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Osteria Francescana

Osteria Francescana e Massimo Bottura.
Non sempre è facile distaccare sé stessi dalle proprie creature e trovare una collocazione importante anche fuori dal proprio naturale habitat. Perché alla volte è la creatura stessa che piano piano ti divora e prende possesso di te, tanto che tu senza di lei non esisti più per il mondo lì fuori.
Con i ristoranti capita spesso.
Siamo stati abituati per anni a pensare al cuoco in cucina, quello che parla solo ed esclusivamente attraverso i suoi piatti, nel suo ristorante, e non può ambire a generare cultura, figuriamoci ad influire sul sociale.
Forse dobbiamo cominciare a modificare i nostri paradigmi.
La sensazione è che quanto accade all’Osteria Francescana non sia più l’unica cosa importante.
E’ solo una parte di un complesso mosaico, in cui un pezzo perde di senso senza l’altro. Proprio come nella vita di ognuno di noi, dove è impossibile trattare gli avvenimenti a compartimenti stagni.
A seguito di un lungo percorso, che non è mai stato agevole se non negli ultimi anni, per Bottura è arrivata la possibilità di affermarsi sempre di più come entità singola, o comunque come portavoce di un gruppo. E forse la novità è proprio che “il sistema Italia”, probabilmente complice l’evento Expo, questa volta sta lasciando le chiavi in mano a una persona.
L’Osteria Francescana diventa quindi la casa in cui rifugiarsi e trovare serenità e tranquillità, ma non è più l’unico luogo in cui dare forma al pensiero dell’uomo. Come per l’artista, non è un solo museo il veicolo per la sua espressione.
E’ il mondo il palcoscenico attuale.
Un mondo fuori via Stella, fatto di azioni, di frasi, di pensieri, che stanno rendendo Massimo Bottura sempre più simile a un artista o un leader. E in cui le immagini di Lara Gilmore, sua moglie, e di tutta la sua famiglia “allargata”, assumono un ruolo centrale nell’espressione del pensiero. Come è normale che sia per ogni essere umano che decida di condividere un percorso di vita con alcune persone.
Questo rende tutto terribilmente più complicato, ma incredibilmente affascinante. Pensiamo di poter dire con assoluta leggerezza che non c’era mai stato in Italia un cuoco che partendo dalla sua cucina fosse riuscito a fare ciò che avviene alla Francescana.
Il cuoco diventa un punto di riferimento per la comunità e la cucina assume sempre più la forma di un gesto sociale.
Con questo non vogliamo dire che l’Osteria Francescana abbia perso senso o cambiato il suo modo di porsi.
Tutt’altro.
E’ tappa imprescindibile per visualizzare il disegno completo.
Chi non ama o semplicemente non vuole porsi domande, può venire in via Stella e godere di una delle cucine più potenti del panorama mondiale.
Immediata, eppure così profonda, una matrioska di sapori e sovrapposizioni a disposizione di ogni cliente: il più pigro godrà della mirabile impostazione classica, una superficie consolatoria al limite del gourmand, il più ardito cercherà gli strati più profondi di queste preparazioni incredibilmente strutturate e minuziosamente costruite. Non c’è nessuno spazio per la improvvisazione in queste creazioni, vere e proprio installazioni in cui si percepisce l’estenuante lavoro di progettazione.
Anche per questo non vedrete all’Osteria Francescana variazioni stagionali del menù creativo: non ce ne sarebbe la possibilità e, forse, nemmeno il senso.
Sostenibilità, recupero, promozione del territorio: sono tutti spunti su cui ragionare e che non trovano casa in un punto preciso.
Torniamo quindi a fatica a ricollocare la nostra attenzione su quello che succede tra queste mura, ma la nostra mission ce lo impone.
Torniamo a parlare di una grande sala, fatta di ragazzi giovani, preparati ed entusiasti.
Guidati da un “cameriere” (al secolo Giuseppe Palmieri) che, come tutte le personalità sotto i riflettori, divide il pubblico, tra chi lo ammira e chi invece ne ha scarsa considerazione. Noi crediamo che andrebbero riconosciuti i meriti della crescita di questo luogo a chi questo luogo l’ha visto crescere e l’ha cullato amorevolmente. Crediamo che non esista un grande ristorante senza un grande direttore di sala.
Forse è vero che l’abbinamento vino avrebbe bisogno di qualche bottiglia di maggiore valore (non prettamente economico), o di maggiore varietà nel tempo, ma è anche vero che questo ristorante gira come un orologio svizzero ed il merito è anche di chi questa sala la vive quotidianamente.
Torniamo a parlare di piatti, di ingredienti, di cibo.
Torniamo dunque a parlare di questo nuovo menù Sensazioni, la prosecuzione logica del cammino iniziato con “Vieni in Italia con me”. Una prosecuzione nel segno della pulizia, gustativa e visiva, del neoclassico, della riscoperta di antiche ricette regionali portate al massimo livello possibile.
Ci sono delle riproposizioni, come la Ceasar Salad o l’Ostrica in Pineta, ulteriormente perfezionate e migliorate.
E poi ci sono le novità, con una vetta assoluta raggiunta nei ravioli di anguilla e alzavola, omaggio al Delta del Po e alla cucina rinascimentale della corte Estense.
Cucinare come si cucinava 500 anni fa, ma con la sensibilità e le conoscenze attuali.
C’è bisogno di tornare molto indietro per poter continuare ad andare avanti.
Senza dimenticare quello che succede oltre il muro, mai, come oggi, così parte dell’insieme.

Aulla in carpione.
Baccalà, pomodoro e cappero.
Macaron al pomodoro con farcia di coniglio.
Aulla, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
baccalà pomodoro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
macaron, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ostrica in pineta.
Ostrica leggermente affumicata panata alle erbe, acqua di ostrica. Un piatto del 2014 riproposto in maniera ancora più convincente, con tutto il gusto dell’ostrica maggiormente sotto i riflettori.
ostrica pineta, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Distillato di Genziana di Boroni.
distillato genziana, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Moeche e Polenta in due versioni
Tortino di granchio con polenta croccante e gel di limone.
Brodo di mais affumicato e crema di granchio.
La prima novità è di quelle che fanno sobbalzare dalla sedia. L’idea di fondo è quella delle moeche con la polenta, quindi ancora alto Adriatico nel cuore e nell’anima. Ma quanto disposto sulla tavola non è altro che il mezzo attraverso cui permettere alla mente di viaggiare intorno al mondo.
Ci sono due modi diversi di intendere la cucina, a stretto confronto.
Un tortino “borghese”, intenso, morbido, gourmand, a ricordare vagamente la “crab cake” di Boston; l’immagine visiva che diventa racconto, con il granchio che si libera del suo carapace, proprio come avviene in fase di muta.
E poi il genio che si libera in un brodo di rara intensità, degno delle migliori tavole di Kyoto.
Ancora polenta, ancora moeche, ma in una energia travolgente e sconvolgente.
Dal Delta del Po al resto del mondo, andata e ritorno.
mosche, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Pecorino 2013 Tiberio.
vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Melanzana, calamari, pomodori, olive e capperi.
Brodo di olive, capperi e pomodoro; tempura di melanzane; calamari. Continua la grande attenzione per le tecniche giapponesi. La tempura è lievissima e riesce perfettamente a imprigionare tutto il gusto della melanzana. Ma è ancora una volta protagonista il brodo, un concentrato di italianità dalla persistenza infinita.
melanzane calamari, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli Delta del Po.
Raviolo di anguilla, fondo di alzavola e melograno. Un urlo assordante. Questo piatto rasenta davvero la perfezione, sia dal punto di vista concettuale che da quello gustativo.
Un viaggio a ritroso nel tempo, alla corte Estense, alle idee di Cristoforo di Messisbugo, per ritrovare nel passato tutta l’energia da trasferire al presente. Questo è davvero il Delta del Po.
Se solo uno degli ospiti stranieri che frequentano queste mura, ignaro di cosa sia il Delta, andasse su Google a cercarne la storia e la realtà, il gesto sociale del cuoco sarebbe portato a compimento.
Cibo veicolo di cultura e conoscenza.
Raviolo Delta del Po, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento a questi ultimi due piatti: Malvasia 2010 Damijan.
Malvasia, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa spumosa al riesling.
Astice cotto a bassa temperatura, funghi, tartufi, salsa alla bisque e salsa al riesling. Piatto che ammicca fortemente alla classicità francese (nella salsa al riesling, una piccola dose di panna rimanda ad alcune grandi tavole d’Oltralpe), riempie la bocca pur mantenendosi leggero e fresco grazie a una spiccata acidità delle salse. Una sottile nota piccante caratterizza la salsa alla bisque, di rara intensità. Forse difficile trovargli una collocazione concettuale all’interno di questo menù, ma è un piatto che riprenderemmo alla carta a occhi chiusi.
Astice in dubbia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Astice in doppia salsa, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Farewell Timorasso 2011 – Massa.
Farawelll timorrasso, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Intervallo: rinfreschiamo l’ugola. Gocce di limone concentrato, Mosto d’uva parzialmente fermentato Filari Corti Carussin, Pecorino Tiberio e gazzosa Lurisa. Break on through to the other side!
Intervallo, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
rinfrescante, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Cesar Salad.
Quasi un classico ormai, ulteriormente migliorato nelle proporzioni. 22 tipi di condimenti nascosti nel cuore dell’insalata. Sempre geniale.
Caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Birra Beltaine castagne e ginepro.
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Birra Beltaine, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Lo spaghetto che vuole diventare una lasagna.
L’evoluzione 2015 del piatto “La parte croccante della lasagna”. Gli spaghetti vengono cotti, frullati, uniti in impasti diversi con pomodoro, spinaci/bietole e parmigiano. Se ne ricava quindi una pasta che, una volta essicata, permette di ottenere il velo tricolore. Prima del servizio, viene passato al grill per donargli quel sentore di bruciato tipico, appunto, della crosta della lasagna. Alla base un ragù di coda, guancia e lingua di vitello e una crema leggera di parmigiano.
Questo è il piatto da palcoscenico, da esportazione. Lo sa, e non fa nulla per nasconderlo: bandiera italiana a far bella mostra di sé, morbidezza, gusto, contrasti. La lasagna è pronta a fare il giro del mondo.
la parte croccante della lasagna, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Ribolla 2010 Damijan
Ribolla damijan, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Inverno
Zucca, castagna, tartufo nero, erbe aromatiche, foie gras e brodo di funghi. Non è una novità quella di rappresentare in pochi cm^2 una stagione. Ma non tutti ci riescono così.
inverno, zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Oh deer!
Cervo e foie gras.Infusione di marasche, petali di rosa e pepe rosa.
Rafano grattugiato.
Impronte: rosa, erbe aromatiche, erbe bruciate, frutti rossi, limone e polvere d’oro.
Un piatto davvero pop nella sua componente visiva. Si parte da una base fortemente classica (la carne con la salsa) per muoversi a passo di funk. O dall’idea mitteleuropea che vede associare la selvaggina a qualcosa di dolce (spesso marmellata) per arrivare a questa infusione dolce ma sferzante nella sua acidità. Con il pepe che esce piano piano.
E poi le finte impronte, dalla realtà (i frutti rossi, il bosco) fino al sogno (i limoni e l’oro, acidità e pulizia).
Questo è avere una visione nitida di quello che si vuole fare.
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
cervo e foie gras, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Passo Nero 2011 – Arianna Occhipinti.
passo nero, occhipinti, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Tortellini tradizionali in crema di Parmigiano Reggiano.
Una nostra richiesta esplicita, per appagare il bambino che è in noi. C’è voglia di futuro…
Tortellini tradizionali, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
…magari direttamente dalla pentola.
tortellini direttamente dalla padella, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
In abbinamento: Trebbiano 2011 Tiberio Fonte Canale
trebbiano, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Predessert – Rosso: radicchio, rapa rossa, alkermes, concentrato di melograno, yogurt e aceto di mele. Il predessert che voleva essere un dessert. E potrebbe tranquillamente anche esserlo.
Pre dessert, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Una passeggiata nel bosco.
Topinambur, nocciole, erbe, gelato ai frutti di bosco. Prima di tutto una bellissima presentazione. Poi tutte le essenze, le concentrazioni, che hanno fatto grande questa tavola.
una passeggiata nel bosco, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Ravioli di cioccolato e lenticchie, salsa al panettone, lenticchie e oro.
La ricchezza (oro) nel recupero (panettone), la rottura tra dolce salato (dove finisce uno e inizia l’altro?), lo studio della forma e dei colori (sembra un quadro di Klimt): tutto è costruzione maniacale, tutto è studio esasperato nel minimo dettaglio.
Raviolo di cioccolato e lenticchie, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Pane e oro.
Ecco il piatto pensato per l’Expo 2015.
Tre semplici ingredienti: latte, pane vecchio, zucchero.
E poi l’oro, a rappresentare la nobiltà che si può ritrovare anche negli ingredienti più semplici. Il ricordo del bambino e di una Italia che forse non c’è più (il pane inzuppato nel latte e zucchero) diventa il presente e, attraverso il gesto del recupero, si trasforma in un atto etico e in un simbolo di sostenibilità. Si trasforma, quindi, in futuro.
Spuma di pane tostato, cialda di zucchero e polvere d’oro, caramello salato, gelato di latte e zucchero.
Nutrire il pianeta, energia per la vita. Ci sembra un dessert sufficientemente significativo.
Pane e oro, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena
Piccola pasticceria
Piccola Pasticceria, Osteria Francescana, Chef Massimo Buttura, Modena

Istanbul.
Quasi venti milioni di abitanti. Una metropoli in costante movimento ed in continuo fermento.
Un luogo in bilico tra Oriente e Occidente. Una città dove l’antico si fonde col moderno e nella quotidianità si convive al di sopra di ogni religione.
È proprio in questa terra, con i piedi in Asia e la testa in Europa, che Massimo Bottura ha deciso di esportare un pezzo della sua Emilia, o meglio, un gran pezzo della nostra Italia.
Nel Ristorante Italia non sono solo i ricordi dell’infanzia o il territorio dello chef modenese ad essere rielaborati -per quelli basterebbe andare in via Stella- ma l’intera storia della cucina italiana, quella intrisa di tradizione e familiarità, quella che tutto il mondo ci invidia.
Un viaggio che percorre tutto lo stivale, dal Piemonte alla Sicilia, senza i clichè che contraddistinguono la nostra cultura gastronomica all’estero.
Lo scopo è quello di cambiare radicalmente la considerazione che lo straniero ha della nostra cucina, sensibilizzarlo sulla materia prima (non per forza italiana), sulle sofisticate tecniche di cottura, sulla concentrazione dei sapori, lasciandogli intatte le sensazioni finali di piacevolezza e golosità.
Bottura -che quest’anno è volato ad Istanbul con una cadenza di tre/quattro volte al mese- ha accettato una sfida tutt’altro che facile e l’ha fatto mettendoci il grande entusiasmo che traspare dai suoi piatti.
Entusiasmo trasmesso a tutta la brigata di cucina, formata da undici giovani cuochi di cui tre italiani (Bernardo Paladini, Michele Castelli e Virginia Caravita) passati per via Stella e ben contenti di ricoprire il ruolo di ambasciatori del made in Italy all’estero.
Nei pochi piatti assaggiati svetta il marchio di fabbrica della Francescana, con la bellezza estetica e i sapori cesellati in maniera cristallina, con la giusta densità gustativa. Bottura è stato in grado di sdoganare piatti come la pasta e fagioli, il vitello tonnato, il pollo coi peperoni, il risotto alla milanese e tanto altro, in una interpretazione “d’autore”, totalmente inedita.
Non è la voglia di stupire o di giocare che prevale, non c’è “crostatina in caduta” che tenga, perché l’Osteria resta un unicum nel suo genere e non può essere esportata altrove. Ed è per questo che il lavoro fatto ad Istanbul è ancor più prezioso di quanto si possa pensare, perché anche qui, a 1900 km da Modena, la tradizione gastronomica viene scandagliata, scomposta, ricostruita rivivendo sotto nuove forme ma con l’onnipresente sapore del ricordo.
Viene subito voglia di tornare per soddisfare l’indomabile voglia di comfort food delle ricette regionali del Bel Paese.
Allestito all’ultimo piano di Eataly, nel nuovissimo Zorlu Center, il nuovo polo del lusso a nord della metropoli, il Ristorante Italia è un locale sobrio ed elegante che ricorda molto l’atmosfera della Francescana, con l’illuminazione fredda, moquette ed alcune opere d’arte. Si respira Italia non appena si varca l’ingresso, grazie anche alla colonna sonora di sottofondo che riproduce le canzoni di cantanti e musicisti italiani del passato.
E sui numeri non si scherza: circa una sessantina di coperti ben distanziati distribuiti in due sale molto spaziose (di cui una bellissima terrazza panoramica che, purtroppo e per ovvie necessità, è destinata agli incalliti fumatori), con un servizio già rodatissimo, dopo neanche un anno di vita, numeroso, formale e di eccellenza, formato da personale tutto locale e coordinato da un grande professionista dell’accoglienza, quel Daniele Montano che ricordavamo già al Pagliaccio di Roma e che ritroviamo con piacere tra questi tavoli a destreggiarsi con un passo felpato tra italiano, inglese e turco (!).
Non poteva mancare neanche una carta dei vini che parla prevalentemente italiano (ma occhio a non trascurare alcune sorprendenti etichette turche) e presenta tantissime etichette a prezzi tutto sommato corretti.
Difficile fare meglio come inizio.

sala, Bernardo Paladini, Michele Castell, Virginia Caravita
Come a Modena, olio toscano, selezione Villa Manodori (in vendita anche da Eataly), pane fatto in casa
Olio Toscano, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
ed eccellenti grissini.
Grissini, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Una essenziale ricciola, servita soltanto con olio e sale. L’Italia è anche questa, esempio di grande semplicità e grande qualità.
ricciola, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Il vitello tonnato. Succulenti fette di filetto cotto a bassa temperatura accompagnato da una densa salsa tonnata. Il colpo di classe sono le verdure in agro e la salsa di vitello.
vitello tonnato, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Gnocchi di seppia. L’impasto è fatto con seppia e patate. La consistenza è conferita dal pane croccante. Sulla base c’è una interessantissima zuppa di pomodoro e seppia leggermente profumata all’aglio con qualche goccia di salsa al nero di seppia.
gnocchi di seppie, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Una grandissima “pasta e fagioli” rivive sotto mentite spoglie di un raviolo farcito con parmigiano, ricotta e (altro grande colpo di classe) cicoria. Le note amare sono defatiganti e creano una sorta di dipendenza. Come le croste di parmigiano fritte sulla crema di borlotti.
pasta e fagioli, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Guancia all’aceto balsamico. Più classico non si può.. se non fosse per la purea di carote e zenzero e i broccoli piccanti…
Guancia, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Un sempre gradito intermezzo tra salato e dolce.
saltano e dolce, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Anche qui i tortellini alla crema di parmigiano sono un imperdibile cult. Inoltre hanno una peculiarità che solo al Ristorante Italia è possibile trovare: sono rispettosi della religione locale e, pertanto, non c’è traccia di maiale, sostituito dal pollo. E’ noto che per ottenere 200 grammi di quella crema, serve un kg di parmigiano in infusione con l’acqua.
Tortellini alla crema di parmigiano, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Semplice e geniale il pre-dessert, tutto da shakerare e da bere in un colpo solo. E’ un omaggio alla Turchia e alla stagionalità: succo di melagrana e yogurt.
pre-dessert, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Siamo in Italia:un quasi tradizionale tiramisù.
tiramisù, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
E, sebbene il Natale fosse appena finito, non ci siamo fatti scappare un fuori carta: soufflé al panettone con crema alla vaniglia e gelato al fiordilatte. Ed è subito, nuovamente, Natale.
Soufflé al panettone, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Minimale piccola pasticceria. Bombolini alla crema.
Bomboloni, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey
Sala.
salsa, Ristorante Italia di Massimo Bottura, Eataly, Istanbul, Turkey

caesar salad, Prima della Prima, Massimo Bottura

CAESAR SALAD

Noli respicere, non voltarsi mai indietro. Per quanto Massimo Bottura abbia oltrepassato in scioltezza il codice binario che definisce l’avanguardia, la violazione della consegna di Orfeo punteggia il suo nuovo menu con un’insistenza martellante, che non può essere derubricata a casualità. Perché i piatti di nuovo conio si alternano a numerose riprese di spunti già svolti nel passato, talvolta vere e proprie icone: i ravioli con gamberi, gelatina di cotechino e lenticchie fritte, metempsicosi degli storici ravioli di cotechino, ormai traslocati nell’Eurasia vagheggiata da Beuys; la profondissima triglia alla livornese, intarsiata da una rimembranza di picassiano camouflage; e rubo la parte croccante della lasagna, d’après la parte croccante di una lasagna. Soprattutto un’irriconoscibile Caesar Salad che gira upside down, anzi outside in il modello di qualche anno fa. Composto, si ricorderà, di 22 elementi aromatici. Ieri in absentia, data l’assenza di lattuga; oggi più che mai in praesentia.
La frequenza del ricorso all’autoremake, in questo caso di un piatto già codificato, in una sorta di fuga dei remake, non stupisce in un cuoco che ha saputo centrifugare i suoi riferimenti pittorici in termini filosofici e di prassi creativa; cosicché il pittorialismo spiccio della citazione artistica ne rappresenta solo l’emergenza. Specie se si considera che “uno dei tratti salienti delle pratiche artistiche contemporanee consiste appunto nel tematizzare l’enigma della dissimmetria originaria insita nella coppia originale/rivisitazione, pari a quello tra rottura/continuità. E consiste nel cercare di mostrare (anche se non potendo veramente dimostrare) che l’opposizione fra originale e rivisitazione è essa stessa non originale”, si legge in Cover Theory, L’arte contemporanea come reinterpretazione di Marco Senaldi, dopo una disamina della boîte en valise, archetipo del genere a firma di Marcel Duchamp.
L’originalità, quindi, tema princeps della cucina degli ultimi decenni; ma anche fattore di destabilizzazione che instaura un’obsolescenza accelerata del piatto. “Abbiamo tolto alcune ricette, come Thelonious Monk, perché la loro ripetizione generava stanchezza”, è la versione di Massimo Bottura. “Rivoluzionare un piatto certe volte è il solo modo per tenerlo in carta”. Nel caso della Caesar Salad, a intervenire è stato un concetto rivoluzionario: il condimento dell’insalata dall’interno, fra foglia e foglia. Cosicché la lattuga “frigida” di Antonio Corrado fa esplodere in bocca con la sua acquosità una bomba crudista e antitecnica, potente e complessa, lubrificata da due diverse salse, micidiale grazie al grappolo degli ingredienti aromatici, dalle erbe alla pancetta. In accompagnamento un cocktail preparato al tavolo da Giuseppe Palmieri a base di Vodka, Ginepro, acqua tonica, gazzosa e pepe del Madagascar, con le sue note resinose e fiorite, quasi di lavanda, messe in circolo acceleratamente dall’alcol. Quando il cocktail è servito spaiato, anche un cuore di lattuga tuffato all’interno per l’acidità e la nota lattica, leggermente terrosa.
Gli autoremake: riflessività in senso stretto. La spia della maturità raggiunta da Massimo Bottura, capace di chiudere il cerchio dell’autosufficienza stilistica, fondare e fare evolvere il proprio lessico culinario, cannibalizzando materiali francesizzanti e popolari, emiliani o extraculinari. Ma anche un elemento di “anamorfosi ideologica”, per citare sempre Senaldi. “Ossia il collocare un artefatto culturale sullo sfondo delle proprie mancanze intrinseche”, al fine di confrontare l’originale con ciò che avrebbe potuto essere e invece non è stato”.
Dove la negatività finisce per propiziare un’espressione bianca. Perché “una poesia deve perdere ad una ad una tutte le corde che la legano a ciò che la motiva. Ogni volta che il poeta ne spezza una, il suo cuore batte. Appena spezza l’ultima, la poesia si stacca, sale come un pallone, bello in se stesso e senza altro aggancio con la terra” (Jean Cocteau).
E la cucina di Massimo Bottura vola.

Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Tu e lui, il piatto. Affascinante, adulatorio, provocante.
Continui a scrutarlo curiosamente, in un misto tra la voglia di affrontarlo e quella di godere al massimo di quel momento.
La prendi larga, lo attacchi con l’olfatto, in una sorta di delicato e rispettoso preliminare.
Prima lieve emozione: quanto raccontato contestualmente al servizio ti si ricostruisce olograficamente di fronte, la gerarchia degli ingredienti è chiara, rispettosa dell’ordine di apparizione nella spiegazione.
Lo affronti successivamente con la posata, timoroso, conscio di un gesto irreparabile. Dopo aver esaminato con discrezione le singole componenti, con perizia cerchi di ricomporre parte del piatto in un boccone, assicurandoti scrupolosamente di non dimenticare nulla.
Porti il tutto in bocca. L’attenzione è tale da non vedere né sentire altro.

Uno shock, un pugno nello stomaco, uno schiaffone in pieno volto.
Ma non c’è dolore.

Ti viene da ridere di gusto, ti trattieni in modo da non passare per matto.
Quello che prima era olografia, prende forma davanti a te dieci, cento volte più grande. Puoi vedere distintamente quanto raccontato, singolarmente, poi nell’amalgama. Poi ancora singolarmente, poi di nuovo nell’insieme.
La definizione dei singoli componenti è sconcertante, ancor di più lo è l’armonia tra loro. Alzi gli occhi appagato e ti accorgi che come tu non badavi a nessuno, dagli altri tavoli nessuno bada a te.
E’ un momento estremamente intimo, tra te ed i tuoi sensi.

In una qualsiasi tavola, secondo dinamiche soggettive ma pressappoco simili, quando questo accade, nella sua completezza, almeno una volta, ci si può ritenere fortunati.
In Francescana, ciò avviene in non meno di dieci occasioni consecutive.

Dopo ogni pranzo -o cena- al 22 di via Stella, si ha la sensazione netta di aver raggiunto l’apice, che l’asticella posta lì, così in alto, sia impossibile da innalzare ulteriormente. E prontamente questa sensazione sarà smentita dalla visita successiva, e così in ogni occasione.
La stessa percezione di altezza è chiara all’interno del percorso, nei singoli piatti: si parte a rotta di collo e l’acceleratore viene chiuso soltanto dopo l’ultima portata. Una gara di dragster che, anziché durare dieci secondi, passa le tre ore. Non un crescendo, ma una linea orizzontale collocata abbondantemente in zona rossa.
E soltanto quel paio di piatti un filo meno che sublimi, nonché alcune blande -ma soltanto estetiche- reiterazioni stilistiche (il camouflage mimetico ripetuto in tre piatti, o l’uso del medesimo germoglio in tre piatti differenti) ti ricordano di essere sulla terra.

Quello di Bottura, per quanto riconoscibilissimo, è un non-stile, tracciato attraverso il volteggio armonico all’interno di tutti i campi del gusto: dal Pancake, piatto rotondo, morbido, di deriva dolce, che gioca sulla “rottura del confine tra il dolce ed il salato” tanto cara allo chef, fino al Raviolo di zucca, perfino disturbante nel contrasto tra il ripieno dolce e l’acidità ficcante del brodo, passando per piatti che fanno leva sulla memoria, come La parte croccante della lasagna. L’unica costante è la certezza di trovarsi di fronte sempre dei veri e propri piatti capolavoro che vanno a comporre un menù monumentale, nonché realmente sensazionale.
In Francescana pare abbiano trovato la formula magica per il piatto emozionante e vogliano riproporla dodici volte, sotto dodici forme differenti, senza spazio per alcun compromesso, né tantomeno sacrificio: massima finezza, nonostante i sapori netti ed amplificati. Eleganza e pulizia estreme, pur utilizzando ingredienti certo di qualità assoluta, ma di natura comune. Centralità gustativa da cecchino, nonostante il numero de la “regola del 3” qui sia da leggere come “al cubo”. Sapori dettagliati e sfaccettati al cesello, nonostante piatti all’apparenza semplici.

Il perfezionismo a 360° di questo ristorante, in quanto tale, coinvolge anche il feudo dell’ormai celeberrimo uomo di sala, Beppe Palmieri: l’accompagnamento al calice. Cosa praticamente più unica che rara in Italia, acquisisce qui una quarta dimensione, tanto da poterlo definire un ampliamento al calice. Ci si spinge oltre il concetto di abbinamento, sfruttando le note delle bevande (non necessariamente vino) per incrementare quelle dei piatti; non si intenda però come un completamento delle portate (che sono, ovviamente, compiute da sole), ma come una maniera per far si che il calice possa armonizzarsi nel miglior modo possibile con il piatto.

Torniamo con i piedi per terra: in fondo, l’Osteria Francescana è soltanto un ristorante, e Massimo Bottura ne è solamente il cuoco.
Sacrosanto e condivisibile: d’altra parte, anche Banksy è solamente un writer, anche Hirst semplicemente fa installazioni, anche Fontana solamente tagliava le tele, così come Pollock le macchiava.
In fondo anche noi appassionati veniamo definiti pazzi solamente perché spendiamo centinaia di Euro per un pugno nello stomaco.
D’altra parte anche a Modena, tra un piatto e l’altro, si sta solamente scrivendo il futuro della nuova cucina italiana.

L’ingresso.
Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Champagne di benvenuto.
vino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Il pane…
pane, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…con l’olio.
olio, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Si inizia. Il menù “Sensazioni” che vedrete qui sotto è stato introdotto in carta meno di una settimana prima del nostro pranzo. Riportiamo i nomi per come ci sono stati presentati i piatti al tavolo, ma sappiate che potranno essere assolutamente variabili.

Stuzzichino: Macaron all’acqua di pomodoro, mozzarella, e pasta di acciuga…
stuzzichino, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…con limoncello caldo/freddo. Un omaggio al Bulli di Adrià, in chiave italiana.
limoncello, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
I panini, gli ormai mitici croissant salati, i grissini.
panini, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Pane Burro e Alici. In una cialdina di pane tostato sono contenuti l’alice, una spuma di pane calda e niente burro, ma al suo posto una riduzione di latte montato.
pane burro alici, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Con il suo accompagnamento: Malvasia 2012 Raccaro.
malvasia, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
L’Est incontra l’Ovest. Una provocazione nei confronti dei famigerati ravioli cinesi, preparati malamente in mezzo mondo: ravioli cotti appena al vapore, con all’interno dei (fa-vo-lo-si) gamberi rossi siciliani. La testa del gambero è polverizzata e ricostruita in una concentratissima cialdina, per un travolgente umami mediterraneo. Le lenticchie sono disidratate e poi fritte, per essere al contempo leggere, croccanti ed estremamente concentrate. Piatto favoloso, che combina tecniche e sapori orientali ad altri più consoni alle nostre latitudini.
est incontra l'ovest, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Triglie alla livornese. Una triglia all’ennesima potenza, ripiena di scampi, coperta da una cialda croccante di pane e completata da disidratazioni di olive, di prezzemolo e di pomodoro (sull’idea del camouflage), accompagnata come da tradizione da un concentratissimo pomodoro. Un elegantissimo tuning della triglia alla livornese, tradizionale nei sapori ma assolutamente innovativa nelle tecniche e nelle concentrazioni.
triglia alla livornese, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Entrambi accompagnati dal Timorasso Farewell 2011, una collaborazione di Palmieri con Walter Massa.
Timorasso, farewell, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Terra e Mare. Un’ostrica cotta appena al calore, affumicata e passata in una “panatura” composta da innumerevoli erbe disidratate. Sul fondo una salsa al rafano. Le classiche note marine dell’ostrica si fondono a quelle terrose delle erbe e dell’affumicatura, sostenute dalla lieve piccantezza della salsa (che ne allunga la persistenza a dismisura) e dai germogli, che amplificano la percezione di terrosità mentre donano freschezza all’insieme. Alla faccia di tutti quelli che mettono germogli ovunque, senza alcun senso.
terra e mare, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
La nostra Caesar Salad. Solamente il cuore dell’insalata, ove vengono inseriti gocce di senape, crostini di pane, pancetta croccante, uovo, aceto, cialda di parmigiano, acciughe… praticamente una versione emiliana dell’insalata internazionale per antonomasia. Le concentrazioni di tutti gli ingredienti fanno sì che attraverso un solo ciuffo, si ha la sensazione di averne mangiata una cassetta intera.
caesar salad, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Entrambi accompagnati dalla Genziana di Boroni: nel caso del primo piatto pura, con l’indicazione di berla solo dopo il piatto, per ampliare la sensazione di terrosità. Per il secondo piatto invece viene pesantemente diluita in acqua, in modo utilizzare soltanto l’aromaticità della Genziana.
Genziana, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Lumache in vigna. Omaggio al Piemonte: lumache di vigna cotte alla bourguignonne, con spuma di aglio dolce e succo di prezzemolo, con una miscela di erbe, polvere di porcini, tartufo nero. Come inciampare e cadere di faccia nella terra umida di ottobre, in vigna, durante la vendemmia.
lumache in vigna, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Accompagnate da una birra al Ginepro e Castagne affumicate del Birrificio Beltaine.
birra al ginepro, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
La parte croccante della lasagna. Quando un nome dice tutto: una cialda croccante, che da sola racchiude il gusto di una intera lasagna, che copre una meravigliosa e leggerissima besciamella al parmigiano ed un concentrato ragù battuto al coltello. In pratica lo stesso effetto della Caesar Salad: una teglia da 60×40 di lasagne tradizionali, concentrate in un cucchiaio.
la parte croccante della lasagna, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Con la Ribolla di Damijan Podversic.
damjian, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Le rane nello stagno. Un piatto realmente spettacolare, nella sua complessità: delle coscette di rana avvolte in una leggera panatura, posate su una pasta tradizionale addizionata di innumerevoli elementi erbacei disidratati, disposti in maniera che la pasta tirata (e poi resa croccante) simuli un camouflage, che va a nascondere delle nocciole, un ristretto di bourbon e della crema di pinoli, entrambi dalla consistenza densa e quasi gelatinosa, per un reale effetto di “melmosità”, come ogni stagno che si rispetti.
rane nello stagno, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…accompagnate da un succo puro al 100% di rabarbaro.
succo puro di rababarbaro, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Il contenitore (una sorta pagnotta di sale alla cenere, portataci al tavolo soltanto in visione) all’interno del quale viene cotta la lingua di…

…Tutte le lingue del mondo. La lingua, compatta e morbida anche più di quanto non riesca a fare la cottura sottovuoto, acquisisce le note affumicate dalla cenere durante la cottura. Vere protagoniste del piatto sono però le meravigliose salse, un “giro del mondo” di sapori tradizionali. Secondo l’ordine di degustazione indicatoci, in senso antiorario: frutto della passione e semi di basilico disidratati, al coriandolo, al curry e lenticchie, ai peperoni, mostarda di mele campanine.
lingua, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Accompagnato da un fin troppo dolce, ma perfetto con le salse, Passo Nero 2010 di Arianna Occhipinti.
occhipinti, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Il maple syrup, versato a tavola…
maple syrup, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…sul Pancake. Un Pancake tradizionale farcito con bacon e foie gras, il tutto accompagnato da un gelato al burro salato e finito con uno sciroppo di acero (ottenuto affumicando il maple syrup con l’aggiunta di sciroppo di amarena). Labili le percezioni di caldo/freddo e dolce/salato, un piacevole esercizio di stile ricorrente su questa tavola.
pancake, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
L’ultimo (per fortuna) abbinamento: il Moscato 2006 di Cà d’Gal
moscato, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Raviolo di zucca. Un raviolo estremo, l’unione di nord e sud: il tradizionale raviolo di zucca mantovano/cremonese (con mostarda, zucca ed amaretto) viene rivisto in chiave “dessert”, aggiungendo dei capperi e del bergamotto candito e servendolo in un acidissimo brodo di agrumi ed aceto di mele. Quasi borderline voler racchiudere spiccate dolcezza, sapidità ed acidità, davvero complesso bilanciarle quando tutte sono di questa entità. Spiazzante.
Raviolo di zucca, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Per finire con l’unico piatto “già visto” su questi schermi, ma solo perché richiesto esplicitamente: Camouflage, ovvero una lepre in civet proveniente dal futuro.
camouflage, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…con Torta Barozzi, Sbrisolona, Pralina…

…e una tazza di caffè lungo. Ci viene spiegato di raccogliere con il cucchiaino il camouflage da un lato all’altro del piatto, poi prendere un dolcetto, poi un sorso di caffè… e ricominciare.
Spettacolare. Una delle chiusure di pranzo più estreme della storia.
caffè lungo, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…è stato un lungo percorso il nostro, e ce ne rendiamo conto soltanto alla fine.
Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Natale è nell’aria.
piccola pasticceria, Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena
…grazie a voi!
Osteria Francescana, Chef Massimo Bottura, Modena

Non vorrei proprio fare lo strizzacervelli da quattro soldi, ma un’analisi di qualsivoglia tipo è la mia stessa mente urlante che me la richiede. Anche a rischio di prendere qualche cantonata, ma il mio pensiero ha voglia di fluire e fa scorrere veloci le dita su questa vecchia tastiera.
C’è stato un oggi nella storia dell’Osteria Francescana in cui tutto è cambiato: non so quando esattamente sia avvenuto e non so nemmeno cosa sia frullato nella testa di Massimo Bottura in quel dato momento. Ma c’è stato un prima e un dopo, ed è da quel punto che è iniziata la cavalcata senza fine del locale di Via Stella. (altro…)