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Du De Cope

Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona

Il protagonista occulto di questa pizzeria a due passi da Piazza Bra è Giancarlo Perbellini.
Il famoso chef veronese è proprietario di diverse insegne del centro cittadino: il Du de Cope è quella che da subito ha registrato il maggior successo.
Merito di un ambiente allegro e curato, di una pizza fatta come si deve, della possibilità di scegliere dalla carta dei dessert alcuni dei gioielli di famiglia.
Lo stile della pizza è quello classico napoletano ed anche gli abbinamenti si muovono nell’ambito della tradizione.
Un bel cornicione alto, pasta ben lievitata e poi tutti i grandi prodotti del panorama nazionale.
Ottima la pizza con la burrata e pomodorini, cosi come la bufala con i pomodorini confit e olive (anche se nelle nostre precedenti visite il confit era stato decisamente più convincente).
Ma anche la “cartina di tornasole” Margherita passa l’esame in agilità.
Sui dessert c’è l’imbarazzo della scelta: Millefoglie Strachin, un classico irrinunciabile, ma anche una ottima macedonia con gelato per chiudere in freschezza.
La buona selezione di birre artigianali chiude il cerchio per una tappa più che raccomandabile per chi si trovasse a visitare lo splendido centro storico scaligero.

Margherita
margherita, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Burrata pomodorini tiepida
(pomodoro, burrata, pomodorini, basilico, olive, parmigiano)
margherita, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Pomodoro confit e olive
(bufala, pomodoro confit, olive, basilico, grana)
pizza, pomodoro confit, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Sempre buone le birre Manis, bella realtà di Montebelluna (TV). La 5.5 è una Pilsner a bassa fermentazione.
Manis, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Millefoglie Strachin
strachin, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Macedonia con gelato
macedonia, Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Pizzaiolo in azione
Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona
Pizzeria Du de Cope, Perbellini, Verona

Dolce? Salato. Dolce?
Nel Baccalà…alla Vicentina la materia prima svela una salinità misurata, intrigante, quasi marina in tempi di simil-stoccafissi assai sbiaditi, a fronte di una non-cottura assai dolce. Di contro, i capperi di Pantelleria virano su un dolce-tannico quasi tisanoreico, con la schiuma di latte e una leggiadra polenta fritta a donare sprazzi dolci di tradizione assieme alla delicata carnosità dell’alice del Cantabrico.
Quindi? Dolce. Salato? Dolce.
Mentre i bocconi accarezzano le nostre papille ecco che frulla in testa un interrogativo: uno chef che è anche pasticciere ha una sensibilità che gli altri colleghi non hanno? La domanda si ripeterà per tutti i piatti della serata, pungendo ancor di più al momento del pre dessert che Perbellini ha in serbo per noi: ravioli di mascarpone con dado di foie gras e caramello all’arancio. Sublimi. Guarda caso, poco prima avevano fatto capolino sulla nostra tavola i robusti eppur eleganti ravioli ripieni di crème brûlée di parmigiano e i lievi ravioli di patata acida con pesci marinati. Confezioni nominalmente affini quanto diverse nei fatti, accomunate però da una texture morbida sottile e setosa che ci trascina in un torrente di suggestioni di crèpes suzette fatte alla lampada: un’apoteosi della pasta ripiena cui Giancarlo ha voluto apporre il punto esclamativo.
La mano è ferma, sicura ed esperta: non trema nella preparazione del guanciale di vitello stracotto con puré, l’ennesima del nostro goloso peregrinare, eppure quasi certamente la migliore. Quella di Perbellini è d’altronde una cucina di gusto, morbidezza, grande finezza, ricca di modulazioni di dolcezza che certamente non fanno strappare i capelli agli amanti dei contrasti e delle novità ma regalano grandi soddisfazioni a chi vede nella classicità non un mostro da sconfiggere ma un grande romanzo da ripercorrere periodicamente.
Un solo inciampo nel rombo, sovrastato dal pistacchio: il resto corre via soave.
La pasticceria è un trionfo di classicità: dolci barocchi, burrosi, arcaici; si può amare il genere o non apprezzarlo, ma è arduo negarne l’immensa classe. Difficile trovare in Italia un soufflé al cioccolato di tale perfezione tecnica, col sorbetto di chartreuse che, attraverso l’incisione praticata dalla cameriera, lentamente sprofonda fra le braccia di Varlhona.
Nonostante un’evidente predilezione per i dessert classici qui ci si muove altrettanto bene sul filone dei dolci-non dolci con l’avanguardistico mango con crema di riso, olive disidratate, croccante al caffè e gelato di yuzo. Puro piacere.
La tavola di Perbellini è sempre una certezza assoluta così come la sua cantina, fornita soprattutto quando si va sul coté francese. Una sosta ad Isola Rizza è perciò sempre altamente raccomandabile.
P.S.: e comunque la risposta alla domanda di sopra, per noi, è sì.

Ricci di mare, fave, spuma di pecorino e mandorle.

Wafer al sesamo con tartare di branzino, caprino all’erba cipollina e sensazione di liquirizia: signature dish da riordinare a ogni visita.

Consommé di pollo, menta e vongole: tre elementi, un gran piatto in sottile equilibrio tra diverse salinità

Baccalà … alla vicentina

Animelle dorate, piselli e brodo di zenzero: cottura ineccepibile, brodo acido a pulire il palato dall’untuosità della frattaglia.

Ravioli di patata acida, macedonia di pesci marinati e caviale. In due parole: finezza ed eleganza.

Ravioli di crème brûlée di Parmigiano, riduzione di cappone all’aceto, bacon e pane croccante al prezzemolo.

Trancio di rombo dorato, pistacchi, asparagi bianchi e salsa al bacon: il passo falso è rappresentato da un rombo mortificato dall’eccessiva presenza del pistacchio. Stucchevole.

Guanciale di vitello brasato e scaloppa di foie gras su purè di patate e porri fritti: un grande classico sempre fedele a sé stesso.

Raviolo di mascarpone, dado di foie gras e caramello di zafferano: un predessert, avvolgente e gourmand. Ma il gioco tiene, nessun eccesso lipidico al palato.

Yogurt, basilico e crumble alle mandorle.

Mango, olive disidratate, crema di riso e crumble al caffè.

Soufflè al cioccolato e gelato alla Chartreuse (e gli “accessori” con cui giocare a piacimento)



La piccola pasticceria



La sinfonia di dessert: La Millefoglie Strachin.

La sinfonia di dessert: Cioccolato.

Coulèe de Serrant 1986: grandissimo, in splendida forma e probabilmente ancora lontano dallo scollinamento. Agevolato dalla scaraffatura, ha rilasciato nel corso della serata una esplosione di profumi: fiori, frutta, liquirizia… In bocca una lama di mineralità sconvolgente.

Mi ero promesso di non scriverne più. L’innamorato non dovrebbe parlare troppo agli altri del suo amore.
Promesse da marinaio.
Sono 11 anni che vengo ad Isola Rizza, in via Muselle, al 130.
Fu tra i primi ristoranti che scelsi quando mi prese la febbre gourmet; che si sarebbe rivelata in seguito una febbre da cavallo, in quegli anni proprio non lo potevo sapere. Ricordo ancora che rimasi folgorato dalla scheda del fu Gambero Rosso Bonilliano, la mia prima Bibbia da palato errante. Si narrava di folgoranti giochi di pasticceria e di entusiasmanti portate di pesce. Il passaggio fu inevitabile, l’innamoramento immediato.
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Recensione ristorante.

Il regno dei dolci.
Per una volta inizio dalla fine.
Non avrete altri aggettivi allorquando il vostro tavolo, a fine pasto, verrà colmato di ogni bendidio.
Conterò ventidue assaggi differenti…ed almeno per diciotto di essi l’epiteto superlativo non è fuori luogo. Sono al cospetto del migliore settore pasticceria che abbia mai provato in un ristorante italiano. Dopo undici anni dalla prima visita ne sono ancora più convinto. Qualità e quantità si coniugano alla perfezione. Che dire della strepitosa millefoglie strachin, simbolo del locale, composta al vostro tavolo, o dell’eccezionale sacher, o ancora dei perfetti bignè?!
E della fantastica frolla con fondente liquido così fragile, così soave? Delle incredibili mousse e dei macarons? E delle gelatine e marshmallows che di tale qualità difficilmente vi capiterà di mangiare altrove, nel globo terracqueo?
Pregate solo di avere una capienza stomacale tale da sopportare l’invasione degli “ultradolci” dopo, come è accaduto al sottoscritto, il lungo menu degustazione che celebra il ventennale di questo pluripremiato ristorante del basso veronese.

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Recensione ristorante.

Da quanto ci risulta Savio Bina non è più il gestore del ristorante Santo Bevitore, questo potrebbe comportare delle differenze rispetto a quanto riportato.

Savio Bina è noto nell’ambiente gourmet. Prima da Cracco e poi da Perbellini, e forse con qualche altra tappa significativa in mezzo prima o dopo, ha fatto la felicità di molti di noi, proponendoci intriganti abbinamenti enologici e piacevoli degustazioni al bicchiere. Savio Bina ha all’attivo tanti premi e riconoscimenti, tanto lavoro alle spalle. Un Sommelier come pochi, di rango. E cosa succede allora se un professionista di questo calibro svolta, cambia radicalmente vita e si trasforma in un oste di un’osteria, pardon Bistrot (mai appellativo fu più azzeccato), in Milano ?

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