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Pulejo

Rinnovamento gastronomico

Come in un tino, il vino fermenta, bolle, sommessi scoppiettii, profumo. Così il rione Prati a Roma si sta trasformando in un incubatore gastronomico; conferme, innovazioni, nuove aperture, tutto si concentra in una zona che sta lavorando per confermare la sua trazione culinaria, rappresentando sempre di più un luogo di rinnovamento all’ombra del Cupolone. In questo contesto, a pochi passi dall’interessantissimo progetto latino di Roy Caceres con il suo Carnal, scopriamo Pulejo. È qui che lo Chef Davide Puleio ha trovato il proprio approdo; salpato dall’Alchimia di Milano, è tornato nella sua Roma, carico di sapori, tecniche e accostamenti; pescando dai nostri ricordi più tradizionali, propone portate dai gusti semplici, ma mai banali.

Raffinatezza ed eleganza

Abbandonati gli inutili formalismi e l’ingessatura di alcune realtà, il clima di conviviale raffinatezza è immediatamente percepibile. In una sala molto sobria (forse anche troppo) ed elegante, l’ottimo personale ci accoglie con affabile disinvoltura, facendoci sentire subito a nostro agio, come se fossimo clienti di vecchia data. L’offerta rispecchia l’accoglienza, abbinando delicatezza ed equilibrio, in un percorso gastronomico molto interessante.

Accolti dall’ottimo Bao con aringa presentato come amuse-bouche, abbiamo subito apprezzato l’Animella con bieta e ostrica affumicata; questa nota, perfetta per impreziosire il quinto quarto, rischia, tuttavia, di coprire eccessivamente la regina dei mari. L’equilibrio è garantito e il sapore assicurato, ma una nota marina più marcata avrebbe, probabilmente, concesso un effetto sorpresa più pronunciato. Molto più diretto il gusto dei Ravioli. In questo caso l’affumicatura si avvicina maggiormente al bruciato, esaltando il raviolo e la battuta di manzo e permettendo allo splendido latte di bilanciare il tutto, senza risultare eccessivamente dolce. L’aromatizzazione al midollo chiude il cerchio del piatto, a nostro avviso veramente notevole per gusto, presentazione ed eleganza.

Il discorso cambia per la Seppia al vapore: la proteina, morbida e delicata, non trova la complicità del fumo; in questo caso è il vegetale a farla da padrone: in foglia, in crema e in cima (anche nella scala dei sapori), è sempre lui il vero protagonista, mentre la bottarga e il nero ci riportano in spiaggia, trasformando il piatto in una gustosissima verticale di broccoletti di mare. La Grattachecca all’arancia con spuma di mandorle, sablè di olive taggiasche e olio extravergine d’oliva è particolarmente indicata per accompagnarci ai dolci i quali, pur senza deludere, non sorprendono. Molto interessante il Gianduia, ibisco, amarene e foie gras; probabilmente troppo didascalico (anche nell’impiattamento) lo Yogurt, cioccolato bianco, rose e frutti di bosco.

La cantina abbisogna ancora di qualche tempo per potersi ampliare; ad ogni modo l’ottimo supporto garantito da Mattia Zazzaro garantisce la giusta compensazione, permettendo di non rimanere delusi. Il dolce comfort delle Madeline servite a fine pasto, come in un racconto proustiano, rispecchia lo spirito con cui ci alziamo da tavola, coccolati dalla gentilezza del personale e dall’abilità della cucina.

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Un ristorante – lounge bar di classe nella Milano da bere

Alberto Tasinato, già F&B manager del ristorante Seta di Milano, ha inaugurato da pochi giorni la sua nuova e scintillante creatura, L’Alchimia. Un locale moderno, degno di una città metropolitana qual è Milano. Aperto tutti i giorni dalle 12 alle 24, con la possibilità di mangiare qualcosa a tutte le ore, con un lounge bar di gran classe unito, è il caso di dirlo, a un ristorante di tenore in cui si fonde in un tutt’uno moderno e accattivante.

Al comando Alberto, che è anche coinvolto nella proprietà, assieme a una squadra di tutto rispetto: Valerio Trentani, anche lui proveniente dal ristorante Seta, che si occuperà del bar e del ristorante, e Davide Puleio, chef con trascorsi importanti e una gran voglia di imporsi alla ribalta, dopo anni passati nelle retroguardie. Un team di prim’ordine per un luogo che farà certamente parlare di sé.

Cullati tra un risotto e una cotoletta

 Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’eleganza di una cucina semplice, ma anche contemporanea e da lievi tocchi di classe. Golosa quanto deve essere, rotonda quanto basta, ma al contempo intrigante. Realizzata con materie prime di assoluta qualità e freschezza, ci ha piacevolmente cullato con una cena davvero interessante. Ottimo il Risotto Milano-Roma, con la coda alla vaccinara che “contamina” un perfetto risotto alla milanese. Così come perfetta la Cotoletta alla milanese, già oggi una delle migliori di Milano.

Un filo sottotono la Faraona, un po’ troppo virante verso il dolce, come molti altri piatti, in cui il contrasto lascia spazio alla piacevole armonia. Per piacere e per piacersi. Il contrappunto non manca però al momento del conto, secondo noi l’unica nota un filo stonata del luogo. Il progetto è importante, il luogo è stato arredato e ristrutturato con finezza ed eleganza. Capiamo tutto questo, ma avremmo visto meglio, per il lancio, una partenza più soft. Il conto, per 4 piatti alla carta, sfiora gli 80/90 euro, davvero troppi. La proposta, articolata su pochi piatti, è arricchita da un menu degustazione unico, a cui forse si potrebbe affiancare una proposta ulteriore, sempre per andare nella direzione di un più congruo scontrino a fine pasto. Il voto, arrotondato per difetto, lascia spazio alla giovane apertura, per un incremento di certo già dietro l’angolo.

Ottima e già ben fornita la cantina, che, purtroppo sconta la gioventù estrema, e quindi costi commisurati a questo aspetto piuttosto elevati.

Ma noi, da sempre estimatori di Alberto Tasinato, siamo certi del successo di pubblico e anche di critica. Non mancate una visita, anche per un delizioso e articolato aperitivo, nella Milano da bere, che è tornata forte e intrigante, forse, più di un tempo.

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