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Tre Olivi

A Paestum il nuovo ambizioso rilancio del Tre Olivi

Chi viene al Tre Olivi non viene semplicemente a cena ma per vivere un’esperienza a tutto tondo intensa e totale” in queste parole dello chef del Tre Olivi è racchiusa tutta la filosofia che anima il nuovo corso del ristorante gourmet del lussuoso Hotel Savoy Beach a Paestum.

 La famiglia Pagano che è titolare di un vero e proprio impero del gusto in zona – con l’azienda San Salvatore che è caseificio ma anche – e forse soprattutto – casa vinicola tra le più importanti e accreditate dell’intero Cilento – ha deciso di investire in maniera importante sul Tre Olivi, a dirigere il quale da poco più di un anno un anno è stato chiamato Giovanni Solofra, fresco di stella Michelin al St. George by Heinz Beck a Taormina.

Solofra, esperienze da Quique dacosta e Ciccio Sultano e poi una lunga collaborazione con Heinz Beck – insieme alla moglie Roberta Merolli, chef patissier che lo ha seguito in questa nuova avventura – ha la responsabilità oltre che, ovviamente, della cucina del Tre Olivi anche della ristorazione “ordinaria” dell’albergo, fatta eccezione per i numerosi eventi (leggi matrimoni ecc.) ospitati dal Savoy Beach la cui cucina è stata voluta nettamente separata da quella del ristorante.

Scelta importante che testimonia la volontà della proprietà di puntare con forza sul ristorante gourmet alla carta, facendo le cose “in grande”. E qui torniamo all’incipit, all’esperienza a tutto tondo che non vuole essere una semplice cena. Ed in effetti al tre Olivi non manca niente.

Dalla carta delle acque con più di qualche etichetta, al vassoio dal quale si può scegliere il sale da abbinare alla degustazione dell’olio, dal carrello dei torroni a quello molto strutturato – ed anche di eccellente livello per la verità – dei pani curato dalla bravissima Roberta Merolli con sole farine macinate a pietra da grani autoctoni cilentani, dal carrello dei confetti al fatto che ciascuno dei numerosi amuse bouche ha un simpatico nome di fantasia quasi a rimarcare come qui ogni cosa sia pensata, studiata per il piacere della clientela.

Un’esperienza ricca di racconti, suggestioni e stimoli in cui il lato scenografico è molto curato

E poi una serie di racconti sul territorio, di spiegazioni, di stimoli forniti nel corso della cena dal personale di sala e dallo stesso chef. Insomma, c’è tanto. Forse troppo potrebbe obiettare qualcuno. Questione di gusti e di punti di vista nei quali non entriamo anche se, almeno a parere di chi scrive, il futuro della ristorazione, soprattutto di quella che vuole essere “alta”, non potrà che essere caratterizzato da un ritorno all’essenzialità, alla sostanza. Comunque la si pensi, non può negarsi che c’è il rischio che ci si distragga da quello che dovrebbe restare centrale: il percorso di degustazione che al Tre Olivi è perfettamente calibrato su toni rassicuranti e “inclusivi”. La cucina rischia poco. Non c’è il colpo del KO, il piatto che ti resta.

Sembra quasi distratta dal contorno, dalla forma, troppo concentrata a sembrare indimenticabile per esserlo davvero. Come se avesse paura di rubare la scena al contesto presentando una eccessiva concentrazione gustativa. Emblematico, a nostro giudizio, il piatto Fontana o Pomodoro in cui c’è il concetto – il tributo a due grandi artisti Lucio Fontana e Arnaldo Pomodoro – l’estetica e la tecnica; il tonno è buono, il piatto è fresco ma dominato com’è dalla estrema dolcezza dei pomodori non può che risultare un po’ monocorde.

Una cucina tecnicamente ineccepibile – sia chiaro – ma che deve, a nostro giudizio, crescere in personalità, prendersi qualche rischio in più – nulla di necessariamente esagerato per carità – e soprattutto riconquistare centralità nel nome di una maggiore concentrazione di sapori.

Perché si può emozionare gli ospiti e regalare loro un’esperienza totalizzante anche solo facendo parlare dei grandi piatti.

La Galleria Fotografica:

La cucina di Cristian Torsiello approda in un albergo a pochi passi da Paestum

Quello di Cristian Torsiello è un nome noto agli appassionati. Per anni nel suo piccolo e nascosto ristorante, il primo mai aperto nella città di Valva, nell’alta Valle del Sele, ha proposto la sua idea di cucina moderna di territorio, mettendosi in mostra come uno dei più talentuosi e promettenti giovani cuochi campani. Quest’anno, Torsiello ha abbandonato la città natìa e si è trasferito, con la sua Osteria Arbustico, presso l’Hotel Royal Paestum nel cuore di Capaccio. Così come il suo maestro Niko Romito, ha un grande rispetto per la materia prima e una notevole capacità di estrarre dagli ingredienti il massimo in termini di gusto. Con il passare degli anni, la sua cucina è andata progressivamente perdendo il legame forte con il territorio, ma è cresciuta in termini di eleganza, superando qualsiasi residuo di rusticità. I piatti ci sono sembrati centrati e leggeri, fatta eccezione per l’astice, sovrastato dall’intensità degli altri ingredienti, e per la scelta singolare di presentare tra gli antipasti una portata impegnativa come una quaglia accompagnata da uno zabaione all’aceto.

Cotture centrate, preparazioni armoniose, gusti evidenti

La sua cucina, ormai nel pieno della maturità, si dimostra capace di giocare con ogni sfumatura di gusto e di calibrare perfettamente le componenti aromatiche dei piatti. Ne sono un esempio i primi, fra i quali abbiamo apprezzato gli essenziali ed eleganti Spaghettini allo zafferano – da manuale! – e un risotto, nel quale bisogna sottolineare il sapiente utilizzo di un ingrediente non semplice come la sarda affumicata che, senza prevaricare, arricchisce in maniera quasi sussurrata lo spettro aromatico del piatto.
Niente pre-dessert, ma un ottimo dessert, fresco, ben concepito, e che regala molto in termini di gusto senza appesantire. Petits fours appena accennati, e un piacevolissimo grappolo d’uva. In sala, il fratello minore dello chef, Tomas Torsiello, firma una carta dei vini a prevalenza territoriale, non estesissima, che si fa apprezzare per i ricarichi non eccessivi. Anche nella nuova veste, l’Osteria Arbustico ci sembra mantenere notevoli elementi di interesse, grazie ad un giovane cuoco, ormai professionalmente maturo, che conferma di possedere una buona tecnica e uno spiccato senso del gusto. La votazione, per ora arrotondata per difetto, fa presagire un traguardo prossimo alla portata del luogo e dello chef.

La galleria fotografica:

All‘interno della Tenuta Capodifiume, circa 20.000 mq di giardini e corsi d’acqua, un’oasi naturale incredibilmente suggestiva, troverete Le Trabe.
Il nome deriva dal fiume -Trabe appunto- di cui qui ci sono le sorgenti. E la Tenuta è dotata anche di una piccola centrale idroelettrica, grazie alla quale si riesce a produrre energia pulita sia per la struttura che per le zone limitrofe.
Luogo incantevole, gestito con dinamismo e capacità dai fratelli Antonio e Raffaele Chiacchiaro che negli anni hanno realizzato la più bella e prestigiosa struttura per ricevimenti ed eventi in generale della zona.
Ma i Chiacchiaro avevano da tempo un sogno nel cassetto: affiancare all’attività di banqueting una tavola di quelle con la T maiuscola.
Per farlo, nel 2011 decisero di affidare le redini della cucina al giovane Peppe Stanzione, fresco di stella a Casa del Nonno 13, in quel di Mercato San Severino.

Un duro lavoro quello che attendeva lo chef, guidare la cucina sia per i grandi eventi sia per il ristorante gourmet. Impresa tutt’altro che semplice.
Ma, si sa, le imprese più difficili sono anche quelle più stimolanti e in pochi anni i ricevimenti, da sempre i più prestigiosi della zona, sono anche diventati quelli in cui si mangia meglio.
E il ristorante è stato in breve tempo premiato dal pubblico e dalla critica con, tra l’altro, l’ambito riconoscimento della Michelin.
Singolare, dunque, il percorso seguito da Le Trabe. Non il ristorante di successo che decide, avendone la voglia e le possibilità, di affiancare all’attività tradizionale una diversa diretta alla realizzazione di eventi e ricevimenti, ma la prestigiosa struttura di banqueting che decide di diventare anche ristorante gourmet. E ci riesce, grazie al fiuto dei titolari ma anche e soprattutto alla bravura del cuoco.

Infaticabile lavoratore, rigoroso, preciso, sistematico, Stanzione è indubitabilmente cresciuto negli ultimi anni. La sua cucina, sempre caratterizzata da una spiccata concentrazione gustativa, oggi ha acquisito quella leggerezza e quell’eleganza che in passato a tratti latitavano. Classici della tradizione, come le Melanzane alla Parmigiana (qui rilette in chiave cilentana) di inusuale lievità, o i classici fritti, fragranti, asciuttissimi, hanno chiaramente una marcia in più rispetto a quelli mangiati in altri ristoranti campani di pari livello.
Non abbiamo riscontrato nessuna ridondanza, nessun eccesso nell’uso dei grassi, ma una cucina netta, oseremmo dire essenziale, priva di ricami tecnici fini a se stessi, preparazioni senza mai un ingrediente di troppo, un’aggiunta inutile.

Non prevalgono più, come troppo spesso accadeva un tempo, i toni dolci a vantaggio dei giusti contrappunti acidi. Piatti come la Creme Brulèe di foie gras con composta di porto e lamponi o il Tonno rosso arrosto con finocchi, yuzu e consommè di melanzane affumicate alla soia, tra gli altri, testimoniano la crescita dello chef. Ricca e di gran livello l’offerta del pane e degli appetizers e di ottimo livello, soprattutto sul versante campano, la carta dei vini.

Una sorta di nouvelle vague della cucina campana, all’insegna della pulizia e della leggerezza. Le Trabe oggi rappresenta, nel solco della tradizione, una delle giovani tavole campane più interessanti.

Chips di polenta e di riso.
chips, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Crackers.
crackers, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Taralli al burro di bufala e pepe.
Taralli, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Grissini.
grissini, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Nella patria della migliore mozzarella di bufala esistente, con la mozzarella si gioca poco. Unica concessione questo Palloncino di mozzarella ripieno del suo latte con pomodorini, basilico, limone candito salato e caviale. In bocca un’esplosione di gusto istantanea, di disarmante concentrazione, che dà spazio al gusto della mozzarella esaltata dalle note sapide del limone e dall’aromaticità del caviale.
mozzarella, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Patata viola morbida e croccante, gruè di cacao e tartufo estivo.
patata viola, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Creme brulèe di foie gras con composta di porto e lamponi: un inno alla lussuria gastronomica.
creme brulèe, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Cocottina di melanzane alla cilentana.
melanzane alla cimentana, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Burro vaccino d’alpeggio e burro di bufala con polvere di lampone.
Burro Vaccino, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Sapidità, acidità, freschezza: tagliatellina di seppia con maionese di avocado, mela verde, lime e nero di seppia.
sapidità, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Tonno rosso arrosto con finocchi, yuzu e consommè di melanzane affumicate alla soia. Piatto complesso, molto equilibrato giocato su gradevolissime note dolci-acide.
Tonno, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Fantastici i fritti: calzoncelli ripieni di ricotta di bufala e guanciale croccante, montanare, focaccine con burrata e crudo di gamberi rossi.
fritti, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Bavette di semola di grano duro aromatizzate alle alghe con tartufi di mare, lime e bottarga: dai sapori nitidi e intensi.
bavette, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Davvero buono anche il rombo ripieno di fior di latte e finocchietto selvatico, olive nere, latte di cetriolo, ostriche e limone.
rombo, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Cardinale di bufala ripieno di nocciola, arancia amara e schiuma di latte. Troppo dolce, forse da smorzare.
cardinale, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Bufala e lamponi.
bufala e lamponi, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Per finire: cioccolatini.
cioccolatini, Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno
Le Trabe, Chef Peppe Stanzione, Paestum Capaccio, Salerno

Mozzarella di bufala. Oro bianco. Uno dei simboli più grandi della eccellenza gastronomica italiana. Prodotto unico, che vanta innumerevoli tentativi di imitazione.
Ma niente da fare.
L’eccellenza è solo italiana; e di solo due, ben delimitate, zone d’Italia. Per la precisione: provincia di Caserta e basso Lazio da un lato, provincia di Salerno dall’altro.
Solo qui l’eccellenza.
Merita poi una particolare menzione il comune di Capaccio-Paestum. Senza alcun dubbio il comune d’Italia con il più alto numero di produttori di eccellenti mozzarelle di bufala. Noi di Passione Gourmet, che di eccellenze viviamo, abbiamo trovato proprio qui la nostra mozzarella preferita.
A Paestum, da Raffaele Barlotti.
I Barlotti sono una antica famiglia della zona. Allevatori di bufale da più di un secolo, dal 1991 hanno fondato il caseificio che porta il loro nome. Siamo andati a trovarli per fotografare il procedimento che porta dal latte alla realizzazione dell’oro bianco.
Per cercare di capire come nasce l’eccellenza.

Nasce da lei, la bufala, la vera protagonista di questa storia.
Paestum (SA)Bufalo, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno Bestia strana, difficile. Hanno provato e provano tuttora ad allevarle in altre zone d’Italia (anche al nord) e non solo. E a produrre la mozzarella. Il risultato è a volte buono, a volte meno. Mai eccellente. Perché la bufala sta al mondo animale come l’uva Nebbiolo sta al mondo del vino. Hai voglia ad impiantarlo altrove, ma i risultati sono quelli che sono.
Importantissima è l’alimentazione delle bufale. Controllatissima. A base di mais innanzitutto,
Mais, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
quindi fieno ed erba medica. L’eccellenza richiede che non siano mai utilizzati pomodori, finocchi e più in generale verdure di scarto che potrebbero alterare il gusto della mozzarella.
Fase delicata è quella della mungitura che da Barlotti avviene quando l’animale liberamente lo richiede.
Mungitura bufala, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
L’eccellenza richiede estrema pulizia. Tutti gli impianti dopo ogni mungitura vanno lavati perfettamente, così come le mammelle dell’animale. I residui di mungiture precedenti potrebbero alterare il risultato finale.
Il disciplinare non lo prescrive, ma la mozzarella di eccellenza naturalmente si fa utilizzando latte crudo (circa 4 litri per 1 kg di mozzarella) che viene tenuto per circa un’ora alla temperatura di 39° per la cagliatura per la quale da Barlotti si utilizza solo caglio di vitello delle migliori qualità
Cagliatura, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
Quindi si rompe la cagliata manualmente
Rottura della cagliata, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
E si lascia riposare per circa 3 ore affinchè raggiunga la giusta maturazione
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Poi si elimina il liquido in eccesso e resta un prodotto piuttosto solido, bianco (se fosse latte di vacca sarebbe giallino)
Lavorazione mozzarella, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
che si lascia spurgare per circa 15 min
Lavorazione mozzarella, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
E quindi viene tritato
Fase di lavorazione, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
E viene disposto nei tini per la filatura che si fa aggiungendo acqua a circa 100°. L’effetto dell’immersione nell’acqua bollente è che la pasta cambia consistenza e diventa gommosa e filante
Filatura mozzarella, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
Quindi segue la mozzatura che avviene in parte a macchina
Mozzatura, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
E in parte a mano. E si tratta di una vera e propria arte. I mozzatori bravi non sono molti e chi ce li ha se li tiene stretti. Si tenga presente che il prodotto da mozzare è caldissimo…
Mozzatura manuale, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
La macchina dà un prodotto non solo più standardizzato nel peso ma permette altresì una chiusura ermetica che permette al prodotto di conservarsi meglio limitando al massimo gli scambi tra il cuore della mozzarella e il liquido di conservazione. E quindi viene utilizzata per i prodotti da spedire.
Più poetica ma meno ermetica la mozzatura a mano che è riservata ai prodotti venduti in azienda.
Eccola: il miracolo è compiuto.
Mozzatura manuale, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno
Caseificio Barlotti, Paestum: l’eccellenza della mozzarella di bufala.
Confezionamento, Caseificio Barlotti, Paestum, Salerno

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Recensione Ristorante

Almeno una volta nella vita a Paestum bisogna venirci. Per godere di una delle più belle aree archeologiche d’Italia (e non solo d’Italia) e, più prosaicamente, per mangiare mozzarelle tra le più buone del mondo in uno dei mille caseifici della zona (Rivabianca, Vannulo e Barlotti i nostri preferiti).
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