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Tolin Macelleria con Cucina

“Giovani forchette alla riscossa. In questo spazio di PG, raccogliamo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”

Il paradiso della carne, in provincia di Padova

Situato ai piedi dei Colli Euganei, a pochi metri dalla piazza del comune di Lozzo Atestino, Tolin, locale aperto nel 2015, si sviluppa come appendice dell’omonima macelleria dove Andrea Tolin, titolare appassionato e competente, serve alcuni tra i tagli più pregiati da capi di Sorana, Limousine e Sarda.

La “gastronomia”, per dir così, si sviluppa su due piani. In entrambi, a farla da padrone un arredamento sobrio e curato, inframmezzato qua e là da vecchi arnesi usati nelle cucine delle famiglie contadine a ricordare il legame tra passato rurale e presente imprenditoriale.

La scelta stilistica è riflesso della cucina: i piatti, serviti dalla signora Lara, moglie di Andrea, sono diretti e intensi. Nessun fraintendimento, nessun orpello, nessuna sovrastruttura. Ci si accomoda per mangiare in famiglia, sentendosi quanto più possibile “a casa” grazie a portate della tradizione culinaria italiana, con particolare attenzione a quella veneta. A coadiuvare la riuscita del servizio, una carta vini attenta alle etichette locali, in particolar modo biologiche e naturali.

Un registro espressivo diretto e accurato

Nel menu, stringato ma non banale, si passa dalla delicatezza dell’antipasto di crudità, carpaccio, tartare e battuta al coltello, all’intensità del famoso Fritolin (fritto misto di lingua, trippa, animelle e cervella), piatto in cui ogni taglio è servito con una panatura modellata sulla consistenza dell’ingrediente: da applausi le cervella impanate “a maglie grosse”, un po’ meno riuscita la trippa.

I primi sono ridotti a due opzioni, pasticcio di carne o pasta con ragù bianco battuto a coltello: non si tratta di una scelta punitiva ma, al contrario, della volontà di concentrare il gusto, come accade alla pasta, la cui mantecatura regala al palato una rotondità di sapori a dir poco rinfrancante. E poi arriva la vera protagonista, la carne: dall’orecchio di elefante al fegato di vitello alla veneziana fino alle fiorentine – con carni provenienti da incroci di razze Limousine e Sarda, allevate al pascolo, in Sardegna, per quasi due anni, con Andrea a seguirne ogni fase di sviluppo. La costata (o fiorentina) viene servita preferibilmente al sangue, su pietra ollare: al cliente, decidere se cuocerla ulteriormente. Ma la qualità della materia prima è talmente elevata che, osando senza neppure condimento, si resta stupefatti dal gusto preciso e dalla morbidezza di consistenza di ogni boccone.

Tra i dolci spiccano la soave millefoglie con scaglie di cioccolato e l’irresistibile tiramisù con savoiardi sardi. Corposo ma non stucchevole. In chiusura, caffè direttamente dalla moka dalla torrefazione Giamaica Caffè dell’indimenticato Gianni Frasi.

Qualche imprecisione nel servizio, non sempre attento ai dettagli della mise en place, e l’eccessivo protrarsi delle tempistiche tra una portata e l’altra, sono dettagli che non intaccano di una virgola la performance, davvero notevole.

La galleria fotografica:

Una “giovane vecchia” conferma

Un passaggio a Le Calandre è sempre un momento di taratura fondamentale per il gourmet errante. Un po’ come il tagliando annuale dell’auto o il cambio gomme: un controllo per ricalibrare i giudizi e capire dove potrebbe andare, e dove forse sta andando, la cucina italiana. Massimiliano Alajmo, a dispetto della giovane età, è ormai un veterano nell’olimpo dei grandi e da anni segna la sua strada. Una strada che in tanti decidono di seguire.

Il paradosso è che Le Calandre, uno dei migliori ristoranti in Europa, non è necessariamente un ristorante per soli appassionati, ma è frequentato anche dalla clientela locale, in gran parte habituè, motivo per il quale il menu varia di pari passo con la stagionalità. Quest’aspetto si è rafforzato sempre di più nel corso degli anni tanto che, nella nostra visita di Novembre, non abbiamo trovato altro che l’autunno nei sapori, nei ricordi e negli stimoli: colori caldi, tartufo, vino rosso e morbide rotondità.

Una cucina dalle mille facce

I punti di connessione tra il mondo kaiseki e il mondo degli Alajmo sono tanti. Non certamente nei rituali ma, oltre alla citata stagionalità, nella scelta delle stoviglie, che qui assumono un valore tattile fondamentale: provare la Zuppetta di cime di rapa con ovetti di cipolla e tartufo per conferma. Quella pietra, al tatto e nel rumore del cucchiaio sul fondo, è ingrediente protagonista pur non essendo edibile. Le letture multiple di ogni portata sono un timbro marchiato a fuoco Alajmo. Il Fior di latte croccante può essere apprezzato per la sua golosità o per le sfumature di una preparazione superlativa. Una mozzarella disidratata e fritta in abbinamento alla polenta, il croccante e il morbido che si uniscono in un viaggio tutto veneto nelle case di campagna, tra la polenta sul paiolo e il formaggio alla piastra.
Un altro capolavoro è la Sogliola al vino rosso con zuppetta di legumi, tartufo bianco e crema soffice di funghi e semi di girasole, perfetta negli ingredienti, nelle cotture e nelle consistenze. Massimiliano Alajmo lo si può sentir parlare godendo dei suoi piatti sempre più rotondi, oppure si può decidere di ascoltarlo davvero, ammirando il modo in cui riesce a tenere in equilibrio dieci ingredienti in un piatto o lasciandosi rapire dalle sfumature, dal perfezionismo tecnico, dal coinvolgimento mirato di tutti i sensi.
A tutto ciò aggiungiamo un servizio di sala che da anni ha rivoluzionato il modo di servire in un ristorante di lusso.
Una critica a questo menu? Forse un filo troppo impegnativo, non certo in termini digestivi, ma per la mancanza di un pizzico di freschezza e colore. Ma d’altra parte siamo in autunno, cosa pretendiamo?

La galleria fotografica:

Un impero che ogni anno si allarga sempre più, senza alcun compromesso sulla qualità dell’offerta

La galassia Alajmo, che negli anni si è espansa fino a contare gli attuali 10 locali, ha sempre mantenuto saldi i propri tratti distintivi: qualità dell’offerta ed eccellenza del servizio. Le nuove collaborazioni, che hanno visto i protagonisti Raffaele e Massimiliano in Italia e all’estero, non hanno in alcun modo distolto l’attenzione sui locali storici della famiglia, che si configurano ogni anno come una vera e propria garanzia.

Uno di questi è La Montecchia, un ristorante immerso in un golf club a Selvazzano Dentro, ai piedi dei Colli Euganei, nella stessa struttura in cui, al piano terra, giace un altro ristorante della proprietà: ABC Montecchia. Quest’ultimo è l’alter ego più semplice, come testimoniato dal nome dell’insegna e dai piatti in carta (i capisaldi classici della cucina italiana), del ristorante di punta della struttura, dove invece si giunge per gustare un’alta cucina all’insegna di golosità, rotondità e comprensibilità. I prodotti utilizzati provengono per la quasi totalità  (85%) dall’orto e, per la restante parte, sono rappresentati da carne e pesce. La cucina è a opera di Simone Camellini, storico collaboratore di Max, mentre la gestione è quella del patron Erminio, il padre dei fratelli, affiancato dal maître e sommelier Mauro Meneghetti. La carta dei vini annovera 600 etichette, con un occhio di riguardo per le referenze locali e un’attenta selezione di etichette internazionali.

Alta cucina a impronta vegetale

Scorrendo la carta, si percepisce una spiccata attenzione alla clientela che segue un’alimentazione alternativa, per ingredienti utilizzati e simboli riportati (vegano, senza glutine, senza latticini). Vi è anche la possibilità di ordinare il menu vegetariano L’orto, oppure di concentrarsi sui piatti storici della famiglia Alajmo.

Di questi ultimi, abbiamo particolarmente apprezzato la ricca Tartare di Erminio, preparata al tavolo con savoir faire, e la Coscia d’oca croccante con semi e germogli, crema di patate e finocchi allo zenzero, dai sapori orientali e dalla croccantezza encomiabile.
Il Dentice marinato alle pesche e basilico è un’armonia di sapori delicati e ben bilanciati, mentre gli Gnocchi di rapa rossa in salsa gorgonzola e roquefort, grande classico di casa Alajmo e della storia della cucina italiana,sono la cartolina più golosa che ci siamo portati via.

I dessert, tutti ben realizzati, giocano tra classici rivisitati, vedi il Tiramisù leggero alla nocciola, e creazioni, come la Crostata di albicocche squagliata di crema al curry e caffè e foglia d’oro, in cui la firma è ben visibile.

La galleria fotografica:

Abbiamo speso fiumi di parole su Le Calandre, ma soprattutto su Massimiliano e Raffaele Alajmo. Una grande famiglia della ristorazione italiana di qualità, non dimenticando i due genitori senza cui nulla sarebbe stato. Talento sì, ma anche abile e pragmatica capacità imprenditoriale. Che gli ha consentito di entrare a pieno titolo nella cerchia ristretta dei protagonisti della nostra cucina, la cucina italiana, nel mondo.

Oggi però vorremmo cercare di dare un punto di vista, forse più tecnico-analitico, che questa realtà merita. Perché questa cucina è un’ottima cucina, personale, pensata e cerebrale, ma al contempo molto diretta e limpidamente golosa, perchè questo cuoco è un cuoco di grande profondità e pensiero e ultimo -ma non per importanza- perché continuiamo a considerare Massimiliano Alajmo uno dei più personali, vividi e limpidi talenti italiani.

Il suo percorso, che seguiamo ormai da molti anni, ci sembra sia giunto quasi al suo culmine, intraprendendo la tortuosa strada che porta verso la Maestria. Quella profonda, viscerale, che emerge da una quasi sacralità del gesto e della sua ripetizione, dalla profonda religiosità di pensiero che sottende tutti i gesti e i movimenti di ogni giorno, anche i più semplici.
Ed ecco quindi tratteggiare questo percorso negli anni, fino a giungere a una cucina a cui si può muovere qualsiasi rilievo, ma non il difetto di personalità. Una cucina profondamente riconoscibile, come quella di nessun’altro, profondamente e radicalmente sua.

Il percorso, dicevamo, cominciato molti anni or sono attraversando il manierismo delle forme, degli impiatti precisi, dei pochi ingredienti, delle millimentrie e delle fitte ma precise trame elementari. Cammin facendo questa cucina, attraversando anche periodi di caos apparente e alquanto evidente, si è spostata su un piano molto più materico, vivo e carnale.
E’ oggi compiuta perchè divenuta complessa, ma si badi bene affatto complicata. Complessa nelle tessiture, nel numero di ingredienti che concorrono alla formazione del piatto. Ricca, opulenta, a tratti finanche apparentemente ridondante. Parallelamente sviluppando un caos, è il caso di dirlo, negli impiatti. Sempre più diretti, vivi, pulsanti e sempre meno manieristi e apparentemente precisi.

L’esempio per noi fulminante è stato (ma ne citeremo molti altri nelle didascalie delle foto) il riso giallo con gremolata di anguilla. Un riso mantecato al latte di mandorla e zafferano -connubio portentoso- arricchito da una gremolata all’anguilla affumicata, impreziosito dal tocco del sugo e gelato alla barbabietola. Sapori, consistenze e temperature che diventano un inno alla goduria più estrema.

Abbiamo usato il termine “apparentemente”, ce ne rendiamo conto, parecchie volte. Ma non è un errore. O meglio non è l’errore che pensate a prima vista. E’ come un piatto di Massimiliano, che può apparire difettante, con errori di impiatto, di eleganza, di sovrastrutture gustative.
Ma questo solo ad un occhio poco attento e superficiale. Perché in profondità, in quella più nascosta, questo tripudio di ingredienti e questa apparente confusione genera una linearità ed una pulizia di gusto, una golosità ed una sazietà per tutti i sensi davvero tremendamente straordinaria. E’ il primo ribaltamento di un dogma, il manierismo che lascia il passo al vero senso di un piatto, il gusto. Che ci fa pensare inoltre -altro dogma ribaltato- come questa cucina sia l’ideale rappresentante della nuova rivoluzione dell’Haute Cuisine, quella costruita attorno alla degustazione di qualche piatto a tavola, contro lo strapotere dei menù degustazione di interminabile lunghezza.

E proprio a dimostrare che questa profondità di pensiero è nascosta, ma neanche troppo, nella filosofia di questo luogo ecco comparire una gerarchica sovversione del menù a favore di una proposta trasversale di 3, 4 o 5 piatti molto interessante e accattivante, ben più del menù stesso di cui ne segna il netto e preciso superamento.

Geniale qui, come geniale questa cucina per addizione che, non dubitiamo, vi sorprenderà per la sua profondità.

Lo stupendo pane in accompagnamento: nulla qui è lasciato al caso.
Le Calandre: Pane
Fu Mare, primo colpo ben assestato: gelatina di brodo di sgombro, gelato alla ventresca di tonno, caviale, bottarga di muggine.
Le Calandre: gelatina di brodo di sgombro, gelato alla ventresca di tonno, caviale, bottarga di muggine
Nudo e crudo di carne e di pesce. Tonno nappato alla barbabietola, caviale e maionese di alghe, scampi panati e finti fritti con carciofi e salsa pistacchio, spaghetti di soia e funghi, brodo di funghi, dentice, calamaro e bottarga, carne cruda salsa curry radicchio e scampi crudi.
Le Calandre: Nudo e crudo di carne e di pesce 1
Le Calandre: Nudo e crudo di carne e di pesce 2
Le Calandre: Nudo e crudo di carne e di pesce 3
Le Calandre: Nudo e crudo di carne e di pesce 4
Le Calandre: Nudo e crudo di carne e di pesce 5
Fagioli e banana. Fagioli di lamon, granita di dragoncello, spuma di acqua di cottura dei fagioli, crema di fagioli, banana, radicchio e sedano (due aceti, uno balsamico di fondo e peperoncino). Nulla qui è pleonastico, tutto ha una funzione precisa e utile per il completamento di un piatto molto ma molto interessante. Fagioli e banana hanno connotati aromatici e texturiali sorprendentemente simili, che giocano a rincorrersi, sapientemente calibrati e dosati tra loro. Un piatto che, con questi ingredienti, in mano ad altri sarebbe stato un disastro annunciato.
Le Calandre: Fagioli e banana
Cappuccetto rosa. Crema di patate alla barbabietola, caviale, chips di riso, anguilla, ostrica. Un inno al cappuccino di seppia, qui migliorato e addirittura superato.
Le Calandre: Cappuccetto rosa
Spaghetti con latte di razza e canocchie. Oliva nera, ricci di mare, pane tostato, canocchie crude, con una punta di dragoncello e prezzemolo fondamentale.
Le Calandre: spaghetti con latte di razza e canocchie
La scarpetta.
Le Calandre: scarpetta
Gnocchi di patate e topinambur con spremuta di pastinaca e tartufo bianco.
Le Calandre: Gnocchi di patate e topinambur con spremuta di pastinaca e tartufo bianco
Riso giallo con gremolata di anguilla.
Le Calandre: riso giallo con gremolata di anguilla
Pasta al forno con lepre, salsa di zucca e tartufo bianco.
Le Calandre: Pasta al forno con lepre, salsa di zucca e tartufo bianco
Rombo con finta maionese di pastinaca e carciofi fritti.
Le Calandre: Rombo con finta maionese di pastinaca e carciofi fritti
Castrato abruzzese al limone con purè di liquirizia.
Le Calandre: castrato abruzzese al limone con purè di liquirizia 2
L’ottimo pre-dessert.
Le Calandre: Pre-Dessert
Sorbetto di melograno, hibiscus e rosa.
Le Calandre: Sorbetto di melograno, hibiscus e rosa
Bufala di mandorle, capperi, olive, olio.
Le Calandre: Bufala di mandorle, capperi, olive, olio
Mont Blanc.
Le Calandre: Mont Blanc
Il vino che ha accompagnato la cena: Moet & Chandon Grand Vintage 2008
Le Calandre: Moet & Chandon Grand Vintage 2008

Forse corriamo il rischio di ripeterci, ma diventa una esigenza quando ci si trova di fronte a messaggi di questa potenza comunicativa: andare in profondità, capire, amare la cucina di Massimiliano Alajmo richiede attenzione, curiosità, forse anche fatica.
Non fraintendeteci: si può tranquillamente venire alle Calandre e godere in completa leggerezza e serenità di una delle migliori tavole d’Italia.
Ma per coglierne davvero l’essenza, afferrarne le sfumature ed elaborare un proprio giudizio, bisogna andare oltre la superficie dei piatti e studiare la natura degli ingredienti.
Un po’ la differenza che passa tra sentire parlare una persona o ascoltarla davvero.

Massimiliano Alajmo si dimostra nuovamente in grandissimo fervore creativo: sembra incredibile che quest’uomo sia da quasi 20 anni sulla breccia dell’onda. La freschezza, la verve, l’energia ci parlano di un giovanotto che ha ancora tantissime cose da dire, di una creatività che è ancora ben lungi dall’aver scollinato nella sua parabola evolutiva.
Le novità tecniche si susseguono anno dopo anno: il lavoro sulla leggerezza, arrivato a gestire ogni salsa senza l’utilizzo di grassi animali o lattosio pur mantenendone le caratteristiche organolettiche, è qualcosa di unico, un patrimonio che da solo potrebbe consentire ad Alajmo di sedere tra i più grandi cuochi della storia.
Ma c’è anche molto altro: lo studio sull’ingrediente, la ricerca maniacale volta a far esprimere la materia alla sua massima potenzialità.
Cotture a pressione, lunghe lavorazioni, estrazioni aromatiche: questa cucina è una scuola vera e non è un caso che abbia sfornato e continui a sfornare grandi talenti.
Senza dimenticare il fatto che alla Calandre il menù creativo viene completamente cambiato ogni stagione (ovvero quattro volte l’anno!), caso non così frequente tra i grandi ristoranti del nostro Paese.

Il menù “Max – Autunno 2015” è un inno a questa stagione: godete del suono armonico che riesce a regalare ogni composizione, ma non privatevi del piacere di cogliere qualche dettaglio, qualche suono diverso, qualche timbro insolito che rendono un pasto alle Calandre così complesso e così emozionante.

Appetizer:
Pane carasau con crema alla bottarga.
Rapa ripiena di crema di mandorle, petali di dalia.
Gondola di mais, baccalà, schia, polpo.
Appetizer, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Cavolfiori all’olio con polvere di semi di lino e crema di arancia e curcuma.
Il cavolfiore viene prima bollito e poi passato in padella, la salsa è di arancia (la sensazione cremosa è data dall’utilizzo di frutta secca, nessun grasso aggiunto), semi di lino, olio di curcuma (con curcuma fresca).
Un inizio spettacolare.
Cavolfiori all'olio, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Nudo e crudo.
Pesca, ombrina, riso soffiato.
Spaghetto freddo, gambero, salsa di pistacchio e profumo mandarino: lo spaghetto freddo con pistacchio non è certo una novità, ma l’essenza di mandarino stravolge ogni cosa; il mandarino si lega al grasso del pistacchio, dando alla preparazione complessità e lunghezza. Standing ovation.
Astice, crema di mandorla, gelatina di acqua di pomodoro.
Battuta di Fassona, crostacei, salsa al curry.
Nudo e crudo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Ravioli di acqua di mare con latte di dotto e passata di ceci neri.
Il latte di dotto è solo un gioco di parole perché in realtà non c’è traccia di lattosio in questo piatto: quella che rimane è la sensazione lattica, ottenuta lavorando a lungo il dotto.
I ravioli ripieni di acqua di mare sono una esplosione di gusto, salsa ai ricci, brodo di dotto latte e purè di ceci neri completano un assoluto capolavoro.
Ravioli di acqua di mare, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Risotto di funghi, tartufo bianco, scampi e crema di pinoli.
Uno dei piatti dell’anno.
Gioco di sensazioni termiche, tattili e gustative: liscio, ruvido, morbido, croccante, dolce, terroso, salato. Il tutto senza perdere l’obiettivo iniziale: fare da spalla al tartufo bianco.
Piatto da 20/20.
risotto, funghi, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Pasta al forno.
Ricotta, pomodoro, pesto, pasta ripiena di carne: l’Italia al potere.
Pasta di sola farina di grano duro e acqua: un procedimento molto lungo di lavorazione crea una cavità e porta la superficie ad essere estremamente croccante.
Un piatto eccellente che si discosta moltissimo dal registro del menù, una parentesi di rassicurazione e conforto per spezzare il ritmo.
Pasta al forno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Brodo oro.
Un brodo concentratissimo di guancette, con zafferano, liquirizia e incenso.
Quasi masticabile, concentratissimo e complesso.
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
brodo oro, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Uovo al tonno e tartufo bianco.
Sorbetto di tonno (senza latticini), uovo sodo e bottarga.
Come migliorare un cicchetto senza tempo.
uova al tonno, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Astice tostato con puré filato di patate e zuppetta di scorfano.
Classicità in movimento.
Astice tostato, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piccione con more selvatiche, incenso e pâté di fegatini.
Il piccione, in casa Alajmo, non si sbaglia mai. Meraviglioso.
Piccione, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Piattino a latere per scarpetta (d’obbligo).
Piattino per scarpetta, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Sorbetto cocalandre.
sorbetto, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Tartufo sgelato.
Gelato di tartufo, cioccolato bianco, riduzione di caffè, mela in tre consistenze, pan biscotto e uvetta al Pedro Ximénez.
tartufo, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
Madame è sempre Madame…
vino, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano
sala, Le Calandre, Chef Massimiliano Alajmo, Sarmeola di Rubano