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Due chiacchiere con Marco Parusso

Tutte le vibrazioni ed emozioni possibili

I piccoli gesti della mano, i piccoli gesti del viso. Lo vedi da come ti parla, ti guarda senza perdere lo sguardo, una concentrazione vivida e fervida. Lo capisci subito che non solo ti sta raccontando il suo credo ma lo vuole trasmettere attraverso tutte le vibrazioni ed emozioni possibili. È strano a dirsi, ma potresti anche non assaggiare i suoi vini, e già potresti dire di averli capiti. Poi il gusto è gusto e non si discute. Però qui parliamo di maturità nel comprendere la bontà di un prodotto creato ad arte con dedizione, amore, competenza e costanza. Qualcuno direbbe “testa dura”, qualcun altro potrebbe dire “spigoloso”, io dico semplicemente, Marco Parusso: prendere – e conoscere! – prima di lasciare.

Lo incontro a Milano in una cornice ovattata, comoda. Il suo Metodo Blassico Extra Brut 100 mesi ad accoglierci, effervescente, fine ed elegante come chi l’ha creato, e già qui capisci che non è un vezzo quello di fare una bollicina. Lo capisci subito, al primo sguardo, al primo sorso. E Marco ne è consapevole, come giusto che sia, aggiungo io. Chi fa le cose bene è giusto che lo sappia, che lo dimostri, che lo comunichi, ed è corretto anche che gli venga detto. Non perché si adagi sugli allori, anzi, perché continui sulla strada del costante investimento e miglioramento, che poi si traduce in investimenti concreti in vigna e in cantina, in conoscenza, competenza, tecnologie, strumenti e tutto concorre diventando poi, a poco a poco, indispensabile nel suo grande disegno produttivo. E il nostro questo lo sa bene.

E così ti racconta tutto, ma proprio tutto, sull’ossigeno, “l’ossigeno è amico” su quanto sia importante non stressare la pianta, lasciar riposare il grappolo e il raspo dopo il trauma del taglio… Un’attenzione e una cura verticale e profonda, come le radici che affondano nel terreno e catturano tutte le informazioni da trasmettere al frutto, perché il risultato finale deve essere un vino vivo, che trasmetta territorio ed emozione. Per questo rimane tutto il tempo necessario in affinamento a contatto con le proprie fecce.

Del resto siamo pur sempre in Langa, a Bussia e Monforte d’Alba, 28 ettari di vigna tra Nebbiolo, Barbera e Dolcetto, proprio come territorio chiede. Sauvignon Blanc, infine, per avere un colore in più nella palette identitaria di Marco Parusso.

Ph credits: Parusso Vigneti

Una repubblica che tende alla diarchia

Per Burrhus Skinner “cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”, una definizione che potrebbe essere benissimo traslata al concetto di cucina della Repubblica di Perno. Infatti, Marco Forneis lo chef e patron di questo avamposto gastronomico, dopo varie peregrinazioni e una carriera nei ristoranti fine dining, ha deciso di cambiare rotta e proporre una cucina piemontese dall’esecuzione tecnica ineccepibile. Completamente solo in cucina, gestisce la piccola manciata di coperti del ristorante con un menù di impronta langarola e sempre disponibile a esaudire le richieste dei commensali.

In sala l’alter ego di Marco, Elena Miori, sua compagna anche nella vita, è abile nel consigliare i clienti sia sul cibo che sul vino, supportata da una carta transnazionale originale e ricercata.

Una moderna cucina di Langa

Come si è detto la cucina attinge a piene mani dalla tradizione piemontese e si fa ricordare non solo per la bontà dei prodotti impiegati ma anche per le tecniche di esecuzione e le cotture millimetriche. Un esempio è la finanziera, che colpisce per l’equilibrio e la “delicatezza” dei sapori: giardiniera, filone, animelle, creste di gallo, polpettine di vitello e un odore di Marsala a sublimare e armonizzare il tutto, per un’esecuzione da applausi

Molto buona la battuta di carne, quasi francescana nell’aspetto, condita col tartufo bianco. Il tubero pregiato è stato protagonista anche di un perfetto tajarin al burro e un classicissimo uovo fritto. Piccolo capolavoro, invece, il coniglio con i peperoni, tanto semplice quanto gustoso, portata che ha richiesto un doveroso bis. Nel segno della tradizione anche il reparto dolci con un’ottima torta di nocciole e zabaione su tutti.

Qui alla Repubblica di Perno ci si diverte e si vedono anche i proprietari divertirsi nel rito dell’accoglienza; una piccola bomboniera consigliatissima per chi volesse mangiare una classica cucina piemontese eseguita in maniera davvero esemplare.

La Galleria Fotografica:

Yannick Alleno in Langa

Prendete uno chef pluri-tristellato francese, Yannick Alleno, noto per il suo lavoro sulle estrazioni, tra i più à la page in questo momento storico in Francia, chiedetegli di fare una consulenza, di firmare la linea e il menù in un resort di lusso a Monforte d’Alba. Voilà, siete arrivati da Fre. La prima stella è arrivata a pochi mesi dall’apertura, e tanti altri traguardi si preannunciano alla sua portata, in questo luogo bucolico immerso nella campagna langarola.

La cucina è affidata a Bruno Melatti, giovane diplomato ad Alma, con importanti trascorsi in Francia, anche proprio da Alleno. E Bruno trasferisce in maniera esemplare i dettami e le idee del grande chef d’Oltralpe contaminando la cucina del territorio con prodotti e tecniche francesi. Il risultato? Semplicemente ottimo, a cominciare dallo splendido rosso di anguria e passando attraverso l’uovo in illusione, due piatti che, oltre ad eleganza e finezza, giocano con il concetto delle estrazioni in maniera mirabile, applicando alla lettera, per appunto, i dettami dell’Alleno-pensiero.

Ottimi e veramente golosi tutti i primi piatti, anche se la reinterpretazione in chiave francese della cucina del territorio si è spinta forse un filo troppo oltre, specie in alcuni passaggi: pensiamo in particolare alla tartare di Fassona, completamente coperta dall’estrazione di funghi e dalla crema di foie gras.

Sorprendente poi la pomponette di trota, con le sue uova e il burro e splendido, purissimo nella sua apparentemente semplice essenza, infine, il piccione affumicato: vessillo della grande tecnica acquisita.

Una cena perfetta, con un servizio attento e molto curato e un percorso che, forse, a parte qualche marginale considerazione, risente solo del prezzo, piuttosto elevato. Del resto siamo pur sempre a Monforte d’Alba, in un relais di gran classe.

La galleria fotografica:

Per raccontare quanto la famiglia Alciati sia stata, ed è tuttora, un pilastro portante dell’alta cucina langarola ci vorrebbero anni.

Una storia che affonda le radici in questo luogo magico. E che continua a perpetrare una tradizione fatta di grandissima ed accurata selezione di ingredienti, composta da una fila enciclopedica di piatti e di preparazioni, classiche, da far invidia alla Francia intera.

Da Guido è una istituzione e i figli Piero (in sala) e Ugo (in cucina) continuano a portare avanti questa tradizione con grande competenza, senso del gusto e attenzione. Ospitati e accolti nella splendida Villa Reale della tenuta Fontanafredda, luogo di rara magia e fascino discreto.

E anche in quest’occasione, momento in cui un manipolo di amici si ritrova per approfondire l’annata tartufesca 2016, si sono dimostrati ai vertici della cucina classica italiana. Con piccoli tocchi di attualità, usando tecniche moderne, alleggerendo alcuni passaggi e preparazioni. Facendo ciò che un cuoco dotato di buon senso e di ottima tecnica farebbe. Lasciando cioè il più intatto possibile il sapore e il “profumo” dei grandi classici di questa terra. Ma le ragioni del successo di questa famiglia non affondano solo nella grande capacità tecnica ed intelligenza di entrambi i fratelli. Risiedono anche e sopratutto nella capitalizzazione di una storia che ha visto, da generazioni, l’approfondimento e la conoscenza del territorio e dei suoi massimi esponenti. Che significa, in parole povere, saper dove trovare la carne migliore, la verdura migliore, il tartufo migliore… e così via.

Potrebbero vivere di rendita gli Alciati, ed invece continuano ad apportare piccoli ritocchi, impalpabili cambiamenti, qualche piccolo soffio impercettibile per migliorare costantemente ed attualizzare una cucina così perfetta e precisa che più non si può.
Ne sono un esempio gli antipasti, tutti di una precisione tecnica invidiabile ma al contempo di una leggerezza quasi eterea. Ma tutto il pasto, di fatto, scorre via senza batter ciglio. Senza un filo di grasso in eccesso, senza una imperfezione né stilistica né di cottura, né tanto meno di consistenza.

Impresa tutt’altro che facile, ma impresa certamente vinta, non v’è dubbio alcuno!

La splendida facciata della Villa Reale in Tenuta Fontanafredda.Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Il tavolo conviviale.Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati
La splendida Molteni.Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati
La cantina.cantina, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

cantina, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

cantina, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

La partenza.Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

L’ottimo pane.pane, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Cardo di Nizza, acciughe, pera.

cardo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

cardo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Strepitoso Carpaccio di vitella.carpaccio, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

carpaccio, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Uovo in camicia, di una qualità e precisione tecnica invidiabili, patate, parmigiano.

uovo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

uovo, tartufo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

uovo, tartufo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Tajarin.Tabarin, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Il compagno di viaggio.tartufo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Gli agnolotti di Lidia al tovagliolo.

agnolotti, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Il brodo in accompagnamento.brodo, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Cosciotto di capretto di Roccaverano al forno.capretto, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

capretto, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

L’insalata ad accompagnare.insalata, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

cosciotto, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Robiola di Roccaverano.robiola, roccaverano, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Con olio e pepe fresco.

robiola, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Fior di latte al momento.fior di latte, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

fior di latte, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

La piccola pasticceria.piccola pasticceria, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

I vini. vini, Guido, Serralunga d'Alba, Ugo Alciati

Ah, le Langhe!
Croce e delizia di ogni gourmet, ogni periodo dell’anno è buono per un passaggio da queste parti. La vendemmia, i tartufi, le nocciole, i formaggi… è sempre una festa per i sensi, 365 giorni all’anno. Grazie ad una serie interminabile di prodotti tipici e una cultura votata alla valorizzazione degli stessi come risorsa, è questa una zona dove anche giocando a mosca cieca con i campanelli c’è il serio rischio di un pranzo di qualità.
Al netto degli onnipresenti indirizzi acchiappaturisti, ben ripartiti tra improbabili agriturismi e dubbie cantine, la qualità media food&wine è decisamente alta, con indirizzi capaci di accontentare un’ampia fascia di palati e le relative potenzialità di spesa.

Nel girone tuteliamo-le-cardiopatie-del-tuo-direttore-di-banca rientra indubbiamente la Trattoria della Posta, storico indirizzo a Monforte d’Alba che propone una cucina della tradizione, dalla staticità del menù altrettanto storica, seconda solo ai nomi dei panini in Autogrill.
Attenzione a non farsi confondere però dal nome o dall’esecuzione piuttosto basic dei piatti: il servizio, la location, la sua impostazione e la relativa cucina non sono da trattoria, bensì ben più affini all’ideale di ristorante. Una bella sala in stile classico con un ampio camino in centro accolgono il cliente in un ambiente rigoroso, silenzioso e tranquillo ma mai freddo, senza ostentazioni né particolari eccessi.
Sulla cucina, una volta chiarita la volontà di proporre la versione strettamente langarola, non c’è sinceramente troppo da dire. I piatti sono, come oramai quasi sempre accade, riproposti più alleggeriti e quindi più adatti alle necessità ed ai gusti dei nostri giorni, ma le basi sono quelle tradizionali da generazioni e non c’è, per scelta, alcuna volontà di stravolgerle.
Quindi, al netto di un paio di veniali imprecisioni di temperatura, è una cucina che fa virtù della sua semplicità, e grazie alle materie di buon livello e ad accostamenti affidabili come un cane guida, tutti i piatti risultano correttamente eseguiti e piacevoli.
Il rovescio della medaglia è il rischio della percezione che ha il cliente, al momento della scelta del ristorante: offrendo cucina che apparentemente quasi non si distingue, se non per la raffinatezza delle materie, da quella di una buona trattoria, in una terra dove l’offerta è così ampia e variegata, dalla bettola al tristellato, c’è il rischio concreto di passare per un’osteria dalle inarrivabili ambizioni, troppo cara in relazione alla modesta offerta.
Da parte nostra sappiamo bene che non è così, tant’è che possiamo serenamente consigliare un passaggio. Se siete in cerca di un sobrio pranzo (visto che la zona ben si presta, magari come nel nostro caso nel trasferimento da una cantina all’altra), non eccessivamente impegnativo sotto tutti i punti di vista, soprattutto da quello economico, la Trattoria della Posta è una valida scelta, non ve ne pentirete.

Una bella carta dei vini, come giustamente ci si aspetta in Langa, è a disposizione del cliente, con una buona panoramica dai prezzi mediamente corretti sulle proposte della zona, con qualche ricarico più marcato sulle bottiglie extra-Piemonte. Plus per l’interessante offerta di mezze bottiglie e di vini al calice

Il pane ed i grissini.

Benvenuto dalla cucina. Freddo, nella temperatura e nell’aspetto.

Il vino, una delle proposte al calice.

Il rotondino di vitello cotto nel sale con salsa tonnata. Un buon vitello tonnato, ottima carne e salsa ben eseguita.

La carne cruda battuta al coltello con Tondo di Macra (e tartufo nero disidratato, uovo e senape).

Gli agnolotti del Plin al burro fuso. Senza troppi giri di parole, molto buoni.

Lo stinco di vitello al vino Barolo, accompagnato da verdure al vapore.

Predessert. Un piccolo tiramisù.

Il dolce di nonna Tilde (Bunet, torta di nocciole , gelato al caffé, pera madernassa cotta nel vino). Aspetto tristino, in realtà un dessert molto piacevole.