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Wakkoqu

Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan

Kobe a Kobe.
Giunti nel Paese del Sol Levante, non potevamo esimerci dall’affrontare un lungo ma rapido viaggio su rotaia per testare la “real kobe meat” nella sua terra d’elezione.
È una tensione perenne quella dell’incallito gourmet, che non si sente appagato se non ha provato il meglio di tutto ciò che di edibile ci sia al mondo.
Non venire in questa moderna metropoli del Kansai, quasi interamente ricostruita dopo il terribile terremoto del 1995, e per questo fortemente occidentale, con quasi inesistenti richiami alla vita imperiale che fu, sarebbe stato come, per uno straniero, venire in Italia e non mangiare la pizza a Napoli.
Ci siamo sacrificati anche per voi, carissimi lettori, sì da comprendere appieno il fantastico mondo della wa-gyu che, nella scheda del Bifuteki no Kawamura, così riassumevamo:

“Spesso si generalizza, errando, identificando la carne di Kobe con tutta la carne giapponese. In numerose prefetture del Sol Levante, infatti, viene allevata la wa-gyu, non solo in quella di Hyogo, dove la città di Kobe è situata.
La wa-gyu si divide in quattro razze: Japanese Black, Japanese Brown, Japanese Polled e Japanese Shorthorn.
La Japanese Black, indiscutibilmente la migliore per qualità della fibra muscolare, si divide a sua volta in quattro ceppi: Tottori, Tajima, Shimane and Okayama.
Si badi bene, può essere denominata Kobe solo la wa-gyu del ceppo Tajima allevata nella prefettura di Hyogo che ha superato rigidi esami qualitativi che prevedono l’utilizzo di ulteriori sottoclassificazioni: a) Yield score (da A – più alta – a C) indica la percentuale in una carcassa di tagli utili al consumo; b) Meat quality score (da 5 – più alto – a 1) indica la qualità complessiva della carne in ragione del colore, della consistenza, del grasso; c) B.M.S. – beef marbling score- (da 12 – più alto – a 1): indica la percentuale di grasso all’interno della fibra muscolare.
La carne proveniente dalla razza Tajima allevata nella Prefettura di Hyogo può essere chiamata Kobe solo se ha uno Yield score pari ad A, un Meat quality score di 4 o 5 ed un B.M.S. pari o superiore a 6.”

Orbene, dopo aver tanto peregrinato, possiamo senza dubbio affermare che la bontà assoluta della carne giapponese si raggiunge non quando il B.M.S. sia al massimo grado (in quel caso se dapprima vi sembrerà di portare le papille in paradiso, dopo poco saranno talmente esauste da non consentirvi di deglutire più di un paio di bocconi di ciccia), ma allorchè vi sia un giusto compromesso tra la quantità di grasso e fibra muscolare.
Al Wakkoqu, uno dei principali fari dell’immenso mare della carne giapponese, pensiamo di aver raggiunto l’acme della piacevolezza complessiva.
La carne ha uno straordinario sapore di carne (con i tagli di wa-gyu più esasperati, strano ma vero, non sempre è così), con una suadenza ed una scioglievolezza con pochi pari, ma senza eccessi saturanti palatali.
La maestria dei cuochi al teppanyaki completa l’esperienza visiva.
È una gioia scorgerne le movenze, ripetute, sempre perfette, essenziali.
Elemento di non poco momento è il costo, sensibilmente inferiore ai pari grado di Tokyo, che dona contorni più “umani” all’esperienza e consente anche a chi ha portafogli meno profondi di godersi questa gioia.

Verdure.
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Roastbeef.
roastbeef, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Condimenti: salsa di soia, soia e lime.
salsa di soia, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
250g sirloin Top grade (9/10 B.M.S.).
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Close up.
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Chef all’opera.
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Si gira…
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Il piatto con aglio, sale, pepe e mostarda (piuttosto inusuale in Giappone).
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Insalata di incredibile sapore.
insalata, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Il pranzo è servito…
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Il grasso laterale viene servito in seguito, necessitando di una cottura leggermente più lunga.
Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Germogli di soia con gli “scarti” della bistecca.
germogli di soia con scarti bistecca, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
Immancabile il riso…
riso, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
…ed i sottaceti.
sottaceti, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan
La sala.
sala, Wakkoqu, chef Kensuke Sakata, Kobe, Japan

Ginza Ukai-Tei, Giappone, tokyo

Bastano solo un paio di giorni per orientarsi bene a Tokyo. La metropolitana è di un’efficienza disarmante e le indicazioni sono chiare anche per chi parla bene solo le lingue neolatine e non mastica altrettanto correttamente gli ideogrammi. Se poi avete la fortuna di soggiornare a Ginza tutto risulta più facile. Ovvio che un cellulare dotato di navigatore vi consentirà maggiore tranquillità, ma questo quartiere ha un aspetto simile alle moderne città occidentali, con i suoi grattacieli imponenti, i negozi lussuosi, i brand della civiltà consumistica a cui siamo abituati. Per strada la gente è in perenne e ordinato movimento, colpisce l’assenza quasi assoluta di bambini o anziani, ma forse il motivo è che siamo nella zona del business. C’è un silenzio irreale ovunque e il traffico delle automobili, discreto e privo di quella simpatica sinfonia di clacson tipica di Roma o New York, non disturba per nulla. Addirittura i cantieri sembrano lavorare con il silenziatore incorporato: è incredibile per la nostra cultura, ma qui a Tokyo è proprio così.
Girovagare a piedi senza difficoltà è quindi possibile, a meno che non abbiate prenotato un pranzo o una cena presso uno dei tanti leggendari maestri Sushi di Tokyo. Normalmente essi officiano in sconosciuti e anonimi building, senza targhe o insegne riconoscibili dalla quasi totalità della popolazione mondiale: in questi casi la situazione si fa più molto più complessa e dovrete ricorrere a tutta la vostra intelligenza e capacità intuitiva.
Non è così per l’Ukai-Tei di Ginza, uno degli indirizzi più rinomati della città in tema di cucina giapponese versante Teppan-Yaki. Dopo giornate intere a scovare con atteggiamento sospetto questo o quel recapito enigmatico, azione a cui abbiamo sacrificato i preziosi neuroni rimasti, ecco per fortuna un locale facilmente riconoscibile: anzi il suo accesso imponente e sfarzoso ci predispone immediatamente ad una inusuale serenità, anche se la piacevole sensazione dura solo pochi istanti, perché il sospetto che questa volta proprio non ci abbiamo azzeccato con la prenotazione, si tramuta quasi subito in realtà.
L’ambiente è curato, ma pomposo e opprimente. Dopo il portone in stile Las Vegas, osserviamo sbigottiti un arredamento tra il kitsch cinese e i vetusti ristoranti francesi di epoche passate. Per carità, sorrisi e gentilezze a profusione, ma mentre ci conducono nella nostra saletta riservata avvertiamo un sottile turbamento, quella sinistra convinzione di essere le vittime occidentali di turno della serata.
Ci accomodiamo nelle nostre eleganti sedie barocche, davanti a noi si svela in tutta la sua lucentezza metallica il mitico Teppan-Yaki. Propendiamo per un compromesso, scegliendo dal menù il percorso di degustazione chiamato “Lobster&Steak” a quasi 19.000 Yen (oltre 140 Euro). Il nome ci sembra una piccola garanzia che almeno qualche delizia l’assaggeremo, golosamente sfrigolante su quel piano rovente che abbiamo al nostro cospetto. E poco importa se intorno a noi di quel minimalismo giapponese cui siamo oramai devoti seguaci, non c’è neppure l’ombra.
Lo stile Teppan-Yaki non affonda nei secoli la sua tradizione. Fu inventato a Kobe solo nel 1945 da Shigeji Fujioka: il suo motto era “Let people taste truly delicious meat” e appare quindi chiaro che l’intento del buon Shigeji era quello di offrire ai suoi commensali il modo migliore per esaltare la preziosa carne che dalla sua città natale ha mutuato il nome. Negli anni lo stile Teppan-Yaki ha trovato una diffusione notevole, soprattutto negli Stati Uniti. E forse la sua fama ha subito troppe degenerazioni occidentali. Ma quale modo migliore se non quello di andare a Tokyo, in questo famoso ristorante, per scoprire la sua essenza più vera?
Con tutta sincerità non siamo riusciti a toglierci il dubbio: dove risieda il fascino di vedere davanti a sé uno chef che usa il Teppan-Yaki come una banale piastra qualsiasi rimane un mistero.
L’Ukai-Tei di Ginza è un buon ristorante a onor del vero, ma della cucina giapponese, di quello spirito seducente che ci ha folgorato in molti altri posti, non ha proprio nulla. E’ semplicemente un ridondante locale in stile francese per ricchi uomini d’affari e mascherato artatamente con un maquillage orientale, giusto per stupire incauti e sprovveduti turisti.
Un luccicante spettacolo circense insomma, tra l’altro costoso e pretenzioso, molto distante dalle legittime aspirazioni di una vera anima gourmet. Alle foto e alle rispettive didascalie lasciamo il compito di riportare fedelmente il resoconto di una serata andata storta a Tokyo.
Una cronaca a tratti autoironica e divertente, benché al momento dei dessert (e di fronte ad un inquietante Crème Caramel) lo smarrimento abbia preso decisamente il sopravvento sul sorriso.
Se vi capiterà una piccola disavventura come la nostra, nel cuore pulsante di Tokyo e in quella Ginza così scintillante e smagliante, non vi scordate mai che ci sono straordinarie pasticcerie ovunque con cui raddrizzare una serata.
Ah, dimenticavamo: straordinarie pasticcerie giapponesi.

Foto d’apertura: l’ingresso, facilmente riconoscibile…

La mise en place davanti al Teppan-Yaki: molto classica, almeno in Europa.
mise en place, Ginza Ukai-Tei, tokyo, giappone
Qualcosa d’italiano (e per fortuna…) non poteva mancare.
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Amuse bouche: flan di tartufi…
flan di tartufi, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Uno dei pochi meriti per essere un ristorante filofrancese: la carta dei vini…
vino, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Prima portata: un discreto dentice marinato (ma il Teppan-Yaki?)
dentice marinato, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Incominciano finalmente ad allestire il Teppan-Yaki, siamo fiduciosi. Finora abbiamo fissato il muro davanti a noi.
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Lo chef all’opera sulla seconda portata, ma il Teppan-Yaki è usato come strumento scenografico, anche un fornello da campo sarebbe stato utile per riscaldare un piatto già cucinato.
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Ecco il risultato: lingua di bue grigliata (sì, ma in cucina).
lingua di bue, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Dopo tanto Teppan-Yaki sempre dalla cucina arriva una zuppa di crostacei, giusto per darci tregua… (ma siamo a Parigi?)
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Ci presentano un astice crudo, non sarà che lo cuoceranno al Teppan-Yaki?
astice, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Eh, magari… Ecco che lo chef lo prepara seguendo una tipica ricetta giapponese: la fricassea.
astice crudo, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
astice, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Il risultato: ecco il nostro astice in fricassea. Bienvenue a Tokyò, Monsieur…
astice in fricassea, Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Il primo indizio che forse siamo veramente a Tokyo.
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
La conferma: il Teppan-Yaki funziona davvero e lo usano!
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Ginza Ukai-Tei, Tokyo, Giappone
Ci siamo quasi…
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Siamo commossi: Ukai Prime Beef Siliron al Teppan-Yaki!
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E vai, esageriamo con il Teppan! Riso saltato all’aglio…
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Abbandonato il Teppan-Yaki ecco la sala dove ci saranno serviti i dessert.
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Tra i quattro assaggiati riportiamo solo la foto di quello che ci è sembrato, all’Ukai-Tei, il più vicino possibile alla cultura giapponese: il Crème Caramel.
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Usciamo, c’è Ginza by night…
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Una straordinaria pasticceria giapponese…
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Adesso sì che siamo felici…
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Recensione ristorante.
Ma questa è Disneyland!!
L’effetto che fa varcare questa soglia deve essere un po’ quello che proverebbe l’orso Yoghi a tuffarsi in un gigantesco barattolo di miele.
Tutto il meglio della produzione alimentare italiana, tutto quello che a noi malati fa andare giù di testa. Formaggi, carne, pasta, tonno, tutto. No, anche quello??!! Sì. C’è anche quello. (altro…)