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41° Experience

Abbiamo dovuto uccidere la bestia. Dopo tanti anni, avevamo paura che la passione morisse”.

Lo disse qualche tempo fa Albert Adrià. Parlava del Bulli, ovviamente. Per fortuna, però, lui e il fratello si erano sbagliati di grosso. La loro passione per la cucina non è mai stata accesa come adesso.

Tutto ciò che si può scrivere oggi su Ferran Adrià, dopo tutto quello che è stato detto, scritto e pensato da quando il genio catalano è entrato in scena cambiando radicalmente il volto della cucina creativa mondiale, potrebbe essere retorico. È dato certo che in pochi hanno avuto il privilegio di provare la sua cucina.

Sedere ad uno dei tavoli nel leggendario ristorante di Cala Montjoi è stato per molti, compresi alcuni di noi, un miraggio di indefinita durata. Non nascondiamo che, per chi non c’è riuscito, la mancanza di un’esperienza gastronomica di tale peso resterà forse il più incolmabile cruccio di questa passione.

Data l’impossibilità, almeno per ora, di mangiare in quel luogo, i geniali fratelli di Roses hanno trovato una degna soluzione: la cucina esperienziale di El Bulli in un contesto raccolto, informale, innovativo e singolare, nella città catalana per eccellenza. Semplice e geniale. E non poteva essere altrimenti.
Così, a due anni dall’ultima cena servita nel più famoso ristorante dell’ultimo ventennio, ha visto la luce l’impero gastronomico di Albert Adrià che, con ben quattro (ma fra poco ne verrà alla luce un quinto) locali diversi, si sta imponendo come il nuovo re Mida della ristorazione mondiale. E, chiariamo, non è solo una questione di nome se Tickets e compagnia bella sono in overbooking tutto l’anno.
Tra tutte le sue nuove e geniali creature, merita grande considerazione il 41° Experience che ci aveva già impressionato lo scorso anno.

Ubicato in Avinguda del Paral-lel, la strada che coincide con il 41°22’34” parallelo terrestre nord, questo non è un semplice ristorante ma una vera e propria esperienza sensoriale a 360 gradi partorita da una mente perfezionista. Basta accaparrarsi, con largo anticipo, sul web uno degli otto tavolini (non è impresa difficilissima ma tocca pagare una discutibile caparra) per vivere l’essenza di un’esperienza gustativa, olfattiva, tattile, uditiva e visiva totalizzante e farsi un’esaustiva idea di cosa sia la tanto acclamata avanguardia culinaria. Tutto ciò in uno spazio piccolissimo ma confortevole, un vero e proprio cocktail bar.
Sedici coperti, un solo menù.
Del Bulli sono rimasti qualche piatto memorabile che ne ha fatto la storia, ma soprattutto lo spirito e parte del team creativo tra i quali il geniale direttore creativo argentino Sebastiàn Mazzola, ancora poco conosciuto, ma del quale si sentirà parlare nell’imminente futuro. Insieme ad Albert sono anche i creatori dell’originalissimo Pakta, che fa cucina “nikkei”, un ibrido tra la cultura giapponese e quella peruviana.

L’ambiente sembra, d’impatto, crepuscolare, ma una serie indefinita e confusa di immagini proiettate su 20.000 lastre di cristallo pendenti dal soffitto crea un’atmosfera rilassata, calda, quasi ipnotica cui ci si abitua col passare del tempo. Si tratta di un’installazione conosciuta come “Frosted Rain”, opera dell’artista spagnolo Javier Milara.
Le immagini sono accompagnate da un sottofondo musicale che muta al mutare delle portate, dando la sensazione di stare seduti all’interno di un’installazione artistica.

Questo è, più o meno, quello che si trova e vi aspetta al “Quarantunesimo”.

41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona

Tutto secondario al cospetto dei piatti-assaggi che vi arriveranno sotto gli occhi. Preparazioni di pochi centimetri di diametro, ogni piatto è un piccolo scrigno che custodisce una supernova di sapori.
Solo al momento dell’assaggio si può avere un’idea della rivoluzione culinaria degli Adrià.
Freddo, caldo, freddo, dolce, amaro, freddo, piccante, carne, pesce, frutta, poi pesce, ancora carne, infine dolce. Una palestra per il palato che azzera, o forse ridefinisce, i canoni delle priorità degli ingredienti a tavola.
Quarantuno portate per un totale di una cinquantina di snack, suddivisi in “paesaggi” geografici di tutto il mondo innestati in un preciso contesto stagionale (nel nostro caso “l’autunno”). Una cucina che consente al commensale di viaggiare tra terre e sapori che spaziano dalla rivisitazione di piatti e ingredienti simbolici della cultura italiana, alla tradizione scandinava, passando per il Messico e il Perù, spingendosi fino al Giappone, al Vietnam e alla Thailandia, senza mai trascurare, ovviamente, la tradizione catalana e i sapori mediterranei. In alternanza verranno serviti cocktail, vini e birre. Anche il mariage cibo-bevande è studiato nei minimi dettagli, così come le singolari, bellissime stoviglie, parte integrante delle creazioni.
E poi c’è il servizio, capace di garantire il medesimo lasso di tempo – circa 4 minuti di attesa – tra un piatto e l’altro (avvertiteli se dovete assentare), sempre pronto a pulire il vostro tavolino ed eliminare ogni briciola dopo ogni portata.
Un servizio realmente su misura. Corale, preparato, multilingue (il nostro cameriere parlava benissimo anche l’italiano) e pronto a raccontare ogni minimo dettaglio del singolo piatto, nonché la storia dietro l’idea, contribuendo attivamente a rendere quella del 41° un’esperienza davvero unica, da fare almeno una volta nella vita.

Picnic Cocktail, a base di fiori di sambuco e more.
Pia nic, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Paesaggio autunnale: ricordiamo lamponi caramellati con wasabi, pistacchio con miele di pistacchio; uva con lime e timo.
paesaggio autunnale, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Pere infuse in succo di barbabietola e arancia.
pere infuse nella barbabietole, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Perla al sesamo nero.
perla al sesamo nero, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Olive ripiene di acciughe (un classico del Bulli).
olive ripiene di acciughe, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Cozze marinate con patate soffiate e polvere di salsa “espinaler”.
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Vermouth.
Vermouth, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Con il “pizzicato five” (omaggio ad un gruppo pop giapponese la cui musica era in sottofondo) arrivano le chips piccanti di tentacoli di piovra e mais…
Pizzicato Five, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
…e alghe croccanti con quinoa.
alghe croccanti, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Inizia il viaggio in Italia con la divertente mini burrata fatta in casa (che pecca solo di una accentuata sapidità della pasta filata)…
Mini burrata, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
…e la rivisitazione in perfetto stile “bulliano” della pizza che sprigiona prima olfattivamente, poi in bocca, ogni singolo ingrediente (pomodoro, mozzarella disidratata, gelatina di olio d’oliva e basilico fresco).
pizza, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Chiude il trittico italico il gustoso sottobosco autunnale: porcini disidratati e cannolo con crema di parmigiano.
sottobosco autunnale, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Si fa un passo nel passato al Bulli anno 2004: air baguette con prosciutto iberico gran riserva “Joselito”.
Joselito, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Inizia il “paesaggio nordico” con il fantastico salmone affumicato con uova di salmone e panna acida, adagiati su una pellicola che nasconde un fumo di pino molto denso.
salmone affumicato, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Accompagnato da un succo di frutti rossi.
Frutti rossi, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
“Shot Caviar”: variazione di uova con caviale beluga, nocciola e melanzana.
shot caviar, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Toast and carrots. Ecco le carotine baby…
Toast and carrots, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
e il toast con carne cruda, scalogni, aneto e caprino.
toast con carne cruda, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Dai toni freddi a quelli calienti: ecco il “paesaggio messicano”: tequila sferica…
tequila sferica, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
…accompagnata da succo di agave.
Agave, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Una birra spagnola: Shipa India Pale Ale…
indian pale ale, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
…accompagna l’eccezionale taco coni gamberi “aguachile” (peperoni, lime e cipolle).
gamberi, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Si va in Vietnam: il panino Banh Mi, farcito con maialino iberico cotto per 36 ore. Non siamo nemmeno a metà, ma da qui inizia il meglio della cena.
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Ecco il Perù. Un fantastico cocktail rivisitato: l’atahualpa 2.0 (Cachaca, ananas, pesca, zucchero e lime).
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Ceviche norteno.
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Uno dei paesaggi migliori, quello giapponese. Si parte con il pregiatissimo sakè Sohomare Kimoto Junmai Ginjo.
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Temaki fritto ai ricci di mare. Boccone di puro piacere.
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Anelli di cannolicchi con salsa di soia. La tradizione delle tapas incontra il Giappone con un’eterea tempura.
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Cannolicchio che viene riproposto in un’altra raffinatissima preparazione, in scapece con ciccioli di maiale.
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La vetta più alta del piacere si tocca con il “paesaggio Thai”. Magnifica la zuppa di calamari e insalata di mango.
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Il delizioso agnello piccante.
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Per la serie le sorprese non finiscono mai.. udite udite, è l’ottimo Frappato di Cos ad accompagnare…
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…il “mountain fideua”, ricetta andalusa mari e monti, a base di tipici funghi spagnoli (simili ai finferli) e seppia tagliata tipo vermicelli.
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Pane, formaggio e tartufo bianco d’Alba.
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Un calice di Palo Cortado Vors trentennale accompagna l’ultimo boccone salato.
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La tartelletta al foie gras e mandorle.
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Si apre lo show dei desserts. Entra la postazione mobile di ghiaccio e azoto liquido…
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…per il Nitro Pineapple: una crema di vaniglia, ananas e rhum trasformata in gelato espresso.
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Seguito da una micro pesca disidratata al mango. Esplosione di piacere.
41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Fichi.
fichi, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Oroley Martini. Fatto con una qualità oro della Lavazza.
trolley Martini, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Banana Musubi.
41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Nido al passion fruit, anch’esso esplosivo.
nido al passion fruit, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Non una cupcake ma una incredibile torta al limone. Con il pirottino che è in verità una finissima pellicola di zucchero.
torta al limone, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
Si chiude con i cioccolatini.
cioccolatini, 41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona
41° Experience, Chef Albert Adrià, Sebastiàn Mazzola, Barcelona

Dovendo citare i cinque ristoranti più cool in Europa di questi tempi, il The Jane non potrebbe mancare. All’interno di una chiesa sconsacrata, la nuova avventura di Sergio Herman dopo la chiusura dell’Oud Sluis ha tutto per piacere alla gente che piace: spazi enormi nel ristorante al piano terra, con menù degustazione prezzati in maniera abbordabile al grande pubblico (il più ampio a 85 euro), arredo rock-chic, bar/neobistrot al piano superiore con bancone attorno alla cucina e vista dall’alto sulla splendida sala.
Nell’impossibilità di trovare posto al ristorante, nonostante un tentativo di prenotazione di diversi mesi prima, abbiamo voluto comunque provare l’Upper Room Bar e, complessivamente, non ce ne siamo pentiti.
L’offerta è, di fatto, quella che oggi va di più: una carta ristretta di piatti o un menù degustazione non troppo ampio, accompagnati da una selezione di vini piccola ma mirata e da un’ampia proposta di cocktail, spesso eseguiti con basi ricercate e in maniera irreprensibile.
A prepararla, fianco a fianco, chef e camerieri-barman, questi ultimi professionali ma anche molto glamour (tatuaggi e tagli all’ultima moda costituiscono una condicio sine qua non della mansione).
Spiegato il contesto, è doveroso concentrarsi sul cibo che è, senza giri di parole, piuttosto buono.
La proposta del menu è all’insegna di materia prima e piatti tradizionali, soprattutto mediterranei, eseguiti con la perizia di una tavola con ambizioni superiori ed è tutto convincente, a parte la burrata non appassionante in accompagnamento al pomodoro (sbucciato e tagliato con cura giapponese) e all’emulsione di basilico in una caprese più bella che riuscita. Da segnalare tra i picchi, le strepitose ostriche Gilardeau e i dessert di fattura davvero eccellente. Nota di merito per l’attenzione data alle temperature di servizio (il crostino iniziale al prosciutto di Bigorre è servito solo al momento di perfetta scioglievolezza, e così i dessert) e ai pani, tra cui spiccano degli eterei grissini da applauso.
Locale, naturalmente, stipato anche al piano superiore, in un piovoso martedì agostano e, considerato il prezzo e la qualità complessiva dell’esperienza, culinaria e “mondana”, ci sembra del tutto giustificato.

Crostino con pomodoro e noir de Bigorre: pintxo degno di uno dei migliori bar di San Sebastian.
Crostino con prosciutto, the Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Pomodori (rossi e gialli) burrata e basilico: purtroppo la burrata a queste latitudini non potrà mai essere perfetta (cosa che rende inspiegabile capire la moda, che dura da anni, di servirla).
Pomodori, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Meravigliose ostriche Gilardeau con ginger e mela ghiacciata.
Ostriche, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Patatas bravas con aioli e salsa al pomodoro: nulla da eccepire.
Patatas bravas, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Ragù di seppioline con fagioli, chorizo e verdure: rusticamente impeccabile, davvero goloso.
Ragù, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Tortino di cioccolato e rosa con frutti rossi e cialda alle noci pecan: davvero un dolce di ottimo livello.
Tortino, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Buon tiramisù ai frutti rossi, leggero e non stucchevole al palato.
Buon Tiramisù, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
Qualche scorcio del bellissimo locale.
Scorcio, The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa
The Jane Upper Room Bar, Chef S. Herman, Anversa

In una brevissima ma intensa incursione in Andalusia abbiamo messo a confronto, testandoli in prima persona, il locale più antico della città con quello più rinomato, entrambi tra i più in voga di Siviglia. Confronto stravinto, per quanto ci riguarda, dal secondo.
Come scritto in un precedente post, l’interazione sociale in Spagna si manifesta con il rituale dell’incontro giornaliero nei tapas bar. Abbiamo constatato e ribadito che per cogliere l’essenza delle tradizioni culinarie di questi luoghi non occorre andare alla ricerca di tavole impostate, ma basta seguire il flusso di persone che si riversa all’ora di pranzo nei locali suddetti. Sono davvero pochi i posti sovraffollati. Questi normalmente risultano essere anche i posti giusti.
Il barrio San Lorenzo è un una zona di grande vitalità, nonostante sia fuori dal circuito turistico cittadino, ed è in questo quartiere che riscuote un meritato successo, da una ventina di anni, lo spazio Eslava. Boutique hotel, ristorante gourmet ma anche – e ovviamente – “taperia” in cui è possibile gustare ottimi prodotti, come il dolcissimo Jabugo “Cinco Jotas” o il fresco pescato e dove ricette tradizionali come i notevoli stufati della casa vanno a braccetto con preparazioni curiosamente creative.
All’Eslava si mangia bene e si spende molto poco. In una scelta amplissima si alternano prodotti poveri e meno poveri, con la possibilità di richiedere razioni anche più consistenti delle normali tapas. Il proprietario, Sixto Tovar, ha costruito la reputazione di questo locale sulla costanza della cucina e l’efficienza di un servizio sveglio ed allegro, ma mai invadente. Ad un piccolo repertorio creativo concepito, comunque, nel solco delle tradizioni andaluse, si aggiungono chicche che ci hanno ricordato come, anche in Spagna, esistono degli sfumati punti di contatto con le nostre tradizioni gastronomiche. Il “sangre de pollo”, infatti, ricorda molto sia il fegato alla veneziana sia il sapore del patè di fegatini toscani. Finalmente abbiamo trovato fritture degne di nota, prive di olio in eccesso e gusti decisamente più spinti che vanno oltre la semplice carne alla griglia.
Il difetto è abbastanza prevedibile: non si accettano prenotazioni. Nelle ore di punta, pertanto, c’è da armarsi di pazienza per accaparrarsi un tavolino ma, questa volta, il gioco ben vale la candela.

Eccolo il fantastico Jabugo, tipico prosciutto “de bellota” che prende il nome dal omonimo comune andaluso.
jabugo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Olive e lupini nell’attesa che si liberi un posto.
olive e lupini, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
La cerveza locale.
cerveza, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Il dolcissimo prosciutto.
prosciutto, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Salmorejo (è la versione di Cordoba del più famoso gazpacho) pomodoro, cetriolo, peperone, aglio, uovo e prosciutto.
Salmorejo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Immancabili cannolicchi alla plancha.
Cannolicchi alla plancha, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Spazio alla creatività: capesante alla plancha con purea di alghe e pasta kataifi fritta.
Capesante alla plancha, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Croquetas caseras con besciamella.
Croquetas, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Sardine di Malaga fritte.
sardine di malaga fritte, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Lumache stufate.
lumache stufate, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Una ricetta della tradizione locale: el sangre de pollo (una sorta di fegatino con cipolla).
el sangre de pollo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Ancora un piatto “creativo”: uovo cotto a bassa temperatura con torta di funghi e riduzione di vino rosso (Primo premio al “Sevilla en Boca de Todos” 2010). Piatto riuscito, decisamente gourmet.
uovo cotto e tortino di funghi, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Altro piatto premiato: sigaro di calamaro e brie.
sigari di calamaro, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Dolci modesti, non al livello dei piatti salati. Questa è una sorta di torta al formaggio con crema di mango e fragola.
torta al formaggio, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
il sorbetto al limone.
sorbetto al limone, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Interni.
interni, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
interni, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna

Quella delle tapas è una tradizione lunga sei secoli. Intramontabile e affascinante, icona di una nazione intera. Già nel 1670, a Siviglia, El Rinconcillo serviva le squisitezze locali in formato aperitivo, spianando la strada a tutti gli altri esercizi cittadini e lanciando una moda anche nel resto del paese. Qui si respira un’aria spensierata, scanzonata, ed è proprio in luoghi come questo che si comprende come alcune città possano anche oggi offrire realmente un’alternativa ai formalismi di una ristorazione tradizionale.
Il modo usuale, infatti, con cui si vive un tapas bar è quello della convivialità: si entra in compagnia, si mangiano piccoli bocconi, si beve e poi si cambia volentieri locale. Avventori abituali e turisti non si fossilizzano davanti ad un’unica insegna, specie da queste parti. Noi invece abbiamo fatto il contrario, assaggiando diverse preparazioni e trattenendoci più a lungo del solito, per comprenderne soprattutto se la qualità fosse direttamente proporzionale al blasone e al flusso di clientela di cui gode questo locale, il più antico della Spagna del Sud.
Al Rinconcillo c’è la possibilità di accomodarsi al tavolo, anche se la tradizione impone di stare in piedi attorno al bancone e ogni cliente si interfaccia esclusivamente con un proprio cameriere che si diletta a servirlo, in maniera personalizzata e alla velocità della luce. Man mano che si ordina, poi, viene segnato sul bancone il prezzo di ogni pietanza con un gessetto, e così fino al calcolo del conto finale.
Se l’atmosfera del luogo è in grado di entusiasmare consentendo un salto nel passato, la delusione arriva proprio dalla qualità di molte tapas. Bene gli affettati, un po’ meno i piatti usciti dalla cucina. In alcuni assaggi abbiamo notato palesi inconvenienti tecnici, come le fritture unte e bollenti all’interno o come le patate, probabilmente riscaldate al microonde. Più soddisfacenti si sono rivelati piatti principali come il saporito e morbido agnello, con una giusta quantità di grasso, o lo stufato di maiale, semplice e molto tradizionale. Sotto il profilo sostanziale, una cucina complessivamente inferiore rispetto ad altri tapas bar della città.

Bartender multitasking, qui alle prese con la pulizia di un pata negra.
Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Jamones pata negra in vista.
jamones, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
L’immancabile gazpacho, in questo caso con un quantitativo di cipolla di difficile digeribilità.
gazpacho, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Baccalà al pomodoro. Leggermente troppo sapido.
baccalà, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Crocchette della casa (con patate e formaggio). Ne sarebbe bastata una…
crocchette della casa, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Guanciale di maiale iberico in umido. Finalmente un’esecuzione degna di nota.
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Calamari giganti fritti. Davvero poco incisivi e porzione abnorme.
calamari fritti, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Costolette di agnello con patate (da dimenticare) e funghi.
costolette d'agnello, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Torta di formaggio (una cheese cake) con confettura di fragole,
torta, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
che si va ad addizionare al resto;
Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
…ed ecco il conto finale!
Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Interni.
interni, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Il bancone.
bancone, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla
Ingresso.
ingresso, Tapas Bar El Rinconcillo, Sevilla

Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona

Cosa c’è di meglio da fare a Barcellona in un sabato mattina quando fuori c’è un diluvio universale di fine autunno? Il consiglio più vivo che ci sentiamo di dispensare è quello di percorrere la Rambla (di corsa e possibilmente senza scivolare) e, a metà del viale più pittoresco della città, infilarsi nel fantastico mondo della Boqueria. Un mercato unico nel suo genere, affollatissimo e pieno di chicche di ogni genere, il luogo ideale per il vostro pranzo. C’è davvero l’imbarazzo della scelta: dalle cornucopie di jamon iberico tagliato al momento, ai fantastici mega cannolicchi fritti, dalle polpette di baccalà ad una serie infinita di pintxos.
La Boqueria, purtroppo, la domenica è chiusa.
Considerato quanto sopra, cosa c’è di meglio da fare a Barcellona in una domenica mattina quando fuori c’è un diluvio universale di fine autunno che imperversa dal giorno precedente? Beh, proviamo a darvi qualche consiglio.
In città la domenica è il giorno di riposo di gran parte dei ristoranti e il primo pensiero ricade sulla tradizione e sui tapas bar. Ma di posti aperti, neanche l’ombra. Ecco allora l’aiuto provvidenziale da parte di un amico del luogo che ci consiglia un locale molto raccolto e piacevole, in una zona che scarseggia di proposte interessanti e in cui primeggiano doner kebab, sushi bar poco invitanti e qualche tavola etnica di apparente basso livello. Siamo a El Raval, nella zona più a ovest della città vecchia. E’ qui che, da un anno e qualche mese, ha aperto i battenti il Suculent. Un tapas bar (in verità è più bistrot nelle proposte) dove oltre ai più popolari piatti della tradizione catalana, non manca un pizzico di creatività. Ai fornelli c’è un giovane cuoco di 26 anni, Antonio Romero, ma il timone del comando è nelle mani dall’esperto Armando Anta, ex cuoco, ormai imprenditore, con esperienze sul campo all’Alkimia e al Mugaritz che garantisce un servizio gentile e di grande efficienza.
Il Suculent è una piacevole scoperta che propone ingredienti di qualità ad un costo contenuto e consente di fare un incontro ravvicinato con i più tipici tapas della regione rivisitati in maniera divertente ma senza troppi stravolgimenti. La tradizione, infatti, è solo il pretesto per creare qualcosa di nuovo lasciando spazio all’impavida creatività dello chef e al suo bagaglio tecnico acquisito al Bulli e da Arzak. Forse in qualche passaggio si rischia di strafare con pretenziose creazioni che, nell’intento di presentare interessanti variazioni e novità al cliente abituale, diventano dei più comuni déjà-vu sotto la lente critica del girovago gourmet (vedi il piccione del racconto fotografico). Quella di Romero è comunque una cucina ben eseguita che, vista l’età e considerate le evidenti basi tecniche riscontrate, lascia intravedere un sicuro margine di crescita.
Inoltre, non escludiamo che una deriva creativa possa far discostare questo locale dalla nostra categoria di valutazione (ora come trattoria), rivelandosi in futuro più un ristorante a tutti gli effetti che un tapas bar travestito da bistronomia creativa. Per il momento, quello che a nostro avviso prevale maggiormente dai piatti assaggiati è una fedele riproposizione, certamente più raffinata ma sempre nel solco della tradizione, dei famosi piattini spagnoli.
Il locale è davvero minuscolo. Proprio come si vede in foto. Il nostro era l’ultimo tavolo della sala. Una curiosità: sul piccolo soppalco ogni giorno si esibisce una band che allieta e diverte i commensali realizzando un sottofondo musicale con pezzi pop e rock di ogni epoca, eseguiti in una piacevole versione soft.

Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Qualche stuzzichino senza pretese per iniziare. Qualche vino è presente in carta, ma riteniamo che la birra sia un compagno sicuro per le tapas.
stuzzichino, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Un buon pane, servito con l’olio.
Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Buone le “mejillones escabechados” con cubetti di prosciutto Maldonado, con la piacevole marinatura che stimola l’appetito.
Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Ceviche di gamberi rossi con avocado, cipollotti e lime. E’ il piatto dello chef. Raffinata rivisitazione della tradizione e grande materia prima.
ceviche di gamberi, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Irresistibile nella sua golosità la crocchetta di coda di bue e funghi trombetta dei morti.crocchetta di coda di bue, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Così come le gustosissime patatas bravas, con immancabili salse al pomodoro piccante e maionese.
patatas bravas, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
I piatti principali hanno una buona percentuale di raffinatezza. Tonno scottato, pomodori confit e salsa allo chorizo.
tonno scottato, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Ci si sposta sul versante francese il piatto di carne del giorno: piccione con barbabietola, frutti rossi e patè di fegatini.
carne, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Dai “postres”, sorbetto allo yuzu (molto usato da queste parti).
sorbetto allo yuzu, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
La cheesecake con brie e gelatina al moscato. Preparazione non scontata negli ingredienti.
cheesecake, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Tavoli.
tavoli, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona
Ingresso.
ingresso, Suculent, Chef Antonio Romero, Barcelona