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Il Vescovado

Dalle fornaci di Vado allo splendido palazzo arcivescovile di Noli la cucina di Giuseppe Ricchebuono è rimasta una solida certezza.
Chef autodidatta, inizia la sua avventura nel mondo della ristorazione con l’apertura de “La Fornace di Barbablù”: inizialmente il locale è semplice e informale, poi la svolta, la voglia di creare qualcosa di nuovo rispetto alla stantia cucina di territorio della zona e la consacrazione con l’arrivo della stella Michelin, gli articoli sui giornali e l’unanime consenso sulle maggiori guide nazionali.
Oggi la suggestione del Vescovado (cui si accede con ascensore e funicolare), con la bellezza del panorama e il fascino del nobile palazzo, mette il cliente nella condizione ideale per vivere un’esperienza da gustarsi in tutti i sensi.
La cucina di Ricchebuono privilegia, naturalmente, il mare ed il pescato, ma non disdegna la terra e i grandi classici della cucina Ligure, cimentandosi anche in piatti di cacciagione come la magistrale lepre alla royale e scorzonera del nostro percorso.
La mano è sicura, il pesce di ottima qualità, il pane e soprattutto la focaccia inducono a peccare senza ritegno.
Qualche piatto ha però evidenziato incertezze inaspettate, come, ad esempio, il fritto, ottimo per qualità e varietà del pescato, ma poco croccante, freddo e con l’olio di cottura troppo in evidenza. Anche i ravioli di coniglio con il loro fondo e salsa di pinoli denunciano una sfoglia spessa e poco elastica, un ripieno pesante e una salsa ai pinoli slegata rispetto al contesto del piatto.
Sono buoni e ben realizzati, invece, i fagottini di calamari e cavolo nero, ma anche la rivisitazione del coniglio alla ligure, tentativi riusciti di attualizzare due piatti della tradizione bistrattati nella maggior parte dei locali della zona.
La carta dei vini è piuttosto ampia, ma soprattutto ben realizzata con prodotti non banali proposti a prezzi interessanti ed il servizio in sala sempre attento alle esigenze dei clienti.
L’esperienza nel complesso risulta piacevole, benché la cucina necessiti in alcune iniezioni di personalità, visto anche un conto finale non proprio leggero.

La buonissima focaccia tradizionale e le focaccine al rosmarino


L’ottima variazione sul tema carciofo come benvenuto della cucina

Palamita con giardiniera di verdure e bottarga

Fagottini calamari e cavolo nero

Tortelli di coniglio, il loro fondo e salsa ai pinoli (foto di apertura)
Gnocchetti al pomodoro che fanno parte del conveniente menù bimbi proposto a €18 per tre portate

Lepre alla Royale e scorzonera

Il coniglio alla ligure con il suo fegato: proposto invece che a pezzi in modo classico, in versione disossata e arrotolata

Il fritto misto

Pre dessert

Macaron, amaretti, frutti di bosco: piacevole nel complesso, ma il macaron a essere buoni è da rivedere

Piccola pasticceria

All’Arco Antico non si arriva per caso. Il ristorante si trova infatti semi-nascosto in una zona periferica di una città che già non brilla di luce propria quando si parla di turismo.
Quindi grande stima per Flavio Costa che dal 1999 gestisce il locale con straordinaria passione e determinazione e da dieci anni si fregia della stella Michelin.
Se a tutto ciò aggiungiamo che in cucina lavora praticamente da solo, che si occupa in prima persona della gestione della più che interessante cantina e che nei rari momenti liberi riesce anche a passare fra i tavoli per fare due chiacchiere con i clienti, otteniamo il profilo distintivo di questo vero e proprio “one man band” della cucina.
La cucina di Flavio negli anni si è molto evoluta, agli inizi era quasi esclusivamente di mare, ma con il passare del tempo nel menù dell’Arco Antico hanno cominciato a trovare sempre maggiore spazio le carni (con una vera e propria predilezione per le frattaglie) e le splendide verdure locali; vere chicche come il carciofo di Albenga, le zucchine trombetta e l’asparago violetto solo per citarne qualcuna.
Oggi non esiste più una carta vera e propria, ma tre diversi menù degustazione: terra, mare ed il gastronomico (10/12 mini portate a seconda dell’estro e del mercato) con la possibilità però di scegliere liberamente dai vari menù le singole portate (che sono prezzate singolarmente) e comporsi un pasto ad hoc.
Questa scelta ha l’indubbio vantaggio di permettere allo chef di variare molto spesso il menù seguendo la stagionalità, il pescato e l’ispirazione personale, oltre a permettergli una più oculata gestione delle scorte e un maggior controllo della cucina durante il servizio.
Esempio di questo modo di intendere la cucina è stata la nostra cena, dove, complice l’arrivo degli ormai ultimi tartufi bianchi dal vicino Piemonte, è stato allestito un ottimo pasto con grande protagonista la trifola, abbinata a piatti classici e meno classici dello chef.
Il risultato? Più che soddisfacente, con vertice nei golosissimi gnocchetti al burro, topinambur, crumble d’acciughe e tartufo.
Insomma sia che si abbia voglia di mare oppure di sapori più maschi, terragni, l’Arco Antico continua ad essere un punto di riferimento importante per chi transita in Liguria. Comprendiamo che, di questi tempi, la struttura che Flavio si è dato lo faccia sopravviviere alle intemperie del periodo, è altresì altrettanto vero che questo aspetto ha come contraltare una cucina tutto sommato frenata, e non potrebbe che essere così, con queste forze.

Pane e focaccia fatti in casa

Acciughe ripiene di prescinseua impanate e fritte, sandwich di baccalà mantecato.

Cappon magro: un piccolo capolavoro. Nel cucchiaio a livello gustativo troviamo tutto quello che ci si aspetta dal piatto simbolo di mare della Liguria.

Dal mare…alla terra: palamita appena scottata, rapa, barbabietola, granella di nocciola, carne cruda a coltello, crema di patate, tartufo, riproposizione moderna del mare e monti in versione autunno-inverno, tutto a fuoco e ben realizzato con il classico abbinamento carne-tartufo che batte di misura il pesce-tartufo, questione di affinità elettive.

Patate, uovo affumicato e tartufo: un tuffo in un bosco, la dolcezza della patata, la rotondità della nocciola, la suadenza del tuorlo d’uovo affumicato e sua maestà il tartufo.

Fonduta leggera di raschera, sedano rapa e cacao: piacevole il rincorrersi dei sapori, prima naturalmente il formaggio gran protagonista, ma poi arriva la piacevole aromaticità del sedano rapa ed infine la nota amara del cacao, peccato per la temperatura di servizio davvero troppo bassa.

Gnocchi di patate, topinambur e crumble di acciughe salate: un piatto veramente azzeccato, gnocchi dalla consistenza perfetta, dadolata di topinambur, colpo di genio del crumble di acciughe che oltre ad apportare una scontata nota croccante ci regala un sapore pieno, rotondo quasi umami.

Ravioli di animelle e acciughe: un piatto da uomini veri, la dolcezza untuosa dell’animella si scontra con la forza iodata dell’acciuga, qui non ci sono vie di mezzo: o è amore, o è odio.

Filetto piemontese quasi crudo, spinacino, ristretto di nebbiolo e formaggio di capra: ottimo e cotto alla perfezione il filetto, più che ben tirata la salsa.

Pere masernasse con gelato al pandolce e vino cotto.

Piccola pasticceria.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Questa recensione del Guardiano del Faro integra ma non sostituisce la precedente di Alberto Cauzzi che troverete riproposta dopo questa.
Il Presidente.

Non basta il cervello, ci vuole anche un certo fegato per mettere nel piatto mezzo cranio di capretto disossato.
Ma non solo il cervello, pure la lingua.

Questo il biglietto da visita invernale di Flavio Costa in versione tutte le carni minuto per minuto.
Bipedi pennuti e quadrupedi pelosi.
Menù sorprendente ma felicemente risolto su molto aspetti.
Quindi non solo per il pesce a Savona.
Non che questo già non si sapesse, ma così ben definito forse non lo si poteva immaginare.

Un crescendo d’oca, anatra, pernice , tordo ,capretto,vitello, manzo e lepre.
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