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Da Caino

“Forma e Sostanza. La classe intramontabile del gusto secondo un’insegna storica della Maremma Toscana”

Il fuoco della Maremma arde libero e audace. E’ una storia romantica legata al mondo enogastronomico, quella di Valeria Piccini e Maurizio Menichetti. Due pilastri della ristorazione italiana, che hanno saputo stanziare un approdo inossidabile in oltre 20 anni di attività nella frazione di Montemerano.

La rotta per scoprire il Ristorante Da Caino non è semplice: bisogna avventurarsi con curiosità e determinazione tra paesaggi remoti dell’entroterra toscano. La meta però sarà in grado di ricompensare il viaggio, mettendo in scena una cucina ancora ricca di stimoli e di energia creatrice. Valeria Piccini è una cuoca temprata, capace di riassumere in ogni esercizio una sintesi di potenza gustativa e levità tecnica, nonostante le difficoltà riscontrabili in una zona così decentrata e poco battuta. Uno stile devoto a tradizione e prodotto, che ama confrontarsi assiduamente con le tendenze attuali, senza rinnegare la propria natura.
Da Caino regna il verbo incontaminato del territorio, contemplando uno spettro di sapori poderosi modulati con assoluta finezza. Ogni dettaglio coniuga egregiamente questa filosofia, dall’entrée di benvenuto, passando per il ricco aperitivo, la sequenza di portate e l’ottimo pane, servito con olio auto prodotto. Nel menu fanno recente ingresso elementi “di mare” selezionati in coerenza con l’impostazione della linea. Piatti che preservano con fierezza un’identità classica e confortante, che parlano alla pancia lasciando fluire garbati spiragli innovativi.
Armonia saporosa e certosina nel “sandwich di lingua arrosto con patate allo zafferano, cipolla e mirtilli”, come nel “piedino di maiale, cedro, seppia e caviale”, che si mostra in un passaggio complesso dalla risolutiva limpidezza gustativa. Mano incantevole sulla pasta fresca, dove gesto ed esperienza fanno la differenza. Il “tortello con tordi e ali di razza” dal corroborante brodo orientale; o gli assuefacenti “bottoni di patate, cipolla al sale e tartufo”, esibiscono sfoglia impalpabile, modernità e un didascalico equilibrio. Meno efficace il risotto, compromesso da una cottura border line.

La sequenza di portate principali, dall’impeto carnivoro, racchiude tutta l’eleganza esecutiva di questa cucina. Un agnello amiatino dal morso favoloso; seguito da un ever green di haute cuisine come il “piccione arrostito su legno d’olivo e toni di rosso”. Sorprendente infine lo studio sulla pancia di cinghiale, a ribadire il valore del polso ai fornelli. Cotenna soffiata, cuore tenero che elogia la bontà di una materia prima da record e un intenso consommé selvatico a chiudere il piatto.

I dolci, belli e vivaci, inseguono freschezza conservando l’appagamento di un vero dessert.
La sala coordinata da Andrea Menichetti, rientrato Chez Caino dopo numerose esperienze all’estero, trova simmetria perfetta con la monumentale cantina strutturata da Maurizio negli anni. Se è vero che il concetto di avanguardia smuove innovative rotte poetiche in opposizione ai gusti correnti, qui troverete un confortante esempio anacronistico. Non saranno contrasti estremi o azzardi stilistici a stupirvi, bensì la costanza tecnica, la precisione e la salvaguardia del gusto che divampano da ogni frammento di questa storica tavola.
Se avete possibilità, non esitate a soggiornare nelle stanze, per godere di una colazione stellare composta da prodotti di piccoli artigiani locali.

L’Alta Maremma è un angolo di Toscana con un fascino tutto suo.
Un fascino che ancora pochi conoscono, molto diverso da quello delle colline del Chianti, dei cipressi a mo’ di monumenti e dei campi dorati della Val d’Orcia.
Questa è terra di butteri, di vaste pianure, di rocche medievali, di secolari pinete che arrivano a specchiarsi nel mare.
E’ terra di tradizione gastronomica antica, legata a trattorie ed osterie a conduzione familiare e a piatti come i tortelli maremmani, la cacciagione e l’acquacotta, solo per citarne alcuni.

Questa è la tradizione in cui affonda le radici il ristorante Bracali.
Da quando i fratelli Francesco e Luca hanno rilevato da mamma Manuela e babbo Luciano la storica trattoria di famiglia, di strada ne hanno fatta davvero tanta, portando il loro nome ad essere uno dei più apprezzati da critica e clientela, italiana ed internazionale.

Il locale, ubicato nella frazione Ghirlanda, appena fuori Massa Marittima, si presenta tanto semplice ed informale all’esterno quanto raffinato ed elegante all’interno. Un’eleganza quasi sfarzosa che rimanda più ad un atelier d’alta moda che ad un ristorante d’alta cucina.
In sala è Luca, maître e sommelier competente ed appassionato, a scandire tempi e i modi del servizio, accompagnando il cliente nella scelta del menù e dei vini per poi supervisionare con fare sicuro e garbato la brigata di sala.

In cucina officia Francesco, chef autodidatta che, seguendo un percorso inevitabilmente più lento e ripido di quello di tanti colleghi con esperienze in cucine prestigiose, ha saputo costruirsi nel tempo una propria identità, ormai ben definita. Si può dibattere se, al giorno d’oggi, con l’alta cucina che a livello mondiale si evolve non meno rapidamente di uno smartphone, la scelta di uno chef di studiare sui libri e sperimentare ai fornelli, invece di andare a toccare con mano quanto accade in giro per il mondo, possa essere limitante o meno. Se c’è la volontà di puntare in alto e l’ambizione di restarci forse sì, oggi potrebbe esserlo. Ma questa scelta non sembra essere stata un limite per Francesco Bracali che da anni continua ad incantare i palati dei suoi ospiti con piatti eleganti da vedere ed interessanti da gustare. Materie prime selezionate, accostamenti non fini a sé stessi ma ben ragionati, tecnica ineccepibile.
Se un limite lo si vuole trovare è che, forse, i palati più smaliziati, alla continua ricerca di sapori nuovi e diversi, potrebbero non trovare quelle emozioni gustative estreme che lasciano un segno indelebile nella memoria palatale. Ma d’altronde, a volte, anche il gourmet più ricercato ed esigente può aver piacere di gustare dei bei piatti “concreti” piuttosto che delle cerebrali esercitazioni filosofiche.
E Francesco Bracali è chef che della concretezza ha fatto un credo. I suoi piatti conquistano e coinvolgono con il protagonismo delle materie prime, con sapori complessi ed avvolgenti, in perfetto equilibrio tra loro.

La carta dei vini è sicuramente interessante per il contenuto, meno per i ricarichi che ci sembrano in diversi casi eccessivi. Anche la degustazione al calice proposta da Luca Bracali, invero piuttosto centrata nell’accostamento ai piatti, al costo di sessanta euro per quattro proposte, interessanti sì ma non particolarmente blasonate, lascia perplessi per il rapporto qualità/prezzo.

A parte qualche dettaglio, la tavola del Bracali è certamente una di quelle a cui almeno una volta bisogna sedersi. Un ristorante raffinato ed elegante negli arredi, nei modi del servizio e nei piatti, in grado di regalare un’esperienza gourmet a tutto tondo.
Se l’eleganza non è tanto farsi notare quanto farsi ricordare, possiamo dire che per Bracali l’obbiettivo è centrato.

Il benvenuto della cucina: pizzette, crocchette patate e maionese, riso soffiato con sale al curry, involtini di fegato con granella di pistacchi. Appetitoso ma molto simile a se stesso da qualche tempo a questa parte, un po’ di novità non farebbe male.
Piccoli stuzzichini, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Alici marinate su gelatina di cipolle, cipolle marinate, pane alle olive. Gustoso.
Alici marinate, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Tris di crudo di carne chianina: una con polvere di liquirizia, cialda ai semi di papavero e maionese, l’altra con gelatina all’acqua di pomodoro, battuto di cozze e maionese al basilico, l’ultima con panatura di olive e mela verde. Non sbalordisce ma conquista.
Tris di Chianina, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Terrina di pomodori confit con spuma di melanzane, gelatina al basilico, crema di burrata e gelato al balsamico: bello da vedere e buono da mangiare. Centrati gli accostamenti, perfetta la frittura, divertente il gioco di consistenze.
Terrina di pomodori confit, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Rigatoni di Gragnano pinoli e parmigiano su letto di fagiolini, salsa al basilico, uova di salmone, chips e salsa di barbabietole. Cottura centrata, ripieno un po’ asciutto ma nel complesso un buon piatto.
Rigatoni di Gragnano, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Gnocchetti all’ortica su budino di fegato grasso, caviale di succo d’uva, nocciole e chips di patate viola: piatto forse un po’ seduto ma gradevolmente ruffiano.
Gnocchetti all'ortica, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
In attesa del secondo, un piccolo e gustoso sandwich fuoriprogramma
Sandwich fuoriprogramma, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Piccione, salsa di carote e cioccolato, risotto ai funghi, terrina di fegato, tartare di piccione: un grande piatto.
Piccione e salsa di carote al cioccolato, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Luca Bracali al carrello dei formaggi.
Carrello dei formaggi, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
La selezione nel piatto…
Selezione di formaggi, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Sorbetto alla pesca, crumble al sesamo e meringhe. Un predessert centrato.
Predessert, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Cialda al porto, mousse allo yogurt, spugna di pistacchi, sorbetto di lamponi e meringhe alla liquirizia.
Dessert, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
La piccola pasticceria.
Piccola pasticceria, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
La degustazione di vini in abbinamento proposta da Luca Bracali
Degustazione vini al calice, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Degustazioni vini al calice, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Degustazioni vini al calice, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto
Degustazione vini al calice, Chef Francesco Bracali, Ghirlanda, Grosseto

Follonica è una località a tratti decadente, ma che ostenta anche un fascino tutto particolare. C’è la bella passeggiata sul lungomare con le tipiche casette a un piano costruite in maniera simmetrica e che fanno da cornice ai molti alberghi (alcuni dei quali veri e propri ecomostri) eredità di un passato oramai lontano, quando in vacanza ci si veniva per un mese o più con tutta la famiglia, nonno, cane e gatto compresi. Oggi è cambiato il mondo, anche se alcuni scorci di questo paese di mare non sembrano ricordarlo. Vagando per il centro storico si respira un’aria di tranquillità, soprattutto nei periodi di minore intensità turistica. In molte strutture commerciali (negozi, hotel e ristoranti), oltre al vernacolo toscano è facile notare un gergo tipicamente partenopeo, sintomo di un’immigrazione importante che ha modificato gli equilibri della popolazione locale. Ma in generale c’è molta cordialità, anche quando si chiedono indicazioni per un buon ristorante, a passanti o negozianti. Tutti i consigli che abbiamo ricevuto ci hanno spinto a provare i due indirizzi più famosi di Follonica, che già conoscevamo e che alla prova dei fatti si sono rivelati dei flop clamorosi: pretenziosi, costosi, in alcuni momenti dell’esperienza francamente improponibili.
Per fortuna che una gentile signora, dall’aria affidabile e sincera, ci ha indicato una trattoria seminascosta del centro storico: “è lì che noi tutti di Follonica si va” ci dice. E’ grazie a lei che abbiamo scoperto una bella realtà e una splendida storia da raccontare.
La Trattoria da Santarino nasce addirittura negli anni ’20 del secolo scorso: non aveva un nome preciso, tutti la chiamavano “La Bottega” e sorgeva, come oggi, davanti al mercato della città. Da allora è rimasta sempre lì, osservando placida la trasformazione del decoro di Follonica, soprattutto nell’epoca del boom economico degli anni ’50 e ’60 che l’ha riempita di palazzoni disarmonici e squadrati. Da semplice vineria con prosciutto e salcicce per sfamare i lavoratori del mercato, il locale si trasforma in una vera e propria osteria nel 1966, acquisendo il nome odierno grazie a Tiziano Ceccarelli, detto “Santarino”, che ristruttura completamente gli ambienti e gli dà, assieme alla moglie Anna, quell’impronta che è arrivata fino ai giorni nostri. Qualità, semplicità, ricette provate e riprovate che, una volta messe a punto, diventeranno una legge per tutti coloro che si avvicinano alla sua cucina: Santarino nel 2004 è volato via, ma la sua personalità è ben lungi dall’essere assente. Ascoltando i racconti della figlia Tiziana, che l’ha affiancato e sostituito in cucina, di suo marito Valerio e dell’altra figlia Cinzia, sembra ancora di avvertire nell’aria i rimbrotti di Santarino, il cui carattere inflessibile ha forgiato questa cucina di qualità indiscutibile.
La trattoria, per fortuna, non vive di soli ricordi. Forse c’è un po’ di nostalgia, ma ancora tanto, tanto buon gusto. Quello che ci si aspetta di trovare in ogni territorio o paese italiano: una buona tavola, una grande e ferrea tradizione, degli ottimi prodotti, una mano gentile e convincente ai fornelli. Nonostante l’apparente semplicità delle innumerevoli preparazioni assaggiate, nessuna ha deluso, rivelando un “mestiere” lodevole nel dosare gli ingredienti e i condimenti. Il pesce arriva dalle reti di un pescatore locale e dai mercati di Castiglione della Pescaia e Porto Ercole. L’olio, strepitoso in abbinamento al pesce, è di propria produzione. Le verdure sono acquistate ogni dì al mercato davanti alla trattoria, che negli anni è diventato “coperto”. E visto che in cucina da un paio d’anni c’è anche un giovane chef calabrese di origine brasiliana, “il Marcello”, non osiamo dubitare che la sua buona vena sia soprattutto merito di Santarino, delle sue ricette, delle sue felici intuizioni, che nessuno oserebbe mettere mai in discussione.

Una delle due sale della trattoria, quella più moderna.

Carpaccio di polpo.

Crostino di pesce, di grande intensità gustativa, ma anche equilibrato.

Il polpo lesso, di una morbidezza disarmante, con un retrogusto leggermente piccante.

Acciughe marinate con cipolla. La cipolla può sembrare eccessiva, in realtà è la giusta quantità per armonizzare il gusto. Esemplare.

Insalata di mare. Uno degli assaggi più gustosi e riusciti, cotture e temperature perfette, note dolci e piccanti, con la presenza felice del peperone ad armonizzare il tutto.

Zuppa di pesce. Solo su ordinazione un grande classico di Santarino: definirla sontuosa è poco. Piatto unico…

Fregola di frutti di mare e fagiuoli. Altra ricetta storica, di grande leggerezza e sapore rotondo.

Paccheri al pesce. Gustosi e saporiti, la mano “felice” continua…

Parago in padella con verdure. Grande qualità del pesce, cottura perfetta. Peccato per le verdure che meritavano maggiore croccantezza.

Basta così, solo un sorbetto …

Tiziano Ceccarelli, detto “Santarino”

390

Recensione ristorante.

Il mandato di Ducasse a Cristophe Martin, già allievo di Cerutti al Louis XV, è chiaro e senza ombra di equivoci: rispetto talebano per la tradizione ed il territorio toscano, anzi maremmano, e nessuna concessione alla minima contaminazione francese.
Il tutto in una cadre d’altissimo livello, una piccola villa autonoma e separata dal resort dell’Andana presso la tenuta la Badiola, ed un servizio ad orologeria da alta maison d’oltralpe.
I dettami del maestro sono rispettati finanche nella quantità delle porzioni di una carta che non prevede nemmeno un menù degustazione e che, non fosse per la forma e la notevole qualità delle pietanze, potrebbe tranquillamente essere quella di una qualsiasi trattoria toscana. (altro…)