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Trattoria Zappatori

Piedi ben piantati in terra e sguardo rivolto al futuro: la maturità di Christian Milone

All’inizio c’era solo la Trattoria Zappatori, il locale di famiglia. Solida cucina del territorio e nessuna concessione a ciò che non fosse tradizione. Poi è arrivato Christian, il figlio talentuoso, sognatore e caparbio. Christian non ha paura della sfida: restare nella sua Pinerolo proponendo qualcosa di diverso, di creativo, di più moderno.
E così, la Trattoria Zappatori è diventato gradualmente un ristorante dalla duplice proposta. All’inizio solo nella carta, dove iniziano ad alternarsi preparazioni innovative a piatti tradizionali, e, dal 2012, anche negli spazi, con la nascita della Gastronavicella, una saletta a vetri dedicata ai clienti intenzionati a provare la sua cucina innovativa. Oggi la sala dedicata è scomparsa, ma non la Gastronavicella, che rappresenta una fra le due proposte in carta. In alternativa vi è l’offerta tradizionale, oppure alcuni percorsi degustazione in cui è possibile unire piatti di entrambe per un percorso a 360 gradi.

Un cuoco di talento che propone una cucina avanguardista ma mai astratta

Nel corso degli anni la cucina dello chef si è fatta più matura e compiuta, più personale e pensata, a partire dagli amuse bouche, che hanno un senso e una propria dignità di piatto. Una bella sequenza che inizia morbidamente con una spuma di broccoli, diventa cattiva con la rapa marinata e la zucca in carpione, e infine si azzera con un freschissimo sorbetto. La cucina di Milone ci appare profondamente legata alla terra; è una cucina dell’orto, di elementi vegetali, di sensazioni amare, acide, a volte terrose. Una cucina che, anche quando osa, mantiene una componente di concretezza e senso del gusto che non rende mai le preparazioni eteree o fini a sé stesse.

Marcate note vegetali, freschezza, leggerezza, ma anche omaggi alla classicità d’Oltralpe nella Lepre, a metà strada tra Civet e Royale (il fondo è tirato con foie gras e tartufo nero) e nel fantastico Purè, un vero e proprio omaggio al maestro Joël Robuchon. Una menzione la merita anche l’eccellente Risotto ai funghi porcini con terra di bosco e anice stellato, un’interessante e intensa rilettura di un grande classico della cucina italiana. Non ci è sembrato all’altezza del percorso proposto, invece, il lato dolce: un po’ confuso nel gusto e di non gradevole consistenza il pre-dessert Shiso, kiwi e Tè verde, mentre di deriva stucchevole è risultato il dolce Cavolfiore, pepe rosa, nocciole, erbe ritrovate e grappa al Moscato.
Si esce soddisfatti e per nulla appesantiti da una cucina divertente, personale e molto varia. Si, Christian Milone, cuoco talentuoso e ragazzo intelligente e appassionato, ci pare aver raggiunto la maturità.

La galleria fotografica:

Chef Cristian Milone

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Nuovo appuntamento con il progetto che Passione Gourmet ha in collaborazione con la storica Distilleria Bocchino di Canelli (AT).

Durante i nostri quotidiani e golosi viaggi alla ricerca dell’eccellenza ogni mese assaggiamo in media oltre 150 piatti, dai più creativi ai più tradizionali. Il nostro è quindi un osservatorio privilegiato che indaga e studia costantemente l’evoluzione e i cambiamenti dell’alta cucina che tanto amiamo.

In omaggio alla filosofia aziendale della Distilleria Bocchino, un brand che ha radici antiche, ma che si propone oggi con un’anima moderna e attuale, ogni mese decreteremo il miglior assaggio fra tutti quelli effettuati premiando il piatto che avrà saputo tradurre una ricetta storica della tradizione culinaria italiana attraverso un’interpretazione creativa, nuova e contemporanea.

Da gennaio a settembre assegneremo mensilmente a 9 chef e ai loro piatti il premio “Lo Spirito del Tempo”. Tra tutti coloro che saranno premiati in questi mesi ne sceglieremo 3 che saranno protagonisti di una serata di Gala a novembre, occasione in cui ad uno solo di essi verrà assegnato da una giuria di giornalisti e appassionati gourmet il Premio finale “Lo Spirito del Tempo 2014” by Distilleria Bocchino.

Leggere qui il premio del mese scorso

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Siamo all’ottavo verdetto, quello di agosto: tra tutti gli assaggi effettuati nel mese appena trascorso, vince il premio “Lo Spirito del Tempo” by Distilleria Bocchino il piatto “Carne cruda brasata al vino rosso” dello Chef Cristian Milone della Trattoria Zappatori – Gastronavicella di Pinerolo (TO).

Cristian Milone, giovane, brillante e capace chef, si dimostra a suo agio sia nelle creazioni aderenti ai canoni della cucina moderna ed all’avanguardia, che nelle interpretazioni dei classici della cucina piemontese, fortunatamente per lui (e per noi) una tra le più varie ed interessanti del nostro territorio. Perfettamente in linea con “Lo Spirito del Tempo” il suo piatto

Carne cruda brasata al vino rosso:

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L’idea alla base di questo piatto è quella di voler donare profumi e sapori del brasato anche durante il periodo estivo, e non relegarlo solamente alla stagione più fredda, come solitamente avviene. Ecco dunque che come base si sfrutta un altro piatto estremamente territoriale, la carne cruda, ma non una carne qualsiasi, bensì fettine di Vicciola, una razza di vitelli piemontesi alimentati a nocciole. L’oleosità e la morbidezza di questa carne fanno da base ad una polvere di brasato, ottenuta dalla liofilizzazione di una salsa brasato tradizionale, e finito con uno scalogno bruciato, per ottenere dolcezza, un fondo lievemente amaro e infine una lieve croccantezza, a favore della masticabilità.
Semplice, efficace, buonissimo.

La ricetta di Cristian Milone:

Ingredienti per quattro persone:

360g di Vicciola tagliata sottilmente all’affettatrice;
80g di olio evo;
Sale e pepe;
Polvere di salsa brasato al vino rosso;
4 scalogni di media grandezza;
Burro di cacao;
a piacere tartufo liofilizzato.

Preparazione:

Massaggiare le fettine di carne con l’olio di oliva, condire con sale e pepe e la polvere di salsa brasato.
Cuocere gli scalogni avvolti nella carta alluminio in forno a 160 gradi per 30 minuti, quindi lasciare raffreddare a temperatura ambiente ed eliminare la pelle esterna. Successivamente bruciarli in padella con il burro di cacao, salandoli in superficie.
Disporre la carne sul piatto e cospargere con ulteriore polvere di salsa brasato. Guarnire con lo scalogno bruciato

Lo Chef

Christian Milone, nato a Pinerolo classe 79, ha frequentato l’Alberghiero Prever di Pinerolo negli stessi anni di Matteo Baronetto, per poi dedicarsi al ciclismo fino ai 25 anni, arrivando a correre anche il Giro d’Italia nel 2002.
Rientrato in seguito nella trattoria di famiglia, di proprietà dei genitori dal 1973, con l’aiuto di Manuela (che si occupa del servizio in sala e della cantina) ha ristrutturato e ampliato il locale.
Durante la chiusura del locale “si fa le ossa” ad Alba, da Enrico Crippa, e nel 2012 ha aperto la Gastronavicella.

Trattoria Zappatori – Gastronavicella
corso Torino, 34
Pinerolo (TO)
Tel. +39.0121.374158

Christian Milone ha talento, e ne ha un sacco.
Giovane chef perennemente abbronzato, dai lineamenti tesi e dallo sguardo sicuro, dietro questo suo aspetto quasi spavaldo cela invece serietà, ferma volontà di far bene e una notevole capacità di recepire e adattarsi di conseguenza alle situazioni.

Trascorsi alcuni anni dal varo del suo progetto Gastronavicella, due tavoli gourmet all’interno della più quieta e tradizionale Trattoria Zappatori, si è reso conto che alle guide tradizionali probabilmente non piace questo netto e marcato dualismo nella linea di cucina. Pertanto inutile incaponirsi, detto fatto: si restaura la cucina, per riorganizzare e dimensionare di conseguenza le aree di preparazione (nonché il servizio), e ci si organizza per servire i piatti gourmet anche nella trattoria e viceversa, e quindi creare un’unica carta. Ora quindi Gastronavicella non è più soltanto “il cubo in vetro” all’ingresso della Trattoria Zappatori, ma anche una sorta di menù gourmet a disposizione di tutti, compresi gli avventori della trattoria, che potranno quindi scegliere di accompagnare un tradizionalissimo plin con un altrettanto classico vitello tonnato, piuttosto che con una qualsiasi delle portate del nostro pranzo.

Dicevamo, talento? Sì, talento ponderato e sempre ben allenato, non dimenticando i trascorsi da ciclista che lo hanno forgiato alla disciplina. Non improvvisa, non gioca con il rischio né sfida il caso. Il suo è talento nella forma più accademica del termine, è la naturale inclinazione nel far bene una cosa. E la sua di cosa, Milone, sa farla decisamente bene.
Negli anni ha costruito e plasmato il suo stile, ed oggi la sua cucina è matura pur essendo in divenire, piacevole senza esser piaciona, ispirata senza il minimo plagio, contemporanea ed attuale pur restando identitaria e territoriale. Oggi c’è decisamente più personalità nei piatti. Con decisa padronanza della tecnica, affianca riletture intelligenti di piatti tradizionali, come la Carne cruda brasata al vino rosso ad altri dallo stile più attuale, come i Gamberi rossi, foglie e fiori, passando attraverso portate che fanno del trait d’union tra moderno e classico la caratteristica principale, uno su tutti i Tajarin acciughe mascarpone e limone, una divertente attualizzazione di un piatto della tradizione. E’ proprio per questo che uno dopo l’altro, in sequenza, all’interno del menù tutti i piatti trovano il loro spazio, mostrando le proprie caratteristiche e la propria identità singolarmente, ma risultando armonici e coerenti nell’insieme. E, nonostante il numero considerevole di portate, il pranzo scorrerà liscio, senza portare in dote nessun affaticamento né sensazione di pesantezza alcuna.

E allora non fa nulla se nessuno tra i piatti del nostro menù è stato in grado di farci urlare al miracolo; non fa nulla soprattutto perché, e forse ciò è ancora più importante, nemmeno uno tra i molti piatti serviti ha portato con sé in tavola errori, o sia stato in qualche maniera perfettibile. Ciò dimostra che vi sono tutte le potenzialità di una “grande” cucina avanguardista (un esempio per tutti, la provocazione riuscitissima e non fine a sé stessa di servire un risotto come dessert), ma anche la consapevolezza dei propri mezzi ed i piedi ben piantati per terra, senza voler esagerare tanto per farlo ma con la capacità e l’umiltà di fermarsi due passi prima, in attesa che il regime sia al 100%.
Certo, mancano ancora quei due passi per andare a giocare con i migliori, ma è solo una mera questione di tempo: le carte ci sono tutte, si tratta solo di scoprirle al momento giusto.

L’ingresso alla Trattoria Zappatori, con la Gastronavicella a vista, sulla sinistra.
Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
I due tavoli gourmet, in tutta la loro essenzialità.
tavolo, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Si parte con gli appetizer: Cioccolatino di foie d’anatra, cioccolato 70% fondente.
appetizer, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Chips di cotenna di maiale, wasabi e aceto.
chips, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Mangia e bevi di fungo porcino: brodo dalle innumerevoli sfumature aromatiche, dal terroso all’erbaceo fino al citrico, con il conseguente totoscommesse al tavolo sull’utilizzo di quali erbe al suo interno. Restiamo attoniti nello scoprire che in realtà il brodo è solo ed esclusivamente di… fungo porcino.
fungo, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Gelato di mozzarella, gazpacho al pomodoro, pesto liofilizzato.
gelato di mozzarella, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Nocciole tostate e salate, sorbetto al Crodino: una versione provocatoria dell’aperitivo ninety per eccellenza. Divertente e tecnicamente ben fatto, con il concentrato sorbetto che mantiene la nota lievemente amara del crodino.
Nocciole, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Bella (e buona) la varietà dei pani, con il bonus della focaccia allo strutto.
pane, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Cozze crude e salsa al lime. Mare, campeggio, ferragosto, mare.
cozze crude, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Gamberi rossi, fiori, succo di melone, cedro candito. Gambero “declassato” a sola funzione di texture, volutamente compresso tra la dolcezza del succo e le modulazioni vegetali/amare dei molti fiori. Freschezza e leggerezza.
Gamberi rossi, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Carne cruda brasata al vino rosso. Grande rilettura estiva di due piatti della tradizione . Milone utilizza carne di Vicciola, una varietà di piemontese allevata a nocciole: questo fa sì che la carne acquisisca quella lieve dolcezza ed oleosità della nocciola, che ritroviamo nel piatto. Il cipollotto stufato è componente primaria del piatto, con il lieve apporto amaro che sviluppa in cottura.
carne cruda, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Insalata tiepida di trippa. Altra interpretazione di un classico, altra buona riuscita. Per donargli quel marcato colore rosso il reticolo viene cotto nello spritz, operazione che tra l’altro lo sgrassa notevolmente.
insalata tiepida di trippa, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Tajarin mantecati al mascarpone, limone, acciuga all’acqua. Piatto molto ben bilanciato, con la moderata salinità delle acciughe che placa la grassezza del mascarpone e la nota lievemente aspra del limone. Paga soltanto un lieve calo di temperatura che asciuga un po’ troppo il tajarin, ma ciò non compromette la riuscita del piatto.
Tajarin, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Petto di pollo sottovuoto, olio, mandarino, succo di alloro, germogli piccanti, carotine, pelle croccante. Un piatto dalla porzione alla carta, dalla concezione più classica e molto ben riuscito. Gli innumerevoli ingredienti restano definiti, marcati e ben individuabili, senza creare l’effetto “accozzaglia”…
petto di pollo, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
…la “pelle croccante” in accompagnamento, non un simpatico assaggino a traino ma un componente fondamentale del piatto, una cialda concentrata che dona al piatto, di concezione più “casta”, golosità, croccantezza e sapidità.
pelle croccante, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Il primo dei dessert: Riso cotto nel succo d’arancia, crema pasticcera, vaniglia, sfere di olio al peperoncino. Riuscire a rendere un risotto un dolce sensato è cosa indubbiamente notevole, farlo in questa maniera lo è ancora di più: chicco al dente, che acquisisce lieve acidità dalla cottura. Crema pasticcera e vaniglia (e relative dolcezze) dosate al millimetro. Sfere al peperoncino dalla piccantezza decisa, che allunga notevolmente la persistenza. Chapeau.
dessert, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
Sorbetto al miele di magnolia, caramello, whiskey torbato, meringa bruciata. Altro buon dessert, che coniuga la delicatezza del morbido sorbetto al miele con le note tostate/bruciate del resto degli ingredienti, mantenendole però caratterizzanti e distinte.
sorbetto al miele, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
L’orto incolto: un mix di frutta e verdura dell’orto su una base di fini briciole di cioccolato. Ottima chiusura, fresca e pulente.
orto incolto, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
In accompagnamento al caffè…
caffè, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino
…e in accompagnamento al pranzo.
ruinart, Gastronavicella, Christian Milone, Pinerolo, Torino

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CREMA DI CECI E NOCCIOLE AL TARTUFO BIANCO, GELATO DI OSTRICHE

Pensavamo di averlo ripiegato in fondo a qualche scatolone, il trompe-l’oeil, genere egemone del lungo carnevale spagnolo, fra il trantran del repertorio e la quaresima interminabile della contemporaneità. Finito nella soffitta della storia con qualche coriandolo ancora sparso sopra, come una maschera divertente da rispolverare nelle occasioni di rito. Sorridendo del fungo-prosciutto di Quique Dacosta o del carpaccio di cocomero di Andoni Luis Aduriz, per non parlare della terra in cioccolato di Ferran Adrià. Virtuosismi certo, tesi a dimostrare la padronanza del cuoco sul prodotto, nel senso letterale del possesso. Antitetici rispetto al puritanesimo di quella cucina della verità che ha preso piede da qualche tempo a questa parte.
Pensavamo, appunto, perché il trompe-l’oeil probabilmente ha solo cambiato tecniche e funzioni, spogliandosi della dimostratività del tour-de-main per farsi attrezzo di una cucina del sospetto, che allerta maliziosamente l’attenzione di chi mangia su ciò che sta realmente mangiando. Niente di effettistico insomma, piuttosto un dubbio insinuante che rosicchia l’ideologia della cucina. Come nel caso della crema di ceci e nocciole al tartufo bianco e gelato di ostriche di Christian Milone, preview culinaire dove l’illusionismo si sdoppia in un gioco ora manifesto, ora sottile. Gustativamente e concettualmente stringente.
Da una parte la castagna-tartufo, presentata sotto la cloche e affettata con la mandolina d’ordinanza secondo la più popolana delle tecniche: i marroni di Garessio pelati sono rimasti chiusi in un barattolo sottovuoto insieme ai tuberi per 1 settimana, impregnandosi dei loro profumi come il riso, ma senza effetti disseccanti, per un esito di sorprendente intensità. Dall’altra la crema di ceci ottenuta unendo loro nel Bimby un 30% di nocciole trilobate di Langa, precedentemente cotte a 60 °C per 2 ore: la frutta secca viene trattata al pari di legumi, arricchendo la testura e veicolando i profumi sulle ruote della componente grassa. Infrangendo soprattutto la routine sul muro dell’errore categoriale calcolato.
Non basterebbe se questo monocromo di stagione, imbastito sul canovaccio del comfort food regionale, con la trama delle affinità merlettate di nocciole, non sbattesse sullo scalino poetico del contrasto, secondo una legge del bello. Quella che richiede che “la distanza sia estrema e l’evidenza inconfutabile”: “Come non scorgere una legge dell’estetica in questo obbligo di paragonare i contrari?”. È il gelato di ostriche crude e acqua di ostriche, contrappasso sapido, fresco e straniero, soprattutto interlocutore olfattivo del tartufo, che irretendo nel suo profilo iodato la prepotenza degli idrocarburi sposta lungo la mucosa olfattiva il baricentro del piatto.
Ma la carta a venire riserva altre sorprese: la cialda di porcino, capolavoro analitico dove il fungo è destrutturato e riassemblato (fuori una cialda composta di isomalto e cuticola, la parte più intensa, sporca e amarotica del fungo, trappola microbica del genius loci; dentro una farcia di cappella e gambo saltati; il tutto sospinto dal supporto di muschio e foglie secche nell’alveo di una cucina emozionale e dell’istante, che lavora separatamente sull’olfatto e sul gusto); l’iper-primitivista salmone “affumicato” dal mucchietto di trucioli di liquirizia a bordo piatto, con la guancia spadellata alla lavanda da scalcare a mano, sorta di sot-l’y-laisse ben più pallido, soave e moelleux del resto della polpa, sul modello delle kokotxas basche ma con crudeltà tutta nord-europea; la carne cruda brasata al vino rosso, crasi di due classici piemontesi che inverte crudo e cotto, come la cotoletta sbagliata di Matteo Baronetto, dove la classica battuta di coscia nella sua integrità aristocratica è condita dal sugo liofilizzato al vino rosso.

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E allora signori tutti a Pinerolo!
“scusi Calboni ma sono 1200 chilometri!”

Ecco, 1200 forse no, ma un quarto della distanza comincia a non essere troppo per raggiungere questa cittadina lontana da tutto e sedersi a tavola non a casa della zia del fantozziano Geometra, ma in uno dei ristoranti più interessanti della regione. Ho seguito la parabola dell’ex ciclista Milone fin quasi dal suo esordio ufficiale ai fornelli, quando il menù della Trattoria Zappatori era un Giano diviso tra piatti di spiccata matrice regionale e creazioni assai ardite, ma alcune volte rielaborazioni di concetti già abbondantemente sviluppati da altri. Il desiderio di intraprendere un proprio percorso è stato però evidente fin dalle origini, e la sensibilità peculiare di questo ragazzo è ora venuta fuori, anche se non ancora al 100%, sostenuta dalla mano sicura che ha sempre avuto anche negli sbagli.
Ora all’ingresso della Trattoria, che continua sotto la stessa guida il suo percorso autonomo, è stata creata una piccola sala dedicata al coté più gourmet della cucina di Christian Milone. Circondati da vetrate e da un minuscolo giardino zen ci si siede ad uno dei due tavoli della Gastronavicella. Ecco, il nome a me ricorda un sondino per endoscopie, ma mi assicurano che sia un nome bellissimo ed a me piace fidarmi. Alla Gastron… no non ce la faccio a riscriverlo, dicevo, nell’ala gourmet della Trattoria Zappatori si sceglie all’interno di una lista di una dozzina di piatti salati e di qualche dessert la “taglia” del proprio percorso (3,5,7 o 9 portate più entrate e dolci) e si decolla per l’avventura. La prezzatura del menù denota una certa ambizione, ma d’altronde se il blasonato vicino valuta il proprio una banconota gialla questo appare una passeggiata.
Il rombo della stufa sarà forse a rievocare il motore della gastronavicella, ma diversamente dalla scena di un programma spaziale non si staccherà dopo il decollo ed assumendo le fattezze di inesorabile acufeno ci accompagnerà fino all’atterraggio, non senza rimpiangere di non avere il martello di Thor. Si parte con una serie di snack, crippiana sì nella collocazione, ma assolutamente personale nell’esecuzione. Le necessarie istruzioni per l’uso vengono fornite in anticipo ed apprezziamo una vasta teoria di preparazioni fra cui eccellono senz’altro un uovo marinato in miele di castagno ed aceto, un agnolotto fritto e la composizione di rapa e nutella. L’insalata 2012, che contrariamente all’aspetto non è una moderna spugna a microonde ma un semplice pezzo di pane affogato in bagno di insalata, ci porta su atmosfere di grande freschezza, così come il successivo scampo con grassagallina e tè verde.
Un paio di piatti fanno quasi gridare al miracolo. Le tagliatelle verdi al pelargonio, in cui il verde è dato da un centrifugato di portulaca, sono di un’intensità aromatica con pochi eguali, in cui l’assaggio è solo conseguenza, e la masticazione un piacevole proseguimento di un’esperienza sensoriale che si apre ben prima dell’assaggio. Anche le cozze, che giocano sullo iodato e sull’acidità del lime presente nel nero, regalano momenti emozionanti. Appena scaldate in microonde e farcite dell’emulsione della propria acqua, danno una quarta dimensione al mitile, sulla falsariga di quanto già realizzato da Lopriore.
Il riso mare e monti mette l’uno contro l’altro muschio (il riso è cotto in un infuso di esso) e ostriche, creando un interessante connubio, anche se la consistenza non risulta ideale.
Sulle carni da tempo Milone ha sempre dimostrato affidabilità e la conferma in occasione di questa visita. Il colombo sostituisce il più battuto piccione e viene presentato con coscia e petto cotte ed abbinate a foglie amare come belga e radicchio a giocare sul dolce/amaro, con salsa al cioccolato bianco e noce moscata. Prima di iniziare, due riccioli di crudo appena marinato. Ruffiana nella concezione ma equilibratissima nel l’apportare anche una giusta freschezza è la lingua, da sempre uno dei punti di forza, questa volta alla pizzaiola. Convince assai meno più che altro per l’eccesso di speziatura l’albese 2.0, ossia una fetta di diaframma bovino cotto unilaterale su una pietra rovente con pepe e cannella. Le papille anestetizzate non sono in condizione di apprezzare il gusto di un taglio di carne dalla curiosa consistenza ipercallosa.
I tradizionali agnolotti, ripieni di amaretti e ricotta, vengono serviti alla fine del percorso salato con erbe e zenzero, dando sfoggio di sé nell’abbinamento con le diverse note vegetali. A precederli, una discutibile versione dell’acido-amaro, con fragole e schiuma di rucola.
Il dolce invece più che sull’acido-amaro gioca sul solo amaro. Il nome del piatto è “Tostato”, e la cialda di caffè che funge da elemento gustativamente portante viene accostata a diversi elementi di supporto come una rapa gelificata (dal curioso aspetto di lardo di Colonnata) e gelato di cicoria. Il risultato non ci ha esaltato per mancanza di sintesi, si cerca qualcosa che si rischia di non trovare per la molteplicità di elementi in gioco. A volte apprezzo questo tipo di ricerca senza direzione nel piatto, ma non quando so in partenza che il piatto deve andare nel verso di una specifica sensazione, in questo caso della tostatura.
Notevole come sempre la pasticceria tradizionale, con la lunga fila di bicchierini e pirottini ad abbracciare un’ampia gamma di dolci piemontesi ma non solo (in questa edizione oltre al bunet troviamo panna cotta, tiramisu e Sacher). Menzione d’onore per il cri-cri. La gastronavicella è atterrata, non sulla mucosa gastrica ma nello spazio delle cucine che valgono il viaggio. E quando si parte per lo spazio può anche capitare di imbattersi in qualche stella…

Snack.


Riso mare e monti.

Tagliatelle verdi.

Colombo, foglie più o meno amare, salsa al cioccolato bianco e noce moscata.

Lingua di vitella alla pizzaiola.

Tostato.

Atterraggio della Gastronavicella (piccola pasticceria)


Dal pane, che peraltro si potrebbe coraggiosamente eliminare, ci aspettiamo di più.