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Il Canto

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Il Canto ha riaperto con una novità: Paolo Lopriore è ancora lì in cucina. Ad inizio anno il giallo, con l’annuncio della chiusura del ristorante della Certosa di Maggiano: una notizia ferale per chi come noi considera Lopriore uno dei più grandi cuochi italiani, per altri una scusa per riaccendere polemiche già viste, addirittura un motivo di soddisfazione per qualcun altro. (altro…)

Quando Anton Ego si siede per la prima volta al tavolo di Gusteau con, in cucina, l’improbabile duo Remy/Linguini, al cameriere consegna subito una domanda semplice e diretta: “vorrei un po’ di prospettiva”. Ecco, forse questa è l’unica grande e legittima richiesta che ognuno di noi dovrebbe porre al cospetto del grande chef: farsi aprire, con la sua arte (o presunta tale), nuove prospettive, nuovi orizzonti, mondi paralleli della conoscenza culinaria fino ad allora ignoti alla nostra percezione. Stupire, affascinare, irritare, tranquillizzare, ammaliare, confortare, ammiccare, semplicemente nutrire: sono tutte azioni nelle corde di molti, moltissimi chef. Ma aprire nella mente dei propri clienti nuove “prospettive”, beh no, signori, questa è una dote che appartiene solamente a pochi (e grandi) cuochi.

L’improvvisa chiusura dell’esperienza al Canto di Paolo Lopriore ha scatenato molte reazioni. Per fortuna forse Paolo è solo inciampato in un gradino malmesso della sua brillante carriera, come spesso capita agli chef della parte alta della classifica. Ricomincerà presto da un’altra parte, ne siamo certi. Di sicuro tutte quelle repliche convulse hanno ingenerato discussioni a non finire, fazioni pro e contro, e, in generale, non hanno aiutato a dissipare qualche personale perplessità che ancora mi attanaglia.

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Se cercate un luogo delizioso per un primo appuntamento o per una cena romantica alla prima vacanza con il nuovo partner, scorrete fino al fondo della pagina ed impostate sul TomTom l’indirizzo de L’Asinello. Siamo a Villa a Sesta, minuscola frazione di Castelnuovo Berardenga che ospita anche lo stellato La Bottega del 30. Il Chiantishire non è solo leggenda, e passeggiando per il borgo ci si rende conto che la prima lingua da queste parti non è l’Italiano.
In quest’oasi di pace Elisa Bianchini e Senio Venturi (un passato al Povero Diavolo con Piergiorgio Parini ma soprattutto con Riccardo Agostini) portano avanti una cucina solida, spiccatamente regionale e con molti spunti interessanti. Il risotto al dragoncello con prosciutto croccante è ad esempio un piatto di brillante esecuzione e meravigliosa freschezza che rende benissimo l’idea di dove questa giovane coppia potrebbe arrivare fra non molto tempo. Sullo stesso livello troviamo, alla fine della cena, l’eccellente crostata scomposta con albicocche e rosmarino (candito, uno spettacolo), un pezzo di pasticceria che non stonerebbe affatto su una grande tavola.
Per il resto, premesso che saremmo ottusi se pretendessimo una cucina completamente omologata in ogni regione, bisogna rilevare come i piatti provati risentano eccessivamente del palato “troppo toscano” dello chef, e ciò non tanto per quel che riguarda olio o sale quanto per l’abbondanza del pepe praticamente ovunque, che per chi non è abituato a tali quantità finisce per nascondere più che esaltare alcune sfumature. Ciò non toglie che tutte le portate si collochino su un livello già decisamente buono. Interessanti le crocchette di cinghiale con budino di asparagi e giallarelle, così come i ravioli di pasta di pane carasau, ripieni di trippa al forno ed accompagnati da una crema di cannellini che tuttavia si perde un po’ per strada.
Decisamente buono il piccione arrostito, di cottura “lunga” che non andrà di moda ma in un contesto del genere ha un senso, farcito di patate e tartufo nero ed accompagnato da pomodori e cavolfiori (che insieme agli asparagi non possono non far alzare il sopracciglio del talebano stagionalista). I ragazzi sono bravi, la sala funziona e la cucina convince. Ci sono tutte le basi per sperare in rapidi progressi.

Salumi toscani selezionati.

Raviolo di trippa al forno con cremoso di cannellini ed aceto basamico.

Polpettine di cinghiale con budino di asparagi e giallarelle.

Tartare di manzo con zabaione al parmigiano (un po’ scarico).

Piccione arrosto farcito di patate e tartufo nero.

Mela e stracchino.

L’ottima Crostata di albicocche e rosmarino.

Buona selezione di pani fatti in casa (a parte il toscano tradizionale).

Nella piccola pasticceria si distingue invece il cannoncino di cioccolato bianco con pistacchio salato.

Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Al Canto spendi 130 euro per mangiare una manciata di cozze che potresti mangiare da un pescatore con 1 euro.
Alla Certosa di Maggiano il cliente è una cavia alla mercè di un pretenzioso cuochetto.
Paolo Lopriore prende per il c… i suoi clienti.
L’insalata di alghe, erbe e radici è il piatto più disgustoso che io abbia mai assaggiato.
Tutte ‘ste menate per una cucina per ricchi scemi.
Sì ma sono tutti piatti d’assemblaggio, la cucina cucinata è un’altra cosa.

Chi si riconoscesse in almeno due di queste affermazioni è pregato di abbandonare immediatamente la lettura di questo articolo. Chi è d’accordo con almeno una proposizione invece prima di proseguire è meglio prenda un bel respiro e tenga la macchinetta per la pressione a disposizione. (altro…)

Eh, si … Passione Gourmet compie il suo secondo anno di vita.

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