Valutazione
Pregi
- Una cucina di estrema personalità, sempre innovativa.
- L'ambiente.
- L'iniziativa "carpe diem", assolutamente da non perdere.
Difetti
- Il "gioco al cioccolato" a fine pasto può incidere negativamente sulla leggerezza complessiva della degustazione.
Basta mettere in fila un po’ di numeri per avere un’esaustiva sinossi della carriera di uno tra più grandi cuochi che la cucina abbia mai avuto.
Quarantuno anni. Tre stelle Michelin consolidate da ormai tredici anni di cui la terza presa a soli ventotto anni. Un unicum nella storia della rossa.
L’uomo de Le Calandre è lui, innegabilmente un genio. Sotto tutti i punti di vista.
Nessuno in Italia, né in Europa e, probabilmente, nel Mondo, ha bruciato le tappe come ha fatto Massimiliano Alajmo.
Sono solo dettagli. Certo.
Il resto è ricerca, tecnica contemporanea a maestosa personalità di una cucina che ha saputo sfornare grandissimi e già affermati talenti.
Non possiamo che constatare il momento di forma smagliante di questa tavola, con un menù, il “tinto”, perfetto punto di incontro tra complessità tecnica e immediatezza gustativa, in cui si resta sopraffatti dall’esasperato inseguimento dell’essenza del cibo e dalla costante ricerca di sensazioni ed elementi ludici che necessitano interazione e coinvolgimento totali da parte del commensale.
Penetrare nella materia è l’unico modo per conoscere tutte le possibilità di espressione della stessa.
La carrellata di piatti provati, in un’incerta primavera, offre una sequenza di ingredienti di incredibile qualità, salse di concentrazioni uniche, tecniche di preparazione da alchimista, leggerezza, disarmante golosità. E poi ci sono tanti “dettagli culinari” come le “essenze”, a corollario di pietanze già strutturate, oli essenziali, il cui aroma accelera il gusto di ogni singolo piatto partendo dall’olfatto.
Alajmo non ha mai inseguito mode, si è lasciato solo ispirare dai suoi maestri (Veyrat e Guerard) e ha dato vita alle sue idee e immaginazioni. Non un classico che sia stato concepito o già visto prima di lui, nè una tecnica che sia già stata utilizzata da altri.
Non è un percorso perfetto, non vuole esserlo perché l’aspetto che prevale è più quello emotivo, seguito a ruota dal divertimento.
Il commensale si ritrova catapultato in uno spettacolo multi sensoriale in cui si respira un’aria scanzonata. Tant’è che, in un menù così ampio e articolato, si perde ad esempio il piacere dei sofisticatissimi virtuosismi tecnici del Gocciolato, un menù nel menù che invece sarebbe opportuno gustare quasi come un assolo per comprenderne al meglio raffinatezze stilistiche e contrappunti, giocati su sensazioni infinitesimali che, dopo tante portate, in realtà si perdono nella sensazione di sazietà generale. Consigliamo difatti come dolce conclusivo la “mozzarella di mandorla”, sicuramente più calata in un percorso in cui la leggerezza gioca un ruolo importantissimo.
E poi ci chiediamo se si possa (per noi si deve) fare di più sul versante delle “testure”, dato che ci è sembrato piuttosto strano il reiterato uso del riso soffiato su ben tre preparazioni. Ma sono domande che sorgono spontanee al cospetto dell’indiscutibile talento di Alajmo.
Una cucina che è perfettamente integrata alle bellissime ed uniche stoviglie firmate dallo stesso chef e al contesto della sala, minimalista, in cui spiccano i meravigliosi tavoli, ricavati da un unico tronco di frassino olivato di quasi duecento anni, sui quali la luce risalta i colori del cibo e qualche dettaglio di colore sparso per la sala (riteniamo Massimiliano un genio perché le “sgocciolature” sui muri e sui tendaggi, in pieno stile pollockiano, pare li abbia concepiti e realizzati in una mezz’oretta, il che sembra incredibile per quanto siano affascinanti).
Il servizio, formidabile in termini di tempistiche, è uno dei più intelligenti e divertenti d’Italia. Raffaele Alajmo -insostituibile il suo ruolo imprenditoriale nell’azienda- ha saputo formare una squadra giovane e affiatata, oggi capitanata da Andrea Coppetta Calzavara.
Tutto questo è Le Calandre, un ristorante che ha fatto la storia della ristorazione mondiale. E chissà ancora quanto avrà da dire.
Il fantastico pane.
I famosi snack della casa.
Amuse bouche:
dotto fritto con caviale, airbag di pane con carote e cumino e barchetta con piselli e Joselito.
Primavera di verdure cotte a freddo.
Verdure cotte a crudo marinate al sale, gelato all’estragone e crema al pistacchio. Notevole inizio.
Nudo e crudo di carne e pesce.
Carpaccio d’astice e riso croccante, fassonaIl Fassone è una razza bovina piemontese, molto pregiata. In Piemonte il fassone era profondamente legato alla vita e alle tradizioni contadine di molte comunità piemontesi grazie alla triplice attitudine della razza, in grado di fornire latte, carne e forza lavoro. La carne di questa razza di bovino è tenera e magra, certamente rinomata.... Leggi farcita con calamari, caviale e salsa ai fasolari; gambero impanato, radicchio e maioneseLa maionese (dal francese mayonnaise o dal catalano maonesa) è una salsa madre, cremosa e omogenea, generalmente di colore bianco o giallo pallido, che viene consumata fredda. Si tratta di un'emulsione stabile di olio vegetale, con tuorlo d'uovo come emulsionante, e aromatizzato con aceto o succo di limone (che aiuta l'emulsionamento). La ricetta tradizionale prevede l'uso di olio d'oliva e... Leggi di mandorle, curryCon il termine curry in italiano si intende una varietà di miscele di spezie pestate nel mortaio, in uso principalmente nel sud-est asiatico. Le spezie utilizzate possono variare notevolmente e, a seconda di quelle dominanti, possono cambiare il colore e la piccantezza della miscela. In India l'equivalente italiano della parola curry è masala, del quale ne esistono decine di varietà,... Leggi, curcùma e mandarino. Che bocconi!
Linguine di calamari con vongole cannolicchi e asparagi.
Finta pasta di calamaro e dotto (i pesci vengono destrutturati disidratati e reidratati). La salsa è fatta con cannolicchi, vongole, granchio, asparagi e crema di ricci di mare. Piatto da 20/20 per tecnica, gusto ed emozioni.
Spaghetti con salsa di moeche.
La pasta non può che essere Benedetto Cavalieri e il sugo è fatto con moeche, pomodori e ricci di mare per accentuare la sapidità marina.
Consapevoli dell’immensa bontà del sugo, dalla cucina arriva la padella per il piacere della scarpetta.
Risotto all’olio extra vergine di oliva con capperi, caffè e rosa.
Versione 2015 del classico risotto capperi e polvere di caffè. In questa nuova versione spicca il potente profumo floreale della rosa che lascia in bocca un fragranza prolungatissima.
10 grammi di pasta alla carbonara.
Si tratta di una sfoglia sottilissima di pasta all’uovo con crema d’uovo, pecorino, pepe nero e speck.
Un po’ più rustica rispetto al resto, comunque una riuscitissima variazione.
Rombo al mais con bottargaLa bottarga è un alimento costituito dall'ovario del pesce, le cui uova vengono salate ed essiccate con procedimenti tradizionali. Viene ricavata dalle uova di tonno o di muggine. I due prodotti differiscono sia nel colore che nel gusto (più deciso quella di tonno). La bottarga di tonno ha un colore che varia dal rosa chiaro a quello scuro, mentre quella... Leggi e crema di carciofi e pistacchio.
Carpaccio sottile di cervo in agro di vino. Piatto preso in prestito dal menu “istinto” al posto delle animelle.
Una combinazione di gusti di lieve acidità che caratterizzano il piatto nella sua notevole eleganza.
Animelle dorate al curry e liquirizia.
Il piatto meno convincente.
Piccione con barbabietola rossa, topinambur e tartufo nero. Il volatile subisce due cotture differenti. La coscia viene padellata con il maraschino. Forse una versione ancora un po’ autunnale.
Degustazione di frutta aromatizzata.
E poi il palato si resetta con il Lemon sour. Un sorbetto al limone con frizzi pazzi, granita al rhum e una spruzzata di essenza alla limetta.
Sul dessert si può scegliere tra la “Mozzarella di mandorla” che straconsigliamo, anche perché più in linea con il concept del menu. Un’isola del sud in un piatto.
Parecchio più impegnativo il “Dolce far niente (gioco al cioccolato 2015)”.
Sicuramente divertente ma impossibile da finire dopo un percorso degustazione.
Alcuni scatti del curioso dessert.
Dita con crema alla curcuma, crema di noci pecan e crema alla nocciola.
Fiocco di curcuma.
I vini degustati.
Non il migliore menù di Alajmo. Il nudo e crudo, che pure suscita molti consensi, non mi convince per l'eccessiva sovrapposizione di sapori, che a tratti sfocia nella confusione: più inutilmente complicato che complesso. Gli spaghetti con salsa alle moeche sono, appunto, spaghetti in salsa alle moeche: di per sé molto buoni, ma non se ne comprende il senso all'interno di questo - per il resto ambizioso - percorso gustativo. La rivisitazione del risotto capperi e polvere di caffè è invece molto riuscita e migliora il piatto originale, che acquista una veste più ricca e profumata, senza perdere nulla in eleganza. La successione rombo-animelle, entrambi dorati, è il punto più basso del menù: due piatti che dicono poco da soli e ancor meno proposti uno dopo l'altro. La pesantezza delle animelle ha tra l'altro un'influenza negativa sul piatto successivo, il piccione, proposto in una ricetta originale, anche se certo non leggerissima. Quanto al gioco al cioccolato, è in assoluto una delle sue versioni migliori, anche se la cosa rischia di assumere poca importanza, perché a questo punto del menu si arriva inevitabilmente stremati per poter essere messi nelle condizioni di apprezzare un dolce di tale complessità gustativa.
In realtà Emanuele quello degustato da te e da Casaleno in questa visita non è il menù più "spinto" di Alajmo, quello cioè che suscita come dici tu molti consensi. E' proprio di questi giorni il cambiamento dei nomi dei menù, anche qui dimostrando tanta intelligenza e sensibilità, da parte dei fratelli di Rubano. Il menù più creativo, denominato appunto Max, e il menù più in sintonia con il fratellone, Raf, che è l'omologo di quello da voi degustato che si pone a metà strada tra il classico e il più avanguardistico.
Ciao, per la verità avevo intuito già al momento dell'ordinazione che il menù più "spinto" fosse l'altro, sia dai due nomi sia dalle loro rispettive posizioni (il "tinto" al centro, vicino e subito dopo quello dedicato ai classici, l'"istinto" all'estrema destra). Non però dalle spiegazioni del personale di sala, che sul punto curiosamente non ci sono state. Comunque, nomi dei menù e loro contenuti più o meno innovativi a parte, l'importante è che sia sparita - e non venga riproposta - la sequenza rombo-animelle, che non è degna né della fama né della tradizione delle Calandre e non dovrebbe trovar posto in nessuno dei suoi menù, comunque definito.
Perdonate la mia perplessita’, ma a un ristorante dove, secondo il vostro preciso resoconto, ribadito con forza da Barbaresi, vi sono stati serviti due piatti quantomeno discutibili e dove il dessert era fuori tema rispetto al percorso del menu degustazione, date ben 19/20? O forse, e questo spiegherebbe l’arcano, siete intenzionati a rivedere il giudizio su Parini, Crippa o Bottura elevandoli all’empireo dei 20/20? Le Calandre ancora due anni fa’ era valutato da Pg 18/20, a seguito di una recensione dell’ottimo Cauzzi come sempre esaustiva, ma non certo entusiasta, anzi. Il che faceva presupporre al fedele e attento lettore del sito un atto di fede da parte del recensore, piu’ che un giudizio veramente convinto. E, se non ricordo male, senza che allora il Cauzzi avesse riscontrato alcunche’ di dissonante, per non dire di peggio. Ora invece...
La caratura di un cuoco non va misurata, e noi sopratutto per i cuochi di elevato rango facciamo così, da un solo pranzo. Sennò le nostre note che descrivono il nostro modus operandi riporterebbero che diamo il voto al pranzo e punto. Noi, come in questo caso, valutiamo più di un pasto in periodi differenti e sopratutto, osservando attentamente la tendenza ma anche la continuità, verifichiamo con molte visite, anonime, la situazione. E poi esprimiamo un voto di sintesi che appunto non è solo riferito al pasto in se, così come la votazione e la collocazione dello chef. Ti garantisco che a fronte di Barbaresi che scrive così abbiamo tanti altri autorevolissimi riscontri molto positivi di persone che non hanno semplicemente scritto qui. Compreso alcuni dei nostri.
A quanto ha scritto il Presidente vorrei aggiungere, come frequentatore di questo ottimo e per il momento inimitabile sito, che il 19 alle Calandre non mi sembra affatto una stranezza. Tutt'altro. Non bastano un paio di piatti sbagliati a modificare un giudizio su uno chef così importante. Dirò di più: prendendo per buoni tutti i 18 e i 19 finora assegnati da PG (il che non significa, come è ovvio, che io necessariamente li condivida), cioè usando il suo generale criterio di valutazione, il 19 dato alle Calandre mi sembra perfetto.
1pò Horrorifiche quelle dita al cioccolato , bellissimo il piatto del piccione scenograficamente e nell'insieme degli ingredienti con la barbabietola e il topinambur a finire il piatto con il tartufo , buona a mio modestissimo avviso la carbonara.... io retrò sicuro ,leggendovi appunto scorrevo Lo Priore allievo del Maestro Gualtiero che una volta diceva che alimenti Nobili ,carciofi , aragoste ,asparagi non vanno mai ridotti in purea :-) qui 1 grandissimo della cucina italiana lo fa Alajmo ...ma si sa ai grandi tutto alle volte viene perdonato ,....1 saluto x la vostra professionalità PG
Ti ringrazio per la risposta. quanto mai illuminante ed esastiva. Per cui, di fronte a cotanta autorevolezza, ti prometto che d'ora in poi non vi disturbero' piu' con le mie sciocche e inopportune considerazioni.
Secondo me i tuoi appunti non sono mai ne sciocchi ne inopportuni. Ce ne fossero di più di persone che commentano e pongono quesiti interessanti e stimolanti come i tuoi, a presto Gigi.
Un cuoco che da almeno una quindicina di anni (e ne ha solo 41!) s’esprime su alti livelli in una sua ricerca, pacata, accumulativa, e fuori da qualsiasi moda. E intanto le mode come sempre, sia qui da noi, sia dai vicini (…l’erba dei quali per l’ottica xenofila è notoriamente sempre più verde :) ) , vengono, vanno, lasciandosi via via dietro strascichi fedeli. Quello di Massimiliano Alajmo uno stile assolutamente autonomo, ed evolutivo, per una tra le non tantissime in Italia cucine di valore mondiale (solo un possibile es., comunque la si pensi, la classifica 50 Best ecc. dov’è incluso in successione a Bottura e a Crippa). Tutti i miei pranzi in questo ristorante, a partire dal 2001, folgorante (…vedi, per dire, e ripeto: 2001, per tutto quello che di ‘vagamente’ simile, salato e dolce, s’è poi visto successivamente in giro in più d’una tra le nostre cucine di valore, vedi dicevo un “Riso bianco, caffè, capperi”, più diversi altri piatti che poi sarebbero diventati suoi classici), tutti pranzi, salvo una prova nel 2006 meno soddisfacente, che sono stati rimarchevoli. Ma dopo l’ultimo pranzo fatto a febbraio di quest’anno, il migliore di sempre, mi posso dire d'accordo con l’attuale valutazione collegiale di Passione Gourmet, e senza se e senza ma. Già l’anno scorso comunque avevo trovato in carta a Le Calandre quello che era stato per me, e per diversi altri con un’esperienza sul campo superiore alla mia, piatto dell’anno, “Capesante scottate con crema di tartufo nero, cavolfiori, caviale e succo di rapa rossa” del quale ho parlato sul sito di altri amici. Dell’ultimo pranzo di febbraio ho scritto qualcosa, salto l’introduzione e dico degli snacks e del primo passaggio. Snacks: - Panino cotto a vapore al nero di seppia farcito con le moeche e mozzarella; - Raperonzolo in tempura con crema di semi di girasole; - Tartelletta affumicata con tartufo. Non so da quanto tempo e quante volte mi è capitato di osservare che dalla prima cosa che ti arriva in tavola si capisce molto del valore di una cucina. Già comunque molto si capisce anche solo leggendo, ma questo è un altro discorso - dopo un po’ di anni di esperienza e attenzione nella lettura di menù con le successive prove reali degli stessi si creano nella mente, nelle sue reti gustative e dintorni, dei link che fanno sì che le parole rivelino in una certa, sovente rilevante, misura lo stile e la qualità di qualsiasi, dico qualsiasi, cuoco, e in ogni caso mai, e su tanti piani, le parole che il cuoco sceglie sono ininfluenti (è dalle parole, con feedback all’inverso, che si sceglie il cosa, e pure, per chi sa quel che vuole, in buona sostanza il come, si vuol mangiare); né ininfluenti le parole e neanche, al contrario di quello che taluni possono credere, in grado di ingannare o di imbellettare ciò che non è). Qui snacks squisiti, già un insieme di sapori e di tecniche ben a segno, …e rilassate. Sì, i gusti sono gusti, ma qui c’è poco da sbagliare. NUDO E CRUDO DI CARNE E PESCE: 1) Gamberi rossi impanati ma non cucinati con radicchio di Treviso e salsa alla curcuma, arancia e mandarino. 2) Dentice con crema di alghe, profumi mediterranei, astice, bottarga e spaghetti di soja verde; 3) Battuta arrotolata con seppie, astice, scampi, caviale, crema di tartufi di mare al bergamotto e lattuga; Portata molto interessante e sulla quale ci sarebbe davvero molto da dire. Sintetizzo. Un aspetto visivo contemporaneo nelle forme, - ma non di quelle millimetrate in impiatto bel quadretto (la noia! di viste riviste configurazioni compitine) - qui colorate invece all’improvvisazione, scanzonate, sparisce oltre alla tovaglia il piatto, presenze di prestigio su foglio trasparente. Chiaro che alla vista di codesti tre mirabili indigeni piumati (...e come gli indigeni del Borneo aborrivano il flash e rifiutavano la foto temendo gli si rubasse l’anima, anche qui, su tavolo abbagliato d’abbondante piova di luce diretta, per noi, in semioscurità lieti cospiratori, fotografare è un’impresa), ecco che alla sola lor vista il gusto appresta il viaggio, in attesa di note piacevoli d’avventura. La pluralità dei possibili gradi combinatori, questa è l’avventura, o ver l’ignoto. E prima di passare a gustare già l’idea mi piace. Partiamo allora da quello relativamente più semplice e lineare: Grande qualità del gambero crudo, e croccantezza misurata di rada panatura; radicchio ottimo e dà freschezza, mineralità, amaro nitido elegante; una salsa perfetta giusto agrumata piccante. Il mistero è: nessun mistero. Il tutto s’impasta, e che buono, semplice e lineare in bocca nella distinzione e fusione dei gusti. Dall’orto alla salsa passando dal mare. Secondo, un po’ più complesso: - bella la nuvola luminosa, croccante, filiforme in libero ordine, degli spaghetti; - e poi pesce, crostaceo e bottarga, impasto iodato morbido deciso; - crema d’alghe che avvolge. Salvo lo spaghetto che gioca etereo ma ben presente, sono appena meno nitide del precedente tutte le singole note, ma il risultato dell’insieme è ancora eccellente. Terzo, qui no, ci sono sette elementi, per un effetto che proprio è voluto (e come potrebbe essere altrimenti: e invece che squisitezza, perché mai codesta delizia si dovrebbe viverla per quiz?), effetto che non sta nella riconoscibilità più o meno evidente del singolo, prevale la riuscita complessiva. Tanto è vero che il risultato gustativo, a brillare in sapori sul molcente tappeto carneo, per ricchezza sfumature, varietà, è il migliore dei tre. Prendiamo la musica che a mio modo di vedere molto ha in comune con la cucina. E dunque, la musica non è tutta in stile solistico o ‘da camera’ (ospita pochi strumenti) dove si distinguono più agevolmente le singole voci, esiste lo stile sinfonico (molti o moltissimi strumenti) dove si può dare a diversi gradi un effetto non di riconoscibilità del singolo suono o voce ma complessivo d’impasto sonoro (prendiamo un grande come Xenakis che ragiona sovente così al massimo, o contraltare un altrettanto grande Feldman dove è centellinata ogni nota (…en passant incontrandosi i due s’erano pure intesi, forse perché tra loro non si facevano concorrenza :) . Ebbene, uno stile è meglio dell’altro? No, certo, e salvo stereotipi o, perché no, idee personali, col gusto è lo stesso, i due stili hanno pari dignità, questo portata lo dimostra. E così su altri piani le invenzioni di un grande come Gagnaire, sì non ci si ricorda tutto quello che s’è mangiato, ebbene? Perché, ci si ricorda bene tutto il Giardino delle Delizie di Bosch? O le erbe di campo d’un ripieno sì tipico, e ancora oggi a dire la sua, vanno riconosciute una a una? E la cucina, dev’essere per forza ben da tenere in pugno, che non ne scappi di controllo sia mai un pezzo? Per come la vedo tanto la separatezza e riconoscibilità degli elementi che la loro fusione devono, nelle varie forme corrispondenti a uno stile, esser parte della grande cucina.
Troppo buono. In ogni caso, come certo avrai capito, Le Calandre non rientra certo nella mia Top Five, ma, visto che vi manco da tre anni e visto che dei vostri giudizi non ho dovuto quasi mai pentirmi, mi sono ripromesso di tornarci a inizio autunno. Ti faro’ sapere.
Ciao Gianni, come sempre le tue osservazioni sono stimolanti. Sotto il profilo teorico sono d’accordo con tutto quello che hai scritto. Divergo solo nel giudizio sul nudo e crudo, in particolare proprio sull’elemento del trittico che ti è piaciuto di più. Il gambero impanato non mi ha entusiasmato, ma certo non mi è dispiaciuto. L’astice, spaghetti di soia ecc, pur senza che le singole componenti fossero perfettamente delineate (il che, come dici tu, non è necessariamente negativo), mi è parso l’assaggio più convincente. Invece la battuta ecc, che poi del trittico è l’elemento più ambizioso e importante, come si può vedere anche dalla posizione centrale, mi ha detto davvero poco: non ho affatto colto – ma sarà un mio limite – la ricchezza di sfumature di cui parli. Mi è parso un mix in cui gli ingredienti assemblati tendevano a perdere la loro valenza originaria, per dar vita a un’espressione gustativa piuttosto piatta e paradossalmente monocorde. Detto questo, non vorrei che con le mie critiche si pensasse che io non consideri Alajmo un grande chef. Tutt’altro: la sua, anche per me, è una delle poche, pochissime, cucine italiane di valore mondiale. Proprio per questo, in casi simili, quando c’è qualcosa che non mi convince, preferisco soffermarmi su quello: il resto lo do quasi per scontato, a questi livelli. Invece mi sembra che, in generale, avvenga piuttosto il contrario: dei grandi chef si tende a soffermarsi sui capolavori e ignorare o non soffermarsi o non spiegare i passaggi meno convincenti. Questione di impostazioni diverse, certo, anche se in entrambi i casi ugualmente valide.
buongiorno, sono stato due volte alle calandre lo scorso anno e mi sto accingendo ad andare per la prima volta quest'anno.. da quel che capisco nei commenti, sembra che suggeriate il menù Max (più creativo)... un 19 comunque come votazione, per quello che ho visto io l'anno scorso mi sembra un pò esagerato, penso si potesse mantenere il 18.. confermo anche per me il piatto dell'anno (scorso) le capesante... provo a dare una scossa ai commenti: tra Alajmo e Bottura (escludendo lo score mondiale), dove vi siete trovati meglio? in termini di cucina, servizio e cortesia!