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Casa Anna

Un logo magico nell’alessandrino

Gianni Sarzano, Anna e Silvia. Padre, madre (a cui è dedicato il nome del ristorante) e figlia. Gli unici e sempre presenti attori in questa opera teatrale messa in atto dal giovedì a cena alla domenica a pranzo.

Un tempo proprietari e gestori di quel fantastico ristorante che fu il Bivio di Quinto vercellese. Un luogo magico già allora che, qui, nella prima collina dell’alessandrino, ha trovato nuovo impulso e una nuova energia positiva. Una famiglia unita, sodale, che vi farà respirare l’aria di casa: la loro casa. Eh sì, perché Casa Anna è prima di tutto la loro casa, aperta al pubblico, poco e selezionato, per pochi giorni la settimana. 12 coperti, non uno di più, potranno essere allietati dal calore e dalla gentilezza di Anna, che vi accoglierà sempre con un discreto sorriso, dalle impertinenti provocazioni enologiche di Silvia, che vi delizierà anche con qualche aneddoto di famiglia, e con la cucina di Gianni, immensa, fine ed elegante come una sciarpa di cachemire.

Perché Gianni ha un grandissimo senso del gusto e una grande sensibilità in cucina. Un pizzico, un tocco, un nonchè di ogni cosa è calibrato e moderato con estrema attenzione, finezza ed eleganza. Una cucina solida, diremmo tradizionale, ma che qui prende un fascino tutto suo sia grazie agli straordinari prodotti impiegati per costruirla, unici e selezionati come selezionati sono gli ospiti accolti, sia grazie alla mano dello chef, felice.

Ecco quindi che quelle rane, ancora pescate selvatiche, sono il viatico per intraprendere un viaggio di sapori, gusti e consistenze che davvero vi faranno sobbalzare sulla seggiola. I plin alle patate e culatello, dall’equilibrio dell’impasto perfetto – non stopposo ma soffice ed elegante – sono costruiti con una sfoglia eterea, quasi impercettibile. Del buon burro di qualità, odori dell’orto e il gioco è fatto.

Splendide anche le lumache, accompagnate da una fine crema di piselli e pancetta, e splendido il finale con le amarene sciroppate “maison”, gelato e ratafià.

Un progetto non per tutti, però, perché la cucina di questo cuoco è una cucina nobile e nobiliare, efficacissima nel rappresentare il rito elitario della tavola: in una parola, e come apostrofava il Maestro, Gualtiero Marchesi, il vero lusso dell’apparente semplicità.

La Galleria Fotografica:

È ormai da parecchi anni che stiamo assistendo ad un importante cambio di paradigma, quando parliamo di alta cucina. Fino a una decina di anni fa era difficile scindere il concetto di gourmet da quello di sfarzo, di grandi relais, di servizi degni di corti reali, di carte altisonanti, nel solco di quella grande tradizione di stampo francese da tanti avversata, ma di fatto spesso volutamente imitata.

Negli ultimi anni però qualcosa è cambiato, forse seguendo una deriva meno formale di stampo nordico, rimanendo affascinati dalla cultura nascente dei gastro pub e piacevolmente sorpresi dalla rivincita in chiave gastronomica dei bistrot francesi. Di conseguenza l’Italia ha voluto riappropriarsi dei propri valori e, riprendendo coscienza di sé, ha ricominciato a manifestarsi mettendo a nudo la sua anima semplice e diretta.
Questo ha sicuramente aiutato una nuova generazione di talenti a intraprendere nuove avventure senza doversi gettare in investimenti faraonici.

Uno di questi esempi è l’hotel Cinzia di Vercelli. Per quanto recentemente restaurato, il suo stile un po’ vintage non sembra avere nulla che lo possa contraddistinguere da simili strutture situate nelle periferie di altre città. Anche l’accesso sembrerebbe precludere qualcosa di diverso dalla sala dove gli ospiti di un ordinario albergo si recano per la colazione, per il pranzo o per la cena. E invece, già entrati nell’elegante ma nel contempo discreta sala, si percepisce di essere al cospetto di qualcosa di più.
Dal 2005 due giovanissimi fratelli si sono installati in questa struttura familiare, proponendo una cucina di alto livello, sempre attenta al territorio ma aperta all’eclettismo, che ben presto ha iniziato a riscuotere consensi da pubblico e critica. Il tutto accompagnato da un servizio elegante, affabile e immediatamente in sintonia con il cliente, che fa presto soprassedere su alcune piccole imperfezioni.

Per molti appassionati i nomi Christian e Manuel Costardi sono da ricollegare a un’unica materia prima: il riso. Ed effettivamente per anni il prodotto principe della terra vercellese è stato il cardine indiscusso della loro cucina. Declinato in una trentina di varianti, ha costituito e costituisce ancora un elemento di attrazione decisivo per i suoi estimatori.
Ma c’è molto altro e, seppure i risotti costituiscano ancora una parte importante della carta (se ne trovano oltre una ventina, scusate se è poco), i fratelli Costardi stanno vieppiù cercando di dimostrare che possono avere qualcosa da dire anche lavorando su altre materie prime. Christian, il maggiore dei due fratelli e il più comunicatore, si intrattiene volentieri svelando aneddoti, idee e progetti futuri.

Il risultato è una cucina elegante, giovanile, essenziale, priva di orpelli ma finalizzata a sensazioni gustative chiare, raramente sconfinanti nel provocatorio ma nella maggior parte dei casi intriganti. Una cucina che sta cercando di aprirsi e guardare oltre, già riuscendoci molto bene. Preparazioni che trovano nell’armonia gustativa il loro equilibrio perfetto, lasciando presagire le potenzialità di due grandi cucinieri ancora in divenire, forse frenati dalla timidezza, ma di certo capaci, quando se la sentiranno, di spingersi oltre i limiti che la ragione impone. Siamo certi che a breve i Costardi Brothers supereranno l’imbarazzo di specchiarsi, riconoscendosi parte integrante e proattiva di un’evoluzione gastronomica italiana innovativa, spregiudicata e sincera.
Le potenzialità ci sono tutte, il tempo per realizzarle pure.

Patata e baccalà. Apertura garbata ed elegante.
patata e baccalà, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Pic Nic a Mazara del Vallo.
La consistenza e la grassezza del gambero crudo (superba materia prima) trovano un ottimo bilanciamento nella croccantezza del pistacchio e nei sentori dati dalla leggera tostatura eseguita con la fiamma al tavolo. La fruizione rigorosamente manuale non è per la verità esente da potenziali problemi.
Pic nic, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
gambero di mazara, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Scampo in saor.
Ideale pendant del piatto precedente. La sapidità data dalla cottura unitamente alle note acidule tipiche di questa preparazione portano un gradevole pulizia in bocca.
scampo in saor, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Capasanta.
Scoprendo la conchiglia l’impatto visivo è quello di un paesaggio nordico, l’apparente severità risulta tuttavia più estetica che gustativa. La crema di latte, con un’appena percepibile nota acidula, evita il contrasto aperto mantenendo però il palato sveglio, e sostenendo alla perfezione il gioco di consistenze e sensazioni gustative tra la sapida carnosità della capasanta e lo iodio dello sfuggente caviale. Cristallino.
Capasanta, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Triglia.
Piatto di un’estetica molto evocativa. La panatura sembra quasi un ritorno ciclico del Pic Nic, seppur privo della sua nota amarognola ma interessante per l’apporto di aromaticità e croccantezza. All’arancia e alla “sabbia” alla base il compito di apportare una misurata acidità, rispettivamente sapidità e un’inaspettata coda aromatica (paprika…).
Triglia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Carota viola.
Al gusto si fa notare il sapiente apporto della barbabietola, che evita una prematura assuefazione del palato e porta la necessaria succulenza a un piatto relativamente asciutto.
Carota viola, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Risibisi e seppia.
La materia principe della zona, malgrado la volontà di emancipazione in atto, non è certo stata rinnegata, ed eccoci al primo risotto.
Niente mantecatura con burro o con olio, l’elemento legante è appannaggio esclusivo del pisello, il quale con la sua tipica mineralità ben si sposa con la materia ittica. Un abbinamento classico sapientemente applicato a un prodotto del territorio.
Risibisi e seppia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Taglio sartoriale.
Più da golosi la seconda proposta del risotto, servita nell’ormai famosa “lattina” creata qualche anno fa in collaborazione con il sempre vulcanico Bob Noto. Un sontuoso risotto alla riduzione di birra Moretti Grand Cru, crema di Grana Padano 27 mesi. Viene in aiuto la millimetrica spruzzata di polvere di caffè arabica, perfetta a sostenere il piatto fino all’ultima forchettata.
taglio sartoriale, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
risotto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Animella, mandorla e pak choi.
Un piatto che ci ha decisamente divertiti. La consistenza volutamente molto croccante su un lato, la salsa al Marsala, la mandorla: in bocca le sensazioni ricordavano quelle di un maialino al forno! Il pak choi ad apportare il necessario, ma sempre garbato, contrappunto amarognolo ad evitare un eccessivo sbilanciamento del piatto verso le note dolciastre.
animella, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coturnice nell’orto.
La coscia, elemento di sapidità più pronunciata cui tradizionalmente viene assegnata funzione di chiusura, costituiva stavolta a sospresa l’elemento di apertura. Il petto, a parte l’evidente apporto estetico al piatto, assumeva invece quasi il ruolo di companatico al senz’altro riuscito gioco di consistenze, temperature e sensazioni gustative tra la salsa (sapida, naturalmente calda) e l’”orto” alla base del piatto (aromaticità, mineralità,contrasto di temperature). A questo punto la coscia nella forma proposta, ne abbiamo convenuto, fosse seguita avrebbe costituito un anticlimax.
coturnice nell'orto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coturnice nell'orto, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Coscia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Panna cotta morbida con mosto d’uva.
Elemento di inconsuetudine è la consistenza morbida e avvolgente. Gustativamente, siamo su binari abbastanza classici, ma il livello di realizzazione è ammirevole.
Panna cotta, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Ivoire mela finocchio e sedano.
Il cioccolato bianco proposto risulta perfettamente bilanciato dall’acidità della mela e dalla mineralità di sedano e finocchio. Un piatto fresco che evidenzia un equilibrio e un’eleganza non da tutti.
Ivoire, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Indivia.
Chiusura che concede qualcosina in più al concetto tradizionale di dolce, ma non troppo. La mineralità amarognola dell’indivia, unita alla polvere di capperi, si trova a bilanciare le lievi parti dolci del piatto, conferendogli una freschezza che ne ha resa rapidissima la sparizione.
Indivia, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
I petit fours.
petit fours, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli
Il vino che ci ha accompagnato a tutto pasto.
barolo, Costardi Bros, Chef Christian e Manuel, Vercelli

Il Laida Weg, albergo a 4 stelle incastonato a Rima San Giuseppe, lembo estremo della provincia di Vercelli, 69 residenti e 1417 metri di altitudine, ha tutti i crismi per diventare un buen retiro gourmet, a conforto della qualità della ristorazione alberghiera, che in Italia sta facendo decisi passi in avanti.
Rima è una località raggiungibile comodamente e rappresenta il luogo in cui si è concretizzata la lucida e visionaria follia imprenditoriale della famiglia Tognon, sopratttutto di Flavio Tognon, che un giorno, capitato da queste parti con moglie e figli, ci costruì dapprima una casa di vacanza e successivamente, con un’operazione di ingegneria civile ed alberghiera con pochi precedenti, un albergo di tecnologia avanzata, dove nelle camere regna la domotica, ma che nel cuore conserva uno spirito antico. Come le case avvolte nel silenzio ultrasecolare di questo puntino sulla carta geografica, fondato dal popolo Walser nel XIV secolo (Laida Weg, il nome dell’hotel, deriva proprio dalla loro lingua), e come quella sensazione di caldo relax che cattura l’avventore.

Ai fornelli del Laida Weg, in una sala di compassata eleganza, i Tognon hanno chiamato Paolo Bullone, under 30 che a differenza di molti coetanei ha pochissima spocchia e moltissima umiltà. Sarà l’ispirazione che danno le montagne che circondano l’albergo, la sua ‘ascendenza culturale’ marchesiana, l’atmosfera ovattata ma di fatto, il ragazzo ha un’idea di cucina molto precisa, necessariamente in evoluzione, che interpreta al meglio la sua funzione: accompagnare, con discrezione, la fase contemplativa. Perché le grandi finestre, su cui s’affaccia il ristorante, offrono scorci da brivido. E farebbero sembrare deliziosi i più anonimi spaghetti allo scoglio della più anonima tra le pizzerie. Figuriamoci se in tavola arriva un Acquerello, che poi ti sognerai la notte.
L’esperienza gustativa è necessariamente complementare alle coccole della Spa interna all’albergo, alle migliaia di libri ordinati sulle mensole, ovunque, alla scoperta degli angoli più nascosti di questo minuscolo pertugio montano. Ma le sorprese arrivano anche alla fine di ogni pranzo o di ogni cena: già, perché Flavio Tognon, oltre a quella per l’edilizia fatta senza sbavature, nutre da decenni una passione divorante per i whisky scozzesi. Passione tramutata in attività di commercializzazione di single malt rarissimi con una società ad hoc che importata a Rima bottiglie uniche in quello che è il Whisky Bar di qualità più alto d’Europa.
Sveliamo un segreto, ossia che i whisky più buoni non sono quelli elencati nella carta poderosa: per accedere ad un piccolo tesoro nascosto, ossia ai whisky ‘fuori carta’, dovrete necessariamente conquistare gli occhi e il cuore di Flavio Tognon. Facendo attenzione, come diceva Indro Montanelli, perché “è un uomo che viene da lontano”.

Assiette di salumi d’autore con pan brioches per cominciare: il prosciutto crudo d’Osvaldo svetta sublime.
assiette, Laida Weg, Chef P. Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Rivoluzione caprese.
Rivoluzione, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Riso Carnaroli Acquerello, crema di spinacio, toma di Piode e tartare di Fassone: risotto atto primo, cottura e mantecatura perfette, la crema cinge voluttuosamente formaggio e fassone.
Riso Carnaroli, spinaci, toma, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Riso Carnaroli Acquerello al gorgonzola Dop e whisky Smokehead: risotto atto secondo, l’affumicatura e la piccantezza del Gorgonzola naturale.
riso con gorgonzola e whisky, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Filetto di cervo in crosta di pane nero aromatico con spuma di patate, ravanelli e ribes: selvaggina e componente dolce, un classico intramontabile.
filetto di cervo in crosta di pane, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Selezione di formaggi dal carrello: potrebbero crescere di numero, ma sono eccellenti. Nota di merito per le tome di latte vaccino che stagionano da queste parte sono rilevanti.
tome, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Soufflè ghiacciato al frutto della passione.
soufflè ghiacciato, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Mousse Bahibe cremoso al mandarino e glassa al pralinato, dolce marchesiano e non invasivo. Da rimarcare, benché manchi l’immagine, la qualità non usuale della piccola pasticceria servita col caffè.
mousse bahibe, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
I caldi spazi del whisky bar, dove concedersi bevute di malti leggendari…
whisky, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli

Venticinquerisottiventicinque in carta. Una follia, in tempi di percorsi obbligati di degustazione e di liste di piatti che, un po’ per sano buon senso e un po’ per moda, troviamo ridotte sempre più all’osso. La considerazione non è di poco conto perché già delinea un tratto saliente della cucina di Christian e Manuel Costardi: il coraggio. Un coraggio che non è mai mancato ai due fratelloni fin dall’inizio, da quando hanno deciso di puntare alto sulla propria città, terra ricca di tradizioni gastronomiche ma landa deserta nel panorama della ristorazione elevata.
Dopo gli esordi a metà degli anni Duemila i Costardi hanno riscosso rapidamente parecchi successi alla fine dello scorso decennio. Un’ondata improvvisa di allori che ha avuto, a nostro parere, un effetto boomerang sulla considerazione che il mondo gastronomico ci pare abbia di questo ristorante, che proprio da allora ha fatto un salto in avanti di cui non si parla quanto meriterebbe. Con tutti i limiti della “recensione visiva” è impressionante il divario estetico e concettuale fra i piatti della nostra precedente visita, colpevolmente datata 2009, e questo nostro pranzo. Non è cambiata la lunghezza della carta, non è cambiato il governo della sala, affidato all’ottima Elisa Bellavia, ma per il resto la cucina ha preso una fisionomia chiara, in cui un certo eclettismo si pone più come tratto stilistico che come costrizione autoimposta e nella quale ogni idea viene portata fino in fondo con personalità. Ecco allora due antipasti che più agli antipodi non si potrebbe immaginare: da un lato lo splendido Orto, con le verdure acidulate a contrastare vigorosamente le sfoglie di animelle cotte a bassa temperatura (dalla consistenza che lascia sbigottiti per mancanza di punti di riferimento) ed aromatizzate al limone e liquirizia. Dall’altro gli scampi in saòr, piatto in cui l’acidulatura è tenuta in secondo piano (ad apportarla provvedono le poche gocce di aceto di timorasso aggiunte al tavolo) e in cui la cipolla trattata con grande classe, gli scampi e l’uvetta finiscono per rendere la dolcezza, che spesso ci troviamo a stigmatizzare, un elemento imprescindibile e di ferrea logica, assai coerente con la nobile materia prima.
Inutile rimarcare il livello assoluto dei risi e dei risotti, tele sulle quali, aggrappandosi al più locale dei prodotti, i Costardi disegnano l’intero immaginario culinario. Fra essi citiamo, ultimo arrivato fra le fila delle trascrizioni di piatti di tradizione (parmigiana di melanzane, pomodoro e basilico e carbonara fra gli altri), uno strepitoso aglio, olio e peperoncino.
Chiudono la fila, prima della piccola pasticceria brandizzata e asportabile, gli ottimi dessert realizzati dal “piccolo” Manuel, punto esclamativo su una cucina matura che si esprime ormai assai bene su tutta la linea.

Baccalà mantecato freddo, cremoso tiepido di patate e noce moscata: un’entrata confortevole.
Baccalà Mantecato, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Mare in burrasca: tutto lo iodio del mondo a circondare un ottimo crudo di spigola.
crudo di spigola, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
A Venezia: scampi in saòr.
scampi in Saor, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
L’entusiasmante Orto.
Orto, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Prato: riso mantecato alla clorofilla di prezzemolo con crudo di mare ed agrumi.
riso mantecato alla clorofilla, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Fresco, acido ma anche ghiotto il Carnaroli con gambero rosso, cardamomo e lime.
riso con cardamomo, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Più nerboruto il Carnaroli taglio sartoriale (una selezione particolare degli Aironi realizzata in collaborazione con i Costardi), Grana Padano 27 mesi, riduzione di birra e polvere di arabica.
risotto con grana e birra, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Riso aglio, olio e peperoncino.
riso aglio olio e peperoncino, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Panna cotta, mosto cotto. Un’apparente banalità, ma di livello incredibile.
panna cotta, mosto cotto, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Fragole, yogurt greco ghiacciato, basilico e crumble caramellato.
fragole, yogurt greco ghiacciato, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
petit four, Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli
Christian&Manuel, Costardi Bros, Vercelli

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Recensione ristorante.

Tra innovazione e tradizione per ora prevale la seconda sensazione.
I fratelli Costardi stanno movimentando la cucina dell’alto Piemonte e si stanno rivelando sempre più concreti e convincenti. Alcune provocazioni , incertezze o apparenti bizzarrie sono ormai relegate al passato.

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