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Castello di Guarene

-Abbiamo ricevuto comunicazione che dall’8 gennaio 2018 lo Chef di Castello di Guarene non è più Gabriele Boffa-

 

Un giovane chef molto bravo, un antico castello, una meta gourmet molto interessante a due passi dalle Langhe

Un antico maniero settecentesco nel cuore del Roero, recentemente rinnovato per farne un lussuoso hotel 5 stelle con annessa SPA.
Un ristorante affidato ad un giovane albese, classe 1987, Gabriele Boffa. Giovane ma con un bel curriculum, due anni e mezzo con Guido Alciati, quindi Aiachini, Ribaldone, altri due anni con Enrico Crippa per finire con un’esperienza da Davide Palluda all’Enoteca di Canale. Ma non solo, nelle esperienze del talentuoso Boffa anche Messico e Francia (Allèno).
Una cucina che si può definire nitidamente neoclassica, che guarda al territorio di Langhe e Roero -non a caso, uno dei percorsi di degustazione è proprio dedicato alla Tradizione- senza dimenticare l’innovazione, le nuove tecniche ed influenze che ritroviamo nel menu a mano libera dello chef chiamato Progresso. Entrambe le proposte di degustazione pescano da una Carta in grado, dunque, di accontentare tanto i fautori della cucina più tradizionale quanto chi è in cerca di esperienze nuove.

Boffa è bravo. Molto bravo. E ci auguriamo che la proprietà -che nel prenderlo ci ha visto giusto- abbia la lungimiranza di dargli tutte le possibilità in termini di risorse e di tempo per permettergli di esprimere interamente il suo potenziale che, a nostro giudizio, è notevole.
Perché accanto a solide basi classiche e ad una ottima tecnica di base, lo chef ha un ottimo senso del gusto. Cosa tutt’altro che scontata tra i giovani cuochi.
Perché certo i piatti devono essere belli, il più possibile originali, sempre equilibrati, ma soprattutto devono essere buoni. E Boffa nei suoi piatti raggiunge sempre una intensità gustativa di tutto rispetto.
Tre, massimo quattro ingredienti, eleganza, equilibrio, intensità di sapori. Questo, in estrema sintesi, quello che abbiamo riscontrato in un percorso di degustazione in cui è il mare a farla da padrone.
Merluzzo, porcini e salsa verde. Tre ingredienti, tutti e tre protagonisti del piatto alla pari, con il bagnet verd che insieme ai porcini stempera e allo stesso tempo dona grande aromaticità alla grassezza del pesce preparato in oliocottura. Il piatto del talento. Il migliore della serata.
E poi un godurioso Risotto olive e caprino, la cui apparente rotondità già al secondo boccone viene scossa dall’aromaticità balsamica di una intrigante e persistente nota di cardamomo.
Certo, non tutti i piatti sono su questo livello ma, restando in tema di centralità gustativa, ci ha colpito anche il Cuor di zucchina, ricotta al seiras, pomodoro e tuorlo allo zafferano. Piatto di concezione semplice. Fresco, estivo, ma che in bocca esplode letteralmente, con l’aromaticità dello zafferano a condurre la lieve acidità del seirass e la intensa dolcezza del pomodoro.

Una menzione la merita anche il giovane sommelier bosniaco Armin Causevic, capace di raccontare con entusiasmo i vini in carta, del territorio ma non solo. Anche se, nel complesso, occorre rilevare che complessivamente il servizio non ci sembra ancora al livello della cucina.
In conclusione, noi ci sentiamo di scommettere sul futuro di Gabriele Boffa che, riteniamo, in questa affascinante location possa trovare le migliori condizioni per far parlare di sé a lungo. Offrendo, come sta facendo e come ci sembra voglia continuare a fare, la cucina del territorio e quei piatti tradizionali che -soprattutto a queste latitudini- sono molto richiesti, senza necessariamente rinunciare a percorrere contemporaneamente i sentieri dell’innovazione e della creatività. Perché, chi lo ha detto che una cosa debba necessariamente escludere l’altra?

 

Rigore tecnico giapponese e sensibilità territoriale per l’alta cucina langarola del Piazza Duomo di Alba

Mai una sosta. Mai un segno di cedimento o un accenno di volersi adagiare sugli allori. Nella cavalcata inarrestabile di una delle cucine più estrose, vive e tecnicamente evolute dello Stivale.

Enrico Crippa, il “cuoco samurai” delle Langhe, è in grande forma e l’esperienza a tavola sottolinea lo stato di grazia del suo lavoro e di tutta la squadra del ristorante Piazza Duomo. Sono scesi a pioggia, negli ultimi anni, nuovi e ambiti riconoscimenti nazionali e internazionali, ma nulla di tutto ciò ha potuto scalfire la costanza creativa e la produttività di questa insegna, situata nel cuore di Alba.

Rigore e dedizione.

Crippa si conferma un cuoco vero, stakanovista ai fornelli: sempre presente in cucina, sempre sul pezzo, costantemente a contatto con le sue amate verdure, provenienti ormai al 100% dall’orto con serra curato in maniera certosina dalla famiglia Ceretto. Un “parco giochi” confezionato in maniera sartoriale, che rilancia in chiave significativa l’amore e la sensibilità estrema dello chef per ogni elemento del suo ecosistema vegetale (eredità di Scuola Michel Bras).

Tra mille varietà di erbe, ortaggi, frutta e verdure dimenticate, la cifra stilistica di Crippa trae linfa espressiva perpetua, generando esercizi che gravitano con eleganza tra tonalità pacate, acuti contaminati e contrasti accesi, riassumendo sempre esemplare chiarezza e pulizia gustativa. Una sintesi perfetta tra sapori langaroli e tutto il fascino del rigore orientale: abilità, polso e pensiero, armonizzati con una padronanza tecnica che pochi cuochi possiedono. Costruzioni di equilibrio minuzioso si sommano ad un’estetica impeccabile, senza sottrarre spazio al gusto.

Una cena strepitosa, una continua conferma

Impressionante (per volume di assaggi e per esecuzione) la batteria di piattini dell’Antipasto all’Italiana: una sequenza a raffica di mini-preparazioni che sovrastano il tavolo dei commensali, partendo dalla logica di nobilitare un gesto classico e conviviale in una futuristica visione attuale. Un crescendo di note erbacee e iodate, improntate su leggerezza e delicatezza, si susseguono per approdare alla sostanza sfrontata del tramezzino finale, con una sorta di bloody mary a tonificare e pulire il palato. Evoluzione e crescita applicata a tutto, anche ai grandi classici: l’assaggio elettrizzante di Mandorla e ricci di mare rinvigorito dalla cialda al wasabi e dal finto involtino di lattuga, alghe e maionese di ricci, da apprezzare con le mani; o ancora l’eleganza pungente dell’Insalata di uova e uovo (caviale, tuorlo marinato, cagliata di latte e brodo di merluzzo). L’oriente viaggia poderoso in background insieme allo spirito langarolo, facendo capolino nei colpi di classe, assestati con destrezza: profondità e ritmo nella Zuppa di olio e semi di vinacciolo, con verdure alla piastra, uovo di quaglia pochè, cumino, spezie e peperone di Senise bruciato.

Sorprende sempre, pur essendo una conferma, l’abilità nel trattare le carni, in cui il tocco classico è proiettato coerentemente al moderno, come nel Cuscus di riso fritto servito con pancia di agnello scottata, costolette di agnello glassate, funghi e brodo di funghi da sorseggiare in un dinamico mangia e bevi.
Novità anche dal comparto dessert: un’Insalata di spaghetti, pomodoro burrata e basilico in veste di sorbetto del nuovo millennio; per poi atterrare nel seducente Cannolo di bietola, crema di ricotta alla cioccolata, pistacchio, arancia e sorbetto di acacia.

Crippa sembra aver raggiunto una pace dei sensi che fa apparire tutto facile, anche se naturalmente facile non è: merito anche del suo formidabile alter ego di sala, Vincenzo Donatiello. Vero fuoriclasse e mattatore, dal profilo appassionato, che rilancia l’operato in cucina conservando leggerezza, competenza e rara professionalità applicata al dettaglio.

La galleria fotografica:

Poche regioni italiane acquistano un fascino pari a quello delle Langhe, nella stagione autunnale. Colori, profumi, sapori, atmosfere: la terra parla ad ognuno dei nostri sensi e se i nostri sensi sono quelli di appassionati gourmet è impossibile restarne indifferenti.
Da Alba ci inerpichiamo verso il vicino borgo di Guarene, imboccando una strada di campagna qualche centinaio di metri prima di arrivare nel nucleo storico. Attorno a noi vigneti, orti e piantagioni di frutta, più in lontananza i colli del Roero parzialmente coperti dalla tipica bruma autunnale, che la sera acquistano un fascino del tutto particolare. Raggiungiamo la nostra meta: un casale recentemente ristrutturato in un elegante resort di charme, con elementi di design ma con un caloroso rispetto del passato, completo di piscina, lounge bar, possibilità di pernottamento in strutture poco distanti e, ultimo ma non certo in importanza, un ristorante dalle alte ambizioni gourmet.

Ai suoi fornelli ormai già da un paio di anni un giovanissimo, Michelangelo Mammoliti, 100% piemontese, compaesano di Matteo Baronetto con alle spalle un curriculum su cui, non c’è da dubitarne, chiunque ambisca a questa professione metterebbe la firma: gli esordi con Marchesi, l’incontro con Stefano Baiocco, gli oltre cinque anni trascorsi in Francia, alle corti di Alain Ducasse, Pierre Gagnaire, Yannick Alléno e Marc Meneau. E poi i viaggi in terre e culture lontane, in Libano, in Giappone, alla costante ricerca di nuove conoscenze e nuove suggestioni. Tutti spunti che ritroveremo nella sua cucina: una base di partenza certamente focalizzata sulla tradizione piemontese a tutto tondo, ma ricca di contaminazioni culturali maturate da esperienze e peregrinazioni. Tanta Francia, certo, nella cura maniacale dei piatti, nella gestione delle salse, nella grande passione per il mondo vegetale, di produzione peraltro tendenzialmente propria, inteso non come mero elemento decorativo bensì come parte attiva della costruzione dei piatti, ma anche l’esotismo, le tecniche di preparazione e le fragranze orientali.

Una cucina che già sorprende, per la profondità degli spunti e della gestione estetica, soprattutto in rapporto alla giovane età dello chef. Una cucina che non è ancora perfetta, d’altronde sarebbe ingiusto e scorretto pretendere che già lo fosse. A una tale raffinata complessità di suggestioni e accostamenti e a una tale sicurezza nel gesto estetico non sempre durante la nostra cena è infatti corrisposta quella chiarezza al palato, quella definizione dei piani gustativi, quella personalità che ci aspettavamo, mentre in alcune proposte è mancata la chiusura perfetta del cerchio.
L’impressione complessiva è che comunque Michelangelo non osi ancora spingersi su terreni particolarmente rischiosi, e non ci sentiamo di biasimarlo o di penalizzarlo per questo, gli obiettivi per il momento sono altri ed è giusto che sia così, coerentemente con la massima che torreggia sopra la cucina: «Lascio agli altri la convinzione di essere i migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare».
Confidiamo comunque che, sempre nel segno di questa filosofia, con il tempo egli possa prendere coraggio e spingere di più sull’acceleratore, conferendo maggior forza propulsiva a spunti ed accostamenti che già ora appaiono intriganti e senz’altro meritevoli di essere ulteriormente approfonditi.
L’impressione, al netto di queste piccole critiche che ci permettiamo di esplicitare, è comunque quella di un giovanissimo talento di cui sentiremo parlare e di cui sicuramente parleremo ancora, seguendolo con costanza: andatelo a conoscere, ne vale davvero la pena.

Due parole su servizio e cantina: il primo, salvo qualche piccola lieve defaillance, si dimostra all’altezza del livello attuale del locale mentre alla seconda, ovviamente indirizzata prevalentemente alla produzione della zona, va un plauso per l’onestà dei ricarichi e la possibilità di accesso a partire da prezzi davvero irrisori.

La via di avvicinamento al ristorante.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Visione di insieme.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
L’accesso.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La piscina.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
L’ingresso.
ingresso, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La sala di accoglienza, per aperitivi o degustazione di vini.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La selezione di distillati e… di guide gastronomiche.
distillati, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Una delle sale.
sala, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La mise en place.
mise en place, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Le bollicine d’apertura.
alta langa, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
I primi stuzzichini: “Canapè”.
Tubo croccante con besciamelle di funghi porcini.
Barba Juan di pollo.
Bavarese di Parmigiano Reggiano 36 mesi.
stuzzichini, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Tuile al nero di seppia, tartare di gambero di Mazara del Vallo marinato al pepe di Timut e limone alla marocchina, cromesquis di foie gras.
benvenuto, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Amuse bouche.
“Polenta e baccalà”.
amuse -bouche, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Tipologie di pane, sfoglie al sentore di cappero, burro bianco salato.
pane, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Astrattismo omaggio a Kandinsky”.
Lingua fondente, bagnetto rosso e verde, crema di pane della tradizione fermentato.
La lingua fondente viene accompagnata da una crema al peperone rosso, peperone giallo e bagnetto verde tipicamente piemontese. Nella cocotte crema di pane della tradizione che viene fermentato, accompagnato da una cialda di pane ripresa anche sul piatto.
Più accomodante di quanto la denominazione potrebbe lasciar intendere; un’elegante apertura di suggestione pittorica e decisa preponderanza vegetale, uno dei tratti salienti della cucina di Mammoliti. Piatto di bella freschezza, in cui coerentemente con l’ispirazione e con il gesto estetico non avremmo tuttavia disdegnato una maggiore spinta propulsiva sul fronte gustativo, in particolare nella differenziazione delle varie componenti.
lingua, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un Arneis delle Langhe.
arnesi, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Perla bianca”.
Noce di capasanta arrostita nella sua conchiglia, con burro di tartufo bianco d’Alba e salsa alla bagna cauda.
La capasanta viene arrostita nella sua conchiglia, glassata nella crema di zucca, e accompagnata da un’emulsione alla bagnacauda.
Variazione della capasanta presente in carta, verosimilmente pensata per l’abbinamento con il tartufo bianco che, però, non si mostra con la personalità per la quale è giustamente apprezzato. L’emulsione alla bagna cauda, per quanto pregevole per finezza ed eleganza se considerata come elemento a sé stante, non possiede il carattere necessario ad impedire da sola il raggiungimento del punto di appagamento ben prima della completa fruizione del piatto. Un peccato, in quanto una più accentuata mineralità avrebbe portato ad esiti ben più apprezzabili. Non fraintendeteci: piatto buono ma da rivalutare in presenza di un tartufo di maggior impatto.
perla bianca, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Sottobosco”.
Mousseline di patate della bisalta affumicate, quinoa cotta in un brodo di sottobosco, lumache in fricassea.
Consistenze, profumi e sapori per un bel piatto di intensa mineralità, accentuata dall’utilizzo del carbone vegetale. Un boccone di terra tipicamente langarola, nel senso positivo del termine. Molto buono.
sottobosco, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un ulteriore bianco di langa.
vino, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“BBQ”.
Spaghetti “Pastificio dei Campi” cotti al barbeque con un brodo di prosciutto crudo di Cuneo.
La pasta viene mantecata in un burro affumicato nel Weber e accompagnata da un crumble e dall’olio di prosciutto crudo di Cuneo, oltre a una spruzzata di polvere di carbone vegetale.
Nonostante la sua giovinezza, già un signature dish e a ben ragione. Piatto goloso, di piacere primitivo e bella caratterizzazione gustativa. Avendo il tartufo in questo caso un ruolo non essenziale, il suo scarso apporto non condiziona la riuscita del piatto, né in positivo né in negativo, ma non importa: davvero ottimo anche così.
bbq, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Si passa a un rosso.
vino, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Cubix”.
Ravioli ripieni di anguilla arrostita allo yakitori, barbabietole cotte in un dashi di Parmigiano Reggiano, emulsione al rafano.
Una grande protagonista della cucina tradizionale piemontese presentata con affascinanti suggestioni italo-nipponiche. Di grande eleganza l’emulsione al rafano, incisiva e al tempo stesso discreta, più misurato invece l’apporto del Parmigiano Reggiano.
cubix, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Il piatto in arrivo, prima del servizio.
rombo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Mi sono stufato”.
Rombo stufato in olio di chorizo, condimenti iodati, coriandolo.
Piatto in cui è possibile intravvedere quali potenzialità si celino nello chef quando decide di premere un po’ sull’acceleratore gustativo. Iodio (rombo, riccio di mare, emulsione di cappero), terra (porro di Cervere arrostito), suggestioni orientali (coriandolo), tutto contribuisce a un piatto armonioso ma di carattere. Bravo!
rombo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Si sale con un Nebbiolo di Alba.
nebbiolo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Natura”.
Petto di piccione arrostito al Weber, rabarbaro impregnato all’ibisco e jus di mais tostato.
Eccessiva deriva su toni tendenzialmente dolci sul piatto principale di carne, non essendo il rabarbaro né la tostatura del mais sufficienti per offrire un proporzionato contrappunto. Comunque un buon piatto.
piccione, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Infusion”.
Infuso di fiori di ibisco, zenzero e verbene.
Reset del palato all’insegna di una pulente acidità, con simpatica continuità dal piatto precedente (ibisco).
infuso, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un Moscato Passito per la parte dolce.
passito, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Raggio di sole”.
Bocconcini fondenti al mandarino, mousse al moscato, melone giallo impregnato al mango.
Dolce non particolarmente ambizioso, ma di bella freschezza tenuta viva dalle componenti acide.
raggio di sole, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
A chiudere un Barolo chinato.
barolo chinato, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Cardasplash”.
Raviolo idrosolubile, ripieno di pralinato di nocciole Gentile delle Langhe, caffè aromatizzato al cardamomo.
Un ricordo del percorso dello chef in Medio Oriente, in particolare del caffè al cardamomo degustato a Beirut e del Narghilè che usava fumare quando beveva il caffè. Il raviolo va immerso con la pinzetta e degustato il prima possibile.
raviolo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Una sbirciata in cucina a servizio terminato.
cucina,La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte

L’alta langa è un territorio di frontiera tra la pianura e il mare, frutto di equilibri delicati e profondi, un incontro di climi caratterizzati dall’incrocio tra le correnti fredde delle Alpi ed i venti tiepidi del vicino Mediterraneo.
Qui i fratelli Dellaferrera, dopo diverse esperienze in giro per il mondo, sono ritornati ed hanno creato un’oasi del buongusto che richiama, ormai da anni, clienti in cerca dei sapori veri di questa terra, con il surplus di un conto piuttosto leggero.
Il locale è un riuscito mix fra trattoria e ristorante vero e proprio: infatti, se da un lato troviamo il banco bar all’entrata come nelle vecchie piole, gli attrezzi agricoli alle pareti e vecchie fotografie di vita contadina, dall’altro la sala si presenta con tavoli ampi, bel tovagliato e comode sedute come si conviene ad un ristorante vero e proprio.
La cucina è quella tipica di queste zone: si inizia con un assaggio di antipasti per poi passare ai primi della tradizione come i tajarin o gli agnolotti del plin; anche per i secondi si attinge a piene mani nel ricettario classico così come per i dolci, di impostazione tradizionale.
Esiste però un menù parallelo interamente dedicato al pesce: cucina marinara rivisitata con un pizzico di fantasia e con la materia prima che arriva dalla vicina Liguria.
Nella nostra visita non tutto ci è parso impeccabile, in particolare abbiamo trovato antipasti perfettibili, soprattutto in fase di esecuzione. Ad esempio, un petto d’anatra troppo cotto e di conseguenza piuttosto asciutto, una sfogliatina ripiena di zucca che altro non era che un fagottino poco croccante, i tagliolini poco conditi e per questo troppo appiccicati l’uno all’altro, una polentina un po’ troppo liquida con trota leggermente affumicata, un discreto gambero e gorgonzola che, naturalmente, se mangiato insieme al resto, andava a cannibalizzare il tutto.
Accanto a questi piatti non del tutto riusciti abbiamo anche assaggiato ottimi agnolotti di cappone e verza al sugo d’arrosto e un perfetto stinco di vitello brasato al vino rosso (in porzione invero omeopatica).
Interessante la carta dei vini con ottime etichette a prezzi giusti, cordiale e solerte il servizio coordinato dagli altri due fratelli Dellaferrera, rispettivamente maitre e sommelier.
In sostanza rispetto a visite precedenti abbiamo trovato una cucina meno incisiva, qualche disattenzione di troppo e alcuni piatti non proprio impeccabili, ma siamo certi che sia soltanto un momento di appannamento passeggero e ci ripromettiamo di tornare, con la speranza di ritrovare la stessa attenzione ai particolari e quella qualità di esecuzione che è sempre stata la caratteristica peculiare di questo locale.

Pane e grissini.
pane e grissini, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
grissini, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Stuzzichino di benvenuto: focaccia e salame cotto.
stuzzichini, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Trota leggermente affumicata, gambero rosso con polenta “Ottofile” e formaggio erborinato.
trota, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Insalata d’anatra, mele renette, lamponi e parmigiano.
insalata d'anatra, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Sfogliatina caramellata di zucca con fonduta e gelato al Castelmagno.
sfoglia, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Cipolla ripiena cotta al sale
cipolla, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Agnolotti di cappone e verza al sugo di arrosto.
agnolotti, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Gnocchi di patate ripieni di Castelmagno al burro e rosmarino.
gnocchi, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Tajarin tagliati a mano al ragù di vitello.
tagliolini, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Costata di maiale nero grigliata con purè di fagioli bianchi.
costata di maiale, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Stinco di vitello al vino rosso con galletta di patate e marmellata di cipolle.
stinco di vitello, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Piccolo fritto di scamone, zucca e carciofi.
pollo fritto, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Soufflè di paste di meliga con cuore allo zabaglione e gelato al pistacchio.
soufflé, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Croccante al gianduia con granita al Barolo chinato.
gianduia, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe
Un buon compagno di viaggio.
einaudi, La Coccinella, Chef Alessandro Della Ferrera, Serravalle Langhe

La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo

Sicuramente non lascia indifferenti il rigore di quella facciata alta, ritta, squadrata, smaccatamente in stile razionalista. L’Anno Domini 1931 in bella vista, littorio anche nel carattere, è lì pronto a ricordarci in che periodo – e soprattutto per volere di chi – questa struttura fu costruita, sulla sommità della più alta collina di Treiso, piccolo comune a qualche minuto da Alba ma visibile fino da Monforte, a chilometri di distanza.
Edificio nato in realtà come un asilo, nei primissimi anni sessanta è stato “riconvertito” a ristorante e ora, precisamente dal 1997, ospita uno tra i ristoranti più interessanti, anche se forse tra i meno “chiacchierati”, di Langa: La Ciau del Tornavento.

Una volta giunti di fronte all’imponente ingresso, i pensieri relativi a quanta storia hanno vissuto queste pareti senz’altro svaniranno non appena varcate le pesanti porte, che vi condurranno a un’ampia, alta e luminosissima sala. Vi accorgerete che, quasi a voler contrastare la militaresca facciata, per gran parte in virili mattoni e metallo, la parete sul lato opposto è completamente vetrata, affacciata interamente sulla balconata, a sua volta a picco sulle colline del Barbaresco.
E’ qui che va in scena la cucina di Maurilio Garola, che continuerà nell’opera di benessere, cullandovi tra classici piemontesi misti a qualche incursione oltralpe e a una buona dose di componenti marittime, il tutto ben miscelato e calibrato, con la costante della massima qualità dei prodotti e soprattutto di una particolare attenzione all’home made. Complici anche gli spazi, che senza dubbio permettono organizzazione e gestione degli stessi più serene, si cerca di produrre quanto possibile in autonomia: non un’enorme brigata ma grandi cucine, ben disposte e divise, permettono di ricavare comode aree non solo per la preparazione – ovviamente – di tutte le portate, ma anche di pane, grissini, focacce, pasticceria, sorbetti e della pasta, sia essa lunga, corta o ripiena, preparata giornalmente.
Non ultimo l’ampio giardino degli aromi (un must di questi tempi), dove vengono coltivate dallo staff tutte quante le erbe necessarie al fabbisogno della cucina.
Grandi spazi, chiaramente, non solo “dietro le quinte”, ma anche soprattutto dedicati alla clientela: a pieno regime in sala si arrivano a registrare oltre cento coperti, un numero indubbiamente ambizioso, con il risultato che la linea di cucina, raccontata da una carta molto ampia, dona l’impressione di essere rivolta più a una prudenziale “marcia senza danni” che non a una vera e propria ricerca di emozione, caratterizzata sì dall’assenza di particolari acuti ma indubbiamente assestata su un’ottima media.
Una Signora cucina di conforto potremmo definirla, attenta a far star bene prima che a stupire, caratterizzata soprattutto da finezza e leggerezza, anche nelle preparazioni più tradizionali.

Concedeteci per questa volta due parole in più del solito sulla maestosa, anzi, mastodontica cantina, anch’essa poco nominata ma tra le prime a livello nazionale, costruita negli anni da quella che è una vera passione prima che un’attività commerciale: oltre 60.000 bottiglie, conservate in diversi spazi debitamente climatizzati ed umidificati (anche se potrà sembrare normale, non sempre è così scontato) si palesano al tavolo attraverso due imponenti carte, una rivolta ai bianchi ed un’altra ai rossi. Piemonte realmente imbarazzante per varietà e profondità, ma anche tanto, tantissimo su resto d’Italia e Francia, con alcune chicche da appassionato che convivono accanto ad una vera e propria artiglieria attaccabile solo a colpi di Visa Infinite. Prezzi anch’essi, di conseguenza, per tutti i gusti, dal particolarmente conveniente all’assolutamente inavvicinabile.

L’ampia (e colma) sala
sala, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Dopo una lunga consultazione…
dom perigoni, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Le pergole torte, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
moccagatta, barbaresco, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
L’ottimo pane…
pane, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…e l’altrettanto ottima focaccia alle cipolle
focaccia di cipolle, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso, Cuneo
Il benvenuto
benvenuto, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
La prima portata “ufficiale”: Baccalà, verdure autunnali, gocce di bagna cauda. Piatto piacevole e interessante, dove svetta la qualità dei singoli tasselli con i quali è costruito.
primo piatto, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Un assaggio di un classico di Garola: Gambero di Sanremo impanato nella tonda gentile e grissini.
gambero di sanremo impanato, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Calamari gratinati, crema di piselli, scorza di limone caramellato. Due piatti più o meno maltrattati ovunque, i calamari gratinati (con tanto di piselli) e i ciuffi degli stessi fritti (con tanto di limone), riuniti in un piatto invece interessante, di indubbi gusto e finezza. Resta il solo dubbio della stagionalità degli ingredienti, tra l’altro sull’unico piatto fuori carta.
calamari gratinati, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Fondente di patate, uova di quaglia poché, schiuma di lait brusc, tartufo nero. Un buon piatto, anche se quasi “masticabile” grazie alle sue densità.
fondente di patate e uova, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Tortelli liquidi di cardi di Nizza Monferrato e acciuga al burro d’alpe (nel nostro caso arricchiti da tartufo bianco). Serviti intelligentemente solo con il cucchiaio, in modo da non rompere il tortello anzi portarlo alla bocca intero, per evitare spargimenti del liquido ripieno. Cardo che attenua lievemente il tartufo, ma gode della sua aromaticità sul finale, guadagnando in persistenza.
tortelli liquidi, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Capretto alle due cotture, arrosto e bistecchina impanata…
capretto alle due cotture, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…con piccoli fritti in accompagnamento.
fritti, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Selezione “a stagionatura crescente” dall’ampio e ricco carrello dei formaggi.
formaggi, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
I sorbetti di frutta fresca.
sorbetti, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
La pasticceria servita come predessert.
pre dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
“Un po’ di dolcezza che la vita è già abbastanza amara…” Gelato di panna cotta, salsa di cioccolato, sorbetto al caffè, sale e pepe. Il dolce con il nome più lungo al mondo si rivela un semplice e piacevole dessert, dalla dolcezza (dichiaratamente) altrettanto da guinness. Piccolo problema soltanto con il sorbetto al caffè, a base acquosa, che in bocca bisticcia con la cremosità del gelato, a base lattica.
dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Cilindro croccante di mousse di marrons glacés, passata di caki, gelato di castagne.
dessert, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
Un lato della cantina…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…l’altro lato…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…e quando pensavamo di aver visto tutto, scopriremo che il “caveau” in realtà è sul fondo…
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
(parte dell’artiglieria pesante, come tale giustamente nella classica cassa in metallo)
cantina, vino, La Ciau del Tornavento, Chef Maurilio Garola, Treiso,Cuneo
…per poi ricevere il colpo di grazia con “…ma queste che vedete sono solo circa 35 mila delle bottiglie che abbiamo, le altre sono in una stanza qui affianco, non accessibile…”