Chiunque voglia studiare, capire, conoscere la cucina italiana degli ultimi 20 anni non può prescindere da una figura come quella di Davide Scabin. Uomo intelligente, cuoco eccezionale, geniale, creativo, ma grande interprete anche della cucina più classica.
Di lui, come dei grandi pittori, potrebbe tracciarsi una storia suddivisa in periodi, ciascuno contraddistinto da un colore.
Il periodo Blu, quello delle origini, con la trattoria Al Combal ad Almese nella bassa valle di Susa. Era il periodo del vitello tonnato e della cucina tradizionale anche se, attenzione, già allora su prenotazione espressa, per pochi fortunati era possibile richiedere in modo quasi “clandestino” un menu creativo.
Quindi, il periodo Rosso quello della nuova sede al castello di Rivoli, proprio di fianco al Museo di Arte Contemporanea. E’ il periodo del Combal.Zero. La fase della cucina creativa, anche molto spinta, dell’innovazione assoluta, del food design. In questo periodo si consacrano piatti come il Cyber Egg (uovo avvolto in una pellicola trasparente con scalogno e caviale) e, in generale, si fa avanti un’idea di cucina che vuole stupire ma che è sempre attenta a non prendersi troppo sul serio. E’ quella dimensione ludica, altra caratteristica di Scabin, per cui divertimento e golosità viaggiano di pari passo.
Quindi si arriva agli ultimi anni che potremmo definire il periodo Giallo Oro. Quello della maturità in cui il cuoco di Rivoli torna alla grande cucina classica, alla materia. Centralità gustativa prima di tutto e ancora grandi piatti come l’ormai celeberrimo Rognone al gin.
Insomma, come si vede, nel tempo sono cambiate le stagioni ed i colori ma intatto è restato il talento e la capacità di Scabin di concepire e realizzare piatti capaci di regalare emozioni.
Quelle emozioni che sempre devono richiedersi a chi ambisce ad essere ai vertici della ristorazione. Quelle emozioni che, purtroppo, non abbiamo provato nel corso della nostra più recente visita.
Non abbiamo trovato i colpi del fuoriclasse. I piatti che non dimentichi.
Inevitabile, dal momento che stiamo giocando con i colori, pensare che in questa fase del Combal.0 ci sia qualche sfumatura di Grigio.
Da una carta quasi totalmente nuova fatta eccezione per due classici: l’Uovo cibernetico e la cara, vecchia Zuppizza (che, detto per inciso, fatichiamo a considerare un piatto memorabile) abbiamo mangiato tanti buoni piatti, a volte molto buoni, ma niente di più.
Abbiamo trovato una cucina corretta, equilibrata, leggera. Rassicurante. Quasi didascalica nel suo voler mettere ogni cosa al posto giusto. Grande attenzione alla presenza in ogni piatto di diverse consistenze e nell’arco dell’intero menu a bilanciare i piatti caldi e i piatti freddi, i piatti da masticare e i piatti da sorbire, con un occhio attento alla giusta acidità e un elemento vegetale sempre presente.
Ma nessun genio, nessun colpo d’ala, poca originalità. Proprio lo Scabin che non ti aspetti.
Sappiamo che proprio in questi giorni lo Chef sta aprendo una nuova trattoria in quel di Ivrea (e ne siamo lieti ovviamente oltre ad augurargli ogni fortuna), che è spesso in televisione con Antonella Clerici (e certo non gliene possiamo fare una colpa dal momento che viviamo nella civiltà dell’immagine); prendiamo anche atto che la sera della nostra visita lui non c’era (ma come si ripete sempre i grandi ristoranti devono funzionare alla perfezione anche quando il grande cuoco non c’è, ma non vorremmo che si trattasse di tre indizi del fatto che il buon Davide sia un po’ distratto e non sia più così concentrato sul caro vecchio Combal.Zero.
Che mai come in questo momento ha bisogno di lui. E, lo ammettiamo, ne abbiamo ancora bisogno anche noi.
Ad Majora.
Mise en place. Molto elegante.
La sala.
Compagno di viaggio.
Grande entrée. Acida, fresca e pure croccante: coulis di pomodoro, baccalà, cialda di grana e spaghetti al nero di seppia.
Carne cruda 2.13: carne cruda di fassona, bagna cauda (ma in versione fredda, più gentile al palato), cicorietto, tartufo nero.
Seppia e piselli.
Un eccellente Riesling.
Uovo di mare con frappe di peperoni. Dell’uovo solo l’illusione: capasante, peperoni, ricci di mare. Non convincente, un po’ di confusione al palato.
Raviolo di nervetti in brodo di Jamòn Ibèrico de Bellota 5J ed ostrica. La pasta è pasta fresca fritta, il brodo è versato in diretta.
Giardiniera con salsa brusca. Piatto cromaticamente interessante con un bel gioco di consistenze dato dalle diverse cotture delle verdure. Fegatini di pollo a dare carattere.
Riso, Ceviche, Bisque. Dicendola semplice un risotto con bisque di crostacei e gambero crudo al lime. Non entusiasmante.
Zuppizza. E’ la versione nuova con i capperi a sostituire l’acciuga del piatto originario.
Tagliata di sedano rapa con funghi.
Spiedino di quaglia e pescato. Il pescato è un dentice.
Siamo pur sempre in Piemonte.
Fassona al camino. Costoletta di Fassona panata a regola d’arte e fritta nel burro con sentori di camino. Divertente, grande materia prima.
Stichelton, assai simile al più noto Stilton ma rigorosamente a latte crudo e pane in cassetta maison.
Mango e caffè.
Classicissima Cheese-cake con composta di mirtilli.
Cyber Elio Campari. Giochiamo in chiusura: una sfera da succhiare piena di Campari e Lemonsoda e Smarties a volontà.
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Recensione Ristorante
Davide Scabin lo seguiamo da più di dieci anni, dai tempi della trattoria di Almese, un locale anonimo e tutto sommato convenzionale che, certamente, stava stretto ad un vulcano in eruzione come Davide.
Il menu creativo, in quel periodo, era un rito vagamente carbonaro ed andava richiesto all’atto della prenotazione. Un luogo, la trattoria di Almese, che per certi versi era una versione tutta nostra del Bulli, in cui officiava un rivoluzionario che spiazzava con le sue idee ed i suoi piatti ad alto contenuto innovativo. E non erano periodi affatto facili allora, in cui si parlava ancora poco di cucina e ancora meno di alta cucina.
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Recensione ristorante.
“Siamo andati sulla Luna e siamo tornati indietro, nulla esclude che si possa ripartire per Marte”
No, oggi non parlerò di piatti, di contrasti, di temperature, di armonie, almeno non all’inizio. Ma di un interessante dialogo immaginario (ed anche reale) con uno dei più grandi chef che l’Italia può vantare: Davide Scabin. Un dialogo che non ha un inizio ben preciso, che probabilmente è nato in maniera inconsapevole, che è frutto di riflessioni, di costrutti, di pensieri elaborati a distanza. Ma che convergono, o per lo meno tentano di farlo.
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Avete presente quel giochino che si faceva da bambini?
Girare forte su se stessi, sempre più forte , fino a perdere l’equilibrio e cadere per terra senza più nessuna cognizione dello spazio.
Qui la tavola non gira, a farvi perdere la bussola ci pensa Davide “ Roller Coaster ” Scabin.
Va bene il blocco della “ penna ” che ultimamente mi attanaglia, ma non ci avevo mai messo così tanto tempo a metabolizzare un pranzo. Bersagliato da miriadi di stimoli ho smarrito il target.
Dove mi ha portato questa cucina ?
Quali sensazioni mi ha stimolato?