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Il Tiglio

Ci vuole una bella dose di coraggio o, forse, una ancor maggiore fiducia nelle proprie capacità per abbandonare la vita di città, fatta di comodità e certezze, per ritornare al paese natio, lontano da tutto e da tutti, prendere in mano le redini dell’azienda agrituristica di famiglia e, soprattutto, lanciarsi in una nuova grande avventura in cucina.
Infatti, il vero azzardo di Enrico Mazzaroni, tre lauree all’attivo ed un passato come ricercatore universitario, è stato quello di tentare di proporre nella sua Isola San Biagio, frazione dell’altrettanto minuscolo Montemonaco, paesino a mille metri di altezza ai piedi del monte Sibilla, una cucina tutta sua, lontana anni luce dagli stereotipi della zona.
La sua è una cucina moderna, attenta ai prodotti del territorio (quasi tutta la materia prima proviene dall’azienda di famiglia), giocosa, ricca di citazioni e di contaminazioni.
Cucina appresa studiando, girovagando e imparando le tecniche più moderne sia in Italia che all’estero.
A tratti nella sua cucina si scorgono influenze sia Spagnole che Nord Europee, ma anche piatti che portano testa e palato a Maestri come Paolo Lopriore o Piergiorgio Parini.
Ad ogni visita la mano dello chef ci sembra più sicura, i piatti sono ben pensati ed altrettanto ben realizzati, segno di una maturità espressiva ormai quasi pienamente raggiunta.
Molto ben organizzato anche il servizio di sala, guidato con mano sicura dall’istrionico Gianluigi Silvestri, sempre attento e professionale, capace come pochi di spiegare i piatti, la filosofia di cucina e le tecniche utilizzate per realizzarli, unendo a tutto ciò un sorriso contagioso ed un’ironia fuori dal comune che mettono il cliente a proprio agio.
Interessante e niente affatto banale la carta dei vini che permette di bere bene al giusto prezzo, anche se, in questa nostra ultima visita, abbiamo riscontrato moltissimi asterischi che hanno parzialmente inficiato la possibilità di scelta.
Se a tutto ciò abbiniamo una politica dei prezzi a dir poco illuminata è facile intuire perché, nonostante raggiungere il locale non sia per nulla agevole, la sala risulti spesso piena.
In conclusione il Tiglio è indubbiamente un indirizzo molto interessante per chi, transitando per le Marche, abbia voglia di fare una deviazione dai sentieri normalmente battuti per provare la cucina di questo piccolo-grande cuoco che ha creato, in mezzo a mille difficoltà e contro ogni logica, un’accogliente angolo gourmet.

“Tartufo” di formaggio, polvere di funghi, burro di cacao e tartufo.
tartufo di formaggio, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Finte bacche ripiene di pane, burro e alici glassate ai frutti di bosco.
finte bacche ripiene, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Palline fritte, ripiene di tuorlo d’uovo morbido.
palline fritte,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Cialde di olive nere con maionese alla cipolla.
Cialde di olive nere,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il pane servito caldo.
 Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il Mare: ostriche tritate, mascarpone, granita ottenuta dall’acqua delle ostriche, sfere di salmone.
mare, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Baccalà conto a bassa temperatura e successivamente cotto all’unilaterale servito con intensissima riduzione di alloro e lime.
baccalà,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Omaggio a Lucio Fontana: gamberi di fiume centrifugati, polvere di carcadè ad apportare acidità e tannino; da leccare direttamente dal piatto.
lucio fontana,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
La patata sotto la cenere: tubero locale cotto sotto la cenere, farina di mandorle a simulare la cenere, porcini e caprino.
patata sotto la cenere,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Fungo porcino intero appena scottato con cenere di trombette dei morti.
fungo porcino,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco

Fegato di vitello cotto insieme al vin cotto e poi ridotto in crema, prezzemolo fritto e annerito, concentrato di cipolla e di alloro.
fegato di vitello, Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Durello di pollo cotto a bassa temperatura, grigliato e accompagnato da salsa di pomodoro.
duello di pollo,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Foie gras congelato e poi grattugiato servito su purea di piselli e misticanza.
foie gras,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Fusilloni serviti con salsa amarissima di noce fresca.
fusilloni serviti con salsa purissima,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il cannellone: carne cruda, ragù, cialda croccante e besciamella.
cannellone,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Il piccione.
piccione,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
Gelato al latte di capra.
gelato al latte di capra,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco
La famosissima torta di cioccolato a strati.
torta al cioccolato,  Il Tiglio, Chef Enrico Lazzaroni, Montemonaco

Spesso nelle località di villeggiatura più gettonate trovare ristoro in un locale accogliente, con personale gentile e cibo degno di tale nome non è cosa semplice. Cortina d’Ampezzo sotto questo punto di vista non fa eccezione. Eppure a qualche chilometro dalla perla delle Dolomiti, direzione passo Tre Croci, c’è un agriturismo chiamato El Brite de Larieto che fa della tradizione e dell’amore per il lavoro la propria carta di identità.
Una piccola strada sterrata si inerpica tra i larici. Un piazzale accoglie una manciata di auto. Poi una stalla, dalla quale si sentono fuoriuscire i muggiti delle mucche avvolti dal fumo del freddo. Più in basso un caseificio, ed infine una vecchia casa bianca, con il tetto spiovente e gli infissi delle finestre in legno. Tutto molto semplice, l’idea di montagna che si ha da bambini riaffiora alla mente. Gli interni allungano l’apnea mnemonica di un mondo candido, superficiale e soffice. Ci si lascia coccolare dallo scricchiolio del parquet, dal caldo avvolgente della stufa, dalle tende ricamate della vecchia stube, dai cuscini che negli angoli delle panche ingentiliscono il locale. Sottopiatti in feltro,  bottiglie di vino poste su di una bella credenza e servizio cordiale chiudono il cerchio. Non si vorrebbe null’altro. Sembra un copione andato in scena centinaia di migliaia di volte, interpretato da attori navigati e sicuri. Ed invece al timone di El Brite ci sono due ragazzi giovani, Riccardo Gaspari in cucina e Ludovica Rubbini in sala.

Ma El Brite ha una doppia anima. Accogliente e delicato la sera, si trasforma durante il giorno diventando un rifugio rustico e caratteristico, che propone classici taglieri di salumi e formaggi, tris di canederli e piatti meno impegnativi rispetto alla sera. Gruppi di sciatori con scarponi e tute da sci affollano vivacemente il locale rendendolo meta perfetta per una pausa sciistica all’insegna del gusto.

Dopo un passato tra gare e piste da sci il cuoco propone una cucina strettamente legata al territorio, con qua e là qualche tocco innovativo, sempre nel rispetto di materia e tradizioni. Mucche, galline, capre e maiali allevati in loco dal padre e i formaggi dell’adiacente caseificio gestito dalla nuora, regalano continui spunti per la creazione di azzeccati abbinamenti allo chef  Bellunese. Chef che nonostante i soli 29 anni di età ed una gavetta da autodidatta sembra riuscire ad alzare l’asticella di difficoltà tecnica delle sue preparazioni, il più delle volte ottenendo splendidi risultati. L’entrée è un elegante benvenuto in cui sapori di montagna come pane nero, speck ed erba cipollina si armonizzano in un tutt’uno ed accolgono il cumino, apparentemente intruso ma invece piacevole nota speziata. Si prosegue sulle ali dell’entusiasmo con un omaggio ai formaggi. “Panino al formaggio” è un intelligente gioco di consistenze, sapori e temperature di latticini che grazie al mosto cotto trovano equilibrio e carattere. Poi i canederli di rape rosse su crema al rafano colpiscono dal punto di vista della consistenza. Grazie alle spezie conturbanti che li definiscono evocano il ricordo di una nevicata esterna guardata comodamente dal salotto riscaldato dal caminetto acceso, il rafano di gran qualità finisce per rendere ancor più elegante la preparazione.

Certo avere talento è un peso da sopportare. Si crea automaticamente aspettativa. Una disattenzione perdonabile ad un cuoco comune viene fatta pesare più del previsto a quello di talento, questo è chiaro. Ed è così che in altri frangenti la cucina di Gaspari ci è sembrata poco dettagliata, più rustica, meno curata. Non per questo cattiva, ma certamente non paragonabile ad altri piatti assaggiati nel corso della serata.
Capitolo a parte invece la pasticceria, davvero al di sotto delle aspettative, e spiace dirlo.
El Brite de Larieto è un agriturismo dove già oggi si sta bene, che però a tratti ci ha fatto intravvedere la possibilità di poter essere di un livello davvero superiore. Un passo alla volta, siamo certi, Gaspari risolverà gli alti e bassi della sua cucina, rendendola mirabile, non consentendoci più di farne a meno.

La bella mise en place.
mise en place, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Il pane.
pane, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Crema di pane, erba cipollina, semi di cumino e speck.
crema di pane e erba, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
“Panino al formaggio”. Un buon piatto, che invoglia al ritorno.
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Canederli di rape rosse con crema di rafano.
canederli, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Casunziei di rape rosse e semi di papavero. Ricetta tradizionale ben eseguita.
casunzei di rape, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Capretto con crema di polenta e spinaci croccanti. Piatto rivedibile. Il carrè seppur buono è difficile da mangiare perchè lasciato praticamente intero e non disossato. Le costicine invece non sono state esaltate dalla cottura troppo prolungata. Bella la glassatura fatta con aromi di bosco esterna. Peccato.
capretto con crema, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Lingua croccante di vitello con rafano, mostarda di pere e cipolla e crema di peperoni. Interessante la consistenza della lingua tenera dentro e croccante fuori. Buone anche le salse.
lingua croccante di vitello, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Crostatina di mele. Dolce completamente sbagliato. Frolla troppo croccante per essere mangiata al cucchiaio e crema alla vaniglia un po’ grumosa. Buono il gelato ma dolce insufficiente.
crostatina di mele, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Torta linzer con panna montata. Altro dolce decisamente poco riuscito. Sapori tutto sommato corretti ma la consistenza della torta non ci ha permesso di andare oltre il secondo boccone. Panna da applausi.
torta linzer con panna montata, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La cantina.
cantina, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
I bei cuscini.
 El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La stufa.
stufa, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Il bar con i distillati della casa.
distillati, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La stalla.
stalla, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo

Agriturismo, ristorante, allevamenti, fattoria didattica, negozio vendita prodotti, hotel, spa… il mini-mondo de La Fiorida è questo e ancor di più, come visibile nella foto di apertura: una mappa affollata di punti d’interesse.
La domanda quindi è più che lecita: quantità può fare il paio con qualità? Purtroppo spesso tocca constatare che così non è, ma fortunatamente in questo caso, almeno per quanto riguarda la nostra esperienza al tavolo de La Présef, il livello di qualità è allineato all’aspettativa.

Un sorriso spontaneamente ci pervade alla lettura della definizione “agriturismo gourmet” all’ingresso del ristorante La Présef: il cuore della struttura è in realtà l’agriturismo vero e proprio, con una sala da 250 coperti ed una proposta a senso unico, composta in esclusiva da piatti ultra-tipici valtellinesi. Il ristorante è sito all’interno di questa struttura, ma in una saletta indipendente e prospiciente alle cucine; subito si nota l’importante lavoro per ricreare l’ambiente della stüa, ed il risultato è in assoluto apprezzabile, tanto nei legni quanto negli arredi e nelle suppellettili, e la sensazione è senz’altro più affine al realismo che non alla riproduzione.
All’interno di questa calda sala si percorrono gli stessi filoni della tradizione (per una trentina di coperti al massimo) ma arrangiati e riletti in chiave gourmet, con qualche inclusione di alta cucina, con la ricerca di una maggior finezza ed una maggior cura nell’ingrediente e nell’impiatto.

L’aspetto saliente, e fiore all’occhiello, di un’azienda strutturata in maniera così imponente è che, all’atto pratico, quasi tutto ciò che arriva al tavolo è di produzione propria: le carni provengono dagli allevamenti posti dietro al ristorante; formaggi e latticini sono prodotti in loco, con il latte dei propri allevamenti; frutta, verdura, erbe aromatiche ed erbe spontanee provengono dai campi circostanti. Soltanto l’ittico, per chiari motivi logistici, viene acquistato, e proviene o dal vicino lago di Lecco (o dalla Sicilia, se marino).
La cucina quindi marcia solida senza particolari alti e bassi, grazie alla discreta padronanza dei propri prodotti ma anche alla larga base di stampo tradizionale, ed il risultato è degno di nota, non scevro di qualche imperfezione e tentennamento sia in cucina che in sala, ma dal bilancio indubbiamente positivo.
Così il lungo pranzo scorre liscio e, tra una costina tra le più golose mai provate ed un plagio evidente al punto da risultare comico, tra dei cappelletti comme il faut ed un risotto tendenzialmente monocorde, tra un buon dessert ed una bella carta dei vini, ci rendiamo conto che, complice anche un corretto rapporto qualità/prezzo, la definizione di agriturismo gourmet è assolutamente corretta e centrata.

Nota a margine: se il grosso punto vendita non riserva nessuna chicca imperdibile, per i più piccoli irrinunciabile invece è un giro per la fattoria, riconosciuta Fattoria Didattica dalla Regione e quindi pensata e strutturata per la ricezione di visitatori, sia attraverso le visite guidate su prenotazione, sia per il “libero passeggio”… li farete sicuramente contenti.

L’ambiente e la semplice mise en place.
La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Grissini, di produzione propria.

Foie gras, Aceto Balsamico tradizionale extravecchio, frutti di bosco.

Cappelletti al burro e salvia, ricotta e Casera stravecchio (alla carta).
Cappelletti in brodo, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Tartare di torello affumicata, ricotta, yogurt, semi di sesamo. Carne dal carattere deciso, ben contrastata dall’acidità dello yogurt. Marcata oltre il necessario invece l’affumicatura, tanto in bocca quanto… nell’ambiente: ad ogni scenografica rimozione di calotta, l’odore pungente invade la piccola sala per i successivi minuti.

Tartare di Torello, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Menzione speciale per le posate, di inaudita scomodità.

Consistenze e temperature del Valtellina Casera DOP: idea interessante ma in evidente debito verso un classico già visto dalle parti di Via Stella: il piatto è stato da noi ironicamente ribattezzato “Bottura in trasferta valtellinese“, ma il cameriere non ha evidentemente colto. Esecuzione un filo piatta, che non caratterizza a dovere né trae giovamento dalle quattro differenti “consistenze e temperature” di Casera.

Crema di asparagi selvatici con uovo di gallina di selva cotto a 64°. Un classico, in questo caso senza particolari spunti. Solo un filo troppo salata la crema d’asparagi, e uovo che forse avrebbe beneficiato di qualche manciata di minuti in più di cottura.
crema di asparagi, uovo, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Gnocco di patate di montagna con cuore di Bitto 2011, burro montato, misultin del Lario e scorzette di limone. Idea interessante, anche se c’è ancora un pò da lavorare verso la finezza: piatto da baita alpina, goloso e calorico. Misultin praticamente non pervenuto, untuosità eccessiva di bitto e burro scaldati, il limone è ben presente ma non riesce a far miracoli. Nessun errore particolare, ma a questo punto di un menù degustazione è un colpo da knock out.
gnocco, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Mantecato di riso Carnaroli invecchiato 4 anni azienda agricola Salera, emulsione di datterini rossi, maggiorana fresca del nostro orto, stracciatella di crema di latte del caseificio de La Fiorida. Quattro righe sul menù, ma monocorde al punto che “riso e pomodoro” sarebbe stato veritiero in egual misura. Peccato.
riso mantecato, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Intermezzo, sorbetto alla carota.
intermezzo, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Costina, purea di patata montata, punte d’asparago. Servita in accompagnamento con la birra in cui la costina viene marinata prima della cottura a bassa temperatura. Costina morbida e golosissima, che mantiene comunque una texture nonostante la lunga cottura. Piatto semplice ma non per questo privo di interesse, anzi.
Costina, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
La birra che accompagna il piatto, di un birrificio della zona…
birra, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
…ed il gran vino scelto per accompagnare il pranzo, anch’esso della zona.
Dirupi, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Guancetta, mele, pistilli di zafferano, topinambour. Anche in questo caso un buon secondo, una chiave di lettura semplice e ben fatta dell’inflazionatissssima guancetta.
Guancetta di pistilli, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Predessert: gelato latte e menta, biscotto al miele, lacrime di cioccolato 70%
predessert, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Dessert: Il Pane e il cioccolato. Tre passaggi che accostano in maniera differente i due ingredienti.
Dessert, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello
Piccola pasticceria, servita in una simpatico alzata ricavata da una vecchia forma per il Casera.
piccola pasticceria, La Présef, Chef Gianni Tarabini, Mantello

Ma allora esistono davvero gli agriturismi!
Eh sì, tra gli indirizzi reali e i presunti tali, c’è ancora chi lavora e fa ristorazione con quello che produce in loco.
Come questo bib gourmand nella parte alta di Badia, frazione Runch.
Un maso a gestione familiare, dedito principalmente all’ allevamento di mucche frisone da latte.
Qualche appartamento, la stalla con gli animali, il fienile, il ristorante..et voilà, facile sentirsi agresti almeno per una giornata.
Il ristorante è un piccolo gioiello, all’interno della casa antica, tipica abitazione ladina del 1700.
La sala più bella mi è sembrata quella al piano superiore, in veranda: magari chiedete di mangiare lì.
Menu? Fisso, 6 portate a 28 euro. La risposta montano-ladina al fenomeno bistrot (anche se qui lo propongono da tempi non sospetti).
Porzioni da “maratona de panza”, ma anche una ottima qualità media.
Il Menu è ladino, ricco di fritti (ben fatti): territorio all’ennesima potenza. Anche questa è diffusione della cultura della montagna.
Forse un pelino di sale in eccesso nella zuppa, un gelato solo ordinario, ma anche tante chicche da formula 1. Come uno stinco e delle costolette meravigliose o dei ravioli di ricotta affogati nel burro e parmigiano, gourmand all’ennesima potenza.
La curiosità potrebbe essere già un buon motivo per spingervi quassù. Ma non rimarrete delusi nemmeno dal cibo, dall’accoglienza, dalla splendida vista sul Santa Croce che si gode dal Maso.
Tanto poi si cammina ancora due, tre ore, e passa pure la paura del fantasma colesterolo.
Famiglia Nagler, giulan!

Panicia: Zuppa d’orzo

Turtres e cajinci arestis: ravioli fatti con un impasto a base di patate, ripieni di spinaci e ricotta oppure papavero e marmellata, fritti nell’olio





Ravioli di spinaci e ricotta con parmigiano e burro fuso

Stinco


Costole di maiale

Strudel di mele con gelato alla vaniglia

Torta di grano saraceno con gelato alla vaniglia





Maso Runch

Tel.

Prezzo: Menu fisso 28 €

www.masorunch.it

Recensione Ristorante

…e poi ci sono le volte che non hai voglia di stare a romperti le palle con troppe menate, che semplicemente vuoi sederti al tavolo, passare un’oretta in tranquillità, spender poco e uscire dal ristorante sereno.
Magari sei di corsa, o hai da fare un po’ di strada per lavoro e conta la comodità, o sei a passeggio per la Valtellina tra una bresaola, una cantina e una forma di Bitto (storico, of course), oppure ancora sei di passaggio con amici, e non vuoi sentirti in colpa per “…si, abbiamo mangiato bene, ma che pettinata!” menate similari.

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