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Daniel Canzian

Daniel Canzian a Brera: molto più di un semplice ristorante

Un vero e proprio “laboratorio del gusto”: un emporio dove è possibile acquistare prodotti di eccellenza e vini, ma anche richiedere la preparazione di menù completi per eventi privati e catering, servizio take away, corsi di cucina sia per semplici appassionati che per professionisti; questo e anche altro caratterizza il locale eponimo di Daniel Canzian alle porte di  Brera, nel cuore della Milano più glamour.

Cuoco attivissimo e molto conosciuto in città, allievo di Gualtiero Marchesi, per non farsi mancare nulla Canzian cura, dal 2020, anche l’articolata proposta gastronomica del nuovo Campus SDA Bocconi. E questo ristorante che si definisce di “cucina italiana contemporanea” nel quale lo Chef, uno dei meno mediatici tra i Marchesi Boys, propone la sua idea di cucina fatta di semplicità, modernità – seppure nel solco tracciato dalla tradizione – stagionalità e sostenibilità.

Il ristorante è bello, ampio, i tavoli sono ben distanziati. Suggestiva la grande cucina a vista su un lato della quale sono predisposte una serie di postazioni dotate di comodi sgabelli che permettono di mangiare guardando la brigata in azione. Ma si tratta anche di un posto ideale anche per un pranzo di affari, dove è certamente importante mangiare bene –  possibilmente senza appesantirsi – anche se la testa è necessariamente impegnata altrove.

D’altra parte la filosofia di cucina di Canzian non è per nulla ideologica ma parte da pensieri e riflessioni sulla tradizione e sul mondo che, proprio alla tradizione, gira intorno.

Spaziare in molte direzioni: innovazione, riconoscibilità e tecnica

Nel menu degustazione gli antipasti sono serviti tutti in contemporanea. Ci hanno convinto le note agrodolci degli ottimi frutti di mare, cipolle, wakame, arance candite in infuso di pomodoro, meno le altre proposte un po’ evanescenti al palato a cui avrebbe giovato una maggiore concentrazione dei sapori. Grande il risotto al limone, sugo d’arrosto e liquirizia, un classico di Canzian datato 2013. Caratterizzato da una spalla acida importante e da una fascia aromatica notevole. Perfetto in cottura e mantecatura, golosissimo, semplice e diretto. Molto “Marchesiano”.

Meno riuscito nella nostra esperienza il maialino da latte caramellato alla cui temperatura di servizio, peraltro, non ha giovato un piatto di portata alquanto freddino.

Discreti i dessert tra tradizione (la centomila foglie) e modernità (la sfera di cioccolato). Cantina non estesissima ma con etichette di grande qualità a prezzi tutto sommato corretti. In conclusione, oltre che cuoco di indubbio valore Canzian si dimostra anche imprenditore in gamba, tanto che, alla fine, resta il dubbio sul fatto che, qualche volta, il ristorante possa non essere precisamente il primo tra i suoi pensieri. Sospetto avvalorato peraltro dal fatto che, quello stesso giorno, sia lo Chef che il suo secondo fossero assenti, entrambi altrove, impegnati in eventi.

Va da sé che, ovviamente, speriamo di sbagliarci: e che questo bel ristorante, nella sua bellissima sede, possa continuare a essere, e a rappresentare, una realtà di successo!

La Galleria Fotografica:

Giovani forchette alla riscossa. In questo spazio di PG, raccogliamo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”.

Luci e ombre

Terrammare, la nuova apertura – in zona Brera – dello chef Peppe Barone, vuole portare i sapori della Sicilia reinterpretati in chiave moderna nel vivace panorama milanese. Tuttavia, nonostante materie prime pregevoli, la cucina non convince a pieno. La degustazione offre buoni piatti, come il risotto giallo con i gobbetti, rotondo e bilanciato, e l’anatra con acciuga che, grazie a una particolare combinazione di sapidità e consistenze, ricorda il vitello tonnato. Eppure, la modernità a cui si vorrebbe tendere risulta spesso solo accennata, in una proposta in cui prevalgono piatti di pura tecnica e abbinamenti privi, invero, di una precisa impronta personale. A ciò si aggiungono alcune imperfezioni come un tataki troppo cotto e impiattamenti non sempre ottimali, a un prezzo un po’ superiore alla concorrenza. Il servizio caloroso e l’ambiente curato fanno però sperare che serva solo un periodo di assestamento prima di poter gustare l’esperienza promessa.

La Galleria Fotografica:

 

Atmosfera modaiola, cucina confortevole e larghi consensi

Gennaro Esposito ha fatto breccia nel cuore dei milanesi. Merito della sua vulcanica cucina mediterranea, sempre aggrappata a quell’idea di tradizione confortevole che però non scende mai a compromessi su prodotto, tecnica e cuore.

Si chiama It, è presente anche a Ibiza e, da pochissimo, a Londra. Bastano le due iniziali per conoscere l’intento del progetto. All’interno del Palazzo Gondrand, nel cuore di Brera, va in scena una piacevolissima cucina (principalmente) marinara-gourmet dagli evidenti connotati personali, molto decifrabile e, tecnicamente, di pregevole fattura, con il pescato del giorno a farla da padrone.

Il locale ha compiuto da poco un anno e, in poco tempo, ha saputo farsi apprezzare da una clientela facoltosa riuscendo anche nell’impresa (quasi inaspettata) di ottenere il sempre agognato “macaron” nell’ultima edizione della Guida Michelin. Qualcuno potrebbe dubitare di un riconoscimento così importante a una cucina meno sofisticata di altre che, invece, sono ancora a bocca asciutta. Eppure, senza fare paragoni inutili, da It fanno sul serio e piatti solo apparentemente semplici come lo spaghetto al pomodoro – tradizionalissimo – o la pasta alla genovese raggiungono un livello altissimo: provare per credere.

Anima multifunzionale: business restaurant, cocktail bar e bistrot

Ma Milano è esigente e una carta business che si rispetti non può prescindere dalla tradizione locale oltre che nazionale. A pranzo vengono proposti piatti milanesi come la cotoletta (battuta ma buonissima) o romaneschi come la carbonara, di ineccepibile livello. Inoltre, a pranzo, incluso il sabato, viene proposto un menu di 3 piatti a 35€, di gran convenienza.

Interessante anche la formula più informale, quella del bistrot, con una proposta intelligente ma sempre di qualità. Ottimo poi il brunch domenicale dall’imprinting, quest’ultimo, tutto mediterraneo e una studiata proposta mixology, anch’essa di tutto rispetto.

Un progetto che è partito con l’obiettivo di curare i dettagli, come quelli della pasticceria che sforna preparazioni eleganti e articolate, ciliegina sulla torta di una proposta gastronomica di evidente qualità. In aggiunta a tutto questo, segnaliamo un servizio di sala preciso, solerte e professionale; una carta dei vini essenziale ma con etichette ben selezionate – dai ricarichi altini, ma adeguati al cadre – e un arredamento curato e lussuoso.

It è sicuramente un locale di tendenza e benché la nostra valutazione non sia ancora completamente piena vogliamo mettervi in guardia dall’etichettarlo con superficialità e, al contrario, esortarvi a lodarne, come abbiamo fatto noi, l’incontestabile sostanza.

La galleria fotografica:

Nell’era del 2.0 è invitabile: chiunque tra noi, appassionato o no, prima di recarsi in un ristorante -ma non soltanto- dedica un più o meno rapido sguardo al suo sito web, in bilico tra voyeurismo, ricerca di informazioni e pura curiosità.
Ed il sito di Sushi B, proprio in termini voyeuristici, è quanto di più chiaro possibile: senza che sia dato sapere dove finisce l’ambizione e inizia il SEO, il titolo della pagina recita testualmente “Il miglior ristorante di Sushi Giapponese di Milano”.
Semplice e diretto.

Con questa premessa ci rechiamo da Sushi B sinceramente incuriositi, certi di un’esperienza gastronomica quantomeno degna di nota.
Ci accoglie un ambiente letteralmente da sballo, in una delle vie più charmant del centro di Milano, via Fiori Chiari: non nel quartiere Brera ma letteralmente in Brera, a cinquanta metri dalla Pinacoteca, proprio di fronte a quella che fu l’abitazione/studio di Piero Manzoni.
Pochi scalini e sarete avvolti in un ambiente estremamente di tendenza, all’interno di uno spazioso dehors con un ampio giardino verticale, numerosi tavoli ed un grande banco bar, per un aperitivo o un drink after dinner.
Entrando dalla porta sulla sinistra, l’aspetto da lussuosa boutique se possibile si accentua ulteriormente, tra vetri e specchi, marmi e laccature nere, luci anche troppo soffuse e impeccabili divise del personale.

In bagno, uno spettacolare Washlet di Toto ci dispone al meglio quanto a tasso di orientalità, ed invece quest’ultimo si rivelerà, purtroppo, la cosa più giapponese che troveremo tra queste mura.
Senza girarci troppo intorno, non solo non ci troviamo di fronte al miglior ristorante giapponese della città ma, a dirla tutta… in realtà non ci troviamo nemmeno in un ristorante giapponese in senso stretto.

Quella di Sushi B è un’interpretazione di cucina fusion fortemente contaminata, tanto da arrivare a offuscare completamente la sua base di partenza. Piatti -sotto l’aspetto meramente gastronomico- corretti e piacevoli, ottenuti partendo da materie prima di buona qualità, ma snaturati al punto da risultare decontestualizzati ed insensati in qualsiasi ottica, privi di mordente, di stimoli, di anima.

E anche volendola inquadrare come fusion, questa cucina mostra il fianco alla prima ripresa, non operando per valorizzare piatti e materie prime del Sol Levante, bensì limitandosi a mixare, senza profondità, ingredienti dalle origini più disparate. Esempio perfetto il sushi, nel nostro caso davvero basico: riso troppo freddo, dal punto di cottura leggermente oltrepassato, senza acidità né alcun altro contrasto, con del pesce di buona qualità ma totalmente annichilito dal topping in aggiunta, in ordine sparso tartufo, foglia d’oro, caviale e foie gras.
Un paradigma di purezza orientale, il nigiri, travolto e inghiottito dalla voglia di stupire e strafare.

E così, tra il sushi non all’altezza ed un sigaro di pasta fillo davvero banale, il migliore dei piatti del menù Omakase creativo (suggeritoci dal cameriere come scelta consigliabile, nonché fiore all’occhiello della proposta del ristorante) risulterà la pancia di maiale con verdure croccanti. Un piatto sicuramente valido, anche se non propriamente quel che ci si aspetterebbe all’interno di un Omakase… men che meno poi se le aspettative -questa volta indotte- erano da miglior Giapponese di Milano, ed il conto è comunque parametrato ai medesimi ambiziosi livelli.

Il benvenuto: Pesto di Shiso, tagliatelle di Konjac, pinoli tostati. Sfizioso, buon inizio.
benvenuto, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
I cocktail, davvero eccellenti non solo se rapportati alla media dei ristoranti, ma anche ai cocktail bar di grido.
Il Milano-Tokyo…
Cocktail, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
…e lo Shinkansen, notevole. Gin Jinzu, Junmai Ginjo, Limone, Acqua al Lemongrass, Agave, Shizo.
Shinkansen, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
La prima portata: Cappesante, gamberi di Mazara, spuma di yuzu, caviale. Buona qualità delle componenti, buona dosatura di acidità: l’inizio è convincente.
capesante, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Tonno, Salmone e Ricciola Gunkan, con maionese all’avocado. I tre sashimi, scottati all’esterno, sono riempiti delle loro uova.
tonno, salmone, ricciola, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Salsa di barbabietola, scampo scottato, carpaccio di barbabietola, sashimi di ricciola, olio al tartufo.
scampo, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Sigaro di pasta fillo con sarde, patate e basilico giapponese, polvere di pomodoro e sale Maldon.
Un briouat, tipico della cucina marocchina (?), non croccante, eccessivamente unto e dalla farcia poco incisiva.
sigaro di pasta fillo, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Il sushi creativo: Scampo (con olio al tartufo, disturbante già al naso alla presentazione del piatto), Ricciola (con caviale), Salmone (con uova di salmone), Branzino (con uova di merluzzo), Toro (con foie gras).
sushi creativo, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Ostrica cotta nel burro di Normandia.
ostrica cotta, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Pancia di maiale, verdure croccanti, salsa di topinambur, salsa teriyaki. Ottimo piatto, con annesso momento di sommessa ilarità per un lapsus del cameriere nella presentazione, testualmente “…il topinambur è una sorta di tubero giapponese…”.
pancia di maiale, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
Predessert: Chantilly con spuma al caffé.
predessert, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
I dessert, in linea con il rapporto forma/sostanza del resto della cena: dall’impiatto curato, dai molteplici ingredienti, ma alquanto basilari nel gusto.
“Come un pittore”: Crumble di cacao, meringa, cioccolato bianco, sorbetto all’uva fragola, salsa alla lavanda.
dessert, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano
“Terra bruciata”: mousse al cioccolato, spuma di fagioli Azuki, sorbetto al cioccolato e ganache di cioccolato affumicato.
terra b bruciata, Sushi B, Nobuya Niimori, Brera, Milano