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Bollicine & Makoré

L’Emilia-Romagna che non ti aspetti

Emilia-Romagna, brainstorming: quali sono le prime cose che ti vengono in mente? Chiunque di primo acchito evocherebbe le città di Bologna e di Rimini, il Lambrusco servito nella tradizionale coppa di ceramica, o ancora la moltitudine di delizie culinarie che spaziano tra il ragù e la piada, lo – o, meglio – il gnocco fritto e la culaccia, o ancora la pasta tirata a mano da quella figura dai tratti mitologici che è la rezdora. Esiste, tuttavia, un lato dell’Emilia-Romagna meno chiassoso e folkloristico, che la bella cena organizzata presso il ristorante Makoré di Ferrara ci ha permesso di approfondire.

Ferrara già di suo non è particolarmente nota ai più. La sua collocazione al centro del triangolo ai cui vertici troviamo Bologna, Ravenna e Venezia, penalizzerebbe qualunque cittadina, per quanto affascinante. Eppure questo gioiellino dell’architettura rinascimentale, “prima capitale moderna d’Europa” secondo lo storico ottocentesco Jacob Burckhardt, non solo è assolutamente bellissima, ma è anche perfettamente strategica: crocevia ideale tra terra e mare, tra Emilia e Romagna.

Da Makoré la materia prima è regina

Un dato che diviene chiaro nel corso della cena, durante la quale la giovane – giovanissima – brigata di cucina guidata da Denny Lodi Rizzini e Gianluca Grego, snocciola le ricette tradizionali di queste zone, tipicamente terricole, alleggerendole e alternandole ai preziosi ingredienti marini che provengono dalla vicina costa; sfruttando ogni ingrediente locale nell’intento di trovare un equilibrio perfetto e riscrivendo la tradizione con mano leggera.

L’obiettivo di Federico Fugaroli, patron di Makoré, è in effetti quello di valorizzare al meglio la materia prima, che in questo angolo del pianeta è particolarmente variegata trovandosi Ferrara nel mezzo della campagna e a breve distanza dal mare e dal Delta del Po. Se il protagonista assoluto è il pesce, tanto che il ristorante ha anche una vera e propria pescheria aperta al pubblico dal martedì al sabato, la medesima cura è riservata alla selezione di ogni ingrediente, la cui condicio sine qua non è l’eccellenza.

Le bollicine della Regione

Accade così che ti aspetti di trovare nel piatto un ricco e colesterolico Pasticcio Ferrarese, tripudio di maccheroni, besciamella, ragù e pasta frolla e ti ritrovi davanti a una sottilissima sfoglia che ricrea le torri del castello estense della città, racchiudendo al suo interno un ripieno interamente vegetariano in grado di mantenere la classica golosità del piatto inalterata. Il pairing vede l’abbinamento con Il Metodo Classico di Pertinello S.A, dell’Azienda Agricola Pertinello. Una bollicina prodotta con uve di Sangiovese vinificate in bianco dal sorso elegante e cremoso. Si apre così il secondo capitolo dell’Emilia-Romagna che non ti aspetti, quella fatta dei grandi spumanti Metodo Classico del territorio, quattro dei quali sono stati selezionati e presentati in abbinamento al menù della serata dall’abile maître e sommelier Isacco Giuliani.

Si comincia con il Christian Bellei Brut 2016 di Cantina della Volta, un’azienda che è ormai un punto di riferimento per il Metodo Classico. Da uve Lambrusco di Sorbara in purezza, il naso denota grande freschezza. Note citrine, di ribes e di mela verde, ma anche di dolci erbe di campo come la mentuccia selvatica. Verticale e diretto, estremamente dissetante. La bella cremosità si distende lungo il palato e ne stempera la freschezza, rendendolo così un vino estremamente agile e, al contempo, di grande piacevolezza. Piatto in abbinamento: Capasanta gratinata al midollo affumicato, alghe, brodo di verza.

Seguono il Pasticcio Estense e il Metodo Classico Pertinello, di cui si è detto sopra, quindi l’immancabile Salama da sugo in sacchetto e morbido di patata, accompagnata da Arma Dei di Podere Cipolla. La bollicina da Spergola in purezza, vitigno autoctono raro, rimanda al sentore ossidativo della mela nella sua accezione più nobile e alla frutta tropicale matura. Una bevuta fresca, davvero piacevole e stimolante.

Per secondo lo Storione marinato, con cavolo cappuccio e maionese al sesamo nero, accompagnato da Nemo Brut Nature 2017 dell’azienda agricola Mariotti. Uno spumante rosato da uve Fortara, le cui viti affondano le radici nella sabbia. Il risultato è una decisa sapidità al palato e una nota ammandorlata in chiusura.

Si chiude con Pane, pane, caramello, un dessert di recupero e antispreco, nato per riutilizzare le pagnotte non lievitate a dovere. Si esce dagli schemi abbinando la Birra alla Saba dell’azienda agricola Mariotti in collaborazione con il birrificio Biren. La saba, il mosto cotto di uva Fortana, dà corpo e carattere a questa birra. Sorprende il gusto deciso e gli aromi intensi di caffè, caramello e cioccolato fondente. Un abbinamento davvero ben riuscito.

Un percorso inedito e ricco di stimoli, ennesima dimostrazione delle infinite meraviglie che si celano in ogni angolo del Bel Paese.

Comincia la “fase 2” e, con essa, continua il nostro viaggio alla ricerca delle migliori tavole d’Italia. Un viaggio diverso, stavolta, coerentemente con le modalità del presente momento storico. Per orientarci, abbiamo preso la città di Milano come punto di partenza ideale, ne abbiamo adottato il sistema – in particolare quello del nostro spin-off Passione Milano, dove “le visite” sono già incominciate – e abbiamo rivolto il nostro interesse culinario e, con esso, il nostro occhio critico e analitico,  verso quelle coraggiose realtà che hanno deciso di trasformarsi e offrirsi in questa nuova, inedita veste. 

Cucina Bacilieri: Concretezza e leggerezza

L’uragano “Coronavirus” ha portato a galla anche tra i ristoratori ferraresi uno spirito di iniziativa encomiabile. Tanti i locali che si sono organizzati in questi mesi con servizi, prima di delivery e poi anche da asporto, con risultati davvero di buon livello. 

Tra questi, anche Cucina Bacilieri, una delle migliori insegne del centro cittadino, non ha mancato di fornire una sua proposta, disponibile da venerdì a domenica. La prenotazione avviene via telefono (e qui si potrebbe migliorare, consentendo anche l’uso di Whatsapp), il pagamento può essere effettuato in contanti o con bonifico.

La proposta segue fedelmente quanto si poteva trovare al ristorante: pesce fresco, di ottima qualità, cucinato in modo semplice, privilegiando freschezza e sapori.

Misurata creatività e tanta concretezza per una cucina che si è sempre distinta anche per la sua leggerezza.

Il menu a domicilio non delude le aspettative: tutti piatti pronti, al massimo una scaldata al microonde, in cui anche la presentazione non viene lasciata al caso.

Sempre ottimo un grande classico del locale, il baccalà mantecato con polenta e tartufo, buonissima la parmigiana di contorno al branzino, segno di grande attenzione anche per i dettagli.

Una proposta “pronta”, per chi non ha voglia di lavorare troppo con rigenerazioni e preparazioni finali, che riesce nell’intento di riportare con la mente il cliente all’interno delle mura del ristorante.

Una proposta che continuerà anche a seguito della riapertura, a conferma del fatto che potrebbe essere una nuova possibilità di business da coltivare nel tempo.

Nel complesso, il gusto e la fragranza delle preparazioni che si avvicinano moltissimo a quelle che si possono gustare direttamente nella sede fisica di Cucina Bacilieri.

Ferrara e la famiglia Migliari

Quella dei Migliari è una storia legata a doppio filo al mondo della ristorazione ferrarese e non c’è ferrarese che non associ il nome di Ido ai grandi piatti a base di lumache e rane.
Dagli esordi in quel di Marrara – nella campagna che più campagna non si può – nel locale che sarebbe stato poi rilevato da Di Diego e Merighi per aprire il “primo” Don Giovanni, fino alla decisione nel 1998 di spostarsi in un edificio più grande, quello in cui oggi ha sede La Chiocciola.
Nel locale si respira un’atmosfera d’altri tempi e, come spesso capita in questi territori, arrivarci con la nebbia aggiunge poesia alla sostanza. Per chi dopo una cena a briglie sciolte, decidesse di lasciare parcheggiata l’auto ed accomodarsi anche per la notte, ci sono anche delle camere per dormire, nello spazio locanda.
In cucina officia il figlio di Ido, Adalberto “Athos” Migliari, e la proposta rimane coerente. Nei piatti non mancano mai sostanza e rotondità del gusto che, associati a una giusta dose di eleganza e leggerezza, rappresentano gli elementi necessari a traghettare con coerenza un’insegna storica negli anni duemila.

Non solo rane e lumache

Il menu non parla solo di terra – anche se rimane la proposta più convincente – ma dedica spazio anche ad alcune proposte di pesce. Noi non ci siamo fatti mancare i grandi classici: molto buono il Risotto con le rane così come le Lumache alla Borgogna. Straordinarie le Lumache ai porcini, finferli con zucca e parmigiano, una vera immersione nella pianura padana. Non male i tranci di branzino alla griglia, mentre risulta rivedibile il dessert, che vorrebbe reinterpretare nella forma il tiramisù senza però uguagliare l’originale. Decisamente convincente, invece, la crema caramellata al parmigiano reggiano: un classico eseguito a dovere.
Si sta bene alla Chiocciola, anche grazie a una proposta di cantina notevole, con tante chicche a prezzi correttissimi. Ma soprattutto per quella bella atmosfera familiare, accogliente e calorosa. Una sosta assolutamente consigliata, per una vera immersione nell’atmosfera e nei sapori della pianura ferrarese.

Qual è il segreto del successo?

Usciti da questo ristorante, la prima domanda che ci è balenata per la mente è stata: “Quanto conta l’ambiente per il successo di un locale?”.
Ci si affanna tanto per la cucina, per i prodotti migliori, per l’allestimento di una buona cantina, quando, in realtà, l’elemento che sembra veramente fare la differenza è un ambiente confortevole. Almeno, così parrebbe per la piazza ferrarese, dove i ristoranti più affollati non sono necessariamente quelli dove si trova una cucina migliore.

Il Makorè è un locale intelligente e dalla duplice faccia: da un lato la pescheria, dove si può trovare del buon pesce di lenza ad un prezzo corretto, e dall’altro il ristorante.
La cucina, prevalentemente di pesce, è precisa, ben fatta e basata su ingredienti di primissima qualità: se avete voglia di una cucina di mercato, in cui il pesce sia protagonista senza fronzoli, non abbiamo dubbi ad etichettare questo come il miglior indirizzo del centro di Ferrara. Ed è su questa tipologia di piatti che ci siamo concentrati in questa visita.

Il pesce in tavola senza troppe complicazioni

Non tutti i commenti su questo locale sono entusiasti: non tanto per la cucina, quanto invece per l’ambiente, ritenuto freddo e poco accogliente. Non possiamo non essere d’accordo su questo aspetto: la cucina a vista è una bella scelta architettonica (ed anche perfettamente studiata per evitare il passaggio di odori) ma il resto della sala davvero poco si addice al carattere della cucina. Pensiamo che, trasportando questi piatti in un contesto più caldo (o anche più rustico) il successo del locale sarebbe triplicato.
Ma sono forse considerazioni che poco hanno a che fare con la nostra mission, che rimane orientata al cibo e al vino.
E su questo aspetto, lo chef Marco Boni -tra le cui esperienze c’è un passaggio al mitico Trigabolo, poi una lunga permanenza in uno dei ristoranti di pesce storici di Ferrara, MAX– sa il fatto suo.
Ci sono piccoli dettagli da migliorare, ad esempio l’esecuzione della maionese a lato dell’antipasto di pesce, ma il risultato è più che soddisfacente. Scegliendo piatti dove il pesce viene proposto in modo semplice (vapore, griglia, forno), qui si sta davvero bene.
Una menzione particolare va alla pasticceria: il dessert provato è davvero un gradino sopra a tutto.

La rinascita di Ferrara deve (e vuole) passare anche dal turismo e dalla ristorazione: Cucina Bacilieri è una fresca novità del centro storico della bella città estense

La nebbia, la cultura, Ariosto, le biciclette, le zanzare, la Spal, la corsa “sulla Mura”, il freddo che ti entra nelle ossa d’inverno e il caldo che ti soffoca d’estate, il Castello, l’Ospedale troppo distante dalla città, il cappellaccio e la salamina.
Ferrara è questa: prendere o lasciare. Una contraddizione vivente. L’apoteosi della città di Provincia, quella che a volte sembra starti addosso come una maglietta sudata. Nella vita così come nell’idea del ristorante ideale nella testa delle persone, che qui (come altrove) continua ad imperare: tradizione, abbondanza, sapidità.
Eppure, come puoi non volerle bene? Come puoi non sentire tuo quell’amore per la sostanza, per la concretezza, quella fierezza innata, quell’attaccamento all’essere, così lontano da un mondo che vive di apparenza come mai si era visto prima? Come puoi non sentirti orgoglioso di farne parte?
La crisi qui ha morso con una ferocia senza pari, stravolgendo tanti punti fermi, in un modo così violento da abbattere anche un elefante.
Eppur si muove… e non ci riferiamo alla Terra di galileiana memoria, ma alla frizzantezza che si respira in città nell’ultimo anno. Accanto agli storici nomi della ristorazione ferrarese (su tutti, Il Don Giovanni e la Capanna), assistiamo a nuove aperture, nuovi stimoli, tutto grazie a imprenditori capaci, spesso giovani, che non hanno paura di rischiare e lanciarsi in nuove sfide.
La ristorazione è in prima linea in questa rinascita, lenta, accorta, ma pur sempre tale.

Abbiamo recentemente parlato di Apelle, ora parliamo di un altro locale del centro cittadino che ha da poco aperto: Cucina Bacilieri.
In realtà una riapertura, dato che il proprietario e chef, Michele Bacilieri, era già conosciuto artefice del successo del precedente locale (la Mezzaluna) in cui agiva da dipendente.
Per usare le sue stesse parole, “è cambiato tutto quello che non si vede”. Quindi l’essenziale.
E non solo riferendosi alla struttura, con l’inserimento di una vetrata aperta sulla cucina a rappresentare l’assunzione di responsabilità del cuoco, così come il nome del locale lascia intendere, ma anche all’idea ristorativa, più definita rispetto al passato, più matura.
A partire da una cantina fatta di poche etichette ma pensate. Per arrivare alla cucina: una proposta in cui l’ingrediente ha sempre e comunque il ruolo primario, una cucina rotonda senza rinunciare ad improvvise accelerazioni. Senza forzare, senza esagerare: equilibrio e misura sono sempre al centro. Pesce locale e pesce dei noti fornitori di alta gamma utilizzati con pari dignità, accenni di cucina locale mischiati a buon gusto e tanto buon senso. Un solo consiglio: approfondire di più e meglio i rapporti con i piccoli agricoltori e fornitori locali, in Provincia e zone limitrofe non mancano grandi realtà.

E’ un ristorante in cui si sta bene, che è poi la cosa che più conta alla fine.
E’ un ristorante in cui si ritorna volentieri per la passione che tutti lasciano trasparire, il dipendente così come il proprietario: e quando non ti accorgi chi sia uno e chi sia l’altro, vuol dire che in quel luogo si sta lavorando nel modo migliore.