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Una “mezza” rivoluzione

Carissimi lettori,

siamo tutti reduci da un momento storico che ha imposto grandi cambiamenti, cambiamenti che, nella maggior parte dei casi, si sono rifranti con grande incisività anche nel panorama della ristorazione italiana.

Molti cuochi, molto intelligentemente, hanno colto l’inattività imposta dalla recente clausura come un momento di riflessione e di autocritica che ha avuto come effetto, lo stiamo riscontrando in questi ultimi mesi, un ulteriore innalzamento del livello della proposta.

In Italia si mangia sempre meglio, oggi ancora meglio di prima: una situazione, questa, senza precedenti e così feconda da determinare un importante cambiamento di paradigma, anche da parte nostra.

Passione Gourmet si è imposta, in quella porzione editoriale di mondo che si chiama “critica enogastronomica”, come la più critica e la più severa del settore: un rigore, questo, che abbiamo sposato sin dagli albori e perseguito anche attraverso inamovibili limiti interni, come quello di rinunciare al mezzo punto, cui abbiamo resistito per più di dieci anni. Oggi, tuttavia, la situazione è così cambiata, e in positivo, da non permetterci più di abdicare a questa possibilità, pena, la mancanza dell’oggettività di giudizio.

Per questa ragione, ma solo ai vertici delle nostre esperienze, ovvero a partire dal 17 e solo in rarissimi casi, ben ponderati, ci avvarremo dunque di questa possibilità, da leggersi come la volontà di stratificare e di rispondere più oggettivamente possibile di tutte le sfumature che abitano – e che animano – questa nostra meravigliosa cultura culinaria italiana contemporanea.

Il mezzo punto sarà più difficile acquisirlo ma sarà anche facile perderlo, ciò consentirà una maggiore dinamicità ed elasticità, così come oggi è espresso dalla cucina contemporanea, sempre in costante e continuo movimento.

Alberto Cauzzi e tutto il team di Passione Gourmet

Ferran e Albert Adrià.
Per paradossale che possa sembrare a chi ha girato per ristoranti negli ultimi quindici anni, il ruolo di questo binomio straordinario nel rifondare la cucina contemporanea è ancor oggi misconosciuto o mal inteso.
Nonostante si sia parlato e scritto tantissimo di Ferran (e quasi per nulla di Albert), anche tra gli appassionati e i professionisti del settore il lavoro dei due fratelli catalani è stato spesso confrontato con quello di cuochi loro contemporanei, a loro contrapposti senza sprezzo del pericolo e del ridicolo. Per esaltarlo talvolta o dileggiarlo di frequente.
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