Passione Gourmet Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano - Passione Gourmet

Tre Cristi

via Galileo Galilei 5, Milano
Chef Paolo Lopriore
Recensito da Alberto Cauzzi

Valutazione

S.V.

Pregi

  • Una nuova forma, o meglio la riscoperta di un rito antico, di convivialità a tavola.
  • Una cucina, seppur più classica, sempre eseguita con mano straordinaria.

Difetti

  • Il servizio a macchia di leopardo, con alcuni componenti validi ed altri forse troppo âgé.
  • I ricarichi eccessivi sui vini.
Visitato il 06-2015

La nuova avventura di Paolo Lopriore è iniziata nel migliore dei modi. Sappiamo per certo che questo non sarà il suo approdo definitivo, ma resta comunque un passaggio importante.
L’anima inquieta e tormentata dell’artista che alberga nell’ormai ex-cuocone brianzolo, (sarà dimagrito almeno una quindicina di chili) è nota e personalmente ci affascina non poco. Anche perchè è foriera di sviluppi culinari interessanti, innovativi e divertenti, come questo Tre Cristi.
Nata dallo spirito imprenditoriale di un gruppo di amici che si occupa di tutt’altro, questa nuova idea di ristorazione ha chiaro e dichiarato come suo intento principale quello di riscoprire il piacere della convivialità, forse un po disperso nei meandri della celebrazione egotica degli chef e dei loro ristoranti avvenuta negli ultimi lustri.

La convivialità è un termine che vuol significare tutto ma può anche non significare nulla. E allora, sulla scia di questa nostra fantastica esperienza, cerchiamo di declinarvi cosa abbiamo inteso noi.

Convivialità significa un modello di ristorazione più informale, in cui dal servizio alla preparazione nulla è più incanalato in un rigido protocollo. Informale beninteso non è sinonimo di minore qualità, ma solo di una forma espressiva differente.
Per esempio, paradossalmente ma neanche troppo, l’attuale suddivisione tra antipasti, primi, secondi e dolci potrà un giorno decadere in questo luogo di goduria e perdizione conviviale. Di fatto è già oggi così, perchè, come è giusto che sia, ogni piatto ha porzioni importanti e quindi la sequenza può e deve essere calibrata per ogni tavolo, per ogni singolo commensale a piacimento. E poi, quanto è affascinante vedere 5 o 6 tavoli al tuo fianco che sono inondati di preparazioni e di tegami con contenuti misteriosi, differenti e molto lontani dai tuoi?

Convivialità significa condivisione, ecco quindi che le portate escono dalla logica vetero-spagnola delle tapas e dei lunghi e chilometrici percorsi di degustazione, se non per gli ammennicoli iniziali, ed entrano in una dimensione molto più italiana, molto più nostra, molto più radicata e identitaria fatta e costruita attorno agli arnesi di cucina (leggasi pentole e pirofile) portati a tavola, in porzioni abbondanti, da condividere ma sopratutto da mischiare e commistionare come meglio si crede. Con un nuovo protagonista, il cliente. Che non è più schiavo degli abbinamenti e delle proporzioni imposte dal cuoco, e dal suo ego, ma decide lui in prima persona come, quanto e cosa abbinare.

Convivialità è anche la pratica spinta degli intingoli, non le salse di origine francese ma i nostri beneamati fondi di cottura, che sono naturalmente più leggeri, non tirati, non arricchiti da troppi grassi e che invitano, convivialmente appunto, ad intingere lo stupendo pane di lievito madre e a goderne insieme perdutamente da parte di tutti i commmensali.

Convivialità è anche, in un prossimo futuro, non troppo lontano ci auguriamo, condivisione tra tavolo e tavolo della cucina, intesa come diversità o biodiversità correlata alla propria singolare o comunitaria esperienza.

In tutto questo tracciato filosofico, in cui è ben presente il pensiero e l’idea del cuoco, ecco spalancarsi tutta la sontuosità, l’agricola eleganza e la maestosità della nuova cucina di Paolo Lopriore. O per lo meno della cucina coerentemente contestualizzata e pensata per questo ristorante. Abbiamo visto a suo agio Paolo in questa nuova idea, tra pirofile e dialoghi, non monologhi. Con confronti e intersezioni, l’anima del pensiero e della crescita.

E il paragone con l’artista ci sorge nuovamente spontaneo. Meglio il Picasso cubista o il primo Picasso impressionista? Due stili molto differenti a cui un maestro si approccia con tutta la sua spinta e la sua carica personale ed il suo talento. Ecco perchè il Tre Cristi è un modello che ci piace tanto.

Si respira un’aria conviviale ai Tre Cristi, ma anche affascinante e intrigante: non fatevelo mancare!

Focaccia pistacchio, aglio dolce e semi d’anice.
Focaccia, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Crema cotta di acciughe e borragine, primo sussulto!
Crema Cotta, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gnocchi di riso al cacio e pepe.
gnocchi di riso al cacio e pepe, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
…e dopo i loprioriani benvenuti, questo straordinario pane e questa stratosferica focaccia entrambi a lievito madre di mammà (Lopriore).
Focaccia, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Zucchine in scapece. Come spesso accade con questo signore un piatto apparentemente semplice, ma dal profilo gustativo molto complesso.
zucchine in scapece, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Il vero piatto! Pane con intingolo filo-giapponese … un brodo umami arricchito da katsuobushi fenomenale!
Pane con intingolo, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Una libera citazione al maestro. Straordinari spaghetti di riso, con fondo di burro acido e pistilli di zafferano. Rifinito on top da sferificazione di zafferano e foglia d’oro. Manca certamente il pompelmo, ri-citazione a se stesso, e forse la sferificazione e il posizionamento dell’oro sono leggermente da rivedere. Ma indubbiamente fantastico!
Spaghetti di riso, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Fave e cipolle…
Fave e Cipolle, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Baccalà in intingolo d’erbe…
Baccalà in intingolo di erbe, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
…e crema di baccalà e patate.
crema di baccalà e patate, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Piatto da comporre a piacimento in cui quella crema di baccalà, olio e patate è da fondo scala. il resto ottimo, eccellente!
baccalà, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gnocchi alla romana divini…
Gnocchi alla romana, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Finanziera di Manzo al bahart (spezie orientali) e kefir… altro piatto conviviale di livello assoluto.
Finanziera di Manzo, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
I dolci, si sa, non sono il punto forte di Lopriore… gelatina di pesce e mango, spuma di mandorle amare e pistacchi.
dessert, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gelato al caffè ed albicocca e i suoi accompagnamenti…
Gelato al caffè, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano
Gli accompagnamenti…
accompagnamenti, Tre Cristi, Chef Paolo Lopriore, Milano

7 Commenti.

  • Giuseppe24 Giugno 2015

    Buongiorno Alberto, avevo una curiosità in merito ai Tre Cristi; leggendo le varie opinioni avevo inteso che non fosse previsto il menu degustazione, invece, nella tua, noto che ci sono anche i prezzi del menu degustazione! Mi sveli l'arcano per favore? Grazie e complimenti! Giuseppe.

  • alberto cauzzi24 Giugno 2015

    Ciao Giuseppe, Esistono due menù degustazione che sono rispettivamente due piatti + dessert e tre piatti + dessert pescati dalla carta a discrezione dello chef. spero di averti chiarito l'arcano a presto

  • werner besson24 Giugno 2015

    Mi darete del buzzurro (chissenefrega!) ma questo Lopriore si mangia in insalata tutti i vostri Parini! Un menù semplicemente sensazionale per chi al ristorante va per mangiare bene e non per fare il finto intellettuale.

  • Giuseppe24 Giugno 2015

    Grazie mille! Chiarissimo! A presto, Giuseppe.

  • Nomenomen26 Giugno 2015

    È tipo il Compartir di Oriol Castro, mi pare. Bella formula. Ah, Werner sei un buzzurro... Scherzo ne!

  • Emanuele Barbaresi24 Luglio 2015

    Devo dire che – nonostante i pareri positivi di chi ci era stato e ne capisce – quando avevo visto i primi scritti e le prime foto su i Tre Cristi ero rimasto non poco perplesso. Di Lopriore ricordavo ben altro, a partire da quella che, per quanto mi riguarda, è stata ed è la miglior cena di sempre sul territorio italiano (quel magnifico menu, datato 6 agosto 2012, fu: granita d’acqua di mare, semi di carota, cozze, fiori di limone e cumino; insalata di alghe, erbe aromatiche e radici; olio extravergine di oliva, semi di pomodoro, pompelmo e spuma di rosa; cocktail di gamberi ovvero gamberi, melone bianco, arancia e Campari; triglia e fiori di finocchio croccanti; royale di aglio al pistacchio e zucchero; petto d’anatra, acciughe, pinoli, genziana e miele al pino abbinato a fegato d’anatra, alloro e aceto di moscato ovvero per me la migliore anatra del globo terracqueo, ristoranti francesi inclusi; ravioli di cipolla dolce profumati all’origano; porcini, asparagi di mare e nepitella; cadenza d’inganno ovvero mela verde, menta, acetosella). Che cosa c’entravano quella personalità, quell’intensità, quella persistenza, quella freschezza, quei toni virati sull’amaro, ma in modo sempre diverso e affatto stucchevole o monocorde, insomma quella finezza infinita con i piatti dei Tre Cristi? Il dubbio, credo, era lecito. E invece. E invece Lopriore si conferma un genio perché è riuscito nel miracolo di ribaltare a 360 gradi la sua cucina – e in una misura tale che non mi sembra abbia riscontri altrove, in passato, a questi livelli – conservando al tempo stesso la sua mano, la sua impronta, la sua firma. Non riesco a capire né tanto meno a spiegare come abbia fatto, eppure da qualche parte c’è un filo conduttore fra il Lopriore del Canto e quello dei Tre Cristi. Nonostante la sua cucina abbia assunto tratti sorprendentemente rustici (cioè il contrario di quello che era), dissacranti e auto-ironici, finendo quasi per apparire a prima vista persino banale, la classe è rimasta la stessa. Poi, certo, in valore assoluto i vertici toccati dal Canto sono un’altra cosa. Ma provare a replicare per sempre gli stessi schemi può essere noioso. E soprattutto farlo a Milano, in questi tempi di persistente crisi, partendo da zero, avrebbe potuto essere anche pericoloso. Così, invece, la risposta del pubblico mi sembra positiva. La trovata della convivialità, poi, è geniale. E, dopo anni di infiniti menu con mini-porzioni post-adrianesche, potrebbe fare tendenza, anche in tema di alta cucina. Del resto lo scorso novembre da Veyrat – prima dell’infausto incendio che ne ha devastato il locale – a un certo punto è arrivato un piatto a sorpresa che è stato servito contemporaneamente in tutta la sala. E la stessa cosa l’avevo vista poco prima dal più trendy Aduriz, sempre particolarmente attento a come “comunica” la sua cucina. Qui la convivialità si declina nei singoli tavoli, ma il tema è lo stesso.

  • Emanuele Barbaresi21 Agosto 2015

    Sempre a proposito di convivialità: qualche giorno fa ero a Cancale. E anche Roellinger propone un menu conviviale...

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