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La Barca di Mario

Il felice ritorno di Alessandra Moschettini a Lecce: un nuovo indirizzo per la cucina di mare fra i vicoli del centro cittadino

Avevamo lasciato Alessandra Moschettini in uscita da Alex Bar, al termine di un percorso in crescendo dopo alcune nostre visite deludenti. Dopo alcune stagioni passate fra consulenze ed incarichi in strutture alberghiere, ritroviamo la chef salentina in ottima forma alla guida di un interessante locale a tema marinaro nel centro storico di Lecce.

La barca di Mario è il progetto che vede la Moschettini impegnata gomito a gomito con Mario Marzo, avvocato pentito datosi all’ittica e responsabile degli arrivi giornalieri dalle coste adriatiche verso le cucine del locale. La proposta è semplice: i pesci proposti in cottura sono quelli di giornata, con l’inevitabile variabilità, mentre leggermente più costante è la proposta dei crudi, più gestibile grazie all’abbattimento di temperatura. Alessandra Moschettini si conferma eccellente interprete di alcuni capisaldi come la pasta (in questo caso linguine) ai ricci di mare e sensibile alla materia ittica, con preparazioni di crudo equilibrate ma intriganti, geolocalizzate, come nel caso di un ceviche di gamberi ben calato nello spirito mediterraneo. Il ricordo di alcuni accostamenti poco centrati e di qualche barocchismo in fase di impiattamento è assai lontano e la cosa non può farci che piacere.

Grazie alla filiera corta anche i grandi crostacei vengono proposti a prezzi decisamente abbordabili e il conto finale, salvo pesci interi e, appunto, grandi crostacei, si attesta facilmente al di sotto dei cinquanta euro e tiene fede, insieme ad una carta dei vini semplice e alla curata rusticità del luogo, a un’insegna che recita “Osteria del mare”. Da segnalare il servizio da asporto e la possibilità di giornate didattiche pesca-degustazione.

La meglio gioventù per la rinascita del Salento gastronomico

Entusiasmo, determinazione, ambizione e un pizzico di – giovane – follia.

Sono gli ingredienti che renderanno il progetto di questi giovani imprenditori salentini qualcosa in grado di volare ben oltre le aspettative dei confini nazionali. E’ quasi una certezza.

Sì, perché oltre ad essere un vulcano di idee, quelli del Bros hanno e sanno applicare disciplina, organizzazione ed il nobile sentimento per i gusti che contraddistinguono la loro terra, il Salento. E il raggiungimento di questi gusti può anche prescindere dall’ingrediente del territorio, pur di non ostacolare il perseguimento di un obiettivo ben definito.

Dopo aver fatto tesoro dei trascorsi alla corte di grandi cucinieri francesi e spagnoli ed aver portato una ventata di italianità nel laboratorio creativo del Noma, Floriano, Giovanni e Isabella, ciascuno con le proprie esperienze, sono rincasati nella splendida cornice barocca di Lecce, irrompendo nel pieno centro della scena cittadina (non avvezza a questo approccio culinario), con una cucina potente, ragionata e incredibilmente matura. Essenziale, in sintonia con il locale, i cui interni sono affini al design dei ristoranti nordeuropei. Essenziale ma con risvolti sorprendenti. Come un dettaglio che si intravede in un angolo, o come le tante sfaccettature gustative in una scarna stoviglia in cui vengono adagiate una volta una carota, poi un’indivia, poi delle lenticchie.

E’ una cucina che non sbaglia un colpo, nell’idea e nell’esecuzione. E allora capisci che qui si fa sul serio, e siamo solo all’inizio. Alcuni diktat potrebbero sembrare eccessivamente restrittivi, come l’auto-imposizione di preparare i dolci a la minute, piuttosto che cuocere pesci o volatili nel loro intero (del resto, son bravi tutti a cuocere filetti). Ma se i risultati sono questi, tanto meglio continuare su questo solco.

C’è costante studio ed esasperata ricerca, a partire dalle fermentazioni come plausibile base della cucina del futuro, per raggiungere acidità secondarie che diventano alternative o cumulative ad acidità e sapidità vegetali. La linguina pistacchio, pepe bianco e “liquamen“, ottenuto dalla fermentazione dello sgombro, è come un gancio in faccia seguito da un’immediata carezza. Un notevole equilibrio gustativo.

L’aperitivo vale già gran parte del divertimento, all’insegna delle acidità, controllate in modo brillante e razionale, condensate in piccoli ingredienti -qui sì locali- e di stagione (olive e vermouth, e fragole e Campari, esempio di aperitivo mangia&bevi ultramoderno). E in progressione scorrono verdure e legumi il cui gusto persiste fino alle portate principali di pesce e carne, cotti rigorosamente con tecniche tradizionali ed interi e così presentati al tavolo prima di esser sfilettati e serviti. Così l’elegante pescatrice con nocciola e la ghiotta quaglia in tre servizi (dal petto con prugne e fagiolini di mare si passa alla coscia con limone e si termina con la scarpetta con il fondo di cottura del volatile ed il pane al vapore e poi fritto) sono il degno epilogo salato, preludio a qualcosa di forse ancor superiore: la pasticceria, il regno di Isabella Potì. Una delle cuoche del momento e proiettata nel firmamento della grande cucina. È lei l’artefice di dessert contraddistinti da tecnica sopraffina e rimandi alla grande tradizione francese, come il soufflé al formaggio di capra e gelato al nocino, che ci ha letteralmente rapiti e potrebbe già entrare nella classifica dei cult del panorama nazionale.

Più ordinarietà e qualche leggerissima disattenzione si intravede invece in sala, con un servizio, sicuramente professionale, volenteroso e in crescita, che però è costretto a subire il peso della qualità della cucina, con cui è difficile stare al passo.

In un momento storico del Paese in cui il turismo non può non prescindere dalla gastronomia, in una perla come Lecce non poteva mancare una tavola di grandissima qualità.

Da Bros il tempo vola. Bisogna solo avere l’accortezza di non lasciarsi sfuggire nulla.

La tradizione, un po’ come la mano del “Principe” di Mario Brega, a volte può essere piuma e a volte ferro e, se nel primo caso si può usare per spiccare il volo, nel secondo rischia di mandare a picco anche le più alte aspirazioni. Nel Salento, territorio baciato da un successo turistico e di popolarità che, inizialmente ritenuto un fuoco di paglia, dura ormai da un decennio, giocare con la tradizione è camminare su un terreno minato. Ciò è in primo luogo dovuto al legame fra il successo della regione e aspetti strettamente connessi con il folklore locale (come il successo della Notte della Taranta e della moltitudine di eventi musicali e non ad essa collegati) e, in secondo luogo e al contempo come effetto di quanto sopra, a una certa retorica ormai localmente consolidata che non vede di buon occhio qualunque tentativo di discostarsi dalle solide matrici culturali di questa terra, fino a pochi lustri fa così isolata dal resto dello stivale.

Mantenersi in equilibrio non già fra i frusti concetti di tradizione e innovazione ma, ancor più radicalmente, fra qui e ora, è impresa titanica a Lecce e lo è ancor più in un borgo come Ruffano, aggrappato su una delle poche e basse alture dello spicchio più meridionale del Tacco, ma è ciò che i fratelli Rizzo sono riusciti a realizzare in quel piccolo scrigno che è la Farmacia dei Sani. Valentina, la bimba di casa, tatuaggi esibiti, mani che sembrano trattenere l’energia e sguardo che quasi si scusa per l’inconveniente di essere assai brava ai fornelli, governa da dietro le quinte la cucina che in principio fu di mamma Ada, scomparsa due anni fa. In sala, i fratelli Roberto e Fabio si occupano con premurosa leggerezza di una clientela che, anche se in turno infrasettimanale, troviamo numerosa in una serata d’inverno.

In carta, fra un aperitivo fortemente geolocalizzato, una crema di fave e cicorie e uno gnumareddo che fa capolino fra i secondi, ecco la cacio e pepe con bottarga e alga nori o un prezioso baccalà confit con salsa di pomodori d’inverno scoppiati e salsa pilpil a ritarare la bussola di questa tavola. Niente che possa stravolgere la vita del gourmet ma tanto, tantissimo per un luogo che si presenta come poco più che una trattoria di paese.

Fra qualche ridondanza di note lattiche e un paio di passeggiate in bilico su sapidità ai limiti del lecito, riscontriamo molti più alti che bassi. In un locale che presenta solo la carta, l’abbozzo di menu degustazione richiesto per provare più piatti ha complessivamente retto il colpo e mantenuto alto l’interesse fino al termine, con la sorpresa finale di una mano assai felice in pasticceria. Tu chiamalo, se vuoi, picco glicemico.
Carta dei vini condensata in una pagina con troppo o troppo poco Salento, a seconda dei punti di vista: non esaustiva ma complessivamente monotona, ha però il merito di ricarichi di dolcezza estrema, a far pendant con molte delle etichette in carta e in linea con un rapporto qualità prezzo generale a forte rischio di abbonamento.

L’antipasto salentino: pittula con patata dolce, polpetta di melanzana su ricotta di pecora, caciocavallo podolico in crosta di sesamo (quasi impercettibile) e capocollo di Martina Franca.
antipasto, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
L’eccellente focaccia al rosmarino e il cestino del pane.
focaccia, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
L’ottimo olio Muraglia.
olio, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Cipolla gratinata e crema di parmigiano 36 mesi. Inevitabilmente oldaniana nell’effetto, ha in realtà la sua forza nell’equilibrio fra parte bruciata e parte dolce. Il Parmigiano, va da sé, dona a tale equilibrio una lunghezza gustativa di proporzioni wagneriane.
cipolla, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Baccalà confit salsa di pomodori d’inverno scoppiati e pilpil.
baccalà, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Spaghettoni con colatura di alici limone e pistacchi, con qualche mania di protagonismo della colatura.
spaghettoni, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Mezzemaniche cacio & pepe, bottarga di muggine e alga nori. Qui, sorprendentemente, non si riscontrano i problemi di sapidità del piatto precedente. Ottimo piatto, con sorprendente equilibrio fra iodio e animalità. La scelta del pepe di Sichuan toglie forse un po’ di “kick”.
mezzemaniche, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Ravioli di manzo, scamorza fondente e ristretto. Piatto eccessivamente primario, grossolano nella concezione rispetto al resto delle preparazioni provate.
ravioli, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Ramen di spaghettini con verdure selvatiche e costina di maiale. Divertente interpretazione salentina di uno dei piatti più in voga. Forse con queste varietà vegetali il miso lavorerebbe meglio dell’abbondante salsa di soia qui presente, ma il piatto “lavora” bene anche così.
ramen, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Gnunmareddi affumicati, carciofi arrostiti e zabaione alla senape. Qui l’accostamento originale permette il superamento del mero piatto tradizionale: chapeau.
gnunmareddi, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Frolla, lemon curd e meringa italiana. Molto bene.
meringa, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Anarchia di cioccolato: scenografica presentazione a cura di Valentina Rizzo. Certo l’originalità della forma non abita qui ma il risultato è, francamente, un dolce al cioccolato vario, interessante e terribilmente buono.
cioccolato, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano
Il vino della serata.
vino, Farmacia dei sani, chef Valentina Rizzo, Ruffano

Un’apertura che si conta ancora in mesi, eppure nel momento di uscire ti porti dietro quella sensazione che questo posto, nel lampo di una cena, sia diventato una tappa nella geografia della cucina d’autore. Qualcosa che somiglia al rammarico che, evidentemente, è da intendersi come quella sorta di gelosia che accompagna i luoghi scoperti con meraviglia, amati dal primo momento e che vorresti sempre -e solo tu- continuare a riscoprire e raccontare. Perché Bros, il ristorante che si nasconde tra l’opulenza architettonica del centro di Lecce, sarebbe bello si svelasse magicamente ogni volta così, passandoci per caso, entrandoci dopo aver sbirciato dai vetri, e non perché se ne parla e molto.
Sorprendersi puntualmente per quel tono nordico della sala, quasi una quiete dopo i furori barocchi delle pietre che accompagnano fin qui, meravigliarsi del menù, quel foglio A4 in bianco e nero, piegato come a nascondere le proposte, azzardi di ingredienti con le sole virgole a separare, o ancora stupirsi di una brigata che definire giovane non basterà a rendere l’idea.

C’è un menù degustazione lungo e perfettamente ritmato che tra genio, sregolatezza e presunzione anticiperà molte risposte alle curiosità, alle scelte perseguite, a quelle che verranno. Alla fine della cena più che domande resteranno attese, come il capitolo a seguire di un libro che si sta divorando, quelle stesse di un sequel di un grande film finito troppo in fretta. Una bella sensazione che non capita così spesso.

Una tecnica impressionante, mai vista a queste latitudini, che sovrintende ogni piatto, ogni idea. Una aspirazione alla perfezione perseguita con caparbietà, studio, applicazione e soprattutto metodo, al punto che quando qualcosa non convince tutto sembrerà solamente una mera questione di tempo. In cucina, Floriano Pellegrino, suo fratello Giovanni e Isabella Potì, sono innanzitutto squadra, imparando questo e tanto altro in giro per il mondo in quella vertigine di incontri, scontri, sudore e sacrifici consumata nelle cucine più importanti del pianeta. Ora sono tornati ad impiantare i semi qui, nella capitale salentina a pochi chilometri dalla Scorrano dell’infanzia.

A loro piace vincere difficile.

Allora poche concessioni e piacionerie, scale di gusto complete talvolta giocate all’estremo, piatti estremamente dinamici dove non si rincorre la centralità del gusto ma -come sottolineato dalla presentazione in carta- i contrappunti di pochi ingredienti senza alcuna gerarchia o ridondanza. Pulizia e ritmo, dunque, che si leggono già nella batteria di entrèe, dove si alternano i fegatini di piccione con l’alloro e il lattughino spolverato di capperi, il raviolo di alga alle erbe e la foglia di basilico con i semi di pomodoro, idee che anticipano le proposte della degustazione estratte tutte rigorosamente dalla carta stagionale.

E anche qui, nonostante il rigo lasciato in bianco tra l’elenco dei piatti quale accenno alla classica partizione antipasti, primi e secondi, si legge la modernità di offrire una esperienza che trascenda le regole, e contemporaneamente contempli quattro piatti di pasta secca, per rimarcare l’identità italiana e del meridione in particolare.

Alla fine da ricordare, infatti, sarà essenzialmente il percorso, nel quale ognuno si troverà a scoprire il suo capolavoro, come quel piatto di fusilloni Gentile di Gragnano la cui precisione ricorda le estrazioni di gusto del miglior Romito, o l’anatra, allevata nel cortile di famiglia e poi sacrificata in una magistrale cottura di scuola francese con i toni locali dell’anguria e creoli del cocco. In mezzo c’è l’anima orientale nella sardina con le ciliegie fermentate, l’avanguardia meridionale con i pomodori nell’acqua di ricotta scante, la scuola nordica nella barbabietola col sambuco acidata dal limone e frutti rossi.

Menzione speciale infine, al reparto dessert, fondamentale per la chiusura e ricordo di un pranzo, spesso trascurato da molti e che qui appare invece come il momento più avanzato e autorevole. Accademico, con il magico contrapporsi del dolce/acido della tarte al limone tra le migliori mai assaggiate, di avanguardia con il rabarbaro, l’ibisco, il malto ed il siero combinati in due tempi infine con l’arte cioccolattiera per ricostruire le castagne di mandorle e le praline col fieno ed il latte di mandorla fermentato.

L’ingresso con la cucina a vista. Non all’interno della sala, ma sulla strada.
Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Una delle due sale interne.
Bros', Chef Floriano Pellegrino, Giovanni Pellegrino, Lecce
Il pane. In abbinamento con il burro d’olio.
pane, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Raviolo fritto di alga Nori con gambero. Sapidità e dolcezza vestite elegantemente in un bel gioco di consistenze.
raviolo, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cracker con fegato di rana pescatrice.
cracker, rana, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Semi di pomodoro su foglia di basilico. Un utile passaggio defaticante.
semi di pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Spaghettini di patata con fegatini di piccione ed alloro: molto bella l’idea della presentazione.
spaghettini, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
L’oliva. La tecnica applicata all’icona di queste terre.
oliva, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Lattughino con polvere di capperi. Immediato, fresco, sapido. Altro intermezzo per resettare il palato.
lattughino, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Barbabietola, sambuco ed infusione di frutti rossi. Uniformità di colore e contrasto dolce-acidulo. La prima portata già suggerisce un percorso senza facili ammiccamenti.
barbabietola, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Pomodori, fiori, acqua di ricotta forte. I pomodori disidratati vengono poi posati nel siero con pepe bianco e nero ed olio evo. Odori molto persistenti. Pomodori lavorati con grande perizia.
pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
pomodoro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cucummarazzu, gambero, rafano ed aneto. Qui l’azzardo non paga. Dispiace che il cetriolo salentino sia protagonista del piatto meno convincente.
gambero, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Fusillone Gentile, scampo, sesamo nero e scalogno. Un piatto di pasta inserito perfettamente nel percorso. Pulitissimo, essenziale, di grande concentrazione di sapori.
fusillone, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Melanzana, cioccolato bianco e alloro. Un fondente aromatico, con il corpo suadente della melanzana che, leggermente grasso, forse necessiterebbe solo di una qualche leggerezza.
melanzana, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Sardina, fagiolini, ciliegie fermentate. Piatto di grande potenzialità ma con registri ancora da accordare. La fermentazione è probabilmente ancora troppo timida.
sardina, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Anatra, anguria, cocco e salicornia. Piatto di altissima tecnica e grande palato. Tutto perfetto: presentazione, cottura, equilibrio, persistenza. Con piatti così si va molto lontano.
anatra, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Divertissement con la frutta in una infusione di zenzero e cannella.
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Rabarbaro, hibiscus, siero, malto. Il latticello costruisce una sorta di gelèe dalla consistenza molto intrigante. Pausa. Secondo tempo (servito sull’altra metà del piatto a ricomporre) con un gelato al malto fermentato che risolve chiudendo in maniera impeccabile.
rabarbaro,Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
rabarbaro, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Tarte au citron. A fianco un gelato di meringa. Da averne a vassoi. Conferma l’impressione che con i dessert siamo già ad un livello davvero molto, molto alto.
tarte au citron, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Marshmallow.
marshmellow, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Frutta. Elaborata o solo colta.
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
frutta, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Cioccolatini al fieno e latte di mandorla fermentato. Castagne di mandorle e cioccolato bianco. Chiusura che non delude con piccoli capolavori.
cioccolato, Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce
Bros', Chef Floriano Pellegrino e Giovanni Pellegrino, Lecce

Floriano, Francesco e Giovanni. In ordine strettamente alfabetico, i Pellegrino Bros. Tre fratelli e un solo marchio, imposto con la lungimiranza di chi sa come oggigiorno non si possa prescindere da una buona comunicazione per il successo del proprio locale. E ci sentiamo di scommettere che Bros, il locale nel centro di Lecce che il trio ha inaugurato durante l’ultima settimana del 2015 e che abbiam provato al quarto giorno di apertura, avrà un seguito che andrà ben oltre la cerchia dei gourmet (che, peraltro, nel Salento non è particolarmente nutrita).
L’accurata brandizzazione che i fratelli Pellegrino hanno cercato e ottenuto da subito non deve però trarre in inganno. Perché dietro il marchio, il design curato di interni che guardano all’Europa più che alla provincia, dietro l’organizzazione, le pubbliche relazioni e qualche seriosità di troppo in sala, c’è un concentrato di talento e di voglia di stupire che non lascia scampo né al goloso né al gourmet più avventuroso. In carta, piatti contaminati dalle innumerevoli esperienze che i fratelli hanno fatto in giro per alcune delle migliori cucine del mondo (i Roca, Noma, Berasategui, Ryugin, solo per citarne alcuni) vanno a braccetto con brani del repertorio popolare. Ne è un esempio la strepitosa trippa, forse la migliore mai provata da chi scrive. Qui è il livello della realizzazione a dare un senso al piatto in un contesto tanto ambizioso.

Ma il diavolo, si sa, è nei dettagli, sempre. E allora quel fantastico burro d’olio che arriva insieme al (notevolissimo) pane e a delle olive al finocchietto è più di un biglietto da visita: è un manifesto che fuga subito il dubbio che in fondo il molto rumore possa nascondere il nulla. Qui c’è tanta, tanta sostanza.

Interessante è anche la politica dei prezzi, che consente un approccio con tre piatti per soli 25 euro e un approfondimento (8 assaggi) a 58 euro; i piatti che vedete in foto sono stati, invece, ordinati alla carta.

Da segnalare è il livello dei dolci, persino superiore a quello dell’ottima cena; peccato solo che, fra tutti i bei soufflé che abbiamo visto passare per la sala, ci sia toccato l’unico leggermente seduto (e appena troppo liquido al proprio interno): dettagli che, a pochi giorni dall’apertura e senza carichi stellari da portare, altro non sono che, appunto, dettagli. Per una valutazione attenderemo comunque qualche mese ma fin da ora chi è di passaggio a Lecce ha una tappa, in pieno centro, da non mancare.

Olive, burro d’olio e pane.
olive, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
burro, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Cipolla, bottarga, pecorino: inizio folgorante.
Cipolla, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Ineccepibile la salsa nel manzo con champignon e salsa olandese al limone bruciato.
salsa di manzo, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Piacevole ma poco incisivo lo spaghetto aglio olio e peperoncino, in cui a nostro avviso la corposa mantecatura non è supportata dal peperoncino, più aromatico che piccante. Curioso, per un locale in provincia di Lecce, ma coerente con la relativa levità dell’insieme, è l’utilizzo dello spaghettone Felicetti in luogo di quello di Benedetto Cavalieri, prodotto a pochi chilometri dal ristorante.
Spaghetto, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Preciso per esecuzione ma non troppo interessante è il grano stumpatu con gambero rosso e pomelo.
grano, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Le brioche in accompagnamento ai secondi.
brioche, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Pregevole lo sgombro con fagiolini di mare, topinambur e prugna.
sgombro, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Eccellente il dentice con bietole e bergamotto, con contrasti da manuale.
dentice, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Trippa.
trippa, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Predessert.
predessert, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Tarte al cioccolato con gelato alla verbena. Notevolissima.
tarte, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Soufflé al sedano, gelato al latte di pecora. L’esecuzione non perfetta lascia comunque vedere un dessert di splendida concezione.
Soufflé, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce
Scenografica la piccola pasticceria in scrigno.
piccola pasticceria, Bros, Chef Fratelli Pellegrino, Lecce