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Prima della Prima: Piergiorgio Parini

FUSILLI CON PECORA E EUCALIPTO

“Siamo diventati poveri”, scriveva Walter Benjamin nel 1933. Poveri di un’esperienza smentita ieri dalla guerra, nel XXI secolo dalla recessione. “A cosa mai è indotto il barbaro dalla povertà di esperienza? È indotto a ricominciare da capo; a iniziare dal nuovo; a farcela con il poco; a costruire dal poco e inoltre a non guardare né a destra né a sinistra”. Si parla molto di semplicità, nella cucina contemporanea, e questa parsimonia di mezzi e di effetti, questo primitivismo che talvolta assume lineamenti esotici, di indigeni maori o di indios amazzonici, ha pochi lasciti da spendere in tasca. Siamo tornati poveri, ancora una volta: e chi povero lo è sempre stato, potrebbe partire in vantaggio.

Per esempio la Romagna, terra di una ristorazione naturalmente in sintonia con la contemporaneità. Il cui ristorante più avanzato, in quel di Torriana, dalla povertà ha tratto una rivendicazione da appendere fin sopra il portone. Quella con bacche ed erbe spontanee, da incarnierare in un foraging ante litteram, è una consuetudine diffusa persino nelle trattorie, dove non sono mai appassiti fiori di sambuco, rosole, stridoli ed erbe dialettali, da abbinare magari a una saraghina. In cerca di una cucina “in cui le persone possano far risaltare la propria povertà, quella esteriore e in definitiva anche quella interiore, in modo così netto e chiaro che ne venga fuori qualcosa di decente”.

Nessuno come Piergiorgio Parini, nato a San Mauro Pascoli, figlio di contadini, sa elevare questa povertà al rango di estetica contemporanea. Dove la brevitas, come uso accorto dei mezzi espressivi da parte dei classici, sfuma nell’espressività graffiante dell’inopia. Gli ingredienti sono generalmente tre o quattro, e poco solenni. In questo caso fusilli, pecora, eucalipto e alloro, a comporre un ragù a crudo dall’integrità esemplare, che riscatta la vituperata insalata di pasta. Dove la carne di spalla è battuta al coltello, le foglie di eucalipto sono ridotte a julienne e l’alloro per una volta non è centrifugato alla Greenstar, che ne estrarrebbe un altro profilo, ma pestato e liquefatto, con un esito di maggiore soavità. Praticamente un latte di alloro che rinuncia alle lusinghe tecnologiche.

Intensa, fondente al palato e quasi cremosa, la carne è dinamizzata non per via di acidità ma attraverso la freschezza degli aromi balsamici, che a loro volta dialogano con la nota leggermente selvatica dell’ovino e quella silvestre dell’alloro, evocativa di una cottura in absentia, quasi un sapore della memoria in chiave subliminale. “Questo piatto è nato una sera dei primi caldi di stagione, per un cliente che non mangiava la pecora, su cui grava un certo pregiudizio. Invece io sono attratto dalla sua dolcezza, che mi ha ispirato un secondo in stile tataki, con il carré e il cosciotto appena scottati. Restavano le parti meno nobili, che ho elaborato in una pasta fredda, senza dirgli cosa fosse. Ho scelto i fusilli del Pastificio dei Campi perché si prestano alla preparazione in ‘insalata’, a causa dello spessore, e la carne può infilarsi fra le spire; sono conditi da tiepidi, in modo da creare un’emulsione con la battuta e un goccio d’olio, favorita anch’essa dalla spirale. Mentre l’eucalipto è quello che ho piantato in giardino tre anni fa, in cerca della nota verde perfetta”.

Fusilli con pecora e eucalipto, Chef Piergiorgio Parini,

Una semplice porta sormontata da un’insegna amichevole e familiare: sono questi i candidi vessilli del “Povero Diavolo”, vestiboli minimalisti di una delle più interessanti, stupefacenti e vibranti cucine contemporanee d’Italia.

E c’è da chiedersi se ancora qualcuno arrivi qua per caso, non spinto da un ardente desiderio di emozioni e ignaro della fama di questo luogo. E’ una tirannica curiosità quella che ti spinge a divorare i chilometri per arrivare al cospetto del folletto di Torriana e a decidere ogni volta di dare in pasto a un genio culinario assoluto i più reconditi e verginali frammenti del proprio animo gourmet, la cui tenacia critica è messa costantemente alla prova da un ambito sorprendente, in continua evoluzione. La cucina di Pier Giorgio Parini è il prodotto di un talento incomparabile, che di giorno in giorno (o forse di ora in ora), si trasfigura in forme cangianti, in nuovi lineamenti e in espressioni inaspettate, ma che rimane fondamentalmente ancorata alle salde certezze della sua essenza più profonda e immutabile.

Piergiorgio Parini, a dispetto della giovane età, è uno tra i più grandi conoscitori a 360° delle materie, sia che provengano dal mare, dalla terra o soprattutto da… sottoterra. La continua sperimentazione relativa alle nuove tecniche applicate non è da leggere come una implicita adesione alla moda del momento, ma come un’opportunità per ampliare il ventaglio di possibilità delle sue innumerevoli creazioni, mantenendo in questa maniera aggiornato, attuale e realmente avanguardistico, il suo stile. Uno stile che non verrà mai snaturato, rimanendo sempre puro e riconoscibile: a tal proposito calza a pennello l’ultimo, recente grande lavoro, ovvero l’introduzione di numerosi elementi fermentati a beneficio delle relative inflessioni di acidità apportate.

Le critiche mosse negli anni a Piergiorgio Parini sono forse figlie di incomprensioni proprio verso il suo stile e le principali si sono concentrate sul modus operandi dello chef: creando di continuo una mole impressionante di piatti, si rimproverava il fatto che non ce ne fosse uno immediatamente riconoscibile. Alcune preparazioni, soprattutto le più essenziali e minimaliste, arrivavano a esser definite “semplici”, quasi incompiute e leggermente monocorde, cavalcando ripetutamente modulazioni di note vegetali.
Se oggi qualcuno ha ancora qualche dubbio che Parini non possa avere il diritto di sedersi accanto ai grandissimi, le scarse motivazioni contrarie a questa tesi si sciolgono come neve al sole.

Tabula rasa, senza troppi panegirici: porro, nocciola, umeboshi, amarena sott’aceto. Creare un piatto come questo sulla semplice base di un “porro”, è indiscutibilmente dimostrazione di classe cristallina: la struttura del porro, croccante e filamentosa, è ammorbidita da una balsamica e concentratissima salsa di nocciole, mentre i pezzi della stessa impegnano la masticazione. Nel frattempo l’amarena, con la sua lievissima dolcezza mitiga e al contempo fa da ponte verso l’umeboshi, che invece, dal canto suo, rende una sensazione acida altissima. Game over.
Basata sulle stesse note la Zuppa di canocchie, radici di tarassaco, lampascioni sottaceto, fiori di senape selvatica che, accanto alla sapidità marina dei mitili e del brodo (un vero distillato tanto è concentrato), pone la progressione amara dei lampascioni e del tarassaco, mitigate dalla freschezza dei fiori di senape. Altro colpo da KO.
Ultimo allegato alla motivazione di grandezza: spaghetti alla chitarra, rapa rossa, battuto di prezzemolo, yogurt bianco. Piatto sensuale già nell’aspetto, con lo spaghetto terroso e lievemente dolce che fa il paio con il piacevolmente invadente peperoncino che, smorzato dallo yogurt, mantiene soltanto la nota calda e anestetizzante e una lieve piccantezza: il concetto di equilibrio estremizzato a livelli impensabili.

Potremmo continuare a lungo con la commovente qualità del rombo, o del brodo di sandalo profumato e persistente al limite del credibile, o alla maniera in cui è gestita e modulata l’amarezza degli asparagi nel risotto, dei finissimi dessert… ma risulterebbe quasi inutile, perché, come al solito, mentre leggete queste righe tutti questi piatti sono già storia.

Tutto semplice? Tutto semplicissimo. Qui non c’è nessun segreto, basta macinare qualche chilometro per rendersene conto.
Oggi, in Italia, chef con tale sensibilità e livello di inventiva se ne possono contare davvero pochi, utilizzando le dita di una mano. E magari ne manteniamo chiuse un paio, sperando di aprirle in futuro…

Pane, grissini, focaccia.
Grissini, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Ceci e rose fermentate.
ceci e rose, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Tortino di sedano rapa. Non solo del maiale …non si butta via niente, in questo caso anche del sedano rapa, con il quale viene fatta la spuma, la “tagliatella” che avvolge il tutto e i cubetti all’interno. Un biscotto dolce di avena sul fondo rende dolce e croccante l’insieme, per una partenza fresca, divertente e golosa.
tortino di sedano rapa, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Sgombro e cavolo nero.
La marcata affumicatura dello sgombro, unita alla polpa incredibilmente carnosa, amplia la balsamicità del succo di finocchio selvatico e le note verdi del cavolo nero e dell’orecchio di lepre. Leggero e fresco, ma al contempo intenso e complesso.
sgombro e cavolo nero, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Zuppa di canocchie, radici di tarassaco, lampascioni sottaceto, fiori di senape selvatica. Primo colpo basso.
zuppa di canocchie, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Brodo di sandalo, triglia, carciofi.
Un assestato uno-due. La (favolosa) triglia e i carciofi sono solo struttura e texture, il vero protagonista del piatto (non a caso elencato per primo) è il brodo, dalla concentrazione quasi masticabile, dal profumo avvolgente e dalla persistenza infinita, aiutata dalla componente tannica del carciofo. La classe non è acqua. E’ brodo.
brodo di sandalo, triglia e carciofi, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Riso al brodo di tiglio, asparago selvatico, pepe fermentato, polvere di tiglio.
L’evoluzione degli ormai famigerati risotti di Piergiorgio. La nota lievemente amaricante dell’asparago, dosata alla perfezione, s’incastra tra la freschezza del tiglio e la lieve speziatura del pepe. Speziato, amaro, vegetale e fresco: la rappresentazione grafica del nuovo passo avanti fatto da Parini.
riso al brodo di tiglio, asparagi, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Cappelletto del Povero Diavolo.
Un cappelletto “tradizionale” (per così dire …) con una fresca e decisa nota citrica e un colloso fondo di Parmigiano Reggiano 40mesi.
cappelletto del povero diavolo, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Spaghetto alla chitarra, rapa rossa, battuto di prezzemolo, yogurt bianco.
Piatto dall’aspetto davvero sensuale, nel concetto più semplice (anche se sicuramente altrettanto tecnico) dei precedenti ma non per questo meno interessante. La rapa è inserita nell’impasto degli spaghetti, rendendoli di un concentrato rosso porpora, lievemente dolci, terrosi ma ben al dente. Lo yogurt bianco sul fondo sfuma la marcata presenza del peperoncino, mantenendone calore e sapore: l’aglio olio e peperoncino del quarto millennio. Una sola segnalazione, occhio alla camicia.
spaghetto alla chitarra, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Animella, camomilla, salvia.
La freschezza della salvia e il profumo della camomilla sorreggono la grassezza golosa dell’animella.
animella, camomilla e salvia, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Porro, nocciola, umeboshi, amarena sottaceto.
L’uppercut del ko, la chiusura del cerchio, i 19,75/20 fatti piatto. Con un food cost risibile.
porro, nocciola, umeboshi, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Pecora, asparagi, rose.
Una carne non di facile approccio, resa mite dalla cottura ma comunque sublime nel gusto.
Pecora, asparagi e rose, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Piccione, rosa canina, pastinaca fermentata.
Un piccione da grande table, davvero tra i migliori mai incontrati, cotto alla perfezione, con il plus della componente estremamente acida della pastinaca fermentata.
piccione, rosa canina, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Gelato alle viole selvatiche, polvere di biscotto, miele rifermentato.
E’ uscito un po’ di sole, quindi per quattro-cinque giorni ci sono le violette selvatiche, sono andata io a raccoglierle perché Piergiorgio non poteva…” racconta Stefania.
Un grande dessert, per non più di una settimana all’anno. Questo è il Povero Diavolo.
gelato alle viole selvatiche, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Cicoria, biscotto integrale, massa di cacao, polvere di radice di felce.
La barretta Mars del futuro, ennesimo dessert strepitoso a cui ci ha abituato questa cucina. La degna chiusura di un pranzo travolgente.
cicoria, biscotto integrale, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana
Il vino della casa di Fausto…
vino, Povero Diavolo, Chef Piergiorgio Parini, Torriana

Pier Giorgio Parini : Il Bach della cucina. Le intricate architetture e le ricche tessiture polifoniche che danno vita ai capolavori del genio tedesco ricordano molto i percorsi gustativi del folletto di Torriana. Tanto intelletto, tanta matematica precisione, tanto studio approfondito approdano a risultati apparentemente semplici ma che nascondono un rigore matematico, una precisione ed uno studio maniacale unico.
I piatti di Parini sono di una complessità costruttiva molto elevata. Prendiamo ad esempio la Ricotta vegetale : Quella che si scorge sotto le erbe è una ricotta verde ed intensa. Ottenuta senza caglio e senza latte. Viene fatto bollire un segreto miscuglio di erbe, poi frullate, rimesse a bollire e raccolte per affioramento. Successivamente immesse in un stampo e poste a raffreddare. La consistenza finale è quella di una ricotta. In questo caso accompagnata da schiuma di brodo di aringa e salsa all’uovo. Un processo complesso, ingegnoso, articolato che porta in se una profonda e smisurata conoscenza del prodotto, quasi viscerale.

Di ogni prodotto Parini riesce a carpirne l’anima e ad estrarla, per portarla nel piatto. Così come è un concentrato di saperi e sapori l’ Umido di seppia, una finissima dadolata di crudo di seppia sovrastata da erbe selvatiche (erba cipollina, aneto e foglie di cipolla) ed adagiata su un brodo, ancestrale, ottenuto dalla colatura di pomodori penduli rossi e pomodori gialli di una varietà quasi perduta, da sempre utilizzati in Romagna. Un tempo, ci spiegava Parini, si usava far seccare questa varietà di pomodori per poi consumarli durante tutto l’inverno con i piatti della tradizione.

Immensa anche la Mazzancolla, Succo di melograno, The al gelsomino. Curioso ed intrigante il Brodo di canocchie in cui l’elemento principale del piatto è il brodo stesso, ottenuto dall’emulsione a crudo dei crostacei. I tortellini di cozze servono solo a fare tessitura e a condurre il gusto grazie alla nota sapido-iodata della cozza nel ripieno.

Piccoli colpi di estro anche la Ventresca di Maialino con cavolo rosso, salsa all’anice o i tortellini di faraona con salsa al parmigiano e caffè, decisamente più concreti ma comunque eleganti. E’ evidente a tutti l’estrema perfezione e maturità di questa cucina, che tende a concentrare sempre più in spazi ristretti gli elementi, perché tanto non serve nulla di più che qualche centimetro di alimento se quest’ultimo è centrato e persistente come in questi casi. Una piccola ulteriore nota, anche in questo caso connotante del talento e del genio del buon Parini.

Probabilmente, in una prossima visita anche ravvicinata, non degusterete nessuno di questi piatti. Questo perché la sua vena creativa, al momento, pare inesauribile ed in continuo fermento. Parini, per concludere, rilegge la sua terra e le sue tradizioni con occhi verso il futuro, usa la tecnica ma non la tecnologia. In lui risiede la vera e profonda Avanguardia Culinaria, fatta di sapori intensi e riconoscibili affiancati da sensazioni nuove ed inedite che intervengono sempre a proposito, nel punto giusto. E’ una cucina senza alginati, addensanti, maltodestrine … è una cucina di Cuore, di Anima …

Post Scriptum : a Parini sembra tocchi la stessa sorte di Bach, non gode di particolare considerazione da parte dei contemporanei. Occorre rimediare, andate a Torriana al più presto, non esitate. Per me, personalmente, questa cena ha rasentato la perfezione. Il voto, al ribasso, è solo dovuto al fatto che questo ragazzo ha margini di crescita ancora immensi, a giudizio di tutti gli amici di PassioneGourmet che l’hanno visitato. Margini di miglioramento che possono concretizzarsi come rimanere incompiuti. Oltretutto, seppure i nostri passaggi in differenti momenti e di amici diversi sono stati circa una decina quest’anno, un pochino di cautela non guasta.
Un’ultima importante nota. La locanda del Povero Diavolo, non dimentichiamolo, non è solo la cucina di Parini. Fausto e Stefania sono due squisiti padroni di casa. Hanno saputo costruire, nel tempo, un luogo di accoglienza unico. Vi sembrerà di entrare in una casa, la vostra, tanto calda sarà l’accoglienza degli ambienti e delle persone. E non esitate a farvi cullare dalle amorevoli attenzioni della dolce Stefania e dalla pungente ironia di Fausto a cui vi consiglio di affidarvi, ad occhi chiusi, per le scelte enologiche, non ve ne pentirete affatto.
Evviva i Poveri diavoli, Evviva !

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Ventresca di Maialino con cavolo rosso, salsa all’anice

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Mazzancolla, Succo di melograno, The al gelsomino

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Patata, limone, brodo di aringa

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Ricotta vegetale

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Umido di seppia

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Mela osmotizzata alle spezie, gelato alla senape, crema di ricotta

il pregio : Cucina di grandissima personalità

il difetto : E’ chiuso a pranzo.

Ristorante Locanda del Povero Diavolo
via Roma 30
Torriana (RN)
tel ( + 39 ) 0541 675060
Numero coperti : 35
Chiuso : Da dopo l’Epifania a metà Marzo e Lunedì.
Prezzi: alla carta 50 euro
Menù degustazione : 55 – 80 euro

http://www.ristorantepoverodiavolo.com/

Visitato nel mese di Gennaio 2010

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Alberto Cauzzi


Agosto 2009 : Rob78

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Parole chiave: Leggerezza, Salute, Freschezza
Metti 2 sere di metà agosto.
Decidi di volerti trattare bene: prenoti una stanza alla Locanda, 2 cene all’Osteria del Povero Diavolo e parti per Torriana.

Conosci già la cucina di Piergiorgio Parini: ti aveva già colpito moltissimo lo scorso anno, tanto da avvallare con convinzione quel 17 proposto nella “fu” Guida Gourmet da Alberto Cauzzi.
Ne avevi ancora sentito parlare molto ( e bene ) da altri amici che si erano spinti fin qui, meno in verità da critica e stampa specializzata ( N.B. questa cucina non si può ancora fregiare della stella ).

Ti siedi, decidi di lasciare completa carta bianca, attendi.
Ecco, da quel preciso momento è partita la corsa di un treno senza stazioni. Oltre l’immaginabile.
18 piatti che vi snocciolerò in 2 puntate. Non uno sbagliato. Tutti dall’ottimo allo straordinario.
Diciamo la verità: se avessi provato questa cucina a Girona, Roanne o Rubano, il voto sarebbe stato 19.

Quindi il mio 18, che già potrebbe sembrare azzardato, è, in realtà, moderato.
E’ la mia onesta interpretazione di queste cene e, quindi, vista la mole di piatti provati, della carta proposta in questa fine estate al Povero Diavolo.
Parini non è un fuoco di paglia. Posso testimoniare la sua permanenza a livelli altissimi da più di un anno.

E’ un giovane talento di casa nostra, da portare in palmo di mano.
Ci troviamo di fronte a una tra le 10 migliori cucine d’Italia. E il cerchio si potrebbe stringere.
Il filo conduttore è l’acidulato, la leggerezza e la freschezza.
“Lo Champagne della gastronomia italiana”.

Non secondaria, l’assoluta naturalità: questa è una cucina salutare, completamente priva di grassi aggiunti e molto vegetale. Verdura, frutta, ma anche erbe spontanee, spezie.

Si potrebbe mangiare qui tutti i giorni senza risentirne dal punto di vista fisico.
La prova di come si possa puntare al “sano” senza rinunciare al “gusto”.

Infine, da lode la costante e appassionata ricerca dei migliori prodotti, di quelle persone che lavorano per salvaguardare la naturalità delle produzioni.
Vi consiglio di scambiare due parole con Parini e farvi spiegare qualche piatto: rimarrete stupiti dall’umiltà di questo giovane cuciniere e dal lavoro che si cela dietro a preparazioni solo apparentemente semplici.

Tralascerò volutamente le note sul servizio (di ottimo livello) diretto da Stefania, Fausto e Walter: l’umanità non si mangia ma nemmeno si commenta. I complimenti ho preferito farli a loro di persona.

Partiamo con la rassegna….

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Pomodoro e pomodori: una variazione sul re dell’estate. Nella foto, pomodoro cotto a bassa temperatura, poi ripreso in 2 brodi ristretti rispettivamente di carne e di erbe (per fargli riacquistare i liquidi persi), limone, lime, arancio, fondo di kefir e yogurt greco ( in mix per trovare la giusta consistenza ). A lato una pappa e un gelato di pomodoro. La concentrazione assoluta del sapore di un ortaggio. Dolce ma non stucchevole, ben bilanciato in acidità dagli agrumi e dalla base kefir-yogurt.

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Tartare di muggine, pesca, cappero candito, distillato di pomodoro: preparazione di una finezza commovente. Il distillato di pomodoro è fatto con un filtro da caffè americano, per smorzare l’acidità che sovrasterebbe il resto degli ingredienti. Un piatto sussurrato, col vegetale richiamato anche dalla presenza dei fiori. Super e imperdibile.

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Merluzzo, lime, erbe aromatiche, ostrica ghiacciata. Ostrica freddissima, tanto da essere scambiata per un sorbetto. Quasi un mojito da mangiare! L’ostrica si integra bene con lime e menta, il merluzzo serve più che altro a sostenere il tutto.

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Calamaro, crema di borlotti, salsa di nero: il mollusco viene riempito di verdure e della sua testa. Per la salsa al nero viene preparata una brunoise di verdure, in pentola con poco olio, poi ricoperta con nero di seppia e lasciato riposare, infine filtrato. Il risultato è che il vegetale si sente in ogni componente del piatto, distintamente. Piatto bello, oltre che buonissimo.

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Palamita arrostita, melanzane, mozzarella e pomodoro: il mediterraneo in tavola. Il pesce viene cotto ricoperto di erbe (in evidenza la menta), lasciato molto rosa al suo interno. La melanzana viene proposta sia come crema sia come cubetto spadellato con poco olio. Il basilico non può mancare. Intenso, estivo, avvolgente.

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Tortelli ripieni di caglio vaccino, battuto di pomodoro fresco e basilico: estremo nella sua semplicità. Acidità molto spinta. Se ne potrebbero mangiare 3 piatti senza stancarsi.

A seguire le tagliatelline al ragù di peperoni e caffè: un piatto contadino che si maschera da aristocratico. La pasta: appagante, grande sfoglia.

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I peperoni vengono pelati ( previa carbonizzazione della pelle ), tagliati a pezzetti e posti in padella con fondo di verdure come se si facesse un ragù. La polvere di caffè è la marcia in più, è la terra che incontra la terra, l’amaro che si sposa col dolce e l’acido.

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Cappelletti del Povero Diavolo ripieni di carne, limone, salsa di formaggio di fossa: della serie “so fare a meraviglia anche un piatto di grande classicità”. Il limone aiuta molto a smorzare l’arroganza del formaggio; cappelletti praticamente perfetti: il ripieno è il protagonista, non il contenitore.

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Bistecca di rapa, gorgonzola e basilico ghiacciato: il gioco sta sulla consistenza della rapa che in bocca risulta essere molto simile a quella della carne. Il basilico rinfresca senza perdere tutto il suo aroma. Per me è un piatto geniale. 3 ingredienti e senti tutta la potenza della terra e del sole.

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Cuore di costata al nero, dragoncello e patate : l’idea è quella di proporre della carne alla vista carbonizzata, in realtà quasi cruda e morbidissima. La costata è ricoperta da un mix di timo, basilico e carbone vegetale, sotto viene posto del ristretto della carne stessa. Accanto: patata lessa, patata bollita nell’olio, purea di patate viola. Altro colpo secco al centro del bersaglio, per consistenza, gusto, concezione.

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L’involtino aperto: tartare di carne cruda, prosciutto croccante, erbe, salsa al gorgonzola. Semplice e delizioso. Materia prima da sballo.

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Coniglio laccato al rosmarino e cipolla al forno: esterno croccante, coniglio che si scioglie in bocca, da far impallidire tutti i conigli stopposi mangiati fino ad oggi. Anche in questo caso il vegetale è presentato in tre preparazioni: due tartare, una con zafferano, l’altra con liquirizia, e cuore di cipolla spadellato. Non crediate che questa cipolla sia una comprimaria. Non lo è.

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Il piccione arrosto, fichi erbe e senape: filetto, petto e coscia, patè del suo fegato (orgasmico) ed erbe amare. Grande cottura, per insaporire della grande carne non serve troppo sale, soprattutto se sai usare le erbe aromatiche.

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Avena e sambuco: il passaggio tra il salato e il dolce. Una sorta di limbo. Presentato quasi fosse del foie gras, in realtà 2 soli ingredienti: avena e sambuco. Esperimento interessante, in bocca simile a una polenta. Penalizzante forse l’eccessivo spessore, l’avrei proposto più sottile in modo da rinforzare maggiormente la componente croccante.

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Yogurt, marmellata di peperone e rabarbaro, granita di basilico rosso: ce ne fossero di pre-dessert di questo livello. Pulizia completa del palato, persistenza del basilico. Straordinario il mix di ingredienti che si forma mentre si va sciogliendo la granita.

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Come una cassata: ricotta di mucca, sorbetto di pistacchio, marmellata di susine. Nessun grasso aggiunto. Se con questi ingredienti riesci a creare un dolce leggero, che non satura il palato alla seconda cucchiaiata, allora sei davvero un grandissimo.

Qui saliamo nell’Olimpo. Una riflessione in effetti va fatta sulla completezza di Piergiorgio Parini. Riesce a creare capolavori con i soggetti più disparati: antipasti, primi, carne, pesce, dessert. I due che seguono sono, a mia esperienza, tra i migliori dolci mai gustati.

Sempreverde: ( in apertura d’articolo ) cioccolato bianco, chartreuse, basilico, levistico, gelato al dragoncello: la sintesi di ogni tentativo, riuscito o meno, di portare natura e “verde” nel piatto. Quasi aggressivo nel gusto, sensazione simile a quella che si ha bevendo un cento-erbe. Dessert spettacolare.

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Il capolavoro assoluto: Carezza. Mai nome più azzeccato vista la grazia e la delicatezza di questa preparazione: gelato al pelargonio ( geranio, dal forte sapore di acqua di rose ), cialda friabile ( farina di mais ), finta mousse di pesca ( finta perché non ci sono grassi aggiunti ), pesca spadellata, estratto di pesca ( in infusione bucce e noccioli ). Le pesche provengono da una produzione di tipo pioneristico, lavoro di una vera eremita tra le altitudini forlivesi. Il gusto è unico. Esistono ancora, quindi, pesche che sanno di pesche.

Si muove qualcosa a Torriana. Qualcosa di molto importante. Forse non sarà oggi, forse non domani, ma molto presto Parini sarà sulla bocca di tutti i grandi appassionati di cucina.

P.S. In accompagnamento alle 2 cene, si sono bevuti 2 vini molto interessanti di Andrea Bragagni ( viticoltore a Brisighella ), un Trebbiano 100% e un Trebbiano-Albana.

il pregio : La cucina di uno dei maggiori talenti presenti in Italia.

il difetto : La chiusura all’ora di pranzo…

Ristorante Osteria Povero Diavolo
Piergiorgio Parini
Via Roma 30 – Torriana ( RN )
Tel : ( +39 ) 0541 675060
Chiuso il mercoledì e a mezzogiorno ( escluso domenica e festivi )
Menu degustazione: 50 – 65 – 75 euro ( vini a calice in abbinamento 30 euro )
Alla carta: 65 euro
Mail: info@ristorantepoverodiavolo.com

http://www.ristorantepoverodiavolo.com/

Visitato nell’ Agosto 2009

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Rob78

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Recensione ristorante.

… seconda parte …

(altro…)