un rispetto ed un’ammirazione pari al mito che oramai incarna questa laboriosa e commendevole famiglia.
La loro casa è aperta al mondo dal 1973 e sin da allora è stata così devota al culto della mediterraneità e della tradizione da rivestirne ormai, come nessun altro, il ruolo di ambasciatore in Italia e nel mondo.

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