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Patissêrie des rêves

Patissêrie des rêves: letteralmente, pasticceria dei sogni.

E’ questo il nome di questa importante apertura, una tra le prime (il primo in assoluto, in vantaggio di un paio di mesi, è stato Pascal Caffet) di un grande pasticcere francese sul suolo italico. E se per molti questo è soltanto il suadente nome di un’insegna francofona, per gli appassionati e addetti è una notizia sensazionale, in quanto dietro questo nome si cela uno dei più grandi pasticceri moderni della Ville Lumière: Philippe Conticini, insieme al suo socio Thierry Teyssier.
Quel Conticini -giusto per dare un ordine di grandezza- inventore dello studio e della presentazione dei dessert in verrines, quindi in bicchiere anziché come da sempre in piatto: il papà, insomma, della verticalizzazione del dessert.

Complice anche il tanto rumore di Expo, quest’apertura è avvenuta praticamente in sordina; e così, ancora un po’ intontiti dai cambiamenti portati dai sei mesi di esposizione universale, ecco ai primi di dicembre l’inaugurazione di questa nuova pasticceria milanese, la decima della galassia “…des rêves” dopo 6 punti vendita a Parigi, due a Londra e uno a Kyoto.

Due vetrine affacciate su corso Magenta, praticamente a ridosso di Via Meravigli, attraverso le quali è ben visibile, come fosse una teca in gioielleria, l’espositore delle torte e delle monoporzioni sotto campane in vetro refrigerate, marchio di fabbrica di Conticini: quest’isola illuminata, insieme alle tende da sole rosa sgargianti, attira non pochi dei curiosi sguardi di passaggio.

Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano

Una volta entrati, l’ambiente è molto simile ad una fiaba, non solo per la colorazione bianca/rosa degli arredi, ma anche grazie alla quantità di meraviglie in vendita. All’ingresso vi accoglierà il banco in vetro, per un caffè in piedi o l’asporto, con esposta la pasticceria (composta prettamente da choux e biscotti ai vari gusti) e la viennoiserie classica: croissant, pain au chocolat, kouign amann, madeleine, chausson, financier…

croissant, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano

Proseguendo verso l’interno, oltre agli espositori di cioccolatini, biscotti e dolcezze varie, la vetrina continua con le proposte salate: quiche, sandwiches, tartine e panini, tutto disponibile in formato “finger” da assaggio, o più grande da pranzo. Tutto il comparto salato è sviluppato e realizzato con la consulenza di Brendan Becht, chef patron di Zazà Ramen in via Solferino.

interno, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Tramezzini, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
quiches, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Quiches, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Sandwich, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano

Sul retro invece un piccolo spazio con una manciata di tavolini, per un totale di una ventina di coperti stretti, permette la degustazione in loco. E’ questo l’angolo di paradiso regno delle monoporzioni, veri e propri piccoli gioielli di pasticceria, dal livello nemmeno troppo distante da quello della casa madre parigina e, chiaramente, disponibili anche da asporto. Buona la Saint Honoré, molto buona la millefoglie, sublimi la Tarte au Citron e la Paris Brest, davvero di alto livello. Buona anche la viennoiserie, anche se più ordinaria rispetto alla pasticceria. Disponibile infine, anche servito al tavolo, qualche piatto salato.
Complice l’apertura sette su sette, da mattina a sera con orario continuato, questo spazio si rileva estremamente versatile per colazione, pranzo, uno spuntino veloce, una merenda, un aperitivo, tutto quando preferite. Prezzi mediamente corretti, vista anche l’alta qualità espressa.
Insomma, nessuna scusa: indirizzo imperdibile, a Parigi come a Londra… ora anche a Milano.

La saletta, con vista sul cortile interno e sul laboratorio.
saletta, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
sala, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Croissant, tradizionale (con intruso, un biscotto al cioccolato) e alla crema. Buoni, non fanno gridare al miracolo ma comunque si elevano e svettano nella dozzinale offerta media “da bar” italiana. Considerando poi che il croissant tradizionale è prezzato 1,30€, meno di molti prodotti malamente decongelati…
Croissant, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Croissant, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
L’interno dei croissant. Notevole la lievitazione e la farcitura.
Croissant, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Croissant, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
La Tartine petit déjeuner. Pan Brioche, burro francese e marmellata. Grandissime le marmellate, all’albicocca e all’amarena.
Le Tartine, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
pan brioche,Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Una tradizionale Quiche lorraine (piccola) con pancetta, uovo ed emmental.
quiche lorainne, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Le monoporzioni. Ottima la Tarte citron, perfettamente bilanciata…
Tarte Citron, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
…sublime la Paris Brest, una piccola meraviglia…
Paris Brest, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
…e “solo” buona la millefoglie, a cui mancano una punta di acidità e dolcezza nella crema, fin troppo neutra, per essere eccellente. Sfogliatura e caramellizzazione della sfoglia invece perfette.
Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
Molto curato anche l’asporto. Mini sandwiches…
Sandwiches, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano
…e monoporzioni, tenute ferme da una miriade di piccole linguette in plastica, che riprendono la forma del logo della pasticceria.
monoporzioni, Patissêrie des rêves, Philippe Conticini, Milano

Non c’è probabilmente altra città europea, al momento, in cui trovare una tale varietà e qualità di cibo giapponese: negli ultimi anni Parigi, insieme a Londra, ha visto fiorire un impressionante numero di pasticcerie e tavole dedicate alla gastronomia del Sol levante.
Il sushi, senza dubbio una delle preparazioni giapponesi da esportazione di maggior successo nel mondo, non fa eccezione: sono almeno tre i grandi indirizzi parigini da non mancare.
Tra questi c’è certamente Jin: Takuya Watanabe, sushi master e proprietario di questo locale, ha creato un vero gioiellino che, dal cuore del lusso parigino, catapulta il cliente per un paio di ore in un sushi bar di Tokyo.

Un bel locale, pensato dell’architetto Jun Yonekawa, in stile giapponese con qualche piccola contaminazione occidentale: quindi è d’obbligo il grande bancone in legno dove prendere posto e godere delle preparazioni di Watanabe e del suo aiutante.
Il livello del sushi è veramente alto, non troppo distante da un locale medio-alto della capitale giapponese.
Grandissima qualità del pescato, quasi esclusivamente di origine europea.
Riso (giapponese) ricco di aceto quindi dalla forte spinta acida, chicchi ben sgranati, utilizzo spericolato del wasabi in alcune portate.
Qualche divagazione (ad esempio l’utilizzo del caviale) sempre e comunque molto convincente, sapiente uso delle marinature: il fegato di rana pescatrice è una portata che non dimenticheremo facilmente.

Sul perché nessuno decida di aprire un locale di questa qualità in Italia è domanda a cui non riusciamo a dare una spiegazione. In una città come Milano, ad esempio, troverebbe senza dubbio terreno fertile anche a questi prezzi (certamente non popolari).
Stiamo ad aspettare, fiduciosi… nel frattempo non possiamo che invidiare i cugini transalpini.

Astice, cavolfiore, aceto.
Astice, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Tonno (o-toro) con caviale: un boccone da imperatore.
Tonno con caviale, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Ton con caviale, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Sashimi di branzino, sale, wasabi.
Sashimi di branzino, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Sashimi di branzino, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Tonno (akami), soia e daikon.
Tonno, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Fegato di rana pescatrice, peperoncino, salsa ponzu.
Fegato di rana, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Rombo.
Rombo, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Cappasanta.
cappasanta, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Scampo con corallo.
scampo con corallo, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Seppia.
seppia, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Orata.
orata, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Ricciola.
ricciola, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Sugarello.
sugarello, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Sgombro.
sgombro, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Tonno rosso (akami).
Tonno rosso, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Salmone.
salmone, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Maki di tonno.
maki di tonno, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Tonno (chu-toro).
tonno, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Uova di salmone.
uova di salmone, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Brodo all’astice.
brodo all'astice, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Pere e mascarpone.
pere e mascarpone, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Pere e Mascarpone, Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Jin, Takuya Watanabe, Parigi
Jin, Takuya Watanabe, Parigi

Abbiamo pensato di mettere insieme un po’ di materiale della nostra ultima trasferta parigina: consigli, suggestioni, opinioni, ovviamente legate al mondo del cibo.
Per uno spuntino veloce ma di qualità, o per portarvi un pezzo di Parigi a casa stipando la vostra valigia al massimo possibile.
Voilà…

La Galerie- Plaza Athénée
Se avete voglia di immergervi un paio d’ore nel lusso di Avenue Mointagne, adagiati su comodi divanetti e allietati dal suono celestiale di un’arpa, le déjeneur al “La Galerie” dell’Hotel Plaza Athénée potrebbe fare al caso vostro.
Questo è il regno di Alain Ducasse e del pluripremiato pasticcere Christophe Michalak: oltre alle ottime proposte salate, avrete infatti anche la possibilità di ordinare i dessert al piatto di uno dei Pastry Chef più bravi di Parigi (quindi del mondo).
Inutile dire che tutto ha un costo, ma, tra un buonissimo té Grand Oolong e un eccezionale Club Sandwich all’astice (questo davvero difficilmente perfettibile), non avrete grossi rimpianti al momento del conto.
La Galerie, Plaza Athénée, Parigi
La Galerie, Plaza Athénée, Parigi
Croque Monsieur.
croque monsieur, La Galerie, Plaza Athénée, Parigi
Club Sandwich tradizionale.
Club sandwich, La Galerie, Plaza Athénée, Parigi
Club Sandwich all’astice.
club sandwich all'astice, La Galerie, Plaza Athénée, Parigi
Christophe Michalak: Millefoglie caramellizzata, crema leggera alle tre vaniglie (Tahiti, Madagascar e Messico).
La Galerie, Plaza Athénée, Parigi, Christophe Michalak
La Galerie, Plaza Athénée, Parigi, Christophe Michalak
La Galerie, Plaza Athénée, Parigi

Cafè Stern
Da settembre 2014 c’è un piccolo pezzo di Italia al 47 di Passage des Panoramas: i fratelli Alajmo, assieme all’ormai mitico Gianni Frasi della Torrefazione Giamaica di Verona e David Lanher (proprietario di Racines), hanno infatti ridato vita a questo storico atelier d’incisione. Il lavoro di ristrutturazione è stato affidato a due colossi (Dominique Averland e Philippe Starck) e il risultato non poteva che essere grandioso. Veramente bellissimo questo “caffè all’italiana”, pieno di fascino e storia.
Ai fornelli c’è Sergio Preziosa, e questo potrebbe già essere un buon motivo per fermarsi a pranzo o a cena.
La nostra però è stata solo una sosta veloce per goderci un sorso d’Italia grazie a un caffè a regola d’arte.
Da riprovare con più calma.
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi
Cafe Stern, Parigi

Pastificio Passerini
Non potevamo non passare a salutare uno degli chef italiani più apprezzati sulla scena parigina: in attesa dell’apertura del suo nuovo ristorante (prevista in primavera), Giovanni Passerini diverte e si diverte con uno dei grandi classici della cucina italiana, la pasta ripiena.
Vi regaliamo qualche immagine del cantiere e del nuovo pastificio.
Pastificio Passerini, Parigi
Pastificio Passerini, Parigi
Pastificio Passerini, Parigi
Pastificio Passerini, Parigi
Pastificio Passerini, Parigi

Du pain et des idées
Il primo consiglio degli acquisti è legato a questo fantastico panificio al 34 di Rue Yves Toudic. Impossibile resistere al meraviglioso banco: buonissimo il pane all’uvetta e noci, eccezionale il pain des amis, ma è la crosta del pane tradizionale che vi conquisterà definitivamente.
Boulangerie, Du pain et des idées, Parigi
Boulangerie, Du pain et des idées, Parigi
Boulangerie, Du pain et des idées, Parigi

Fromagerie Griffon
E, assieme a un buon pezzo di pane, cosa c’è di meglio di un grande formaggio?
Questo è davvero il paradiso per gli amanti del genere, una bellissima selezione di formaggi affinati in proprio, un vortice di profumi stordente.
Fate la vostra scelta e poi fate mettere tutto sotto vuoto: azzeramento degli odori garantito, così come è garantito il godimento quando li mangerete a casa.
Fromagerie Griffon, Parigi
Comte, Fromagerie Griffon, Parigi
Fromagerie Griffon, Parigi

La Famiglia Rebellato
Buonissima pizza a due passi dalle Halles, grazie al lavoro di Gennaro Nasti. Sala confortevole o asporto, per gustare un impasto leggerissimo in versione classica o con condimenti più elaborati, comunque con materia prima di qualità.
Famiglia Rebellato, Parigi
Famiglia Rebellato, Parigi

Dersou
Il posto più alla moda della Ville Lumière di questi tempi. Chef giapponese, Tafu Sekine, che propone cucina fusion asiatica, con il suo socio francese Amaury Guyot, grande mixologist. Uno spasso, in cui trovare posto è impresa ardua. Passateci il sabato alle 12, perché per il pranzo non accettano prenotazioni e potreste trovare due sgabelli al bancone, il posto migliore.
Dersou, Famiglia Rebellato, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi
Dersou, Parigi

Boutique Yam’Tcha
Nella vecchia sede del ristorante Adeline Grattard ha lasciato suo marito, che gestisce questa deliziosa sala da tè cinese. Infusioni magnifiche accompagnate da eterei bun salati e dolci e da qualche piatto del giorno (eccellenti i ravioli). Una sosta veramente piacevole in un contesto di rara, semplice eleganza.
Boutique Yam'Tcha, Parigi
Boutique Yam'Tcha, Parigi
Boutique Yam'Tcha, Parigi
Boutique Yam'Tcha, Parigi
Boutique Yam'Tcha, Parigi

“Il Maestro: conoscitore profondo di una disciplina, che egli possiede integralmente e che può insegnare agli altri nella maniera più proficua” (Enciclopedia Treccani)

Quindi non solo la conosce, ma la possiede, se ne appropria, tanto da poterla manipolare a piacimento e addomesticare per dare forma al proprio pensiero.
Come altro definire Pierre Gagnaire?
Come incasellare la sua cucina, così personale, così fuori dagli schemi, così grandiosa?
Uno stile unico, che segue il solco segnato più di 30 anni fa, rinnovandosi di continuo.
La tavolozza degli ingredienti è il mondo, la mano sicura: il solo utilizzo delle spezie richiederebbe approfondimenti di pagine e pagine.
Una cucina che richiede umiltà, sia da parte del cuciniere, disposto a prendersi i suoi rischi, sia (e soprattutto, diremmo) da parte del cliente che, inevitabilmente spogliato delle sue tante sicurezze, deve accettare con palato vergine, quindi senza preconcetti, di mettersi nella mani del suo intrattenitore.
Qui, come in pochi altri posti, questa condizione d’animo è essenziale per cercare di approfondire una esperienza che altrimenti risulterebbe caotica, a volte sgraziata, spesso confusa.
Il rischio è parte integrante di questa cucina e gli regala spessore e vitalità.
Trovare il giusto equilibrio o, ancora meglio, il giusto ritmo: a questo mira Gagnaire, ma lo fa in un modo assolutamente sconvolgente, procedendo per giustapposizioni e non necessariamente per contrasti.
Perché l’obiettivo primario resta il gusto, l’appagamento del cliente.

Ecco allora che decine di ingredienti nei piatti trovano sempre un filo rosso che li tiene insieme: non si può ragionare solo di eleganza, finezza o estrazioni di sapori, logica che regna sovrana in questi anni 2000 ma che spesso può trovare compimento solo in cucine minimali caratterizzate da quattro, cinque ingredienti al massimo. Gagnaire deve necessariamente fare in modo che i suoi ingredienti sussurrino per evitare il caos, fa pensare quasi a una “intonazione” dell’ingrediente, una registrazione del “timbro” per trovare il giusto suono.
Quindi niente scontri radicali ma stratificazioni leggere che portano a un risultato tanto classico quanto moderno. Sarebbe impossibile definire l’età di questo cuoco solo degustando la sua cucina: un giovinetto con l’esperienza di un 65enne.
Impiattamenti volutamente dal tratto grosso, quasi rustici a volte, certamente istintivi.

Come riescano a gestire una proposta alla carta come questa e un menù degustazione completamente diverso, in una cucina di poco più di 30 metri quadri, rimane un mistero, ma lascia immaginare una disciplina e una precisione del gesto maniacale.
Cucina quindi inclassificabile, che entusiasma con grande facilità: in evoluzione continua, in movimento e mutamento e per questo difficilmente inquadrabile in un voto che, per sua natura, è statico e fotografa un momento.
Troverete una personalità strabordante che, con generosità assoluta, mette tutto sé stesso nei piatti che propone e che modifica di continuo.
Seguito da una squadra che, in sala e cucina, fa i salti mortali.
In particolare, un servizio di sala di livello assoluto: molte delle preparazioni vengono rifinite al tavolo (e non potrebbe essere altrimenti vista appunto l’esigua dimensione della cucina).
Grandi professionisti: dal Direttore Herve Parmentier, al maitre Elimane Kane fino allo Chef sommelier Patrick Borras. Forse un unico appunto va mosso per un locale di questo livello: l’eccessiva “fretta” iniziale nel chiedere le ordinazioni, probabilmente dettata dalle necessità dell’esigua cucina, ma non giustificabili in un locale come questo.

Abbiamo poi avuto il piacere di essere serviti da Gianluca Modafferi, italiano, arrivato a Parigi senza nemmeno conoscere la lingua e ora da 4 anni chez Gagnaire. Una bella storia di un lavoratore serio, nel cui sguardo si vede la passione vera per il proprio lavoro e il desiderio di fare passare una serata unica all’ospite di turno.
Se siete appassionati di questo mondo, se amate davvero i ristoranti, non potete mancare una visita in Rue Balzac 6.
Dal Maestro: Pierre Gagnaire.

La lunga serie di amuse bouche:
Uva ghiacciata ripiena di capperi e salsa di mela.
Tonno e seppia.
Sablè al Parmigiano.
Tapenade, cracker al limone, rapa e ribes.
Nocciola, salsiccia e sfoglia di patata.
Lattuga.
Pierre Gagnaire, Parigi
benvenuto, Pierre Gagnaire, Parigi
Pierre Gagnaire, Parigi
Il pane, perfetto.
pane, Pierre Gagnaire, Parigi

E avanti con altri amuse-bouche.
Velllutata di zucca, stilton, mousseline all’olio d’oliva, pompelmo.
amuse bouche, Pierre Gagnaire, Parigi

Lumache alle ortiche, rutabaga.
lumache, Pierre Gagnaire, Parigi

Sorbetto al Beaujolais, tamarillo, cavolo.
sorbetto, Pierre Gagnaire, Parigi

Caillettes di seppia, txistorra, crema di carciofi, puntarella.
Caillettes di seppia, Pierre Gagnaire, Parigi

Rouget-Caviar.
Triglia di scoglio bardata di lardo di Colonnata, scottata e poi terminata su un letto di telline all’anice stellato, con brunoise di finocchio ai grani di senape.
Salsa Eriang.
Le preparazioni vengono spesso portate in sala per fare vedere il metodo di cottura e poi sporzionate.
Triglia, Pierre Gagnaire, Parigi
Rouget-Caviar, Pierre Gagnaire, Parigi
Grasso di petto di maiale laccato, cubi di goyave, polvere d’arancia.
Grasso diretto, Pierre Gagnaire, Parigi
Consommé chiarificato di pesci di scoglio allo champagne, quenelle di caviale osciètre.
Consommé, Pierre Gagnaire, Parigi
Anemoni di mare al nero di seppia, mousse di crauti, cavolfiore al caviale pressato.
Anemoni di mare, Pierre Gagnaire, Parigi
Pierre Gagnaire, Parigi
Palamos.
Gamberi di Palamos passati qualche istante al forno, seppioline e polpetti all’omiza (schisandra chinensis) e radicchio di Treviso.
Palamos, Pierre Gagnaire, Parigi
Crema ghiacciata di merluzzo al prezzemolo, gelatina al Cava.
crema ghiacciata di merluzzo, Pierre Gagnaire, Parigi
Foie gras arrostito, acciughe demi-sel e gernika, tartare di tonno rosso, physalis et tomatillo.
Foie Gras, Pierre Gagnaire, Parigi
520
Trippe e kokotchas di merluzzo al tagete, olive nere al peperoncino di Espelette.
Trippe, Pierre Gagnaire, Parigi
Turbot.
Rombo cotto in un burro di vaniglia, citronella e melissa.
Gambero rosso all’ Acquavite di houx, mousseline Ranavalo. (Un’acquavite dal sentore quasi muschiato).
Turbot, Pierre Gagnaire, Parigi
Gambero,Pierre Gagnaire, Parigi
Gambero, Pierre Gagnaire, Parigi
Gratin di cipolle rosse all’ajowan (detta anche erba del vescovo. Si ottiene una spezia dal gusto leggermente amaro e piccante).
Gratin Cipolla, Pierre Gagnaire, Parigi
Pane bagnato, gelatina di pompelmo al mascarpone, Paris boutons (champignons) aux citrons confits.
pane bagnato, Pierre Gagnaire, Parigi
Agneau.
Carré di agnello dell’Aveyron all’origano.
Ccrumble Vert : aglio rosa, chorizo, cipollotto.
agneu, Pierre Gagnaire, Parigi
Agneu, Pierre Gagnaire, Parigi
Animelle, rognone e trippe rivestiti di jus di cottura al vadouvan (mix di spezie), radicchio di Treviso.
Animelle, Pierre Gagnaire, Parigi
Sella in omento, carpaccio di rape rosse, rapa bianca al Roquefort.
Sella, Pierre Gagnaire, Parigi
Papillons Noirs (pasta di sanguinaccio), datteri medjoul, radicchio di Castelfranco. Condimento Dundee-Peeky.
Papillons noir, Pierre Gagnaire, Parigi
Veau.
Costoletta di vitello del Limousin profumata alle erbe, curry e carvi (cumino dei prati). Arrostita in casseruola, déglacée al Rhum Angostura.
Indivia, trombette dei morti e mango.
Veau, Pierre Gagnaire, Parigi
Angostura, Pierre Gagnaire, Parigi
Pierre Gagnaire, Parigi
Orecchia croccante, crosne (stachys affininis), bacche di sambuco.
Orecchia Croccante, Pierre Gagnaire, Parigi
Pierre Gagnaire, Parigi
Testa di vitello in un jus all’angostura.
Testa di vitello, Pierre Gagnaire, Parigi
Prugna, scalogno confit, riso nero della piana del Po al caffè.
Prugna, Pierre Gagnaire, Parigi
Il secondo servizio del vitello, con pere e lenticchie.
secondo servizio vitello, Pierre Gagnaire, Parigi
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Pierre Gagnaire, Parigi
Millefeuille.
Millefoglie croccante, crema all’ Acquavite di houx.
Mandorle e nocciole caramellizate, praline rosa.
Millefoglie, Pierre Gagnaire, Parigi
Pierre Gagnaire, Parigi
Ananas allo zafferano, mousse di frutto della passione al sedano.
anans, Pierre Gagnaire, Parigi
Mela reine de reinette confit, coulis di mora.
Mela, Pierre Gagnaire, Parigi
Cioccolatini finali
cioccolatini, Pierre Gagnaire, Parigi
I vini scelti dalla ampia carta.
vini, Pierre Gagnaire, Parigi
vini, Pierre Gagnaire, Parigi

Età complicata, 45 anni, se hai talento. Non più “giovane promessa”, non ancora “venerato maestro” si rischia di finire nella terza e meno fortunata delle categorie arbasiniane.
A meno di non riuscire a essere da subito un classico, avere un’impronta personale salda che si può far evolvere con misura nel tempo restando stabilmente un riferimento.
E’ il caso di Jean-François Piège, da poco al timone di questa sua nuova impresa dietro la Madeleine, una novità che pare già un’istituzione.
Sala piena a ora di pranzo, con uomini d’affari ma anche vecchie coppie benestanti del quartiere e giovani appassionati, un bel mix che testimonia il successo già ottenuto dalla sua proposta, anche per l’attenzione a dare a tutti la giusta offerta: oltre alla carta, un menu déjeuneur a prezzo più che abbordabile, il menù stagionale e quello ancora più esteso, il “signature”, con le sue creazioni di maggior successo.
L’esperienza è davvero appagante, perché la cucina si conferma quella che era già ai tempi del Crillon: pienamente nello spirito del tempo e, nel contempo, di grande scuola, l’impronta di un cuoco attento a quello che succede intorno ma consapevole di una forte identità ancorata a una lunga tradizione. Sin dagli amuse-bouche, si percepisce meticolosa cura di ogni dettaglio estetico e grande attenzione al gusto, la bellezza a tutto tondo che si può ritrovare così piena in poche tavole (la più affine, nella nostra esperienza, quella di Anne-Sophie Pic). Anche se, nel nostro plurimo passaggio, abbiamo riscontrato qualche piccolo appiattimento di gusto e rotondità, con mancanza di concentrazione, che ci ha fatto propendere per la non piena valutazione. Ma che crediamo che stia nelle corde del cuoco che, a così breve tempo dall’apertura, deve ancora rodare macchine e meccanismi e che saprà certo incuriosirci con maggiori slanci di quelli attuali, che comunque abbiamo già intravisto in molti passaggi.
Se le cappesante sobbollite con castagne, acetosella, e succo di clementine, sono un’entrata di grande eleganza, i colpi al cuore arrivano dopo, con le formidabili animelle e, soprattutto, con il merluzzo giallo, capolavoro di modernità: il pesce, cucinato alla perfezione ça va sans dire, si defila dal suo ruolo di protagonista per farsi pura texture e lasciare spazio alle mille sfumature delle verdure fermentate che lo affiancano. L’idea, alla Piège, di un piatto fusion.
Capitolo a parte per i dolci, a cui sovrintende la dolce Nina Métayer, reduce da un’esperienza televisiva, ma soprattutto, con uno di quei bei curriculum che un giovane pasticciere può costruirsi a Parigi (da Alleno, tra le varie tappe). Bellissimi davvero, i dessert, e di grande impatto anche gustativo, a partire dall’amuse-bouche, un “blanc manger coulant” che è un prodigioso mix con l’Île flottante, in cui la tecnica raffinata consente questa formidabile ibridazione. A seguire altre due meraviglie come dessert principali, che declinano con grande creatività i temi della frutta di stagione -il mandarino- l’uno e il cioccolato l’altro, per chiudere con una crema pasticciera al bergamotto che è un trionfo della memoria d’infanzia. Non si capisce bene perché servito in una doppia ciotolina, ma si ringrazia perché se ne potrebbero mangiare di gusto anche quattro, di porzioni.
Servizio pienamente in linea con la proposta di cucina e l’ambiente: professionale e sapiente, ma anche accogliente, simpatico, moderno, contribuisce a rendere questo un passaggio obbligato per il gourmet a Parigi di questi tempi.

L’apparecchiatura
mise en place, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Gli amuse-bouche.
amuse bouche, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
amuse bouche, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Le cappesante.
capesante, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Animella, trattata “comme un mijoté moderne” con il suo succo di cottura.
animella, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Il merluzzo.
merluzzo, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Particolare del meraviglioso pane.
pane, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Il blanc manger coulant, prima e dopo.
blanc manger, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
blanc manger, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Meraviglioso mandarino, rosa, pasta di babà e, tocco di genio, sesamo.
dessert, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Nocciole, latte di mandorla ghiacciato, gelée di limone.
dessert, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Crema pasticciera al bergamotto.
crema pasticciera al bergamotto, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Chiusura con strizzata d’occhio ad altre sfere passate.
Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi

 

Siamo tornati anche una seconda volta a trovare Piège, questa volta a cena, scegliendo alla carta.
Una conferma ulteriore dello stato di grazia di questa cucina, uno stile ed un modo personale di traghettare la cucina classica francese ai giorni d’oggi.
Una tecnica (les Mijotés Modernes) che è già un grande classico dello chef: cotture lente in crosta o su gusci di noci o ancora su castagne, la tradizione classica trasposta negli anni 2000.
Le portate principali (Poularde e Angus) hanno racchiuso al meglio lo stile Piège: neoclassico, perfezionista, frizzante. Piccoli capolavori dalla cottura commovente.
Certamente LA tavola da non mancare oggi a Parigi.

Patata soffiata croccante, caviale, emulsione di crostacei
patata soffiata, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
patata soffiata, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Scampi, concentrato di jus e foglie di clementine, acetosa selvaggia, rape.
scampi, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Cappesante cotte a lungo sulle castagne, sedano al forno, tartufo nero, haddock.
capesante, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
La mia versione del “Gateau de foie blond selon Lucien Tendret”, bagnato da una salsa ai gamberi.
Gateau, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Poularde “la cour d’Armoise”cotta nel riso, salsa al vin jaune, fiore di sedano ripieno di tartufo.
La cottura in crosta di riso.
Un capolavoro: di cottura (carne succosa e morbida), di gusto, di complessità.
Poularde, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Poulard, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Poulard, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Angus cotto a lungo sui marroni grigliati, copertura erbacea, salsa marasca e pepe.
Altro colpo da KO.
Agnus, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Agnus, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
agnus, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
La splendida cucina a vista (anche dalla strada).
cucina, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
cucina, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
La sala: il design, di grande effetto, è stato curato dall’architetto islandese Gulla Jonsdottir.
sala, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
sala, Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi
Il soffitto della sala, in vetro e specchi.
Le Grand Restaurant, Chef Jean-François Piège, Parigi