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La Piazzetta

Un altoatesino in Brianza.
Detta così pare quasi una parodia di un film, dove gli stereotipi legati alla montagna incontrano quelli di assoluta indifferenza, produttività e messa in mostra, sul modello del Marco Ranzani della non troppo distante Cantù.
Cìò viene rafforzato, sotto ambedue gli aspetti, da una parte dal nome fortemente onomatopeico dell’altoatesino, Walter Stuerz, e dall’altra da Montevecchia, non un posto a caso in Lombardia, ma probabilmente l’angolo più maestoso e caratteristico nel cuore della Brianza.
Ora, prendete questa manciata di luoghi comuni, salite fin qua sopra e gettateli dalla terrazza. Dietro ad un ingresso non particolarmente invitante si cela una piccola realtà, a dispetto della premessa, assolutamente interessante: il ristorante La Piazzetta.
Non è una tavola adatta alla sosta al volo o della pausa pranzo con l’occhio all’orologio (anche perché Montevecchia rimane particolarmente defilata dalle rotte più battute), perché parte dell’esperienza è costituita dal relax che questo luogo riesce a trasmettere, e che ben dispone il cliente nel mettersi a proprio agio.

Tranquillità dalla quale resta immune la cucina, che si è stabilizzata dopo qualche avvicendamento ai fornelli, trovando una sua dimensione nello Chef e nel suo Sous-chef che in coppia passano appena i quarant’anni: una cucina semplice, appagante, sensata e stimolante, senza orpelli o equilibrismi, che guarda alla piacevolezza e alla golosità senza mai sbilanciarsi troppo.
Non si tratta però di una proposta ordinaria, anzi. Esce dagli ambiti della cucina tradizionale in senso stretto, ma dal territorio viene ispirata e ne affonda le mani, con un utilizzo intelligente degli ingredienti della zona, brianzola, monzese e infine lombarda. Sbirciando la carta la tradizione non la troveremo nei piatti, bensì negli ingredienti: ravioli di salsiccia che strizzano l’occhio (perfettamente) al risotto alla monzese; risotto omaggio alla bassa lombarda, ai cotechini e ai suoi tortelli di zucca. E ancora gli ottimi sciàtt di Casera, richiamo della più alta Valtellina.
Se aggiungiamo che il menù degustazione, di cinque portate, è ora prezzato a 40€, non possiamo che complimentarci.

Nel quadro non brillantissimo della Brianza gastronomica, dove osserviamo giornalmente importanti tavole in preoccupante affanno, un luogo come la Piazzetta fa ben sperare, rivelandosi indubbiamente una boccata di ossigeno e augurandoci che serva d’esempio e ispirazione.

Il pane

Una bella carta dei vini, non smisurata ma con diverse proposte interessanti, soprattutto ricaricate in maniera intelligente. Chiedete consiglio a Walter che, da gran appassionato qual è, saprà consigliarvi al meglio. Nel nostro caso ha voluto farci provare questa nuovo piccolo produttore, quasi “vicino di casa”. Vino semplice e beverino, senza particolari ambizioni ma ben fatto. A 16€ in carta, è ancora più buono.

…e poi trovi questo, di una tra le 3-4 annate veramente memorabili degli ultimi trent’anni a Bordeaux, prezzato come se i cinesi non fossero mai esistiti. Ari-bravo Walter.

Crostini con la Borreoula del salumificio “da Pinuccio”. Difficile trovarla in giro a meno di recarsi alla fonte, non fatevela scappare.

Sempre con la Borreoula, uno sfizioso antipasto: Borroeula, avocado, maionese, sedano rapa, chips di zafferano. Goloso oltremisura, un filo grasso a causa dell’avocado eccessivamente maturo, il sedano rapa dona un pò di struttura e le chips aiutano con la croccantezza.

Baccalà mantecato con chips di polenta e erbe aromatiche. Baccalà che, forse per scongiurare il rischio di un’entrée particolarmente esuberante, paga l’eccessiva mantecatura con la mancanza di texture. Nulla di errato in sé, ma un boccone poco stimolante.

Sciatt di casera su insalata di cavolo cappuccio e speck. Alziamo il livello con un classico, purtroppo spesso abusato, di Valtellina. Croccanti e non unti, con la presenza da protagonista del formaggio. Lo sbuffo alcolico della grappa, aggiunta nella pastella e ben percepita in bocca, aiuta a sgrassare la frittura. Gradevole l’apporto amaro del cappuccio.

Risotto “Pila Vecia” alla zucca con cotechino sbriciolato e gelatina di amaretto. Omaggio a Mantova e ai suoi tortelli di zucca, attraverso un risotto davvero eccellente, per concezione ed esecuzione. Forse per ingranare la quinta necessiterebbe di una maggior quantità di cotechino (o di meno riso) in quanto, verso la fine del piatto, non ne rimane e vira tutto troppo sul dolce. Peccato veniale per un piatto bello e riuscitissimo.

Canederli alla barbabietola su fonduta di gorgonzola e porri croccanti. Il classico canederlo, reso un pò più interessante dalla terrosa aggiunta della barbabietola, ed una fonduta decisamente maschia. Piatto da montagna.

Ravioli di salsiccia, fonduta di formaggino fresco e zafferano. Dopo un risotto omaggio ai tortelli, dei ravioli dedicati a Monza ed al suo risotto con la Luganèga. Anche in questo caso chapeau, concetto semplice ma piatto riuscito.

Ravioli di asparagi, briciole di bresaola e crema di Parmigiano Reggiano. Raviolo dal ripieno che, nonostante gli ingredienti, tende alla delicatezza. Briciole un filo morbide, a causa di una bresaola poco stagionata.

Filetto di maiale “Cordon Bleu” con patate alla panna acida, cialde di pangrattato, fontina, prosciutto cotto e salsa ai mirtilli rossi. Un buon filetto di maiale, contornato dal risultato dello smontaggio di un’altro piatto bistrattato, il Cordon Bleu. Divertente, semplice, buono.

Guancetta di vitello al vino rosso con puré di patate. La semplicità di un classico, ben realizzato.

Ciambellina al cioccolato fondente e gelato al tiramisù con banane caramellate.

Semifreddo all’arancia con salsa al cioccolato e arancia candita.

Strudel di mele con gelato alla vaniglia. Peccato mortale venir qui e non assaggiarlo: altoatesino da medaglia d’oro, praticamente l’Armin Zoeggler degli strudel.

Piccola pasticceria.

Walter è anche un grande appassionato di grappe. Noi pure, festa grande: tra le svariate degustate, tutte notevoli, spicca (avevate dubbi?) questa:

Nato nel 1968 come “chiosco”, evolutosi in bar con buone proproste al calice ed interessanti taglieri di salumi e formaggi, da diversi anni questo locale si trasforma, nelle sere d’estate, in pizzeria di tutto rispetto.
Ed è proprio nella stagione più calda che il locale offre il meglio di sé, con i tavolini ed alcuni comodi divani, sparsi nell’ombra ristoratrice e quieta di questo balcone naturale, fra i boschi alle pendici del Resegone, con un panorama della Grignetta che al tramonto assume rosate sfumature dolomitiche, seppure a pochi minuti di macchina da Lecco e dalla comoda statale. (altro…)

Recensione ristorante.

In posizione invidiabile, a picco su “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno”, a due passi da Lecco, Il Griso ha scritto pagine importanti nella storia della ristorazione italiana di qualche decennio fa. Erano gli anni ’70 quando l’indimenticato Bruno Gobbi – uno dei massimi esponenti dell’enogastronomia italiana di allora – decide di aprire il ristorante e, non pago di una profonda conoscenza della cucina italiana, insieme al figlio Roberto e ad un allora giovanissimo Claudio Prandi, inizia una lunga serie di viaggi in Francia al fine di allargare i propri confini e fare propri gli spunti di avanguardia che provenivano da Oltralpe. Il risultato fu entusiasmante e portò a riconoscimenti importanti tra cui le due stelle Michelin a fine anni ’80.
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Recensione ristorante.

A Lecco, non sul lago ma nella parte alta, sulla strada che porta in Valsassina trovate il piccolo (appena 30 coperti) ristorante della famiglia Ferrari che da diversi anni rappresenta in zona un punto di riferimento per la buona cucina di pesce (di mare). Nasce nel 1984 e negli ultimi tempi si è evoluto grazie soprattutto al bravo e giovane Fabrizio che ha preso in mano le redini della cucina, subentrando alla madre Daria.
Evidente il contributo in termini di creatività che Fabrizio – forte di importanti esperienze all’estero, l’ultima delle quali niente di meno che dal buon Redzepi al Noma – sta apportando alla cucina, soprattutto – come si racconterà – in materia di antipasti. Il tutto senza però, allo stato, modificare del tutto la “filosofia di famiglia” volta ad una cucina di stampo nettamente tradizionale.
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Recensione ristorante.

Il locale si trova nella parte di Lecco che rapidamente sale dal lago e si dispiega lungo i costoni delle colline all’intorno, nella tranquilla zona residenziale a nome Località Maggianico.
A fronte di vie abbastanza strette e tortuose, risulta di particolare rilievo la presenza di un ampio parcheggio privato.
La chiara origine di ristorante a stretta conduzione familiare, concepito per un pubblico indigeno di habitués, è evidente sin dall’entrata con il lungo bancone da bar ed il separé-guardaroba del più perfetto modernariato anni ’70; la sensazione di esser tornati magicamente in una delle accoglienti trattorie della nostra infanzia si manifesta ancora più apertamente nell’ampia sala tutta boiserie geometriche e foto seppiate del Lario ininzi ‘900.

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