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Seu-Illuminati

Una pizza “illuminata”

Uno dei parametri più attendibili attraverso cui giudicare il valore di qualunque alimento, sia esso commestibile o bevibile, è la relazione che esso intrattiene col nostro apparato digestivo. Sonnolenza, arsura, debolezza sono spesso associati a una cattiva gestione della lievitazione e, comunque, alla presenza, non ben amministrata, del glutine. Per questo, è anche accaduto che la pizza, negli ultimi tempi soprattutto, abbia goduto, e non di rado sofferto, di un’esposizione maggiore rispetto a quella di altri alimenti dell’italianità a tavola. Una cosa, comunque, è certa: non s’è mai mangiato bene come in questo momento storico e la pizza di Pier Daniele Seu in Trastevere, in una via tranquilla poiché relativamente appartata rispetto al fermento del quartiere, non fa eccezione. 

Un impasto leggerissimo, che farà strada

Il signor Seu, del resto, costituisce una delle promesse – mantenute! – della gastronomia romana il quale, dopo le tappe al Gazometro 38 e al mercato Centrale di Roma Termini (tutt’ora in essere), ha aperto questo locale invero già sempre gremito di avventori. Il motivo? Una pizza dalla leggerezza, e conseguente digeribilità, quasi ultraterrena, se consideriamo che in diverse visite abbiamo sempre optato, e consumato, due pizze alla volta senza accusare il minimo disturbo o stordimento. Una pizza d’autore anche gustosa che, lievitando per 48 ore, fa bella mostra di un impasto dalla leggerezza, e levatura, davvero encomiabili. 

Nel menu, accanto alle pizze classiche come Margherita classica e gialla e a quelle griffate “Seu”, su tutte A morte sua e Roma-Bari, spicca, tra i dolci, la  squisita Pizza Croccante che si avvicina considerevolmente alla consistenza di una sfoglia a ulteriore dimostrazione dell’abilità di Pier Daniele Seu. Forse, rispetto a sommi maestri come Franco Pepe e Francesco Martucci manca ancora l’esercizio della maniacalità nella ricerca degli ingredienti e delle materie prime (pur ottime), ma siamo convinti che, continuando su questa strada, questa insegna raggiungerà presto una posizione di assoluto rilievo tra le pizzerie cittadine.

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Un’ottima pizzeria contemporanea a Senigallia

Senigallia è una meta imperdibile per ogni gourmet che si rispetti, e la nostra visita da Mezzometro Senigallia non fa altro che confermare la regola. La pizzeria, la cui gestione è nelle mani di Alessandro Coppari nella duplice veste di titolare e pizzaiolo, si trova in una strada, un po’ anonima, parallela al lungomare della deliziosa cittadina marchigiana. L’offerta distintiva del locale sono i formati rettangolari di 1 metro – consigliato per quattro persone – o di mezzo metro, oltre al tradizionale formato tondo. La pizze rettangolari arrivano al tavolo già sezionate, con apposite pinze per la condivisione e l’assaggio di più tipologie da parte dei commensali.

I nostri assaggi, la classica al metro e la gourmet: materia prima di grande qualità e impasti selezionati

La ricerca e la passione sono tangibili fin dalla lettura del menu, vero e proprio trionfo di Presidi Slow Food locali come la cicerchia, l’olio, i salumi e i formaggi del monte Conero, e nazionali come il pomodorino del Piennolo del Vesuvio e il fior di latte di Agerola DOP. Menzione speciale, poi, alla selezione dei grani utilizzati negli impasti: Oro Fibra, Senatore Cappelli, Moreschino.

Durante la nostra visita abbiamo assaggiato una 1/2 metro declinata nei due gusti Porcina con scaglie di parmigiano, mozzarella, funghi, salsiccia e una Margherita . Le caratteristiche, formato a parte, sono quelle della tradizione napoletana nel cornicione e nella sezione; al morso l’impasto risulta delicato, frutto di un’elevata idratazione e della cottura ad alta temperatura. All’assaggio si crea al palato un unicum senza soluzione di continuità gradevolmente scioglievole tra base e farcitura. La notevole leggerezza, confermata successivamente dalla digeribilità – punto di assoluto favore nei lievitati – ci ha imposto l’ordine di un’ulteriore pizza, questa volta nel formato classico, di recente introduzione in carta. Sebbene sia segnalata come focaccia, si tratta di una pizza gourmet nel cui impasto viene utilizzato un antico grano locale, Jervicella, di cui il titolare segue direttamente la macinazione.

La pizza è correttamente alveolata e croccante ma, al tempo stesso, umida al palato, una qualità rara in questa tipologia di preparazioni, spesso incentrate solo sulla ricerca della croccantezza, che svanisce una volta che la pizza perde calore. La farcitura di fiordilatte, crudo di Parma e San Marzano marinato al miele – per smorzare l’acido del pomodoro e accentuarne la dolcezza – contribuisce all’ottimo risultato. Azzeccata è stata anche la scelta dell’accompagnamento, ricaduta su una birra agricola poco convenzionale dell’azienda Bach e su un Gin Tonic. Abbiamo chiuso con due dolci, un Semifreddo al croccante e un tartufo, ben eseguiti nonostante l’elevato tasso zuccherino.

All’esito della nostra visita, ci sentiamo di consigliare caldamente una sosta da Mezzometro: qui si può provare una pizza di qualità per impasto e materie prime, declinata sia secondo i canoni della vecchia scuola napoletana, che nella versione moderna della pizza gourmet, strada da poco intrapresa da queste parti, ma che consigliamo vivamente di proseguire e ampliare nelle proposte, alla luce del nostro assaggio. Il servizio è stato accogliente e prodigo di consigli e spiegazioni.

Continua a lievità!

Nel proliferare di pizzerie più o meno gourmet, tra impasti, lievitazioni, idratazioni e tecniche ataviche, la Gran Milan continua ad offrire stimolanti spunti di riflessione sul piatto più iconico della tradizione italiana: la pizza. Una di queste è Lievità, insegna che il maestro pizzaiolo Giorgio Caruso ha dislocato in cinque punti tra Milano e Londra. In quello milanese di via Ravizza, il locale – accogliente nella sua semplicità urbana di design – si presenta subito senza grosse pretese, per accentrare l’attenzione sull’offerta dello stesso.

L’ingrediente e le sue combinazioni

Nelle farine utilizzate, crusca e germe sono mantenuti nella loro interezza nutrizionale. Spulciando la questione impasto, la maturazione di 48h e, di conseguenza, la digeribilità sono allitterazione distintiva di Lievità; di contro non riscontriamo una scioglievolezza così pronunciata in masticazione come ci aspetteremmo.

Sul capitolo condimenti il divertissement costituisce un viaggio da Nord a Sud con abbinamenti ispirati al food pairing nostrano. Le pizze di Caruso sembrano raccontare territori. Prima fra tutti, in ordine d’interesse, è la siciliana Melanzà con San Marzano, tartare di melanzane (cotte nel forno legna e poi ridotte a crema), olio di Nocellara del Belice e un tocco da maestro: la scorzetta di limone candita. La forza dell’affumicatura della melanzana viene controllata dalla dolcezza della canditura del limone e amplificata con il giro d’olio a crudo, evocando tratti di sicula mediterraneità. Spostandoci in Campania su una pizza più classica, la Piennolo, notiamo la presenza spiccata della bufala ma non il pomodoro enunciato in abbinamento, questa volta insolitamente acido.

A salire verso Nord, abbiamo la Macco con guanciale, pecorino e fave, fino ad arrivare ad echi piemontesi, ma conditi in salsa mediterranea, con pomodorino giallo, friggitelli e acciughe della Verdeoro.

Sicuramente, il terreno di sfida nella città di Milano si delinea sempre più ambizioso e stimolante, sia per gli avventori, che per gli interpreti di questo orgoglio nazionalpopolare che è la pizza. Le aperture di Lievità, susseguite quasi di fila, sono un felice segnale di quello che a nostro parere si sta rivelando un nuovo rinascimento da forno. Agli attori come Lievità il compito di portarlo avanti coerentemente.

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Il Giardino delle Esperidi esiste, ed è in Franciacorta

Spesso ci chiediamo se nell’arte la perfezione possa esistere. Assaporando la pizza di Franco Pepe a La Filiale de L’Albereta, non possiamo non rispondere di sì.

Siamo nel territorio patrimonio Unesco della Franciacorta, in uno dei resort più belli e accoglienti di tutto lo stivale, incastonato fra lande e vigne a perdita d’occhio. Qui, nell’avamposto di Franco Pepe, tutto è curato e meticoloso, confortevole e cucito sul cliente. Il servizio di sala è da alta ristorazione, così come l’attenzione verso i clienti, che non ha nulla da invidiare a ristoranti più blasonati. Il felice superamento del binomio pizza-birra viene confermato sia dalla lista dei vini, che privilegia il territorio senza dimenticare etichette provenienti dal resto dello stivale, sia dall’intrigante lista dei cocktail, fruibile anche per un interessante aperitivo.

L’impasto della pizza è ricco dei sapori del frumento, valorizza gli ingredienti d’eccezione del Bel Paese, sia quando proposti al naturale, sia quando elaborati nelle consistenze e nei sapori – lucido incontro con l’alta cucina – al fine di regalare nuove frontiere gustative. L’impasto consistente, eppure lievissimo (frutto di ricerca su una farina di grano Monococco Shebar condotta da Pepe con il Molino Piantoni e l’Università di Brescia), necessita del solo calore delle labbra per fondersi in un boccone dal gusto intensissimo. Più che evoluzione, potremmo parlare di “volizione” della pizza.

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La prima insegna italiana di una catena tricolore

Andare alla ricerca dei migliori capperi, per una potente catena di pizzerie che delizia i palati anglosassoni, può provocare un’inversione di marcia, a volte brusca ma anche positiva, della propria quotidianità. Era il 2007 quando Giuseppe Mascoli, brillante imprenditore campano, decise di esportare la pizza napoletana a Brixton con la prima pizzeria del brand Franco Manca. Ora la catena conta oltre 40 punti di vendita nel Regno Unito e l’imprenditore ha deciso di fare ritorno in Italia, in quell’isola la cui meravigliosa natura lo stregò: Salina. Tra le più affascinanti delle Eolie, è stata scelta nel giugno 2017 come primo avamposto tricolore dell’impero Franco Manca.

Un’ottima proposta dall’antipasto fino al dolce, caffè compreso

La pizza è la classica napoletana, di assoluta qualità e proposta, come nelle altre sedi, a un prezzo davvero concorrenziale. Da Franco Manca Salina si possono gustare anche una selezione giornaliera di piatti della tradizione italiana ed eoliana, salumi locali di qualità, specialità marinare come il Tortino di alici, oltre all’ottimo pane cunzato di Alfredo. Ci sono piaciute le pizze, di ottima digeribilità – sette in menu, con l’aggiunta di una pizza del giorno fuori carta – la piccola Parmigiana di zucchine e un’equilibratissima Panzanella con capperi, cetrioli, olive e cipolla rossa. Buonissima.
Interessanti anche le poche etichette a disposizione (vini locali e biodinamici), l’eccellente Granita di Alfredo direttamente al tavolo della pizzeria e un rinomato caffè di qualità, quello di Gianni Frasi.

I tavoli sono allestiti fuori dal locale, nel piccolo lungomare di Lingua, e con il mal tempo, purtroppo, ci sono poche soluzioni, vista l’impossibilità di accomodarsi all’interno.

Ammettiamo di non averle visitate tutte, ma siamo pronti a scommettere che qui a Salina si trova la migliore pizzeria dell’insegna Franco Manca.

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