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Noma

Noma: l’esperienza al limite della perfezione

“La tradizione è custodirne il fuoco, non adorarne le ceneri”.
Gustav Mahler

Con questa frase del celebre compositore austriaco vogliamo introdurre la nostra nuova epica visita in quella che, oggi, è riconosciuta universalmente come La Mecca della cucina nordica: il Noma. Ci siamo stati di nuovo, sfidando impetuose correnti informatiche nella difficoltà di riuscire a trovare un tavolo e l’importante investimento che questo ristorante chiede ai suoi avventori.

Agli ingressi dell’eclettico quartiere di Christiania, il Noma rifiorito dalle ceneri di un ex stabilimento industriale abbandonato, vede ora quasi del tutto ultimati i lavori di costruzione di quello che, un tempo, poteva sembrare solo un sogno redzepiano. Dall’ingresso nella serra fino alla test kitchen, Redzepi e adepti di lunga data si interrogano su come conciliare le ottocentesche salse del manuale di Auguste Escoffier (ne hanno una sua copia, originale autografata, autentica rarità) con muffe e batteri, attori assoluti nel grande mondo della fermentazione.

Di fatto, il termine stesso “fermentazione”, per quanto ormai entrato nel lessico gastronomico, affonda le sue radici etimologiche in epoca classica con il  latino fervere, letteralmente mettere in ebollizione. Al Noma, piatti e idee fermentano di pari passo, permeando questa realtà di una dimensione quasi leggendaria. La cucina di Redzepi, anzi della squadra di oltre 100 persone che a ogni servizio portano avanti la geniale concezione di questo Chef, lascia sbalorditi chiunque abbia la possibilità di vivere questa esperienza. Perché fermentazione, qui, significa anche un capovolgimento gustativo dal complesso al semplice: partire da un gusto elaborato frammentandolo, campionandolo, in gusti più semplici. Una sequenza aurea che in ogni frattale di questo mosaico gastronomico ha un preciso sapore: nuovo ma, soprattutto, diretto, fulminante. Sviluppare menù in maniera monotematica, sfruttando la stagionalità di un determinato regno, animale o vegetale che sia, fa sì che oltre la conoscenza del semplice ingrediente nel suo familiare impiego si possa ricavare, con gli esperimenti di Redzepi, infinite combinazioni, aprendo le porte a gusti e consistenze extraterrestri.

Il mare: tra idee, piatti e fermento

Il menù provato, in un ordine di 22 portate, esplora le profondità marine del Baltico e dell’Atlantico e porta nel piatto creature abissali che solo dal nome richiamano le gesta del Capitano Nemo.

Dalla vongola centenaria servita con panna acida e olio di pino al nobile mondo dei crostacei raccontato in 5 servizi: in gelatina, fritto, arrostito, glassato e in insalata. La disarmante freschezza della capasanta servita tout court, in tutta la sua turgida matericità fa capire il livello di profondità donde arrivano gli ingredienti. I ricci di mare delle Fær Øer con koji e miso di funghi oppure il rombo marinato al grano fermentato innescano una reazione di stupito godimento su un sentore di carnosità affumicata che rasenta inaspettatamente la norcineria. La schnitzel di lingua di merluzzo oppure la pelle di latte fritta, ripiena di baccalà mantecato o, ancora, le uova di lompo con tuorlo d’uovo, passo dopo passo, alzano sempre di più la tensione, appagandoci.

La sala, complice della cucina, gioca sull’inevitabile stordimento che tali piatti possono suscitare nel cliente enfatizzando ancora di più l’ebbrezza che pervade il commensale.

Di fatto, il Noma fa sua declinazione della nozione di terroir, combinazione vincente tra uomo, territorio e clima. Le conoscenze e le tecniche usate trascendono senza alcuna distinzione di forma o limite geografico dalle tradizioni gastronomiche locali. Sembrerebbe un paradosso quello appena detto, poiché il Noma stesso è portabandiera di una precisa tipologia di cucina, quella nordica. Tuttavia il concetto di fermentazione è un qualcosa che interessa da nord a sud, dal sakè alla tradizione casearia. Non è un caso se al Noma vi lavorino ragazzi da tutto il mondo, dove ognuno può mettere del suo. Il paradigma della cucina redzepiana allo stato attuale non si esaurisce nella pur sfidante elaborazione di menù monotematici; al contrario, essa rappresenta una fucina d’idee che potrà ispirare le culture gastronomiche di tutto il mondo.

Signore e signori, il multiculturalismo gustativo non è mai stato così in fermento!

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Anima polifunzionale e stile post-industriale nel cuore di Christiania, a Copenhagen

Parte della grandezza della rivoluzione scandinava risiede nel fatto che è popolata da chef che sono o sono stati, in qualche modo, legati al Noma. 

Come Matt Orlando che, dopo un’esperienza come sous-chef di René Redzepi, nel 2013 decide di ristrutturare un grande capannone nei pressi di uno dei canali di Christiania e trasformarlo in un piacevolissimo, luminoso locale stile post-industriale, graffiti inclusi, dall’anima graziosamente polifunzionale perché capace di essere al contempo ristorante, bar, giardino e luogo di aggregazione, con una disinvoltura davvero sorprendente.

Tale fluidità riesce in qualche modo a specchiarsi felicemente anche nella cucina, che ha anima vivace e ricchezza di riferimenti, ma è altresì improntata al credo, fermo, della sostenibilità. Così fanno il loro ingresso fermentazioni, marinature ed essiccazioni che, di ingredienti poveri o erroneamente destinati allo scarto, rappresentano la nuova vita gastronomica.

E che vita! 

Una cucina fluida, solida ed ecosostenibile

Lo chef americano, del resto, vanta importanti trascorsi in cucine di stampo classico come a Le Bernardin a New York e presso il Manoir aux Quat’saisons a Oxford, ma anche moderne come quella del The Fat Duck di Heston Blumenthal fino ad arrivare al Noma stesso, appunto, di Redzepi. Risalendo la china dei suoi trascorsi si vede quanto questi si riversino orgogliosamente nell’attualità di Matt Orlando, artefice di uno stile rigorosamente imperniato di genius loci scandinavo benché contaminato del proprio, profondo, bagaglio di conoscenze.

E i suoi piatti testimoniano questa fusione e permettono di spaziare all’interno di uno spettro di sollecitazioni molto ampio fatto di verticalità e ampiezza, e dove si raggiungono picchi gustativi ragguardevoli mentre una gamma di persistenze molto ampia, dovuta alla sapiente estrazione dei sapori, consente di godere di un’esperienza totale: efficace e poderosa.

Senza scomodare lo stesso Noma a lui vicino, o chef come Niko Romito, orbitante migliaia di chilometri, si può senz’altro dire che Matt Orlando coniuga materia prima locale e quintessenza quasi primordiale in modo esemplare. 

Se è nei particolari che si cela il diavolo allora è normale ricordare, anche a distanza di tempo, il brodo di ossa che accompagna il rombo, l’affumicatura del cuore di agnello che guarnisce un’insalata di mediterranea completezza o la memorabile freschezza della granita di angelica che accompagna il gelato al rabarbaro.

Copenhagen attualmente è una delle mete gastronomiche europee più stimolanti che ci siano e Amass rappresenta, a pieno titolo, uno di quegli indirizzi che rendono onore a tale attributo.

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Un’ambasciata messicana a due passi dal parco Skydebanehaven, a Copenhagen

L’informalità è la prima caratteristica che colpisce in questa piccola ambasciata di cucina messicana in terra scandinava, un piccolo locale con cucina a vista che fa dell’essenzialità la sua ragion d’essere.

Rosio Sanchez dopo l’esperienza da Wilye Dufresne a New York arriva a Copenhagen dove per cinque anni, dal 2009 al 2014, lavora al Noma, dove diventa capo partita di pasticceria. Da quel momento, prende il volo. Un volo di ritorno, ancorché metaforico: benché americana, proprio a Copenhagen la chef comincerà a rivendicare le sue origini autenticamente, strenuamente messicane con la prima e già rinomata taqueria Hija de Sanchez, cui seguirà una seconda, nel 2016.

Non paga di questa formula di Mexican street food, certamente già di successo, da fine 2017 ne conia un’altra, di formula, sempre all’insegna dell’informalità: il suo primo, eponimo ristorante, dall’anima meno street e più fine.

Una cucina orgogliosamente messicana, con pochi, studiati elementi di contaminazione

E proprio qui va in scena una cucina messicana realizzata con maniacalità e cipiglio, quasi filologico: lo si capisce già nell’impasto della farina di mais del masa, quella dei tacos che, come tutto, del resto, viene da ingredienti certosinamente selezionati e scelti cercando di preservare ed enfatizzare proprio quei dettagli che, in Messico, la rendono eccelsa. Non mancano tuttavia poche ancorché significative contaminazioni maturate grazie alla cultura culinaria ospitante, quella nordica, a impreziosire il quadro.

Uno scarno foglio con l’elenco dei piatti, dolci compresi, e un paio di degustazioni saranno più che sufficienti a rappresentare l’ecletticità della cucina di Rosio Sanchez, che è poi l’essenza stessa della cucina messicana tutta.

Piccante, ovviamente in diverse sfumature; ma anche agrodolce, acido, speziato, fino al dolce assai spinto dell’open churro sandwich, saranno le note che accompagneranno un pasto interessante e quantomai divertente”.

A felice corredo, un’atmosfera rilassata con l’opportunità di assaggiare qualche cocktail e birre artigianali, direttamente dal Messico, nonché poche ma ben selezionate proposte in termini di vino.

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Un fish bar sostenibile nel mercato della carne di Copenaghen

Situato nel cuore del meat packing district – il mercato della carne nel quartiere trendy di Vesterbro – il Kødbyens Fiskebar è uno dei pochi ristoranti di Copenaghen specializzati in pesce e frutti di mare. Nato nel 2009 da un ex sommelier del NomaAnders Selmer, il locale è concepito come un fish bar dal piglio creativo e dall’atmosfera hipster.
Qui si viene per godere di un ottimo pescato, crostacei e molluschi, oppure per un cocktail di qualità – ce ne sono una decina in carta – da gustare con degli stuzzichini al divanetto, nelle alte sedute con vista bar o, tempo permettendo, nei tavolini esterni, presi d’assalto al primo timido spiraglio di sole.

La materia prima, locale e stagionale, arriva da una filiera di fornitori e produttori allineati alla filosofia della cucina, che non vuole disancorarsi dai concetti di qualità e sostenibilità. La carta dei vini è strutturata con intelligente sapienza: oculata è la scelta di etichette che spaziano in tutta Europa, con una particolare attenzione, nemmeno a dirlo a queste latitudini, per i sempre più modaioli vini naturali.

Freschezza e qualità dell’ingrediente prima di tutto

Si intravedono tecnica e creatività in tutte le preparazioni, in ciascuna delle quali la qualità dell’ingrediente ittico viene valorizzata al meglio da elementi vegetali che spiccano per freschezza gustativa. Privilegiando il pescato giornaliero, poi, l’offerta varia con frequenza.
Nel menu i piatti vengono elencati in differenti categorie, divise per temperatura di servizio nel caso degli antipasti, ideali anche per la condivisione, o per ingrediente base – formaggio, pesce, verdura o anche un piatto di carne – nel caso dei piatti principali.

Noi ci siamo divertiti tra preparazioni nordiche come le ottime Cozze di Limfjord, sidro ed erbe dalla porzione generosa, il delicato sgombro in tartare e le dolci seppie grigliate. Anche il reparto dolciario, con l’unico dessert assaggiato, Cioccolato fondente 72 % della Bolivia, prugne, mandorle e caramello, ci ha lasciato positivamente sorpresi.
Insomma, un vero affare, considerando anche il prezzo, davvero contenuto, se teniamo in conto il livello dell’offerta.

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Taco messicano a Copenaghen

Volete assaggiare un favoloso taco al pastor senza spingervi fino in Messico?
La taqueria o tostaderia di Rosio Sanchez – già famosa pasticciera di René Redzepi – offre un prodotto di qualità elevatissima, preparato sul momento, con tanto di piccola impastatrice, macchina taco e rigorose pesature per la porzione perfetta.
Hija de Sanchez, piccolo shop nel quartiere hipster del mercato della carne di Copenaghen, è probabilmente il più inaspettato successo gastronomico della città.
A essersi aggiudicato il premio come “Europe’s Best Street Food Stall” del magazine easyJet Traveller – con un panel di 73 esperti di cibo che hanno considerato Hija de Sanchez come il miglior chiosco di cibo da strada del continente – sono state le notevolissime Tortillas fatte in casa, impreziosite da ingredienti con consistenze, condimenti e cotture ineccepibili. Qui, in un angolo vivace e colorato, potrete anche assaggiare il famoso Gelato di avocado, caramello e frutti rossi disidratati per un pasto divertente, veloce e tutto da gustare.

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