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Bottega del Vino

benvenuto, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano

Emilio Cremascoli, il proprietario di questo piccolo gioiello ubicato di fronte all’arena di Milano, è un giovane uomo con una esperienza di tutto rispetto alle spalle che ha deciso, in un momento tutt’altro che facile, di aprire la propria casa agli avventori.
E’ proprio il caso di dirlo, perchè per Emilio questa è la sua casa. L’ha costruita a sua immagine e somiglianza già dal nome. Quel “Bottega” che la vuole connotare tra le realtà artigianali, fatte di semplicità, di francescana ed elementare linearità, ma di grande, grandissima qualità.
Qui potete venire per un ottimo aperitivo, con un barman di tutto rispetto che vi preparerà cocktail con prodotti d’eccezione, potete fare uno spuntino con formaggi di grande selezione e salumi di ottima qualità, accompagnati da finger food preparati dalla cucina, e potrete anche mangiare piatti semplici, costruiti sulla base di una ottima materia prima, che rimane in evidenza e che potrà soddisfarvi in molti aspetti, non ultimo nell’accompagnamento dei vini.
Eh già, perché il nome, oltre a Bottega, contiene anche il termine principale che connota questo luogo.
Il giovane cuoco avrà modo di crescere ed esprimersi ancora meglio, ne siamo certi, anche se già oggi soddisferà palati esigenti con tanta precisione e tanto rigore, oltre che un pizzico di eleganza.
Seppur di recente apertura da Emilio troverete una carta dei vini sensazionale, intrigante, non scontata e banale. Affidatevi a lui e al competente staff che lo supporta in sala e non rimarrete affatto delusi. Per un aperitivo, una cena con degustazione di vini, per un momento divertente, elegantemente semplice, raffinatamente normale. Il lusso della semplicità qui è l’incipit, provatelo.

Un ottimo French 75 per cominciare.
french75, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
Insalata di mare con ortaggi di stagione.
insalata di mare con ortaggi, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
Trancio di rombo, radicchio tardivo, nocciole e salsa al vino rosso.
trancio di rombo, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
Ravioli di baccalà mantecato con crema di broccoli e frutti di mare.
ravioli di baccalà, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
Costata di Vacca Vecchia Galiziana con carote e liquirizia.
Costata di vacca vecchia, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
Mousse al cioccolato amaro in cannolo al pepe nero e arancia, il suo chutney speziato.
Mousse al cioccolato, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
E per finire un assaggio di fantastica cacio e pepe.
Cacio e Pepe, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano
E di aglio e olio.
aglio e olio, Bottega del Vino, Chef Dario Macchi, Milano

Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena

Se siete attivi su qualche Social Network sicuramente avrete visto qua e là, anche solo di sfuggita, qualche scatto proveniente da Panino: Beppe Palmieri, il braccio destro di Massimo Bottura in Francescana, dai primi di dicembre ha aperto questo piccolo locale, distante non più di un centinaio di metri dal “quartier generale”, e sta mostrando -sui Social, appunto- che in questo progetto ci sta riversando l’anima e anche più.

Ma, precisamente, cos’è Da Panino? Un salumificio, una panineria, un’enoteca, una gastronomia?
Nulla di ciò e tutto quanto assieme. Riassumendo il pensiero di Panino in un solo termine, potremmo ben descriverlo come una Bottega, una di quelle “del passato”, un luogo confidenziale dove far la spesa giornaliera, dove acquistare i salumi, il pane, qualche chicca gastronomica, o anche solo passare per due chiacchiere, bere un calice o a mangiare un… panino appunto, magari in pausa pranzo, accomodandosi all’unico tavolo presente: una scelta dettata, oltre che dagli spazi, dalla volontà di rendere il momento quanto più conviviale possibile.
Un luogo dove riscoprire il rapporto più diretto e personale con chi vi serve, che torna ad essere una persona di fiducia, alla quale affidarsi. Un luogo dove riscoprire il calore del contatto, oramai totalmente raffreddato dalla GDO che tutto spiana, in favore esclusivamente della migliore offerta e del prezzo più aggressivo della concorrenza.
Ma nonostante si possano acquistare chicche non indifferenti, non immaginate Da Panino come una superboutique gourmet, ma piuttosto come un piccolo negozietto di quartiere, necessariamente più costoso del supermercato ma non per questo classificabile come caro, tutt’altro, con prodotti dalla ricercatezza elevatissima.
Qui tutto viene selezionato per veri meriti qualitativi, prima ancora che commerciali, e il risultato è un rapporto qualità/prezzo che, ora sì, diviene davvero conveniente: l’offerta “di base” è un panino (con pane di Matera) con dell’affettato a scelta ed una bibita Lurisia, a 5€… insomma, provate a far di meglio se riuscite.

Una Francescana “formato spesa” dove, dalla massaia all’appassionato, è possibile concedersi piccoli momenti di goduria gastronomica, una veloce pausa pranzo gourmet o l’acquisto di qualche prodotto d’eccellenza, con la certezza in ognuno di questi casi, come preannuncia il logo, di ricevere un sorriso in omaggio.

Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
I “menù” del giorno…
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
…e la lavagna dei prezzi.
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Curiosando in giro.
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Qualcosa di buono da bere…
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
… e qualcosa di molto buono da bere.
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Parte dei salumi a disposizione.
salumi, Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Qui la Berkel non la si tiene solamente esposta…
berkel, Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Una eccellente fior di latte.
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena
Ed ecco pronto il nostro panino per il rientro a casa: Autogrill, non ci avrai!
Da Panino, Giuseppe Palmieri, Modena

All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo

Capita, a volte, che un gourmet si innamori di un ristorante e di un cuoco. E quando ciò avviene può accadere che si ritrovi alla sua tavola con una cadenza tale che la gente normale definirebbe “pura follia”. Due, tre volte a settimana. Per mesi, o addirittura anni.
I delicati meccanismi che muovono e determinano, oltre all’anima, anche l’agire di un gourmet sono veramente misteriosi. Se non fosse così, non si spiegherebbe perché, con manifesta facilità, nella sua agenda ci siano elencati locali che egli considera d’eccellenza assoluta, ma che non frequenta per periodi incredibilmente lunghi.
Cosa accade nella sua mente? Non è certamente pigrizia, questa è una delle molte lacune di cui un vero spirito gourmet, curioso e perennemente errante, non può essere certo sospettato. Più semplicemente è una sorta di tirannia dell’autoconvinzione che lì, in quel luogo, in quella cucina, si sta benissimo. Una sublimazione della sicurezza, che già da sola sembra appagare gli istinti primari.
Confessiamo che, a volte, questa spiegazione non basta più. E quando capita di andare in un ristorante come L’Enoteca di Canale dopo tanto tempo, è giusto fare ammenda.
In Italia, infatti, ci sono luoghi che meritano di essere visitati quasi ogni mese, per la loro capacità di emozionare e soprattutto di rinnovare ogni volta quelle sensazioni.
Nel cuore di questa terra gastronomicamente benedetta che è la Langa&Co., il rischio di annoiarsi o distrarsi non c’è proprio. L’imbarazzo della scelta è il primo ostacolo da superare, poi solo gioia e appagamento.
Promettiamo di tenere in futuro sempre presente che all’Enoteca di Canale c’è un grande cuoco, ma anche un grande uomo, che non ama le luci della ribalta.
Davide Palluda interpreta la sua professione e il suo ruolo più come artigiano che come navigato showman. Il che si traduce in una formula semplicemente perfetta per il gourmet: accontentare e assecondare, non sorprendere e stupire.
Palluda è sempre sereno, giustamente convinto dei suoi mezzi, ma privo di quella pressante necessità di vedersi assegnare di continuo riconoscimenti, coccarde, o stelline.
Forse è questa la ragione della nostra latitanza colpevole? Forse. Ma non ci eravamo affatto scordati che Davide Palluda è uno dei più fulgidi esempi di una mirabile cucina fatta di pulizia, nettezza e linearità. Una cucina “sabauda”, che nacque da quella profonda contaminazione che a fine settecento inondò il Piemonte e vide concentrarsi sui prodotti di questa terra stupefacente le tecniche, le preparazioni e le elaborazioni francesi (o meglio parigine).
C’è quindi un luogo straordinario a Canale, in cui la vera forza dirompente sono mirabili preparazioni che solo apparentemente si palesano ai più come tradizionali.
Nascondono, in realtà, una cura maniacale al dettaglio, una perizia tecnica assoluta, una profondità e una purezza gustativa che sono in grado di farti letteralmente sobbalzare sulla sedia.
Certamente golose, ma anche raffinate, minimali, delimitate dalla perfezione. Mai un ingrediente di troppo, mai un sapore scomposto.
Estro e precisione, che hanno intagliato il nostro percorso gustativo a ogni passaggio, culminando con una straordinaria e moderna finanziera, con una pernice da caccia di didascalica finezza e con un piatto di agnolotti che ci è apparso semplicemente divino.
Oggi, in questo bellissimo castello, sede luminosa dell’Enoteca Regionale del Roero e vetrina privilegiata di quei vini straordinariamente longevi, è possibile assistere a un concerto di emozioni a cui è decisamente impossibile rinunciare se si ama la grande cucina.
Il teatro è Canale, a dirigere c’è Davide Palluda, le repliche della sua cucina-spettacolo ogni giorno tranne la domenica. Non comprate un solo biglietto

L’ingresso
All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il lungo benvenuto…
benvenuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
in cui svetta questa concentratissima zucca ricostruita (passata al forno) con seirass
zucca, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
benvenuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
benvebuto, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
L’ottima focaccia alle olive…
focaccia di olive, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
ed il primo colpo d’ala, Topinambour, tartufo e cioccolato bianco. La dimostrazione che le note dolci, se ben equilibrate, con senso del gusto e senso della proporzione, non sono affatto un minus
topinambour, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il nostro primo compagno di avventure…
champagne, ruinant, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Un passo falso, merluzzo affumicato, crema di scarola e canditi. Qui il dolce e l’affumicato non danno via d’uscita.
merluzzo affumicato,All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Spalla di vitello marinata al miele, crema d’uovo e acciughe, briciole di focaccia, tartufo. Altro colpo da maestro
spalla di vitello marinata al miele, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il Roero può riservare sorprese su vini longevi? Bien sur
Roero, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Variazione di ovoli reali: crudi, cotti e in blinis. Un tocco di classe le nocciole e la loro essenza
variazione di ovoli reali, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
L’imperiale finanziera, qui in una versione da grande saucier
finanziera, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
finanziera, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
I ravioli di faraona con salsa al Marsala e suo fondo, tartufo. Un piatto da fondoscala.
ravioli di faraona, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Eh sì, confermiano:il roero può dare molte sorprese sui vini longevi
vino, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Costata di Vitello, radicchio e il tocco geniale della salsa di pinoli
costata di vitello, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Rapa e pernice da caccia a tutto tondo
rapa e pernice, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Un sorbetto di uva del Roero
sorbetto di uva al roero, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
ed un dolce al caffè d’orzo
dolce caffè d'orzo, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo
Il commiato della cucina
commiato della cucina, All'Enoteca, Davide Palluda, Canale, Cuneo

Questa recensione aggiorna la precedente  valutazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Mai fidarsi delle recensioni che si trovano in rete. Non perché non siano affidabili (molte lo sono, ma molte altre purtroppo no), ma perché si rischia di farsi idee sbagliate, soprattutto concentrandosi sulle foto.
Io, per esempio, sono andato a provare la cucina di Michele Biagiola con un’idea totalmente distorta di quello che avrei trovato. I palati fidati che me lo avevano consigliato avevano chiaramente ragione nel dire che si tratta di uno chef molto bravo e ingiustamente trascurato; ma, con i miei sodali di sempre, di solito ci si sofferma poco a raccontarsi le cose, due parole bastano a capire che un posto vale il viaggio.
Restava un equivoco di fondo: pensavo di trovarmi davanti un ascetico amante di piante e fiori e mi sono ritrovato uno chef dalla mano totalmente “maschile”, amante sì della natura, ma dal piglio molto deciso. E proprio per questo al “piccolo menù di casa”, immaginato quasi etereo ho voluto per forza aggiungere il Pistacoppu ripienu, anno 2000 come indicato nella carta tutta millesimata. Con 35°C all’ombra, ma posso dirlo solo a posteriori, ho esagerato.
(altro…)

Qual è il valore di un sogno?
Che misura dare a quell’impalpabile sensazione che è lo stare bene a tavola?
Le sentite ancora le farfalle nello stomaco quando progettate la visita ad un grande ristorante?
Quella sana emozione, come bambini al primo giorno di scuola, quello scintillio che ti scuote dentro in attesa di mettere le gambe sotto a quel sospirato tavolo. Fino alle ore che scorrono più rapide di tutte, che ti fanno sentire vivo come mai e ti sbattono in faccia la fortuna che questo giro di ruota ti ha voluto regalare. Le sentite? Spero di sì, perché sono la linfa vitale della nostra passione.
L’Enoteca Pinchiorri può tutto questo. E’ e deve essere un orgoglio per noi italiani. Una bandiera, come la Nazionale di calcio (quando vince) o la Ferrari (sempre).
Non dimenticate la prima parola: Enoteca, con la E maiuscola.
Il mondo del vino qui ha trovato casa, non esiste tavola al mondo più didattica di questa per chi voglia avvicinarsi ai più grandi vigneti e produttori di tutti tempi.
Qualsiasi appassionato di cucina, prima o poi, portafoglio permettendo, si appassiona al complicatissimo e affascinante mondo del vino. E il percorso vale anche in senso contrario.
Eppure lo scontro gourmet-appassionato di vino è a tratti esilarante: le accuse sono reciproche, come se gli interessi non fossero comuni. “Quello ci capisce di cibo ma sul vino è una capra.” “Quello conosce anche i moscerini del cros parantoux ma il suo livello alcolico è talmente elevato che troverà soddisfazione solo nell’acidità di una leccata di limone.”
All’Enoteca no, qui c’è spazio per tutti e due: abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene, perché stiamo per entrare nel Tempio.
Siamo vicini ai 40 anni di attività e il nome di questo posto in via Ghibellina non è mai cambiato: Giorgio Pinchiorri è il Signore del Vino.
La cucina corteggia questa personalità primaria: accompagna, non sovrasta; porge, non impone.
Attenzione: se lo volesse potrebbe tranquillamente primeggiare da sola, ne è la prova il magnifico risotto scampi e nervetti di vitello. Ma non è la sua natura, non è quello che vuole.
A volte sa pungere di fioretto, altre colpisce di sciabola, ora più rustica nel tentativo (riuscito) di ingentilire i grandi sapori toscani, ora più fine proponendo piatti da grande scuola.
Ma sempre al servizio di quello scrigno che avrete sotto i piedi, come un cavaliere che porta a braccetto la sua dama.
Le degustazioni vino sono infinite, di scelta e di prezzo. Dai 200 euro a quello che volete.
Questo è Il Ristorante, quello dal servizio perfetto, dall’ambiente affascinante, il modello “lampada di Aladino”: chiedi e ogni tua richiesta sarà esaudita. E’ l’emblema del lusso.
C’è Sara, c’è Giorgio, c’è Annie, ci sono Italo e Riccardo, c’è il nuovo pasticcere Luca, ci sono sommelier uno più bravo dell’altro. L’Enoteca Pinchiorri è viva come non mai.
Non c’è niente di tale caratura internazionale sul suolo italico. Siamo al livello delle grandi Maison Parigine.
Ma siamo a Firenze, stringiamoci, mano al cuore e cantiamo l’inno.
Sì, costa.
Ma, almeno una volta nella vita, è una tappa imperdibile per qualunque appassionato.
Di vino e di cibo.

Insalata di granchio reale con gelatina di crostacei, caviale, maionese di patate e salsa al cetriolo.

Tartare di ricciola, con agrumi, petali di cipolla marinati in succo di barbabietola, riso soffiato allo zafferano.

Capesante alla plancia con patate al limone, frangette e sfoglia di ceci croccante.

Coda di rospo farcita di fegato grasso, con funghi porcini alla nepitella e salsa al nero di seppia.

Astice gratinato alle olive taggiasche con passato di peperoni e granfarro.

Tagliolini con calamaretti alla salvia e fiori di zucca.

Risotto con scampi, nervetti di vitello e liquirizia.

Mezzi paccheri con ragù di piccione al timo e ricotta al miele.

Maialino di razza “Mora Romagnola” con cipolla rossa caramellata, patate e salsa alla senape.

Pernice con salsa al vino rosso e foie gras, polenta incatenata al cavolo nero.

Granita al frutto della passione con crema di arancia e vaniglia.

Lampone, cocco, sesamo nero: sorbetto e lamponi freschi in gelatina, meringa secca di sesamo nero, crema montata al cocco con un tocco di pepe Giamaica.

Fichi al vino rosso e Porto, gelato bianco alla vaniglia con pan di spezie croccante.

2 assaggi di capra per finire il vino…

“Piccola” Pasticceria.


Il confratello Cauzzi in versione scolaretto, a studiare tra i libroni dell’Enoteca.

Eh si, se poi ti capita di poter allungare una tripletta di degustazione come questa, in cui il Bienvenue Batard di Ramonet è tutt’altro che Batard, suadente, sottile, elegante ma raffinato e persistenze, incredibilmente lungo e profondo. Certo, quel village di Nostra signora del Pinot Nero, Maria Vergine di Chardonnay ha battuto tutti. Certamente quel simpatico ruffiano Château Leoville Las Cases, nella sua annata, dicono, del secolo scorso. Che ci è piaciuto tanto, nella sua austera profondità e tutto sommato elegante e sottile polposità. Però quel village di Vosne, ehmbè… con la sua liquerizia nobile, la violetta, elegante, raffinato. Come una sciarpa di seta, delicata, sfuggente, ma penetrante ed elegante.