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Ora d’Aria

“Giovani forchette alla riscossa. In questo spazio di PG, raccogliamo dunque testimonianze, racconti, itinerari e segnalazioni di giovani penne dall’attitudine ‘buongustaia’, che autonomamente hanno trovato affinità con il nostro approccio. Non sarà consentito loro, per ora, di esprimere un voto, ma solo commenti e descrizioni della loro esperienza. Il canale ‘Young Forks’: ai giovani parole e forchette, a voi la lettura”

Un’altra opera d’arte, appena dietro gli Uffizi

A pochi passi dagli Uffizi, nascosta in un reticolo di viuzze, si incappa nell’entrata del ristorante Ora d’aria, una stella Michelin dal 2011.

Il locale, moderno e sobrio negli arredi e con una splendida cucina a vista nella prima delle due sale, è gestito da Marco Stabile, classe 1973, cuoco formatosi sotto l’ala di Gaetano Trovato.

La sua proposta prevede tre percorsi, vegetariano, di pesce e di carne più la possibilità, a pranzo, di provare i piatti in versione “tapas” a prezzo ridotto.

Nel menù di carne Giovane Firenze si ritrovano ingredienti della tradizione culinaria toscana quali, ad esempio, il coniglio, qui declinato in una terrina di coniglio con, alla base, una luna di crema di finocchio e cipolla bruciata, come a formare lo spicchio laterale, e altri di taglio più nostalgico come la gallina ne l’uovo, le uova e la gallina, appunto, che consta di un uovo poché, un uovo di quaglia, gelatina con ritagli di gallina, paté di fegatini, caviale e brodo di pollo in chiusura.

Toscanità, anche nel dolce

Si tratta di una cucina sostanziosa ma, al contempo, equilibrata, dove spiccano elementi di grande toscanità come l’immancabile olio extravergine d’oliva toscano qui declinato anche in un originale dessert: il crumble all’olio, gelato alle olive taggiasche, crema di semolino, robiola e mousse al cioccolato bianco.

Escalation molto piacevole, anche nei vini in mescita, a suggello di un pasto sostanzioso, elegante e soddisfacente.

Uno scrigno di buon gusto nel cuore di Firenze

Una grande trattoria a Firenze a due passi da Piazza del Duomo: sogno o realtà?
Ebbene, ciò che fino a qualche anno fa sembrava impossibile, ora invece si sta realizzando: la cucina italiana mostra segni di vitalità anche “dal basso”, cioè da quella che è la sua espressione classica più autentica, quella della trattoria e delle cucina tradizionale regionale.
Non è un sogno quindi la presenza, nel cuore di Firenze, al primo piano di Eataly di una delle migliori espressioni di cucina tradizionale.
FAC (fast and casual) è un locale giovane, decisamente al passo con i tempi, nato da una costola del team di “Essenziale”, altro locale di successo: tra soffitti affrescati e grandi vetrate che affacciano su via De’ Martelli, si è insediata una delle cucine più interessanti del capoluogo toscano. Un locale per mangiare qualcosa di qualità, anche quando il tempo a disposizione è poco: la risposta al “fast food” caratterizzato da panini e affini.

La trattoria moderna?

Piatti di sostanza, ma curati nella presentazione e, cosa più importante, nel gusto. Una proposta variegata, che va dai piatti unici da condividere tra i commensali, alle ciotole da riempire con ingredienti a piacere, fino ai primi e secondi in versione più classica.
Le ottime pappardelle al cinghiale e una straordinaria anatra ci hanno veramente stupito per precisione delle cotture e qualità degli ingredienti. Meno intenso il sapore del dessert, comunque decisamente sopra la media.
Abbiamo accompagnato il tutto con una fresca birra prodotta in esclusiva per FAC da un birrificio di fiducia, ma è un valore aggiunto importante la possibilità di scegliere qualunque bottiglia presente all’interno di Eataly e stapparla al tavolo con un piccolo diritto di tappo.
Rapporto qualità prezzo molto alto per questo locale che, dovesse mantenersi su questi livelli, farà parlare molto di sé nel prossimo futuro.

La Galleria Fotografica:

 

Haute Couture e Haute Cuisine nel cuore di Firenze

Italianissima e cosmopolita, senza soluzione di continuità. Un po’ come la Firenze che fu, al tempo, la culla del Rinascimento, luogo al centro di scambi culturali ed economici. L’Osteria “fashion” del cuoco numero uno al mondo è semplicemente così. Uno stile inconfondibilmente estroso – a sua immagine e somiglianza – griffato Gucci, una ubicazione di raro prestigio e un museo in cui la moda si adorna dell’intrigante fascino dell’arte moderna… e dell’haute cuisine. Il tutto, appunto, nel cuore pulsante di Piazza della Signoria, patrimonio dell’umanità. È qui che parte la mission di Massimo Bottura il quale, dopo aver stretto la sua amicizia con lo storico ed elitario brand sinonimo di lusso, vuole riuscire nell’intento di trasmettere l’idea di eccellenza gastronomica in uno dei luoghi più battuti dal turismo mondiale, dove il rischio che il cibo passi in secondo piano è altissimo, restando ancorato ai falsi cliché del Bel Paese che da sempre sviano il turismo di massa verso mediocri lidi gastronomici.

“Viaggiando per il mondo”

Alla Gucci Osteria va in scena una cucina rigorosamente internazionale, un po’ perché la patria di Dante Alighieri era un melting pot di culture in epoca rinascimentale, un po’ perché gli ingredienti locali – vedi la prestigiosa Chianina – vengono utilizzati per preparazioni più “street-global-pop food”, giocando (con massimo rispetto e rigore) con l’immaginario collettivo del turista. Così la pregiata razza bovina Toscana finisce in un irresistibile hot dog, mentre il cotechino in un hamburger che richiama i sapori emiliani. Anche quando si vuole “sconfinare” in una zona confortevole, si cerca di trovare un filo conduttore tra Italia e mondo: vedi l’idea della pasta mista di Gragnano, che viene presentata come una bouillabaisse.

“Viaggiando per il mondo” ha detto Bottura in una delle tante interviste fatte, “la nostra cucina interagisce con tutto quello che vediamo, sentiamo e gustiamo”. Questo è il pensiero, come direbbero gli americani, espresso “in a nutshell”, della Gucci Osteria che, chiariamo, non vuole essere la Francescana, ma la genialità del cuoco modenese aleggia prepotentemente nell’aria. Bisogna dare tempo al tempo, anche a un progetto di questa portata, perché far convivere grandi numeri e qualità non è cosa da poco. Bottura ci riuscirà senza dubbio.

La brigata di cucina è stata affidata alla giovanissima cuoca messicana Karime Lopez Kondo, con prestigiose esperienze alle spalle in cucine come Mugaritz, Ryugin e Central (in effetti, visto il vertiginoso numero di coperti macinati a ogni servizio, il fatto suo lo conosce bene) e moglie di Takahiko Kondo, sous chef di Bottura all’Osteria Francescana.

Per il momento possiamo segnalare qualche necessaria sistemazione, soprattutto nei piatti principali come il risotto (mantecato alla perfezione ma poco contrastato nelle acidità) e nella pasta mischiata (con la cottura della pasta un po’ eccessiva, e in cui la salsa era a nostro avviso un filo greve).

La sala è giovanissima e si muove con disinvoltura tra i tavoli. La cantina è discreta e il prezzo, considerate location e qualità, è a nostro avviso corretto.
Nel complesso, la Gucci Osteria è un luogo di irresistibile fascino, divertentissimo e informale, nel quale il “Bottura-pensiero” è appannaggio di tutti; sì, perché è giusto che sia così, almeno a Firenze, uno dei centri nevralgici del mondo.

La galleria fotografica:

Chissà com’era il Ducasse della sua prima vita, più cuoco che manager, a “La Terrasse” di Juan-Les-Pins? E’ uno dei tanti dubbi che ci assalgono, amabilmente, durante i nostri pensieri sfuggenti che riguardano la nostra passione fulminante.

Ci piace pensare che il posato, pragmatico e tranquillo uomo d’affari di oggi, prima dello spaventoso incidente aereo che gli sconvolse l’esistenza, fosse frizzante, provocatoriamente irruente, acido, inafferrabile e fumantino come questo frizzante toscano di nome Matteo Lorenzini.

L’abbiamo appena sfiorato nella sua precedente esperienza alle Tre lune di Calenzano. Troppo breve la storia. Oggi lo troviamo a Sesto on Arno, solo e senza più i suoi compagni della precedente avventura, dopo un passaggio nelle cucine di Antonio Guida al Mandarin e dopo svariate esperienze francesi che hanno indelebilmente connotato il suo stile di cucina. In cui il grasso viene riabilitato in una sorta di neoclassicismo contemporaneo, fatto di tanta sostanza, di un pizzico di classe ed eleganza, che fa capolino attraverso piatti tecnicamente tanto precisi quanto tremendamente buoni e golosi. Usare i grassi così, con il veicolo delle eleganti e sussurate acidità, mai primarie, è sintomo di classe e di grandi capacità. Racchiuse ancora in un carattere irruento, turbolento, ancora spigoloso e ruvido. Ma a noi Matteo piace così, già oggi davvero tanto.

La partenza è stata folgorante: i primi tre piatti sono sintomo di una eleganza e di una capacità tecnica, di una conoscenza della materia e delle tecniche tradizionali da far invidia a cuochi molto più blasonati di lui. Piatti belli, ricchi, goduriosi, sostanziosi ma anche eleganti e raffinati.
Poi una interpretazione della pasta comme il faut, che spiega a quei pochi che ancora non ci hanno riflettuto come il principe dei carboidrati nazionali possa essere anche un ingrediente raffinato e possa far giungere a preparazioni inaspettatamente eleganti; la foto è lì a dimostrarlo, basta saperlo usare bene.

Peccato, ma ci sta, per qualche imprecisione nei piatti principali. L’Astice, troppo sapido, ruvido e con una cottura non proprio perfetta. Ed una lepre che sarebbe stata da podio per noi, amanti del genere, se non fosse stata troppo connotata nella farcia dalla componente suina, qui scelta come imperiosamente sovrapponente.

Ma ci sta, stiamo facendo la punta alle matite ad un indiscusso talento, che grazie a Dio, con i suoi trent’anni appena passati, dimostra ancora qualche ruvidezza e ingenuità. Sarebbe stato troppo pretendere il contrario.
Ma, pur non essendo stati nel momento propizio dalle parti di Juan-Les-Pins, proveremo ad andare più spesso, nei prossimi mesi, a Firenze.

La spettacolare vista sulla città…
Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Grancevola servita fredda, spuma di yogurt, daikon, coriandolo (un’intrigante aggiunta di mirepoix di mela verde), Caviale Siberian.
Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Cappelunghe agrumate in marinata fredda (in yuzu e soia), cipolle nuove, finferli.
cappelunghe, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Ostrica servita tiepida, perle in consommè, blanquette di porri.
ostrica, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Radici cotte nella foglia di fico, foie gras arrostito e jus all’agresto.
radici, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
radici, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
radici, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Pappardelle ripiene di salmì, polpo arrostito e scorzanera.pappardelle, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Astice blu arrostito, indivia e ravanelli, zabaione alla citronella.
astice, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Lievre à la royale…
lieve à la royal, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
lieve à la royal, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Mont Blanc.
mont blanc, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Sesto on Arno, Chef Matteo Lorenzini, Firenze

L’Enoteca Pinchiorri è meravigliosamente unica. Per tanti motivi.
Per il fascino settecentesco del palazzo Jacometti Ciofi, nel cuore rinascimentale di Firenze.
Per la signorilità, lo charme di Giorgio Pinchiorri e per la sua monumentale cantina.
Per la raffinatezza e l’eleganza di Annie Féolde.
Perché, diciamolo, in Italia un altro posto così non c’è.
Per un appassionato gourmet poter cenare in questa cattedrale del buon gusto, nel senso più ampio del termine, è come per un violinista poter suonare uno Stradivari: un’emozione unica.

Una storia, quella dell’enoteca più famosa al mondo, legata a doppio filo a quella di Giorgio e Annie, compagni nella vita e nel lavoro fin dai primi anni ’70. Modenese d’adozione fiorentina lui, francese lei, potrebbero essere tranquillamente i personaggi principali di un romanzo tanto è bella la storia che li vede protagonisti sia sul piano professionale sia su quello più intimamente personale. L’Enoteca Pinchiorri è il frutto di questa unione, di anime e di passioni. Dell’uno per il vino, dell’altra per la cucina.

Varcando l’ingresso di via Ghibellina ci si ritrova in un ambiente quasi sospeso nel tempo, in cui ogni gesto, ogni parola, ogni aspetto è stato sapientemente studiato ed affinato nel corso degli ultimi 40 anni per mettere a proprio agio e soddisfare i clienti, facendo sentire ognuno di loro come fosse l’ospite d’onore.
Non capita spesso, neanche nei più grandi ristoranti. Tutto è misurato, sempre appagante, mai eccessivo.
A partire dal servizio, impeccabile, affidato ad un personale molto ben preparato, formale ma non ingessato, presente e allo stesso tempo discreto.
In un mondo in cui ormai gli chef sono assurti al ruolo di vere e proprie star, catalizzando su di sé le luci dei riflettori, sedere a questa tavola può far ben capire che cosa sia e quanto sia importante il servizio di sala. Qui l’arte dell’accoglienza non si recita, si vive.

In cucina, raro esempio di riuscita sintesi culinaria tra l’anima transalpina e la tradizione italiana, sotto l’illuminata supervisione della Féolde, i primi chef Italo Bassi e Riccardo Monco da oltre vent’anni sono la spina dorsale di una delle brigate più apprezzate dai clienti e più ambite dagli chef.
E se per tutto questo tempo il livello è riuscito a rimanere tanto alto, gran parte del merito è anche loro.

Descrivere la cucina dell’Enoteca Pinchiorri, paradossalmente, non è difficile: l’eccellenza nella semplicità.
Piatti (apparentemente) semplici, nel senso migliore del termine, eppure ricchi di dettagli, di sfumature. Spesso essenziali a vedersi eppure disarmanti quanto a ricchezza di gusto ed equilibrio.
Frutto di un rispetto assoluto delle materie prime, selezionate con maniacale attenzione e di una sensibilità ed una tecnica in grado di valorizzarle senza stravolgerle, lasciando i sapori sempre molto ben distinti e distinguibili con il risultato che i piatti, anche quelli più complessi, risultano facilmente intellegibili e riescono a fissarsi nella memoria gustativa del gourmet come raramente accade. Quante volte capita di alzarsi da una tavola, anche importante, con la convinzione di aver mangiato bene ma senza ricordare di preciso i piatti assaggiati? Qui non accade. E non è un caso.

La pasticceria è affidata allo chef Luca Lacalamita, un giovane pugliese dal curriculum impressionante, messo insieme tra Inghilterra, Spagna ed Italia alla corte di chef quali Cracco, Bottura, Gordon Ramsay e Ferran Adrià solo per citarne alcuni. Esperienza ed una gran bella mano, anche se in questa occasione il dessert non ci ha convinti fino in fondo.

Ma parlare dell’Enoteca Pinchiorri è anche e soprattutto parlare di vino. Perché l’ottimo lavoro svolto dalla Feolde per quanto attiene alla cucina è complementare a quello, quasi unico, svolto da Giorgio Pinchiorri per la cantina. Parlare dell’uno senza parlare dell’altro sarebbe come voler parlare dello Yin senza lo Yang. Difficile dire con certezza se sia la migliore, ma è sicuramente una delle più importanti cantine al mondo con le sue oltre centomila bottiglie distribuite tra le 4500 etichette di oltre mille produttori. Di molte etichette detiene l’esclusiva mondiale, di altre, importantissime e numerate, vanta la numero uno di ogni annata. Una collezione dal valore ormai quasi incalcolabile a disposizione degli avventori, di ognuno secondo i propri gusti e, va detto, le proprie tasche. I ricarichi sono certamente importanti, in alcuni casi forse anche eccessivi, ma d’altronde non sfuggiranno all’appassionato i faraonici costi di gestione di un siffatto patrimonio enologico.

Sedere all’Enoteca Pinchiorri è un’esperienza che va fatta. Magari una sola volta, se eccessivamente “impegnativa”, ma va fatta. Per l’ottima cucina, per l’infinita cantina, per il servizio eccellente, per la location suggestiva ma soprattutto per le emozioni che sa regalare, tenendo a mente, al momento del conto, la frase del grande Veronelli: “Si paga sempre troppo poco, per chi ti riempie di gioia”.

L’amuse-bouche: Biscotto di cipolla caramellata.
amuse bouche, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Rotolo d’orata, zucca fritta, salvia e riso soffiato su crema di zucca: un po’ appiattito sulle note dolci ma interessante per il contrasto di consistenze.
rotolo di orata, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Tonno pinna gialla al basilico, marmellata di pompelmo, finocchio e polvere di liquirizia: si fa apprezzare per l’eccellenza della materia prima che letteralmente si scioglie in bocca. Interessanti le note balsamiche legate a finocchio e liquirizia mentre la chiusura vira piacevolmente sui toni acidi ed amarognoli del pompelmo.
tonno, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Noci di capesante con asparagi al coriandolo, coralli marinati e maionese di crostacei: l’esempio ideale di come, partendo da ingredienti semplici e senza voler stupire a tutti i costi con tecniche futuristiche, si possa tirar fuori un gran bel piatto: perfetta la cottura delle capesante così come quella delle verdure, piacevolmente croccanti. Gustose ed in perfetta armonia col resto del piatto sia la salsa di asparagi che la maionese di crostacei.
Enoteca Capesante Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Uovo affogato in cenere, taleggio, crema di zucchine e pancetta: altra cottura da manuale, ottimo il bilanciamento di sapori, piacevole il gioco di consistenze. Pur nella sua delicatezza, presenta una notevole persistenza.
Uovo Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Fusilli al ferretto con scampi, pomodoro fresco, bottarga e briciole di pane: che piatto! Paradisiaco già all’olfatto. Un piatto apparentemente semplice che stupisce per intensità, complessità ed equilibrio. I sapori sono scanditi ad uno ad uno per poi tornare all’unisono meravigliosamente amalgamati. Le cotture millimetriche di pasta e scampo completano l’opera per un passaggio che si fa ricordare.
fusilli, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Coda di rospo farcita di sopressata e poi fritta, crema di patate al limone e pepe giamaicano: buona la cottura ma il piatto non entusiasma. Al palato i contrasti di consistenze e sapori che ci si aspetterebbero non trovano riscontro. Nonostante la buona tecnica resta uno dei passaggi che ci ha convinto di meno.
Coda, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Agnolotti con crema di ceci e nervetti di vitello: tralasciando l’ottima fattura della pasta e la sua millimetrica cottura, è un piatto che conquista per l’eccellente equilibrio gustativo. Il sapore intenso del ripieno è ben bilanciato dalla crema di ceci mentre i nervetti marinati nel vino rosso, oltre ad arricchire il gioco di consistenze, donano una piacevole nota acida.
agnolotti, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Maialino di razza “Mora Romagnola” con radicchio, asparagi e fagiolini marinati: un maialino così si può mangiare in pochi posti, forse solamente qui. Crosticina perfettamente croccante, carne tenerissima e succulenta, gusto pieno, intenso ed equilibrato. Le verdure, che pure completano degnamente il piatto, passano quasi inosservate.
maialino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Doppio petto di piccione con pesto ai peperoni, frittella di patate e salsa di fegatini. Altra carne, altro piccolo capolavoro. Per cottura, per sapore, per la salsa, per tutto insomma. A completare l’ottimo doppio petto una coscia ben croccante ed una frittella di patate che forse stona un po’ rispetto alla finezza del piatto.
piccione, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
In attesa del dessert un rinfrescante sorbetto agli agrumi.
dessert, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Tortina di mele con gelato al caramello salato: semplicemente un buon dessert.
cortina di mela, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Gradevole la piccola pasticceria: mikado di ananas, caramelle di acqua di rose e verbena, tartufo liquido di lime e menta…
piccola pasticceria, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
…ma è con il carrello dei cioccolati, uno dei più ricchi mai visti, che torna il sorriso pieno e si può chiudere in bellezza il pasto…
carrello di cioccolati, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Questa la selezione dei vini proposta in abbinamento. Ottimi vini ma, ad essere sinceri, per una media di 40 euro a calice, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più.
Poggio alle Gazze 2012 – Tenuta dell’Ornellaia.
Enoteca Vino, Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Chassagne Montrachet en Virondot 2011 – Marc Colin.
Vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Morey St. Denis 2011 – Domaine Dujac.
vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Colonia 2006 – Fattoria di Felsina.
vino, Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze
Galatrona 2004 – Tenuta Petrolo.
Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, Riccardo Monco, Annie Feolde, Firenze