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Passerini

Passerini, Passard, Partager, Pulp, Proseliti, Paris.

Termini apparentemente accomunati dalla sola iniziale. Ma con un filo conduttore importante e significativo.

Perché Giovanni Passerini è un po’ di tutto questo. Lo ricordiamo ancora, nell’estate di quasi dieci anni fa, alla porta del bistrot Uno e Bino di Roma, luogo che lo rese famoso ai gastronomi erranti, raccontarci come, a esami terminati alla facoltà di economia, decise che la sua strada non sarebbe stata quella di sedersi ad una scrivania di una banca qualsiasi. E volle diventare cuoco, contro tutto e tutti.
E poi la svolta, da noi incoraggiata in tempi non sospetti, di approdare a Parigi, proprio da quell’Alain Passard che ce lo ricorda tanto. Arrivato per uno stage di pochi mesi non se ne è più andato.
Passard e Passerini: similitudini di pulizia gustativa, di avanguardia nelle forme, nei modi di fare ristorazione e di cosa mettere nel piatto. Similitudine anche nel creare una vera e propria filosofia, nel saper insegnare senza essere maestri… con il gesto, con le idee.
E qui ecco il collegamento ai proseliti.
Che per un quarantenne al giro di boa sono già tanti. Più che proseliti o discepoli li identificherei come compagni di viaggio, che però hanno innegabilmente preso qualcosa, più di qualcosa, dal loro mentore. E mi riferisco a nomi del calibro di Simone Tondo, oggi a rivitalizzare l’ex La Gazzetta (ora “Tondo”) di Rue de Cotte, a Michele Farnesi del Dilia (il vecchio Roseval, sempre a Parigi) e a Jeremiah Stone del Contra di New York. Tutti passati dalle sue cucine, tutti grandi talenti che oggi mostrano il meglio di sé altrove.
Ma, come la “generation Passard”, con l’imprinting del mentore ben in evidenza. Tondo come Barbot? Stone come Bosi? Farnesi come Colagreco? Le premesse ci sono tutte… e ottime diremmo.

Personaggio non comune Giovanni Passerini, che unisce talento culinario a visione, avanguardia a sana capacità imprenditoriale, un filo di follia “pulp” a lucida e razionale precisione.

Ecco così nascere l’ennesima sfida. Dopo molto tempo dalla chiusura di Rino, bistrot di successo non venduto, non atteso al declino ma semplicemente chiuso. Tempo passato a riflettere, a vivere la vita, a respirare il profumo della libertà, per rigenerarsi. Ma anche passato a progettare, a pensare, a programmare.

L’apertura del pastificio, alcuni mesi or sono, è stato solo il primo passo in direzione di un progetto ambizioso.
Un bistrot che non è né italiano, né francese. È passeriniano, nuovo neologismo da tenere ben impresso nella mente. Un gioco di collaborazione virtuosa in cui la macelleria al piano di sotto serve per prendere animali, d’acqua o di terra poco importa, di grossa pezzatura, rigorosamente interi, che poi vengono lavorati per i clienti “à Partager”, in condivisione, con una spinta estrema verso la convivialità.  E nell’annesso pastificio si lavora, egregiamente, il resto dell’animale per le paste ripiene, e viceversa si producono le basi per degli ottimi primi per il ristorante.

Innovazione nel modello di ristorante, conviviale e molto terreno, molto concreto, ma anche avanguardista e raffinato. Con un occhio attento ai conti e agli sfridi, per riciclare tutto. Idee apparentemente scontate, invero geniali.

Una cucina che fonde tecnica sopraffina alla riscoperta di un antico modo di mangiare, con condivisione, con allegria, con piatti sporchi ripuliti con la scarpetta. Golosità unita a raffinata eleganza e profondità, senza disdegnare qualche tocco di innovazione avanguardista.

Siamo solo agli inizi di un percorso, un grande percorso, che vedrà fare faville a questa idea e al suo creatore.

E già oggi Parigi, città tra le più adatte per questo esperimento, risponde con il costante pieno tutti i servizi. Sarà difficile sedersi a questa tavola ma provateci con tutte le vostre forze, ne vale davvero la pena.

Una vista alla cucina in miniatura.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

L’ottimo compagno di viaggio.

vino, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Les plats à partager… pour 2, 3 o 4…

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

L’ottimo pane, della panetteria di fronte al ristorante.

pane, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Il Passerini creativo. Trippa, seppia, nero di seppia, nasturzio, menta, salsa di ortiche e pecorino. Un piatto da fondoscala!

trippa, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

‘A scarpetta… doverosa.

scarpetta, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Gnudi di ricotta e granseola, acqua di pomodori, ciliegie e olio al fico: genial!

gnudi, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Pici ai peperoni arrostiti, anguilla e maggiorana.

pici ai peperoni, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Il rombo per 4?

rombo, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…o l’anatra per 2?

anatra, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Fantastica anatra cotta intera, perfettamente…

anatra, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…accompagnata da gratin di finocchi al burro, fenomenale.

gratin finocchio, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Crostini di interiora alle melanzane e cipolle…

crostini di interiora, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

…e insalata condita al fondo bruno.

insalata, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Et voilà, le plat.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

E gli ottimi residui.

Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Babà da manuale: con crema cruda, sorbetto di albicocche e olivello spinoso.

Babà, Passerini, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Chef Giovanni Passerini

distillerie bocchino, Lo Spirito del Tempo, Chef Giovanni Passerini, Parigi

 distillerie bocchino, Lo Spirito del Tempo, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Nuovo appuntamento con il progetto che Passione Gourmet ha in collaborazione con la storica Distilleria Bocchino di Canelli (AT).

Durante i nostri quotidiani e golosi viaggi alla ricerca dell’eccellenza ogni mese assaggiamo in media oltre 150 piatti, dai più creativi ai più tradizionali. Il nostro è quindi un osservatorio privilegiato che indaga e studia costantemente l’evoluzione e i cambiamenti dell’alta cucina che tanto amiamo.

In omaggio alla filosofia aziendale della Distilleria Bocchino, un brand che ha radici antiche, ma che si propone oggi con un’anima moderna e attuale, ogni mese decreteremo il miglior assaggio fra tutti quelli effettuati premiando il piatto che avrà saputo tradurre una ricetta storica della tradizione culinaria italiana attraverso un’interpretazione creativa, nuova e contemporanea.

Da gennaio a settembre assegneremo mensilmente a 9 chef e ai loro piatti il premio “Lo Spirito del Tempo”. Tra tutti coloro che saranno premiati in questi mesi ne sceglieremo 3 che saranno protagonisti di una serata di Gala a novembre, occasione in cui ad uno solo di essi verrà assegnato da una giuria di giornalisti e appassionati gourmet il Premio finale “Lo Spirito del Tempo 2014” by Distilleria Bocchino.

Leggere qui il premio del mese scorso

distillerie bocchino, Lo Spirito del Tempo, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Siamo al secondo verdetto, quello di febbraio: tra tutti gli assaggi effettuati nel mese appena trascorso, vince il premio “Lo Spirito del Tempo” by Distilleria Bocchino il piatto Ravioli di potimarron, ricci, brodo di zucca butternut e olio di Tagete” dello Chef Giovanni Passerini del Ristorante Rino di Parigi.

Un premio meritatissimo per uno dei pochi chef italiani che ha saputo conseguire grandi consensi al di fuori dei confini nazionali. Giovanni Passerini è un esempio di come la migliore tradizione della cucina italiana può essere straordinariamente attuale, esaltando il “nostro spirito” sulla ribalta internazionale. Il suo piatto, declinando creativamente un grande classico come i Ravioli di zucca, parla al mondo con un idioma italiano, ma anche francese e asiatico.

Ravioli di potimarron, ricci, brodo di zucca butternut e olio di Tagete

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La grande tecnica che non fa sfoggio di sé stessa, ma si cela dietro una preparazione solo apparentemente semplice e lascia parlare gli ingredienti. La grande arte italiana della sfoglia e della pasta ripiena, gli ingredienti francesi, si sposano con le sottile sfumature della cucina asiatica, il tutto filtrato dalla sensibilità e personalità di un grande interprete della cucina d’autore. Dolcezza, acidità, umami si rincorrono in un gioco di sapori che lascia senza fiato: ecco un grande primo piatto della nuova cucina italiana.

La ricetta di Giovanni Passerini

Per 6 persone:

Preparate una pasta all’uovo impastando rigorosamente a mano i seguenti ingredienti:

400 gr di farina 00

100 gr di semola

10 rossi d’uovo

115gr di acqua

Farcia:

1 zucca potimarron da 1kg

300 gr di burro

1 limone

Lavate con cura e tagliate a pezzi la zucca Potimarron, svuotatela dei semi e fatela a pezzi senza spellarla. Mettete i pezzi di zucca in una placca con della carta forno, aggiungete sale pepe e un goccio di olio e due cucchiai di acqua, coprite con cura e cuocete per 45 minuti in forno a 200gr. Passati 45 minuti abbassate la temperatura del forno a 130 e scoprite la teglia. Proseguite la cottura per un’altra mezz’ora.

Nel frattempo tostate il burro in un pentolino fino a fargli ottenere un bel colore nocciola.

Quando i pezzi di Potimarron sono cotti e ben asciutti passateli al setaccio, trasferite la purea in una planetaria e incominciate a montare con una frusta incorporando il burro nocciola, sale pepe e la scorza e il succo di un limone.

Continuate a lavorare fino a quando il composto non sarà ben montato, per questo sarebbe meglio aspettare che sia la purea di zucca, sia il burro nocciola siano a temperatura ambiente.

Fate freddare la farcia in frigo, in seguito mettetela in un sac a poche.

Brodo:

1 zucca butterntut da circa 1 kg

1 litro di acqua

70 gr di katsuboshi

40 gr di zenzero

1 yuzu fresco o del succo (reperibile in negozi specializzati in prodotti asiatici )

Spellate la zucca Butternut, privatela dei semi e passatela alla centrifuga. In una pentola larga mettete il succo ottenuto, ma anche gli scarti nel raccoglitore della centrifuga. Aggiungete 80 gr di chiare d’uovo e un litro di acqua e fate cuocere per circa 3 ore. In seguito passate tutto allo straccio, otterrete un brodo trasparente che avrà bisogno di essere ridotto di un terzo del suo volume. Rimettete dunque il brodo sul fuoco e fatelo ridurre fino a quando non sarà abbastanza saporito. A questo punto levatelo dal fuoco e mettete in infusione in katsuboshi, lo zenzero e le scorze di yuzu. Filtrate, regolate di sale e aggiungete un goccio di succo di yuzu.

3 ricci verdi Islandesi o 6 ricci mediterranei: aprite i ricci, lavateli in acqua salata e recuperate le lingue.

Olio al Tagete (fiori aromatici):  mettete dei fiori di tagete in olio di vinacce in infusione a 65 gradi per 45 minuti, filtrate e tenete in fresco.

Preparate dei ravioli dalla classica forma tonda e pizzicate i due estremi, otterrete una specie di grosso occhio. Cuocete i ravioli in abbondante acqua salata, ripassateli un istante in padella con aglio e olio e adagiateli in un piatto fondo, aggiungete un paio di cucchiaiate di brodo di zucca, disponete tre lingue di riccio, terminate con qualche foglia di finocchietto e con tre gocce di olio al Tagete.

Lo Chef

È il settembre 2007 quando Giovanni Passerini decide di fare il grande salto: dopo l’esperienza da “Uno e Bino” a Roma, prende un volo per Parigi e comincia a “studiare” dal loro interno le grandi cucine della Villa Lumière. Da Passard fino a Nilsson passando per Aizpitarte, reinventa il suo modo di cucinare e il suo approccio alla ristorazione.

A febbraio 2010 apre il suo Rino ed è subito un grande successo. Il locale piace, tanto ai francesi quanto agli italiani in trasferta.

Nel 2011 è il “Meilleur bistrot d’auteur” per la guida Le Fooding, nel 2012 è il “migliore chef straniero” per la Guida ai Ristoranti di Identità Golose.

A 4 anni dall’apertura la nuova svolta: Rino chiude il 22 marzo 2014. Il futuro di Passerini è tutto da scrivere, ma sicuramente riguarderà Parigi e un nuovo locale dove poter proporre la sua nuova idea di ristorazione.

 

Ristorante Rino

Rue Trousseau 46

Parigi

Tel. +33.1.48069585

Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Ne ha fatta tanta di strada Giovanni Passerini.
Chissà che se quel giorno in cui lasciava “Uno e Bino” a Roma, destinazione Ville Lumière, pensava a quello che il futuro gli avrebbe riservato. Un locale di un italiano acclamato da critica e pubblico d’Oltralpe: quasi un’utopia fino a qualche anno fa, ora realtà grazie a lui e giovani leve come Simone Tondo e il suo Roseval (Tondo che, guarda caso, ha lavorato a lungo con Passerini).
E chissà cosa passa in quella testa oggi, pochi capelli ma tante idee: quanto entusiasmo nelle sue parole, quanta convinzione. E quel sorriso contagioso: forse è anche questo il segreto del suo successo. Far stare bene la gente è un dono che va gestito con cura, Giovanni questo dono ce l’ha e sembra esserne consapevole.
Rino è diventato in questi anni un punto di riferimento per la ristorazione parigina: personaggi del calibro di Jean-François Piège non fanno mistero di ritenerlo il loro locale preferito.
Locale spartano che di più non si può, ma così pieno di energia da poterla inscatolare e venderla al dettaglio.
Quindi, hai un locale di successo, lavori come un pazzo, tutti ti osannano, che fai?
Lo vendi.
Il ragionamento non fa una piega se la tua mente viaggia talmente veloce da essere sempre un passo avanti. Rino officerà il suo ultimo servizio il 22 marzo corrente anno.
Ha voglia di più spazio Giovanni Passerini, ha voglia di gestire una carta, ha voglia del carrello dei dolci. Ha voglia di uscire dalla mischia “bistrottara” parigina, fatta di menu fissi, di mangiate gomito a gomito, di 5 portate o niente.
Sembra incredibile, ma tra la nouvelle vague parigina è difficile trovare un grande cuoco che ti faccia uno o due piatti alla carta: sono rimaste solo le tavole blasonate da cento euro a piatto.
Forse ha voglia di godersi anche la imminente piccola Passerini, ma questo è un altro capitolo.
Un luogo fisico ancora non c’è. Ma c’è sicuramente quello mentale perché forse sarà davvero questo il locale che ha sempre desiderato. Lo sta pensando, sognando e plasmando con cura.
Gli concediamo ogni gesto scaramantico, ma siamo assolutamente certi che sarà un successo.
Giovanni Passerini è oggi un cuoco maturo, che sa muoversi con agilità su tutto lo spettro gustativo. Non ha paura dell’amaro, ma nemmeno del dolce. Negli anni di apprendistato parigino (da Passard fino a Nilsson) ha imparato a cuocere davvero la carne: niente sotto-vuoto, lui ama fuochi e padelle e i pezzi cotti interi. Base vegetale ed erbe aromatiche sono elementi ricorrenti tra i bistrot parigini del momento ma lui sa mettere della personalità nei suoi piatti e questo sarà quello che lo terrà a galla anche nella sua prossima avventura.
La cronaca della nostra serata è una carrellata di saperi e sapori.
In bocca al lupo, Giovanni Passerini e a presto.

La cucina (o angolo cottura?)
Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Cacio e Pepe: gli italiani sanno improvvisare.
cacio e pepe, Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Ravioli di zucca e ricci di mare con brodo di zucca.
ravioli di zucca e ricci di mare, Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Rombo liscio, indivia, mostarda riccia, bergamotto, barbabietola bianca affumicata.
rombo liscio indivia e bergamotto, Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Tortellini di germano reale, tartufo, brodo di germano, sedano rapa e rosmarino.
tortellini, Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Fricassea di lumache, cuori d’anatra e bietoline: boom…
fricassea, Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Mela, spuma di fieno, gelato ai cereali, kumquat cotto a freddo (congelato e poi tagliato): un viaggio nel mondo del whisky a cui il dolce si ispira.
mela whisky,Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Le Haut des Clous – Domaine Saint Nicolas: uno chenin blanc di ottima beva.
Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi
Rino, Chef Giovanni Passerini, Parigi

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Giovanni Passerini oltre a essere uno chef con la C maiuscola è anche intelligente. Cosa purtroppo non scontata in questo mondo. Il suo ristorante a Parigi – pardon: bistrot, è veramente nel momento di sua massima espressione. Passerini in cucina fa veramente i miracoli soprattutto per le dimensione dello spazio limitatissimo nel quale opera. Altro che grandi cucine di alberghi pluristellati. Qui siamo in trincea! Possiamo dire che con il Rino diamo veramente il filo da torcere alla nuova tendenza bistroteque di Parigi. Il nostro tricolore sventola alto e non teme confronti. Si avvertono nelle creazioni di Giovanni i trascorsi da Passard, Inaki e Nilsson ma poi lui ci mette del suo ed è bravissimo a dare la propria impronta ai piatti che escono dalla cucina.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

La fuga dei cervelli fa faville.
Quando Giovanni Passerini ha lasciato Roma e il suo Uno e Bino qualche anno fa per approdare in Francia aveva un progetto chiaro in testa. Crescere come cuoco, confrontandosi con i migliori chef contemporanei, mettendosi in discussione proprio quando, nella sua città, aveva oramai un consolidato pubblico di fan (che ancora lo rimpiange). E non ha sbagliato un colpo, da allora, passando per le cucine di Passard, Inaki e Petter Nilsson, di cui è stato il secondo sino a pochi mesi fa nell’eccellente Gazzetta.
Oggi in questo Rino che spopola nelle riviste gastronomiche e nei blog d’oltralpe si ritrovano tutti gli elementi di quel sogno, reso possibile solo dal duro lavoro di questi anni: fare una cucina moderna, personale, che rifletta in pieno gli entusiasmi di quello che era un talento molto promettente ma ancora grezzo e ora è un cuoco maturo e consapevole.

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