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Belvedere

Il Forte Village di Santa Margherita di Pula, uno dei complessi alberghieri più importanti e prestigiosi dell’isola, ha da tempo deciso di dare il giusto rilievo al settore gastronomico.
Numerosi sono gli chef, più o meno famosi, che si avvicendano in collaborazioni con i ristoranti dislocati nei sette hotel del villaggio.
Uno di questi, Il Villa del parco, ospita il ristorante più noto, il Belvedere, affidato allo chef Antonello Arrus e oggetto della nostra curiosità da gastronomi erranti.
Non essendo disponibile un menù degustazione, si è scelto random da una carta ricca di piatti che sembrano essere, saggiamente, comprensibili opzioni per la diversa e variegata clientela italiana e internazionale che frequenta il village.
L’intento, condivisibile, è chiaramente quello di offrire uno spaccato italico, ma non solo, con una cucina intelligibile, ricca di pietanze familiari e che permetta scelte rassicuranti.
I notevoli dubbi nascono non tanto dallo stile adottato, anche nella presentazione dei piatti, piuttosto naif e più simile a quello di una buona trattoria che a quello di un ristorante blasonato, quanto dalla loro esecuzione, che stona non poco con le aspettative legate a una tavola del genere.
Il gazpacho di melone, ad esempio, e la tartara di avocado, che accompagnano l’astice, difettano dell’acidità di cui il piatto necessiterebbe, col risultato di renderlo monotono e dolciastro in modo stucchevole.
La salsa di noci che accompagna lo scrigno con saltimbocca al dentice è di una grassezza eccessivamente generosa e anestetica, tale da ridurre a comprimari sia il dentice che i gamberi.
Infelice anche il risotto, passato di cottura e confuso nelle proporzioni fra pecorino, zucca e scampetti.
Anche sui secondi significative sono le imprecisioni, specialmente sui filetti d’orata, oltremodo appesantiti da spinaci molto grevemente saltati in padella, che non vengono riscattati nemmeno dalla vellutata di ricci a dir poco latitante, tra l’altro, nella concentrazione del mollusco.
Aggiunto che praticamente a ogni piatto salato è stata presentata l’opportunità di aggiungere pepe, quasi che questa spezia, vera primadonna, possa essere un passepartout adatto a completare ogni piatto, sottolineato il servizio cordiale e volenteroso, non possiamo non manifestare viva perplessità riguardo un’esperienza vissuta all’insegna di una così uniforme approssimazione che non ci permette di esprimere una valutazione numerica coerente.
Per tale motivo, rispettosi del lavoro altrui, sospendiamo il giudizio, fiduciosi che in successive visite la delusione che ha caratterizzato il nostro pasto possa essere riscattata da più consone performances.

Amuse bouche: guacamole con gamberetti.
amuse bouche, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Pani.
pane, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Burro.
burro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Brodetto di mitili ai pomodori soleggiati e zafferano al pane aromatico, in pratica un buon sautèe di cozze e vongole.
brodetto di mitili, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Astice cotto a bassa temperatura nel suo bouillon su gazpacho di melone moscatello e tartara di avocado.
Astice cotto a bassa temperatura, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Duetto: ostrica gratinata al mornay di gorgonzola e capasanta allo zabaione salato.
Impalpabile lo zabaione.
ostrica gratinata, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Scrigno di grano duro con dentice in salsa di noci e gamberi imperiali.
scrigno di grano duro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Onesti spaghetti con ragù di spigola e bottarga.
spaghetti al ragù di pesce, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Risotto con la zucca, pendolino, pecorino filante, scampi al timo.
risotto con la zucca, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Filetti di orata con spinaci, melanzane e vellutata di ricci.
filetti di orata, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Scaloppa di San Pietro su pavè di porri, vichyssoise al vermentino. Anche qui la salsa è di una grassezza poco equilibrata.
Scaloppa di san pietro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Soffice di pan sapato con salsa alla vaniglia e gelato al fior di latte.
pan sapato, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Millefoglie con crema Chantilly e sfoglia di cioccolato fondente e salsa di arancia sanguinella.
millefoglie con crema chantilly, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Soldi di cioccolato.
soldi di cioccolato, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Petit four.
piccola pasticceria, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Un gran bel vermentino.
Vermentino, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Sala.
sala, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Ingresso.
Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Forte Village.
Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula

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Olbia è la porta d’ingresso di quella celebre enclave in territorio sardo che risponde al nome di Costa Smeralda, luogo in cui il lusso sfrenato è status symbol e la bellezza assoluta della natura circostante il suo degno corollario. Ma orientarsi alla ricerca di indirizzi gastronomici di livello da queste parti non è impresa facile.
Alle meraviglie paesaggistiche, alla sublime qualità delle acque e alle risorse alberghiere che si susseguono in questa piccola porzione di paradiso non fa riscontro, purtroppo, un’altrettanto valida offerta nella ristorazione.
Proprio nel centro di Olbia, però, all’interno di un albergo a tre stelle, il ristorante Gallura rappresenta da decenni un punto di riferimento sia per la popolazione del luogo che per il turista di passaggio.
Il locale, dagli spazi a dir poco limitati, offre l’opportunità di gustare una cucina onesta, classica, semplice e per niente elaborata.
I camerieri, non essendoci un vero e proprio menù, hanno il compito ulteriore di elencare a voce i piatti presenti non disdegnando consigli sulle pietanze del giorno. Tale caratteristica fa il paio con la singolare presenza sulla tavola di amuse-bouche, nel nostro caso due formaggi, che fanno bella mostra di sé ancor prima di accomodarsi.
Altrettanto curiosa la presenza, a centro sala, di un mobile con vari contorni disposti ciascuno nel proprio contenitore, emblema di una modalità d’altri tempi di concepire la ristorazione.
Una volta fatta la scelta del pesce da consumare, opzionandolo da un vassoio opportunamente avvicinato al tavolo, comincia una successione di piatti rassicuranti portati, in verità, con un ritmo un po’ troppo sostenuto.
La materia prima ittica è di ottimo livello, elaborata il giusto e in modo diligente cercando di preservare il gusto attraverso preparazioni comprensibili e il più possibile familiari.
Non è certo il locale dove cercare il vezzo stilistico o l’elegante rifinitura ma l’offerta permette di trascorrere una serata, o parte di essa, vista la speditezza del servizio, in modo abbastanza soddisfacente.
La carta dei vini, incentrata quasi esclusivamente sulla Sardegna, offre l’opportunità di accompagnare il pasto in modo adeguato e con ricarichi abbordabili.

Mise en place con formaggi.
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Ottimo pane carasau.
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Impalpabile primosale con mandorle e olio.
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Non meglio specificato “simil brie” con abbamele (derivato della lavorazione del miele).
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Insalata di seppie e fagiolini.
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Cozze e cannolicchio gratinato.
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Affettuose linguine con arselle e bottarga.
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Zuppa di scorfano.
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Spigola alla vernaccia buona e sincera con tanto di testa servita a parte.
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Sorbetto di mirto.
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Torta di fichi con cioccolato (sic).
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Un signor Vermentino in purezza.
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Sala a fine servizio con il mitico mobile in evidenza.
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520

A Cagliari sembra imperversare una sorta di buonumore coinvolgente. Ce ne siamo accorti subito dal tono curiosamente cordiale del tassista che ci conduceva in centro città. Ci ha accolti con un “Benvenuto a Cagliari, signore” che tanto stride con l’asprezza delle imprecazioni (causa traffico e stress) dei suoi colleghi di Milano o Roma. Qui tutto sembra filare liscio, pacato, sereno. Passeggiando nel cuore di Cagliari, attorno al maestoso bastione di Saint Remy e in attesa di cenare nel ristorante omonimo, la gente che incontriamo sorride, scherza, sembra allegra e spensierata. E questa è la sensazione principale che ci accompagnerà per tutta la serata, anche in questo intimo ristorante di Cagliari, città oramai orfana da tempo della sua stella Roberto Petza.
A pochi metri dall’ingresso del ristorante non possiamo non notare la bottega di Bob Marongiu, famoso artista sardo autodidatta: dalla prima volta che ammirammo una sua opera sono passati molti, forse troppi anni, ed eravamo coccolati nella sala multicolore di un certo Igles Corelli in quel di Ostellato.
Varcato l’ingresso ecco un altro sorriso: questa volta è quello di Marino Cogoni, patron del St.Remy. Lunga e luminosa carriera nel mondo dell’alta hotellerie, barman in luoghi di mondanità e lusso, Marino da neppure due anni ha scelto di ritornare nella sua Sardegna e assieme alla moglie Silvana di iniziare una nuova avventura a Cagliari. Il locale è uno storico indirizzo ristorativo fin dagli anni ’70 e le sue mura sono state utilizzate in passato come rifugio antiatomico, convento di suore di clausura e deposito di prodotti farmaceutici. Insomma la storia c’è.
Il presente parla invece di molta semplicità e desiderio di far bene. Silvana è autodidatta ed è entrata per la prima volta in cucina all’apertura del locale. Una bella sfida per lei, ma anche per Marino, che la aiuta con la sua esperienza in abbinamenti e creazioni.
La materia prima è di qualità, la lista “taylor-made” sulle potenzialità della cucina: pochi piatti, ispirati per lo più dal mercato, versante ovviamente mare.
Le ricette migliori arrivano quando la volontà di esagerare non prende il sopravvento, valga su tutti l’esempio poco felice del Dentice sfumato al vermentino, capperi, olive, pomodoro secco, porro e spicchi di limone: come diceva il mio illustre maestro di nome Enzo, il classico piatto in cui se togli a caso due o tre ingredienti il risultato migliora.
Ma nel complesso è giusto guardare al St.Remy con occhio benevolo, arrotondando per eccesso la valutazione di un locale in cui si sta bene a prescindere da qualche piccolo intoppo che, con il tempo e i giusti consigli, sarà facilmente eliminato. Ci hanno insegnato che a un sorriso si risponde sempre con un gesto d’affetto e dopo aver trascorso una serata in questa città meravigliosa, non possiamo certo tirarci indietro.

La sala
sala, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Iniziamo con lo splendido Vermentino Is Argiolas 2012
vino, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Tartare di Gamberi rossi di Mazara del Vallo con fragole.
tartare, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Calamaro al vapore, con emulsione di aceto di mele, salsa di avocado e zenzero.
calamaro, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Fico nero, ricotta affumicata, bottarga e riduzione di aceto balsamico.
fico, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Pani: su tutti ovviamente il Guttiau di cui abusiamo sempre.
pani, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Laganelle al limone, julienne di zucchine, vongole e bottarga.
laganelle, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Macarrones casarecci con fiori di zucca, pomodorini saltati e ricotta mustia.
maccarones,Da Marino al St.Remy, Cagliari
Il sorriso contagioso di Cagliari: alle pareti riproduzioni delle opere di Bob Marongiu.
bob marongiu, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Dentice sfumato al vermentino, capperi, olive, pomodoro secco, porro e spicchi di limone.
dentice, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Mousse di ricotta, pinoli e saba.
mousse, Da Marino al St.Remy, Cagliari
Chiusura: Argiolas Angialis 2009.
vino, Da Marino al St.Remy, Cagliari

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Recensione ristorante.

Avevamo lasciato Roberto Petza nel 2007 in procinto di lasciare S’Apposentu, il suo salotto buono, quel magnifico proscenio all’interno del Teatro Lirico di Cagliari a Santa Alenixedda, ennesima testimonianza di come la burocrazia e la scarsa lungimiranza di certi amministratori possano rovinare anche l’unico fiore all’occhiello gastronomico della città, ed uno dei pochissimi in regione.
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