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Reale

Una voce distintiva nel palcoscenico della cucina moderna

Nell’Olimpo dei grandi cuochi moderni, Niko Romito spicca come uno degli Chef pensatori con una personalità ben definita e uno stile incisivo talmente evidenti da rendere il ristorante Reale una voce distintiva nella scena culinaria contemporanea. La sua cucina è diventata un fenomeno didattico capace di esercitare un’influenza fortissima su ristoratori, cuochi o aspiranti tali, capace di plasmare un’intera generazione (fenomeno in atto già da qualche anno). Gli iconici piatti – cominciano ad essere tanti – ideati dal cuoco abruzzese e dal suo collettivo ubicato in quel meraviglioso luogo che è Casadonna sono espressione di uno stile unico e inconfondibile, orgoglio italiano ormai acclamato anche oltre i confini nazionali.

Niko Romito, l’assoluto e i vegetali: un’esegesi culinaria

Nel corso del tempo, l’approccio di Romito alla cucina si è trasformato in una vera e propria esegesi culinaria. Si tratta di un’analisi costante, approfondita e critica degli elementi gastronomici, degli ingredienti e delle relative tecniche di preparazione. Si parla di immergersi nei dettagli della composizione, delle caratteristiche organolettiche e sensoriali, nonché delle interazioni degli ingredienti, con l’obiettivo di migliorare la comprensione e la resa del piatto. 

Al Reale il processo creativo percorre una strada complessa, c’è un quid pluris che fa di ogni piatto un’invenzione e un’intuizione geniale che parte dalle radici della terra con un prodotto lavorato per essere potenziato (o riabilitato), tracciando un cerchio che si chiude, sempre, con compiutezza assoluta, in nome della purezza. È il concetto di “assoluto”, applicato fondamentalmente ai vegetali, inteso come un ingrediente che non incontra limitazioni, restrizioni o condizioni relativamente a se stesso, che diventa, con un minuzioso lavoro di scandagliamento somministrato nel corso del tempo, sempre più potente. C’è una meticolosa esplorazione di tutte le sfumature possibili al fine di rivelare il massimo potenziale della loro armoniosa combinazione. Il minimalismo delle presentazioni nasconde sapientemente la complessità dei gusti in gioco. Dietro creazioni come Scarola arrosto, Foglia di broccolo e anice, Zuppa di patate e così via si cela un microcosmo ricco di significati che va ben al di là di nomi di piatti sommessi e sequenziali. La cipolla viene sublimata toccando tutte le corde gustative e le consistenze dell’ortaggio diventano una filigrana; tanto affascinante quanto unica la scarola: un contenitore di umami impregnato del profumo inebriante di una teglia sfrigolante di patate; il cavolo un canovaccio di consistenze con un vorticoso gioco di acidità e sapidità. In realtà, la tecnica è strumentale all’esperienza gustativa che rimane, sempre, in primo piano.

Il menù, (quasi) completamente vegetale, per complessità e profondità di pensiero potrebbe risultare un paradigma assoluto di genere, nonché testimonianza del processo creativo del ristorante Reale che continua nel suo irrefrenabile viaggio di evoluzione perpetua mediante uno studio particolareggiato e un’identità personale resiliente che persiste nel suo sviluppo incessante. E chi critica il cuoco per la sua apparente mancanza di prolificità nel proporre un menù completamente nuovo tra una stagione e l’altra, a nostro avviso perde di vista un concetto importante, strettamente legato al processo iterativo che viene implementato in queste cucine, finalizzato a raggiungere una perfezione praticamente inarrivabile. I piatti del Reale subiscono una drastica trasformazione ogni anno, mantenendo sostanzialmente la stessa forma ma migliorando notevolmente in termini di gusto, consistenza e persistenza, con l’ingrediente che assume un ruolo di protagonista assoluto (un assaggio, oggi, dello strepitoso Lenticchie, nocciola e aglio non sarà la stessa cosa dello stesso piatto assaggiato qualche anno fa). Quello che conta è che qui troverete una cucina prodigiosa permeata anche attraverso l’eccezionale lavoro di ospitalità guidato da Cristiana Romito, Gianni Sinesi e dallo staff di sala, sempre pervaso da grande entusiasmo.

Ogni anno, una visita a questa destinazione incantevole è imprescindibile per comprendere lo stato (di grazia!) della cucina d’avanguardia, non solo nazionale.

IL PIATTO MIGLIORE: Scarola arrosto.

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Se pernottate a Casadonna, dulcis in fundo, godrete di una delle ormai arcinote ed acclamate colazioni che si possano fare in Italia.

Niko Romito e lo studio sul vegetale

L’approccio al mondo vegetale, e conseguentemente sostenibile, è la nuova moda del decennio. Sembra che ormai non si possa parlare d’altro, della sostenibilità, della sconvenienza della proteina animale o ittica che sia, tanto che molti cuochi affrontano questo tema proprio perché attuale, perché la gente e tutto il movimento della comunicazione enogastronomica spinge in tal senso. E sebbene ci sia chi utilizza questo veicolo come semplice pretesto, c’è anche chi ne fa un punto di partenza: una leva per esplorare in maniera ancora più pervasiva e intensa il proprio talento e la propria ideologia di cucina, come Niko Romito.

Non è un mistero, a questo proposito, che lo Chef del Reale affronti l’ingrediente da un punto di vista risolutamente inedito e personale. Da tempo immemore la sua concentrazione, la sua capacità di sviscerare tutte le peculiarità e le spigolature della materia, è il paradigma del suo stile culinario. Pensiamo all’Assoluto di cipolla, al Carciofo, alla Melanzana. Pensiamo alle laccature, alle concentrazioni di fondi vegetali, a lavorazioni che sono in pista, per il cuoco abruzzese, da molto più di un decennio.

Il Carciofo, paradigmatico, è il risultato di un lavoro di concentrazione e di spinta amaro-dolce-sapida che non ha veramente eguali al tempo in cui è stato pensato. E ha aperto strade, terreni inesplorati a flotte di cuochi che hanno preso questo piatto come simbolo di una nuova cucina fondata sulla concentrazione e sullo studio sull’elemento. Sempre il Carciofo ha iniziato ad esplorare la strada della textura, altro aspetto che Romito ha esaltato e decisamente ridefinito. Non che la textura, dalla grande rivoluzione della nouvelle cuisine sino ad Adrià, non sia stata presa in considerazione, si badi bene. È anche qui l’uso che ne fa Romito, la profondità con cui l’analizza, che fa la differenza, tanto che la utilizza come un ulteriore sapore, il sesto o settimo, come vogliamo contarli, che produce una energia e una sensazione gustativa differente tanto quanto l’uso, più o meno accentuato, del sale, del limone, dell’aceto, di una essenza di genziana. Deforma il gusto, lo stravolge, lo plasma e, soprattutto, lo produce.

Sempre il Carciofo è forse uno dei primi e timidi esperimenti di esplorazione degli amari per il cuoco abruzzese. Amaro è maturità, amaro è gusto difficile, scorbutico da maneggiare, rischioso per la platea di clienti. Amaro è, però, una sfida, importante e unica, di essere veicolo di profondità gustativa e di riverbero degli altri gusti. È conduttore formidabile, l’amaro, se ben armonizzato, integrato, dosato.

Ebbene, tutte queste aree e tratti distintivi della cucina di Niko Romito sono letteralmente esplosi, portati all’apice, concentrati e deflagrati, in questo menù vegetale. Un menù che è un pretesto, lo ripetiamo, per spostare ancora più in alto l’asticella del gusto, la profondità dell’analisi, la spinta avanguardistica. Una valutazione che, continuando così, potrà crescere facilmente – e a breve – ancora di più rispetto all’attuale.

Amaro, concentrato, elegante, masticabile intenso in trasformazione, traslazione del gusto. Non serve aggiungere altro, se non chiedere a tutti voi di leggere i semplici titoli dei piatti, guardare le foto, e immaginarsi, crediamo con discreta facilità, cosa sta dietro a questo percorso e, allora, prenotare immediatamente un tavolo a Castel di Sangro.

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L’ascesa Reale di Romito

La vita continua a sorprendermi. E anche questa volta sono uscito sconvolto da una cena che scorderò difficilmente. Non basta un breve messaggio per descrivere tutte le emozioni che mi hanno attraversato. Un percorso in cui Niko Romito approccia terreni per lui inediti con un vigore, una comprensione e una profondità davvero unici. Il tema dell’amaro declinato e studiato sino alle viscere, l’approccio alle fermentazioni, i liquidi che in questo menu sono a dir poco sensazionali. E quella “pasta patate e calamaro” che demolisce tutti i preconcetti conosciuti. Ma l’ostrica e l’animella, quest’ultima uno dei feticci dello chef abruzzese, assieme alla trota fanno comprendere sino in fondo come questo cuoco e questa cucina siano fondati sulla progressione continua, sullo studio attento, sulla forza di identità personale che continua ad evolversi, a mutare, a sorprendere nella sua continua crescita. Dove arriveremo? Solo il tempo saprà dircelo, ma sono certo che non passare di qui, in questo luogo magico, non può che far mancare a tutti gli appassionati un gran bel pezzo di storia, di presente e di futuro della cucina d’avanguardia italiana. Identitaria come non mai. Un grandissimo applauso anche a Cristiana Romito, Gianni_Sinesi, Dino Como degni partner in crime di questo grande talento italiano, di cui non si parla mai abbastanza. Perché la forza di questo luogo passa anche attraverso il duro lavoro della squadra di Ristorante Reale.”

Il profumo del primo amore

Questo è stato il nostro scritto, d’istinto, pubblicato sul profilo Instagram personale. Uno scritto che contiene in sé già tutte le riflessioni possibili su questo nuovo ed entusiasmante percorso vissuto da Niko Romito al Reale. Lo chef abruzzese ha infatti deciso di intraprendere la via più difficile, di questi tempi, e di rischiare, di osare, di andare oltre i propri limiti e cliché. Ecco quindi svilupparsi una nuova idea di cucina, in cui gli spigoli e le asperità si modulano e rivestono dell’eleganza monastica tipica della cifra stilistica di Niko Romito. Forse sarebbe meglio dire si travestono, perché a fronte di una apparente eleganza e tenue equilibrio, questi piatti sprigionano una energia fenomenale.

L’ostrica, con i suoi sentori amaricanti-iodati e finanche lievemente grassi, allungano ogni boccone quasi fossero un grandissimo e impareggiabile grand cru di Borgogna. Le varie tonalità entrano in bocca con passo lieve ma si fanno largo in maniera dirompente e folgorante. La pasta e patate sovverte, come abbiamo detto, tutti i paradigmi conosciuti. Una pasta e patate fredda, a bassa temperatura davvero, che non si aggruma ma rende scioglievole e lungo ogni boccone, scorrevole come non mai. Qui la tecnica è indirizzata alla estrema sublimazione del gusto e delle consistenze.

Eh, già, le consistenze. Le strutture della materia. Un’impalcatura che ritroviamo nella spigola, cruda ma dalla texture mai vista prima. E l’animella, che fa intravedere l’approccio alle fermentazioni, nuovo da queste parti, ma incredibilmente centrato. Sì, le fermentazioni. Che trovano il loro azimut nei liquidi, serviti durante il pasto, che assurgono a veri e propri piatti autoriali. Quello di carote, incredibile, e quello di pomodoro, fantastico. Lavoro intenso sulle fermentazioni e sul mix di aromi che creano le derivate del gusto più incredibili e inaspettate, spiazzanti. L’agretto di pomodoro ci ha riportato alla mente la fragola Hatsukoi no Kaori Ichigo giapponese, la famosa fragola bianca che ha sentori dolci lievemente acidi, eleganti, sopraffini.

Sapete qual è il significato del suo nome ? Profumo del primo amore, e qualcosa vorrà pur dire!

La Galleria Fotografica:

Ogni chef, così come ogni relativa cucina, porta in dote specifiche e personali virtù. Ci sono i cuochi più classici, gli interpreti della tradizione o di specifici filoni del passato. Ce ne sono altri invece più contemporanei, più aderenti ai canoni e agli stili odierni, maggiormente al passo con i tempi.
Tra tutti, alcuni svettano come selezionatori di prodotti e materie prime, altri primeggiano grazie alla tecnica o attraverso idee particolarmente innovative, altri riescono a trovare nuovi spunti per valorizzare ingredienti e piatti. I più talentuosi si esprimono attraverso innumerevoli sfumature di tutti questi pregi.
Oltre a tutto ciò, ci sono Niko Romito ed il suo Reale.

Un luogo quasi mistico, questo, teatro ideale per un’esperienza profonda e intensa quale è questa cucina. Lontano da tutto, ai piedi dell’Appennino abruzzese dove la collina inizia a farsi montagna, un pranzo al Reale è molto più di un semplice pasto, per quanto di altissimo livello esso sia.
Una sala fortemente silenziosa, nonché volutamente spoglia, scevra fino all’eccesso del superfluo, che costringe l’avventore alla concentrazione e alla dedizione completa nei confronti delle portate, come una sorta di luogo di culto, come un moderno refettorio gastronomico. E tutto ciò è coadiuvato da un servizio dalla forte ritualità, a tratti quasi spirituale, che agisce con timorosa dedizione nei confronti delle portate.

Se tutta questa abnegazione -quasi vera e propria devozione- non fosse supportata da una fortissima, esasperata cucina, rischierebbe di risuonare come un urlo nel vuoto. Un ego gonfiato a dismisura che, se posto sotto i riflettori, mette a nudo tutti i propri difetti, evidenziati ed amplificati dalle luci sopra di esso, mostrandosi privo di sostanza.

E invece la grandezza di Niko Romito è proprio qui, e tutti i suoi piatti gli permettono, ai fatti, di volare altissimo per tutto il servizio: sotto ai riflettori vi è una talentuosa e capace primadonna, conscia delle sue potenzialità, in grado di trarre giovamento dalle enormi attenzioni e per questo primeggiare senza fatica alcuna.

Ingredienti di qualità sempre sopra ogni ragionevole certezza. Un occhio costantemente puntato verso la tradizione, ma con la mente proiettata al futuro. Non ultimo, un intelligente utilizzo della tecnologia, che permette di mettere in evidenza il fine, senza mai far prevalere il mezzo.
Tutto ciò permette di ottenere dei piatti straordinari, complessi ma minimalisti, spesso composti da due, tre ingredienti al massimo, ma che celano un pensiero, una tecnica e uno studio tutt’altro che essenziali; nessuna improvvisazione né abbozzo ma anni di studio e ricerca, e mesi di perfezionamento sul singolo passaggio.
Strabiliante come ogni piatto, all’assaggio, risulti incredibilmente compiuto, senza lasciare alcun margine di perfettibilità o miglioramento. E, come se tutto ciò ancora non bastasse, con una leggerezza e lievità sorprendenti, inspiegabili se pensiamo alla potenza e all’intensità dei sapori e delle concentrazioni.

La distanza, come detto, sensibile da qualsiasi parte dello stivale si provenga, potrebbe farvi desistere dal sedervi a questa tavola. Ma sarebbe davvero un errore madornale, perché vi sottrarreste al privilegio di sedere in una delle principali tavole italiane, e non solo.
Allora, armatevi della doverosa devozione per giungere fin qui, senza leggerezza alcuna ma prestando attenzione ad essere, a vostra volta, all’altezza delle luci della ribalta. E l’esperienza complessiva ripagherà ampiamente lo sforzo, garantito.

Uno scorcio della sala a fine servizio.
sala, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Con il benvenuto già si parte a tutta:
Soffice di pistacchio salato.
Ravanello Marinato.
Pane e ragù.
Pomodoro pelato, arrosto glassato al miele.
Patata sotto la cenere.
benvenuto, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Infuso di bietola.
infuso di bietola, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Crostatina con olive nere e olio d’oliva.
crostatina, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Grissini, sfoglia di ceci e rosmarino, pizza abruzzese.
grissini, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Mandorle e misticanza alcolica.
mandorle, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Spigola, capperi e prezzemolo.
spigola, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Calamaro, pepe rosa e lattuga.
calamaro, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Pane.
Una parentesi sul capitolo pane, per evidenziare ulteriormente l’aspetto rituale di questa tavola. Il pane è a tutti gli effetti una portata del menù degustazione, e viene portato a tavola da solo e solo in questo punto del menù.
Nemmeno a dirlo è un pane da urlo, un prodotto che il 99% dei panettieri (anche di grido) non è in grado di ottenere.
pane, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Cocomero e pomodoro. Un piatto basato sull’accordo (cromatismo) e il discordo (consistenze e sapori), per un risultato davvero altissimo. Una menzione speciale per le concentrazioni, da laboratorio di chimica.
cocomero, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Pancetta e sedano rapa. Un lavoro certosino sulle consistenze, da perderci la testa.
pancetta, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Linguina fredda con ostrica e patate.
linguina, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Verza arrosto. Ormai un classico di questa tavola, il paradigma dello stile di cucina di Romito: materia povera, idea di base proveniente dalla tradizione, altissimo tasso tecnico, risultato fenomenale.
verza, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Tagliatelle cacio e pepe. Semplicemente, la migliore cacio e pepe del mondo conosciuto.
tagliatella, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Piccione fondente e pistacchio.
piccione, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Gel di vitello, infuso di porcini secchi, mandorle e tartufo nero. Il signature dish di Romito, a ragione: meraviglioso.
gel di vitello, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Granita di liquirizia, aceto bianco, cioccolato e aceto balsamico. Alla faccia di chi ai congressi pontifica che “…no, non si mettono le acidità nei dolci!”. Un dessert stellare, tra i migliori di sempre.
granita, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
Gli ottimi vini abbinati, selezionati con gran cura e attenzione da Giovanni Sinesi, appassionato sommelier in sala.
vino, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
vino, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
vino, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo
In accompagnamento al caffè, i dolci finali.
piccola pasticceria, Reale 2016, Chef Niko Romito, Castel di Sangro, aquila, abruzzo

La consacrazione imprenditoriale di Niko Romito è ormai fuori discussione. C’era scetticismo sul progetto Casadonna, e invece si sono susseguiti apprezzamenti e importanti riconoscimenti che hanno aperto la strada ad altri fortunati progetti di ristorazione, che possiamo definire intelligenti e di successo.
Tra la prima avventura extra Reale, a Rivisondoli (con la quale è stata data una grande opportunità ai primi ragazzi uscenti dalla Scuola di Formazione di Castel di Sangro), e l’ultima -“Bomba” a Napoli, dove vengono serviti soltanto bomboloni fritti, dolci o salati- abbiamo assistito al progetto romano di Spazio all’interno di Eataly, ad una piccola parentesi al Capofaro Resort di Salina, e infine all’apertura di Spazio Milano dove, a nostro avviso, è stata messa in piedi la squadra più affiatata, in sala e in cucina.

Proprio il ristorante di Milano, che affaccia su Piazza Duomo, a poco più di un anno dall’apertura ha dimostrato un’importante continuità in termini di qualità ed affidabilità.
Ma oltre alla formidabile ubicazione (in quante altre grandi città d’Europa si mangia così bene, a questi prezzi, in pienissimo centro città?) c’è un servizio di sala tra i migliori che si possano trovare a queste latitudini, sempre cortese, preciso e tutt’altro che distaccato con il cliente. Ma soprattutto c’è la cucina, affidata alla brava Gaia Giordano: una cucina encomiabile nei prezzi, il cui costrutto poggia su rigorose basi tecniche, in perfetto equilibrio tra il conforto gustativo della tradizione (in primis abruzzese, ma non solo) e la sperimentazione caratterizzante il Romito pensiero.

L’ennesimo omaggio al Reale è come sempre interessantissimo. In questa occasione rombo con maionese alle erbe e lattuga marinata, giocato sulla piacevolezza di note grasse e sulla capacità di non saturare le papille gustative grazie a sapienti tocchi vegetali. Una creazione degna del Reale, come i tortelli di ricotta, distillato di pomodoro, capperi e cucunci o la frolla integrale con mandorla e limone, tutti piatti che raggiungono l’armonia gustativa grazie a tre ingredienti principali. Ma è davvero tutto buono, a partire dal pane (di farina semi integrale). Capirete che è eccezionale già solo al rumore della crosta. Siamo certi che questa cucina possa avere ancora importanti margini di crescita e, visto che ci ha abituati bene, da questo momento ci aspettiamo sempre di più. E siamo fiduciosi.
Peccato che per andare in bagno bisogna percorrere qualche metro e sperare di non imbattersi nella coda di avventori del Mercato del Duomo. Ma è una quisquilia rispetto a tutto il resto.

Scorci affascinanti.
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Cetriolo marinato.
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Il pane, senza se e senza ma, eccellente.

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Zuppa di Parmigiano e pane con pomodoro, basilico e limone.
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Manzo marinato alle erbe con salsa tonnata.
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Sauté di verdure con estratto di sedano e mela: un piatto che dà sempre grandi soddisfazioni.
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Burrata, acciughe, arancia e misticanza di campo.
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Fiori di zucca in pastella ripieni di ricotta, salsa di acciughe.
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Il Rombo con maionese alle erbe e lattuga marinata (omaggio al “Reale”) è un piatto notevolissimo, degno del tristellato abruzzese.
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Gnocchi di patate con pomodoro arrosto, basilico e ricotta Scorza Nera.
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Le ottime pappardelle al ragù bianco di coniglio, arancia e pecorino.
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Interessante la pasta fredda con tonno.
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Il piatto imperdibile di questo ristorante: tortelli di ricotta, distillato di pomodoro, capperi e cucunci. Equilibrato, goloso, elegantissimo e persistente.
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Semplice ma con una grande materia prima: alalunga, patate e pomodoro.
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Mimosa agli agrumi, lamponi e gin.
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Meringa, fragole e panna.
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Un altro pezzo da novanta di questa tavola: cremoso di mandorle, gel di limone e frolla integrale salata.
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In chiusura, l’ottima sfoglia, frutti di bosco e yogurt di bufala.
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Gelatine finali.
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Uno dei tavoli della sala che affaccia su Piazza Duomo.
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Piazza Duomo…
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L’insegna all’ingresso.
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